- Vita Nova
- di Dante Alighieri
- Letteratura italiana Einaudi
- Edizione di riferimento:
- a cura di M . Barbi,
- Bemporad, Firenze 1932
- - Letteratura italiana Einaudi
- Sommario
- 1
- 1
- II
- 1
- III
- 2
- IV
- 4
- V
- 5
- VI
- 6
- VII
- 6
- Vili
- 7
- IX
- 9
- X
- 11
- XI
- 11
- XII
- 12
- XII
- 15
- XIV
- 17
- XV
- 20
- XVI
- 21
- XVII
- 23
- XVIII
- 23
- XIX
- 24
- XX
- 28
- XXI
- 29
- XXII
- 31
- XXIII
- 33
- XXIV
- 39
- XXV
- 41
- XXVI
- 43
- XXVII
- 46
- XXVIII
- 46
- XXIX
- 47
- XXX
- 48
- Letteratura italiana Einaudi
- Sommario
- XXXI
- 49
- XXXII
- 52
- XXXIII
- 53
- XXXIV
- 54
- XXXV
- 56
- XXXVI
- 57
- XXXVII
- 57
- XXXVIII
- 59
- XXXIX
- 60
- XL
- 62
- XLI
- 64
- XLII
- 65
- - Letteratura italiana Einaudi
- I. I n quella parte del libro de la mia memoria dinanzi
- a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica
- la quale dice: «I ncipit vita nova». Sotto la quale rubrica
- io trovo scritte le parole le quali è mio intendimento
- d'assemplare in questo libello; e se non tutte, almeno la
- loro sentenzia.
- II. [ I ] N ove fiate già appresso lo mio nascimento era
- tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto,
- quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi
- apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la
- quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano
- che si chiamare. Ella era in questa vita già stata tanto,
- che ne lo suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la
- parte d'oriente de le dodici parti l'unad'un grado, sì che
- quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed
- io la vidi quasi da la fine del mio nono. Apparve vestita
- di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e
- ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si con¬
- venia. In quello punto dico veracemente che lo spirito
- de la vita, lo quale dimora ne la secretissima camera de
- lo cuore, cominciò a tremare sì fortemente, che apparia
- ne li menimi polsi orribilmente; e tremando disse queste
- parole: «Ecce deus fortior me, qui veniens dominabitur
- michi». I n quello punto lo spirito animale, lo quale di¬
- mora ne l'alta camera ne la quale tutti li spiriti sensitivi
- portano le loro percezioni, si cominciò a maravigliare
- molto, e parlando spezialmente a li spiriti del viso, sì dis¬
- se queste parole: «Apparuit iam beatitudo vestra». In
- quello punto lo spirito naturale, lo quale dimora in quel¬
- la parte ove si ministra lo nutrimento nostro, cominciò a
- piangere, e piangendo disse queste parole: «H eu miser,
- quia frequenter impeditus ero deinceps!». D'allora in¬
- nanzi dico che A more segnoreggiò la mia anima, la qua¬
- le fu sì tosto a lui disponsata, e cominciò a prendere so¬
- pra me tanta sicurtade e tanta signoria per la vertù che li
- Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- dava la mia imaginazione, che me convenia fare tutti li
- suoi piaceri compiutamente. E Ili mi comandava molte
- volte che io cercasse per vedere questa angiola giovanis¬
- sima; onde io ne la mia puerizia molte volte l'andai cer¬
- cando, e vedeala di sì nobili e laudabili portamenti, che
- certo di lei si potea dire quella parola del poeta 0 mero:
- «Ella non parea figliuola d'uomo mortale, ma di deo». E
- avvegna che la sua imagine, la quale continuatamente
- meco stava, fosse baldanza d'Amore a segnoreggiare me,
- tuttavia era di sì nobilissima vertù, che nulla volta soffer¬
- se che Amore mi reggesse sanza lo fedele consiglio de la
- ragione in quelle cose là ove cotale consiglio fosse utile a
- udire. E però che soprastare a le passioni e atti di tanta
- gioventudine para alcuno parlare faboluso, mi partirò
- da esse; e trapassando molte cose le quali si potrebbero
- trarre de l'essemplo onde nascono queste, verrò a quelle
- parole le quali sono scritte ne la mia memoria sotto mag¬
- giori paragrafi.
- Ili. [Il] Poi che furono passati tanti die, che appunto
- erano compiuti li nove anni appresso l'apparimento so¬
- prascritto di questa gentilissima, ne l'ultimo di questi die
- avvenne che questa mirabile donna apparve a me vestita
- di colore bianchissimo, in mezzo a due gentili donne, le
- quali erano di più lunga etade; e passando per una via,
- volse li occhi verso quella parte ov'io era molto pauroso,
- e per la sua ineffabile cortesia, la quale è oggi meritata
- nel grande secolo, mi salutoe molto virtuosamente, tanto
- che me parve allora vedere tutti li termini de la beatitudi¬
- ne. L'ora che lo suo dolcissimo salutare mi giunse, era
- fermamente nona di quello giorno; e però che quella fu
- la prima volta che le sue parole si mossero per venire a li
- miei orecchi, presi tanta dolcezza, che come inebriato mi
- partio da le genti, e ricorsi a lo solingo luogo d'una mia
- camera, e puosimi a pensare di questa cortesissima. [Ili]
- E pensando di lei, mi sopragiunse uno soave sonno, ne lo
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- quale m'apparve una maravigliosa visione: che me parea
- vedere ne la mia camera una nebula di colore di fuoco,
- dentro a la quale io discernea una figura d'uno segnore
- di pauroso aspetto a chi la guardasse: e pareami con tan¬
- ta letizia, quanto a sé, che mirabile cosa era; e ne le sue
- parole dicea molte cose, le quali io non intendea se non
- poche: tra le quali intendea queste: «Ego dominustuus».
- N e le sue braccia mi parea vedere una persona dormire
- nuda, salvo che involta mi parea in uno drappo sangui¬
- gno leggermente: la quale io riguardando molto intenti-
- vamente, conobbi ch'era la donna de la salute, la quale
- m'avea lo giorno dinanzi degnato di salutare. E ne l'una
- de le mani mi parea che questi tenesse una cosa la quale
- ardesse tutta, e pareami che mi dicesse queste parole:
- «Vide cor tuum». E quando elli era stato alquanto, pa¬
- reami che disvegliasse questa che dormia: e tanto si sfor¬
- zava per suo ingegno, che le facea mangiare questa cosa
- che in mano li ardea, la quale ella mangiava dubitosa-
- mente. Appresso ciò poco dimorava che la sua letizia si
- convertia in amarissimo pianto: e così piangendo, si rico-
- gliea questa donna ne le sue braccia, e con essa mi parea
- che si ne gisse verso lo cielo: onde io sostenea sì grande
- angoscia, che lo mio deboletto sonno non poteo sostene¬
- re, anzi si ruppe e fui disvegliato. E mantenente comin¬
- ciai a pensare, e trovai che l'ora ne la quale m'era questa
- visione apparita, era la quarta de la notte stata: sì che ap¬
- pare manifestamente ch'ella fue la prima ora de le nove
- ultime ore de la notte. Pensando io a ciò che m'era appa-
- ruto, propuosi di farlo sentire a molti li quali erano famo¬
- si trovatori in quello tempo: e con ciò fosse cosa che io
- avesse già veduto per me medesimo l'arte del dire parole
- per rima, propuosi di fare uno sonetto, ne lo quale io sa¬
- lutasse tutti li fedeli d'Amore: e pregandoli che giudicas¬
- sero la mia visione, scrissi a loro ciò che io aveva nel mio
- sonno veduto. E cominciai allora questo sonetto, lo qua¬
- le comincia: «A ciascun'alma presa».
- Letteratura italiana Einaudi
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- A ciascun'alma presa e gentil core
- nel cui cospetto ven lo dir presente,
- in ciò che mi rescrivan suo parvente,
- salute in lor segnor, cioè Amore. 4
- G ià eran quasi che atterzate l'ore
- del tempo cheonne stella n'è lucente,
- quando m'apparve Amor subitamente,
- cui essenza membrar mi dà orrore. 8
- Allegro mi sembrava Amor tenendo
- meo core in mano, e ne le braccia avea
- madonna involta in un drappo dormendo. 11
- Poi la svegliava, ed'esto core ardendo
- lei paventosa umilmente pascea:
- appresso gir lo ne vedea piangendo. 14
- Questo sonetto si divide in due parti; che ne la prima
- parte saluto e domando risponsione, ne la seconda signi¬
- fico a che si dee rispondere. La seconda parte comincia
- quivi: «G ià eran».
- A questo sonetto fue risposto da molti e di diverse
- sentenzie; tra li quali fue risponditore quelli cui io chia¬
- mo primo de li miei amici, e disse allora uno sonetto, lo
- quale comincia: «Vedeste, al mio parere, onne valore».
- E questo fue quasi lo principio de l'amistà tra lui e me,
- quando elli seppe che io era quelli che li avea ciò man¬
- dato. Lo verace giudicio del detto sogno non fue veduto
- allora per alcuno, ma ora è manifestissimo a li più sem¬
- plici.
- IV. D a questa visione innanzi cominciò lo mio spirito
- naturale ad essere impedito ne la sua operazione, però
- che l'anima era tutta data nel pensare di questa gentilis¬
- sima; onde io divenni in picciolo tempo poi di sì traile e
- - Letteratura italiana Einaudi
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- debole condizione, che a molti amici pesava de la mia vi¬
- sta; e molti pieni d'invidia già si procacciavano di sapere
- di me quello che io volea del tutto celare ad altrui. Ed
- io, accorgendomi del malvagio domandare che mi facea-
- no, per la volontade d'Amore, lo quale mi comandava
- secondo lo consiglio de la ragione, rispondea loro che
- Amore era quelli che così m'avea governato. Dicea
- d'Amore, però che io portava nel viso tante de le sue in¬
- segne, che questo non si potea ricovrire. E quando mi
- domandavano «Per cui t'ha così distrutto questo Amo¬
- re?», ed io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro.
- V. U no giorno avvenne che questa gentilissima sedea
- in parte ove s'udiano parole de la regina de la gloria, ed
- io era in luogo dal quale vedea la mia beatitudine; e nel
- mezzo di lei e di me per la retta linea sedea una gentile
- donna di molto piacevole aspetto, la quale mi mirava
- spesse volte, maravigliandosi del mio sguardare, che pa-
- rea che sopra lei terminasse. Onde molti s'accorsero de
- lo suo mirare; e in tanto vi fue posto mente, che, parten¬
- domi da questo luogo, mi sentio dicere appresso di me:
- «Vedi come cotale donna distrugge la persona di co¬
- stui»; e nominandola, io intesi che dicea di colei che
- mezzo era stata ne la linea retta che movea da la gentilis¬
- sima Beatrice e terminava ne li occhi miei. Allora mi
- confortai molto, assicurandomi che lo mio secreto non
- era comunicato lo giorno altrui per mia vista. E mante¬
- nente pensai di fare di questa gentile donna schermo de
- laveritade; e tanto ne mostrai in poco tempo, che lo mio
- secreto fue creduto sapere da le più persone che di me
- ragionavano. Con questa donna mi celai alquanti anni e
- mesi; e per più fare credente altrui, feci per lei certe co-
- sette per rima, le quali non è mio intendimento di scri¬
- vere qui, se non in quanto facesse a trattare di quella
- gentilissima Beatrice; e però le lascerò tutte, salvo che
- alcuna cosa ne scriverò che pare che sia loda di lei.
- Letteratura italiana Einaudi
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- VI. Dico che in questo tempo che questa donna era
- schermo di tanto amore, quanto da la mia parte, sì mi
- venne una volontade di volere ricordare io nome di
- quella gentilissima ed accompagnarlo di molti nomi di
- donne, e spezialmente del nome di questa gentile don¬
- na. E presi li nomi di sessanta le più belle donne de la
- cittade ove la mia donna fue posta da l'altissimo sire, e
- compuosi una pistola sotto forma di serventese, la quale
- io non scriverò: e non n'avrei fatto menzione, se non per
- dire quello che, componendola, maravigliosamente ad¬
- divenne, cioè che in alcuno altro numero non sofferse lo
- nome de la mia donna stare se non in su lo nove, tra li
- nomi di queste donne.
- VII. La donna co la quale io avea tanto tempo celata
- la mia volontade, convenne che si partisse de la sopra¬
- detta cittade e andasse in paese molto lontano; per che
- io, quasi sbigottito de la bella difesa che m'era venuta
- meno, assai me ne disconfortai, più che io medesimo
- non avrei creduto dinanzi. E pensando che se de la sua
- partita io non parlasse alquanto dolorosamente, le per¬
- sone sarebbero accorte più tosto de lo mio nascondere,
- propuosi di farne alcuna lamentanza in uno sonetto; lo
- quale io scriverò, acciò che la mia donna fue immediata
- cagione di certe parole che ne lo sonetto sono, sì come
- appare a chi lo intende. E allora dissi questo sonetto,
- che comincia: «0 voi che per la via».
- 0 voi che per la via d'A mor passate,
- attendete e guardate
- s'elli è dolore alcun, quanto 'I mio, grave; 3
- e prego sol ch'audir mi sofferiate,
- e poi imaginate
- s'io son d'ogni tormento ostale e chiave. 6
- Amor, non già per mia poca bontate,
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- ma per sua nobiltate,
- mi pose in vita sì dolce e soave, 9
- ch'io mi sentia dir dietro spesse fiate:
- «Deo, per qual dignitate
- così leggiadro questi lo core have?» 12
- 0 r ho perduta tutta mia baldanza,
- che si movea d'amoroso tesoro;
- ond'io pover dimoro,
- in guisa che di dir mi ven dottanza. 16
- Sì che volendo far come coloro
- che per vergogna celan lor mancanza,
- di fuor mostro allegranza,
- e dentro da lo core struggo e ploro. 20
- Q uesto sonetto ha due parti principali; che ne la pri¬
- ma intendo chiamare li fedeli d'Amore per quelle parole
- di G eremia profeta che dicono: «0 vos omnes qui tran¬
- sita per viam, attendite et videte si est dolor sicut dolor
- meus», e pregare che mi sofferino d'audire; ne la secon¬
- da narro là ove Amore m'avea posto, con altro intendi¬
- mento che l'estreme parti del sonetto non mostrano, e
- dico che io hoe ciò perduto. La seconda parte comincia
- quivi: «Amor, non già».
- V111. A ppresso lo partire di questa gentile donna fue
- piacere del segnore de li angeli di chiamare a la sua glo¬
- ria una donna giovane e di gentile aspetto molto, la qua¬
- le fue assai graziosa in questa sopradetta cittade; lo cui
- corpo io vidi giacere sanza l'anima in mezzo di molte
- donne, le quali piangeano assai pietosamente. Allora, ri¬
- cordandomi che già l'avea veduta fare compagnia a
- quella gentilissima, non poteo sostenere alquante lagri¬
- me; anzi piangendo mi propuosi di dicere alquante pa¬
- role de la sua morte, in guiderdone di ciò che alcuna fia-
- Letteratura italiana Einaudi
- 7
- Dante Alighieri - Vita nuova
- ta l'avea veduta con la mia donna. E di ciò toccai alcuna
- cosa ne l'ultima parte de le parole che io ne dissi, sì co¬
- me appare manifestamente a chi lo intende. E dissi allo¬
- ra questi due sonetti, li quali comincia lo primo: «Pian¬
- gete, amanti,» e lo secondo: «M orte villana».
- Piangete, amanti, poi che piange Amore,
- udendo qual cagion lui fa plorare.
- A mor sente a P ietà donne chiamare,
- mostrando amaro duol per li occhi fore, 4
- perché villana M orte in gentil core
- ha miso il suo crudele adoperare,
- guastando ciò che al mondo è da laudare
- in gentil donna sovra de l'onore. 8
- A udite quanto Amor le fece orranza,
- ch'io 'I vidi lamentare in forma vera
- sovra la morta imagine avvenente: 11
- e riguardava ver lo ciel sovente,
- ove l'alma gentil già locata era,
- che donna fu di sì gaia sembianza. 18
- Questo primo sonetto si divide in tre parti: ne la pri¬
- ma chiamo esollicito li fedeli d'Amore a piangere e dico
- che lo segnore loro piange, e dico «udendo la cagione
- per che piange», acciò che s'acconcino più ad ascoltar¬
- mi: ne la seconda narro la cagione: ne la terza parlo d'al-
- cuno onore che A more fece a questa donna. La seconda
- parte comincia quivi: «Amor sente»: la terza quivi: «Au¬
- di te».
- M orte villana, di pietà nemica,
- di dolor madre antica,
- giudicio incontastabile gravoso, 3
- - Letteratura italiana Einaudi
- 8
- Dante Alighieri - Vita nuova
- poi che hai data matera al cor doglioso
- ond'io vado pensoso,
- di te blasmar la lingua s'affatica. 6
- E s'io di grazia ti voi far mendica,
- convenesi ch'eo dica
- lo tuo fallar d'onni torto tortoso, 9
- non però ch'a la gente sia nascoso,
- ma per farne cruccioso
- chi d'amor per innanzi si notrica. 12
- Dal secolo hai partita cortesia
- e ciò ch'è in donna da pregiar vertute:
- in gaia gioventute
- distrutta hai l'amorosa leggiadria. 16
- Più non voi discovrir qual donna sia
- che per le propietà sue canosciute.
- Chi non merta salute
- non speri mai d'aver sua compagnia. 20
- Questo sonetto si divide in quattro parti: ne la prima
- parte chiamo la M orte per certi suoi nomi propri; ne la
- seconda, parlando a lei, dico la cagione per che io mi
- muovo a biasimarla; ne la terza la vitupero; ne la quarta
- mi volgo a parlare a indiffinita persona, avvegna che
- quanto a lo mio intendimento sia diffinita. La seconda
- comincia quivi: «poi che hai data»; la terza quivi: «E s'io
- di grazia»; la quarta quivi: «Chi non merta salute».
- IX. Appresso la morte di questa donna alquanti die
- avvenne cosa per la quale me convenne partire de la so¬
- pradetta cittade e ire verso quelle parti dov'era la gentile
- donna ch'era stata mia difesa, avvegna che non tanto
- fosse lontano lo termine de lo mio andare quanto ella
- era. E tutto ch'io fosse a la compagnia di molti quanto a
- Letteratura italiana Einaudi
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- la vista, l'andare mi dispiacea sì, che quasi li sospiri non
- poteano disfogare l'angoscia che lo cuore sentia, però
- ch'io mi dilungava de la mia beatitudine. E però lo dol¬
- cissimo segnore, lo quale mi segnoreggiava per la vertù
- de la gentilissima donna, ne la mia imaginazione appar¬
- ve come peregrino leggeramente vestito e di vili drappi.
- E Ili mi parea disbigottito, e guardava la terra, salvo che
- talora li suoi occhi mi parea che si volgessero ad uno fiu¬
- me bello e corrente e chiarissimo, lo quale sen già lungo
- questo cammino làov'io era. A me parve che A more mi
- chiamasse, e dicessemi queste parole: «I o vegno da quel¬
- la donna la quale è stata tua lunga difesa, e so che lo suo
- rivenire non sarà a gran tempi; e però quello cuore che
- io ti facea avere a lei, io l'ho meco, e portolo a donna la
- quale sarà tua difensione, come questa era». E nominol-
- lami per nome, sì che io la conobbi bene. «M a tuttavia,
- di queste parole ch'io t'ho ragionate se alcuna cosa ne
- dicessi, dille nel modo che per loro non si discernesse lo
- simulato amore che tu hai mostrato a questa e che ti
- converrà mostrare ad altri». E dette queste parole, di¬
- sparve questa mia imaginazione tutta subitamente per la
- grandissima parte che mi parve che Amore mi desse di
- sé; e, quasi cambiato ne la vista mia, cavalcai quel giorno
- pensoso molto e accompagnato da molti sospiri. Ap¬
- presso lo giorno cominciai di ciò questo sonetto, lo qua¬
- le comincia: «Cavalcando».
- Cavalcando l'altr'ier per un cammino,
- pensoso de l'andar che mi sgradia,
- trovai Amore in mezzo de la via
- in abito leggier di peregrino. 4
- N e la sembianza mi parea meschino,
- come avesse perduto segnoria;
- e sospirando pensoso venia,
- per non veder la gente, a capo chino. 8
- - Letteratura italiana Einaudi
- io
- Dante Alighieri - Vita nuova
- Q uando mi vide, mi chiamò per nome,
- e disse: «I o vegno di lontana parte,
- ov'era lo tuo cor per mio volere; 11
- e recolo a servir novo piacere».
- Allora presi di lui sì gran parte,
- ch'elli disparve, e non m'accorsi come. 14
- Q uesto sonetto ha tre parti: ne la prima parte dico sì
- com'io trovai A more, e quale mi parea; ne la seconda di¬
- co quello ch'elli mi disse, avvegna che non compiuta-
- mente per tema ch'avea di discovrire lo mio secreto; ne
- la terza dico convelli mi disparve.La seconda comincia
- quivi: «Q uando mi vide»; la terza: «Allora presi».
- X. Appresso la mia ritornata mi misi a cercare di que¬
- sta donna che lo mio segnore m'avea nominata ne lo
- cammino de li sospiri; e acciò che lo mio parlare sia più
- brieve, dico che in poco tempo la feci mia difesa tanto,
- che troppa gente ne ragionava oltre li termini de la cor¬
- tesia; onde molte fiate mi pensava duramente. E per
- questa cagione, cioè di questa soverchievole voce che
- parea che m'infamasse viziosamente, quella gentilissima,
- laqualefuedistruggitricedi tutti li vizi e regina de le vir-
- tudi, passando per alcuna parte, mi negò lo suo dolcissi¬
- mo salutare, ne lo quale stava tutta la mia beatitudine. E
- uscendo alquanto del proposito presente, voglio dare a
- intendere quello che lo suo salutare in me vertuosamen-
- te operava.
- XI. Dico che quando ella apparia da parte alcuna,
- per la speranza de la mirabile salute nullo nemico mi ri-
- manea, anzi mi giugnea una fiamma di caritade, la qua¬
- le mi facea perdonare a chiunque m'avesse offeso; e chi
- allora m'avesse domandato di cosa alcuna, la mia ri-
- sponsione sarebbe stata solamente «Amore», con viso
- Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- vestito d'umilitade. E quando ella fosse alquanto pro¬
- pinqua al salutare, uno spirito d'amore, distruggendo
- tutti li altri spiriti sensitivi, pingea fuori li deboletti spi¬
- riti del viso, e dicea loro: «Andate a onorare la donna
- vostra»; ed elli si rimanea nel luogo loro. E chi avesse
- voluto conoscere Amore, fare lo potea mirando lo tre¬
- mare de li occhi miei. E quando questa gentilissima sa¬
- lute salutava, non che A more fosse tal mezzo che potes¬
- se obumbrare a me la intollerabile beatitudine, ma elli
- quasi per soverchio di dolcezza divenia tale, che lo mio
- corpo, lo quale era tutto allora sotto lo suo reggimento,
- molte volte si movea come cosa grave inanimata. Sì che
- appare manifestamente che ne le sue salute abitava la
- mia beatitudine, la quale molte volte passava e redun-
- dava la mia capacitade.
- XII. Ora, tornando al proposito, dico che poi che la
- mia beatitudine mi fue negata, mi giunse tanto dolore,
- che, partito me da le genti, in solinga parte andai a ba¬
- gnare la terra d'amarissime lagrime. E poi che alquanto
- mi fue sollenato questo lagrimare, misimi ne la mia ca¬
- mera, là ov'io potea lamentarmi sanza essere udito; e
- quivi, chiamando misericordia a la donna de la cortesia,
- e dicendo «Amore, aiuta lo tuo fedele», m'addormentai
- come un pargoletto battuto lagrimando. Avvenne quasi
- nel mezzo de lo mio dormire che me parve vedere ne la
- mia camera lungo me sedere uno giovane vestito di
- bianchissime vestimenta, e pensando molto quanto a la
- vista sua, mi riguardava là ov'io giacea; e quando m'avea
- guardato alquanto, pareami che sospirando mi chiamas¬
- se, e diceami queste parole: «Fili mi, tempus est ut pre-
- termictantur simulacra nostra». Allora mi parea che io
- lo conoscesse, però che mi chiamava così come assai fia¬
- te ne li miei sonni m'avea già chiamato: e riguardandolo,
- parvemi che piangesse pietosamente, e parea che atten¬
- desse da me alcuna parola; ond'io, assicurandomi, co-
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- minciai a parlare così con esso: «Segnore de la nobilta-
- de, e perché piangi tu?». E quelli mi dicea queste paro¬
- le: «Ego tanquam centrum circuii, cui simili modo seha-
- bent circumferentie partes; tu autem non sic». Allora,
- pensando a le sue parole, mi parea che m'avesse parlato
- molto oscuramente; sì ch'io mi sforzava di parlare, e di-
- ceali queste parole: «Cheèciò, segnore, che mi parli con
- tanta oscuritade?». E quelli mi dicea in parole volgari:
- «N on dimandare più che utile ti sia». E però cominciai
- allora con lui a ragionare de la salute la quale mi fue ne¬
- gata, e domandailo de la cagione; onde in questa guisa
- da lui mi fue risposto: «Quella nostra Beatrice udio da
- certe persone di te ragionando, che la donna la quale io
- ti nominai nel cammino de li sospiri, ricevea da te alcu¬
- na noia; e però questa gentilissima, la quale è contraria
- di tutte le noie, non degnò salutare la tua persona, te¬
- mendo non fosse noiosa. 0 nde con ciò sia cosa che ve¬
- racemente sia conosciuto per lei alquanto lo tuo secreto
- per lunga consuetudine, voglio che tu dichi certe parole
- per rima, ne le quali tu comprendi la forza che io tegno
- sopra te per lei, e come tu fosti suo tostamente da la tua
- puerizia. E di ciò chiama testimonio colui che lo sa, e
- come tu prieghi lui che li le dica; ed io, che son quelli,
- volentieri le ne ragionerò; e per questo sentirà ella la tua
- volontade, la quale sentendo, conoscerà le parole de li
- ingannati. Q ueste parole fa che siano quasi un mezzo, sì
- che tu non parli a lei immediatamente, che non è degno;
- e no le mandare in parte, sanza me, ove potessero essere
- intese da lei, ma falle adornare di soave armonia, ne la
- quale io sarò tutte le volte che farà mestiere». E dette
- queste parole, sì disparve, e lo mio sonno fue rotto. 0 n-
- de io ricordandomi, trovai che questa visione m'era ap¬
- parita ne la nona ora del die; e anzi ch'io uscisse di que¬
- sta camera, propuosi di fare una ballata, ne la quale io
- seguitasse ciò che lo mio segnore m'avea imposto; e feci
- poi questa ballata, che comincia: «Ballata, i' voi».
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- Ballata, i'voi che tu ritrovi Amore,
- e con lui vade a madonna davante,
- sì che la scusa mia, la qual tu cante,
- ragioni poi con lei lo mio segnore. 4
- Tu vai, ballata, sì cortesemente,
- chesanza compagnia
- dovresti avere in tutte parti ardire;
- ma se tu vuoli andar sicuramente,
- retrova l'Amor pria,
- che forse non è bon sanza lui gire; 10
- però che quella che ti dee audire,
- sì com'io credo, è ver di me adirata:
- se tu di lui non fossi accompagnata,
- leggeramente ti faria disnore. 14
- Con dolze sono, quando se' con lui,
- comincia este parole,
- appresso cheaverai chesta pietate:
- «M adonna, quelli che mi manda a vui,
- quando vi piaccia, vole,
- sed elli ha scusa, che la m'intendiate. 20
- A more èqui, che per vostra bieltate
- lo face,come vollista cangiare:
- dunque perché li fece altra guardare
- pensatel voi, da che non mutò 'I core». 24
- Dille: «M adonna, lo suo core è stato
- con sì fermata fede,
- che 'n voi servir l'ha 'mpronto onne penserò:
- tosto fu vostro, e mai non s'è smagato».
- Sed ella non ti crede,
- dì che domandi Amor, che sa lo vero: 30
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- ed a la fine falle umil pregherò,
- lo perdonare se le fosse a noia,
- che mi comandi per messo ch’eo moia,
- e vedrassi ubidir ben servidore. 34
- E dì a colui ch'è d'ogni pietà chiave,
- avante che sdonnei,
- che le saprà contar mia ragion bona:
- «Per grazia de la mia nota soave
- reman tu qui con lei,
- e del tuo servo ciò che vuoi ragiona; 40
- e s'ella per tuo prego li perdona,
- fa che li annunzi un bel sembiante pace».
- G entil ballata mia, quando ti piace,
- movi in quel punto che tu n'aggie onore. 44
- Q uesta ballata in tre parti si divide: ne la prima dico a
- lei ov'ella vada, e confortala però che vada più sicura, e
- dico ne la cui compagnia si metta, se vuole sicuramente
- andare e sanza pericolo alcuno; ne la seconda dico quel¬
- lo che lei si pertiene di fare intendere; ne la terza la li¬
- cenzio del gire quando vuole, raccomandando lo suo
- movimento ne le braccia de la fortuna. La seconda parte
- comincia quivi: «Con dolze sono»; la terza quivi: «G en¬
- til ballata».
- Potrebbe già l'uomo opporre contra me e dicere che
- non sapesse a cui fosse lo mio parlare in seconda perso¬
- na, però che la ballata non è altro che queste parole
- ched io parlo: e però dico che questo dubbio io lo inten¬
- do solvere e dichiarare in questo libello ancora in parte
- più dubbiosa; e allora intenda qui chi qui dubita, o chi
- qui volesse opporre in questo modo.
- X111. A ppresso di questa soprascritta visione, avendo
- già dette le parole che A more m'avea imposte a dire, mi
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- cominciaro molti e diversi pensamenti a combattere e a
- tentare, ciascuno quasi indefensibilemente; tra li quali
- pensamenti quattro mi parea che ingombrassero più lo
- riposo de la vita. L'uno de li quali era questo: buona è la
- signoria d'A more, però che trae lo intendimento del suo
- fedele da tutte le vili cose. L'altro era questo: non buona
- è la signoria d'Amore, però che quanto lo suo fedele più
- fede li porta, tanto più gravi e dolorosi punti li conviene
- passare. L'altro era questo: lo nome d'Amore è sì dolce
- a udire, che impossibile mi pare che la sua propria ope¬
- razione sia ne le più cose altro che dolce, con ciò sia co¬
- sa che li nomi seguitino le nominate cose, sì come è
- scritto: «Nomina sunt consequentia rerum». Lo quarto
- era questo: la donna per cui A more ti stringe così, non è
- come l'altre donne, che leggeramente si muova del suo
- cuore. E ciascuno mi combattea tanto, che mi facea sta¬
- re quasi come colui che non sa per qual via pigli lo suo
- cammino, echevuoleandareenon sa onde se ne vada; e
- se io pensava di volere cercare una comune via di costo¬
- ro, cioè là ove tutti s'accordassero, questa era via molto
- inimica verso me, cioè di chiamare e di mettermi ne le
- braccia de la Pietà. E in questo stato dimorando, mi
- giunse volontade di scriverne parole rimate; e dissine al¬
- lora questo sonetto, lo quale comincia: «Tutti li miei
- penser».
- Tutti li miei penser parlan d'Amore;
- e hanno in lor sì gran varietate,
- ch'altro mi fa voler sua potestate,
- altro folle ragiona il suo valore, 4
- altro sperando m'apporta dolzore,
- altro pianger mi fa spesse fiate;
- e sol s'accordano in cherer pietate,
- tremando di paura che è nel core. 8
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- 0 nd'io non so da qual matera prenda;
- e vorrei dire, e non so ch'io mi dica:
- così mi trovo in amorosa erranza! 11
- E se con tutti voi fare accordanza,
- convenemi chiamar la mia nemica,
- madonna la Pietà, che mi difenda. 14
- Questo sonetto in quattro parti si può dividere: ne la
- prima dico e soppongo che tutti li miei pensieri sono
- d'Amore; ne la seconda dico che sono diversi, e narro la
- loro diversitade; ne la terza dico in che tutti pare che
- s'accordino; ne la quarta dico che volendo dire d'Amo¬
- re, non so da qual parte pigli matera, e se la voglio pi¬
- gliare da tutti, convene che io chiami la mia inimica, ma¬
- donna la Pietade; e dico «madonna» quasi per
- disdegnoso modo di parlare. La seconda parte comincia
- quivi: «e hanno in lor»; la terza quivi: «e sol s'accorda¬
- no»; la quarta quivi: «0 nd'io non so».
- XIV. Appresso la battaglia de li diversi pensieri av¬
- venne che questa gentilissima venne in parte ove molte
- donne gentili erano adunate; a la qual parte io fui con¬
- dotto per amica persona, credendosi fare a me grande
- piacere, in quanto mi menava là ove tante donne mo¬
- stravano le loro bellezze. 0 nde io, quasi non sappiendo
- a che io fossi menato, e fidandomi ne la persona la qua¬
- le uno suo amico a l'estremitade de la vita condotto
- avea, dissi a lui: «Perché semo noi venuti a queste don¬
- ne?». Allora quelli mi disse: «Per fare sì ch'elle siano de¬
- gnamente servite». E lo vero è che adunate quivi erano
- a la compagnia d'una gentile donna che disposata era lo
- giorno; e però, secondo l'usanza de la sopradetta citta-
- de, convenia che le facessero compagnia nel primo se¬
- dere a la mensa che facea ne la magione del suo novello
- sposo. Sì che io, credendomi fare piacere di questo ami-
- Letteratura italiana Einaudi
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- co, propuosi di stare al servigio de le donne ne la sua
- compagnia. E nel fine del mio proponimento mi parve
- sentire uno mirabile tremore incominciare nel mio petto
- da la sinistra parte e distendersi di subito per tutte le
- parti del mio corpo. Allora dico che io poggiai la mia
- persona simulatamente ad una pintura la quale circun-
- dava questa magione; e temendo non altri si fosse accor¬
- to del mio tremare, levai li occhi, e mirando le donne,
- vidi tra loro la gentilissima Beatrice. Allora fuoro sì di¬
- strutti li miei spiriti per la forza che Amore prese veg-
- gendosi in tanta propinquitade a la gentilissima donna,
- che non ne rimasero in vita più che li spiriti del viso; e
- ancora questi rimasero fuori de li loro istrumenti, però
- che Amore volea stare nel loro nobilissimo luogo per
- vedere la mirabile donna. E avvegna che io fossi altro
- che prima, molto mi dolea di questi spiritelli, che si la¬
- mentavano forte e diceano: «Se questi non ci infolgoras¬
- se così fuori del nostro luogo, noi potremmo stare a ve¬
- dere la maraviglia di questa donna così come stanno li
- altri nostri pari». I o dico che molte di queste donne, ac¬
- corgendosi de la mia trasfigurazione, si cominciaro a
- maravigliare, e ragionando si gabbavano di me con que¬
- sta gentilissima; onde lo ingannato amico di buona fede
- mi prese per la mano, e traendomi fuori de la veduta di
- queste donne, sì mi domandò che io avesse. Allora io,
- riposato alquanto, e resurressiti li morti spiriti miei, e li
- discacciati rivenuti a le loro possessioni, dissi a questo
- mio amico queste parole: «lo tenni li piedi in quella par¬
- te de la vita di là da la quale non si puote ire più per in¬
- tendimento di ritornare». E partitomi da lui, mi ritornai
- ne la camera de le lagrime; ne la quale, piangendo e ver¬
- gognandomi, fra me stesso dicea: «Se questa donna sa¬
- pesse la mia condizione, io non credo che così gabbasse
- la mia persona, anzi credo che molta pietade le ne ver¬
- rebbe». E in questo pianto stando, propuosi di dire pa¬
- role, ne le quali, parlando a lei, significasse la cagione
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- del mio trasfiguramento, e dicesse che io so bene ch'ella
- non è saputa, e che se fosse saputa, io credo che pietà ne
- giugnerebbe altrui; e propuosile di dire desiderando
- che venissero per avventura ne la sua audienza. E allora
- dissi questo sonetto, lo quale comincia: «Con l'altre
- donne».
- Con l'altre donne mia vista gabbate,
- e non pensate, donna, onde si mova
- ch'io vi rassembri sì figura nova
- quando riguardo la vostra beltate. 4
- Se lo saveste, non poria Pietate
- tener più contra me l'usata prova,
- che A mor, quando sì presso a voi mi trova,
- prende baldanza e tanta securtate, 8
- che fere tra' miei spiriti paurosi,
- e quale ancide, e qual pinge di fore,
- sì che solo remane a veder vui: 11
- ond'io mi cangio in figura d'altrui,
- ma non sì ch'io non senta bene allore
- li guai de li scacciati tormentosi. 14
- Questo sonetto non divido in parti, però che la divi¬
- sione non si fa se non per aprire la sentenzia de la cosa
- divisa: onde con ciò sia cosa che per la sua ragionata ca¬
- gione assai sia manifesto, non ha mestiere di divisione.
- Vero è che tra le parole dove si manifesta la cagione di
- questo sonetto, si scrivono dubbiose parole, cioè quan¬
- do dico che Amore uccide tutti li miei spiriti, e li visivi
- rimangono in vita, salvo che fuori de li strumenti loro. E
- questo dubbio è impossibile a solvere a chi non fosse in
- simile grado fedele d'Amore; e a coloro che vi sono è
- manifesto ciò che solverebbe le dubitose parole: e però
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- non è bene a me di dichiarare cotale dubitazione, acciò
- che lo mio parlare dichiarando sarebbe indarno, o vero
- di soperchio.
- XV. Appresso la nuova trasfigurazione mi giunse uno
- pensamento forte, lo quale poco si partia da me, anzi
- continuamente mi riprendea, ed era di cotale ragiona¬
- mento meco: «Poscia che tu pervieni a così dischernevo¬
- le vista quando tu se' presso di questa donna, perché
- pur cerchi di vedere lei? Ecco che tu fossi domandato
- da lei: che avresti! da rispondere, ponendo che tu avessi
- libera ciascuna tua vertude in quanto tu le rispondessi?»
- E a costui rispondea un altro, umile, penserò, e dicea:
- «S'io non perdessi lemievertudi, efossi libero tanto che
- io le potessi rispondere, io le direi che sì tosto com'io
- imagino la sua mirabile bellezza, sì tosto mi giugne uno
- desiderio di vederla, lo quale è di tanta vertude, che uc¬
- cide e distrugge ne la mia memoria ciò che contra lui si
- potesse levare: e però non mi ritraggono le passate pas¬
- sioni da cercare la veduta di costei». 0 nde io, mosso da
- cotali pensamenti, propuosi di dire certe parole, ne le
- quali, escusandomi a lei da cotale riprensione, ponesse
- anche di quello che mi diviene presso di lei; e dissi que¬
- sto sonetto, lo quale comincia: «Ciò che m'incontra».
- Ciò che m'incontra, ne la mente more,
- quand'i' vegno a veder voi, bella gioia;
- e quand'io vi son presso, i' sento Amore
- che dice: «Fuggi, se 'I perir t'è noia». 4
- Lo viso mostra lo color del core,
- che, tramortendo, ovunque pò s'appoia;
- e per la ebrietà del gran tremore
- le pietre par che gridin: M oia, moia. 8
- Peccato facechi allora mi vide,
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- se l'alma sbigottita non conforta,
- sol dimostrando che di me li doglia, 11
- per la pietà, che 'I vostro gabbo ancide,
- la qual si cria ne la vista morta
- de li occhi, c'hanno di lor morte voglia. 14
- Q uesto sonetto si divide in due parti: ne la prima dico
- la cagione per che non mi tengo di gire presso di questa
- donna: ne la seconda dico quello che mi diviene per an¬
- dare presso di lei; e comincia questa parte quivi: «e
- quand'io vi son presso». E anche si divide questa secon¬
- da parte in cinque, secondo cinque diverse narrazioni:
- che ne la prima dico quello che Amore, consigliato da la
- ragione, mi dice quando le sono presso: ne la seconda
- manifesto lo stato del cuore per essemplo del viso: ne la
- terza dico sì come onne sicurtade mi viene meno: ne la
- quarta dico che pecca quelli che non mostra pietà di me,
- acciò che mi sarebbe alcuno conforto: ne l'ultima dico
- perché altri doverebbe avere pietà, e ciò è per la pietosa
- vista che ne li occhi mi giugne: la quale vista pietosa è
- distrutta, cioè non pare altrui, per lo gabbare di questa
- donna, lo quale trae a sua simile operazione coloro che
- forse vederebbono questa pietà. La seconda parte co¬
- mincia quivi: «Lo viso mostra»: la terza quivi: «e per la
- ebrietà»: la quarta: «Peccato face»: la quinta: «per la
- pietà».
- XVI . Appresso ciò che io dissi questo sonetto, mi
- mosse una volontade di dire anche parole, ne le quali io
- dicesse quattro cose ancora sopra lo mio stato, le quali
- non mi parea che fossero manifestate ancora per me. La
- prima de le quali si è che molte volte io mi dolea, quan¬
- do la mia memoria movesse la fantasia ad imaginare
- quale A more mi facea. La seconda si è che A more spes¬
- se volte di subito m'assalia sì forte, che ’n me non rima-
- Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- nea altro di vita se non un penserò che parlava di que¬
- sta donna. La terza si è che quando questa battaglia
- d'Amoremi pugnava così, io mi movea quasi discolori¬
- to tutto per vedere questa donna, credendo che mi di¬
- fendesse la sua veduta da questa battaglia, dimentican¬
- do quello che per appropinquare a tanta gentilezza
- m'addivenia. La quarta si è come cotale veduta non so¬
- lamente non mi difendea, ma finalmente disconfiggea la
- mia poca vita. E però dissi questo sonetto, lo quale co¬
- mincia: «Spesse fiate».
- Spesse fiate vegnonmi a la mente
- le oscure qualità ch'Amor mi dona,
- e venmene pietà, sì che sovente
- io dico: «Lasso!, avviene elii a persona?»; 4
- ch'Amor m'assale subitanamente,
- sì che la vita quasi m'abbandona:
- campami un spirto vivo solamente,
- e que'riman perché di voi ragiona. 8
- Poscia mi sforzo, che mi voglio atare;
- e così smorto, d'onne valor voto,
- vegno a vedervi, credendo guerire: 11
- e se io levo li occhi per guardare,
- nel cor mi si comincia uno tremoto,
- che fa de'polsi l'anima partire. 14
- Questo sonetto si divide in quattro parti, secondo che
- quattro cose sono in esso narrate; e però che sono di so¬
- pra ragionate, non m'intrametto se non di distinguere le
- parti per li loro cominciamenti: onde dico che la secon¬
- da parte comincia quivi: «ch'Amor»; laterzaquivi: «Po¬
- scia mi sforzo»; la quarta quivi: «e se io levo».
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- XVII. Poi che dissi questi tre sonetti, ne li quali parlai
- a questa donna però chefuoro narratori di tutto quasi lo
- mio stato, credendomi tacere e non dire più però che mi
- parea di me assai avere manifestato, avvegna che sempre
- poi tacesse di dire a lei, a me convenne ripigliare matera
- nuova e più nobile che la passata. E però che la cagione
- de la nuova matera è dilettevole a udire, la dicerò, quan¬
- to potrò più brievemente.
- XVIII. Con ciò sia cosa che per la vista mia molte
- persone avessero compreso lo secreto del mio cuore,
- certe donne, le quali adunate s'erano dilettandosi l'una
- ne la compagnia de l'altra, sapeano bene lo mio cuore,
- però che ciascuna di loro era stata a molte mie sconfit¬
- tele io passando appresso di loro, sì come da la fortuna
- menato, fui chiamato da una di queste gentili donne. La
- donna che m'avea chiamato era donna di molto leggia¬
- dro parlare; sì che quand'io fui giunto dinanzi da loro, e
- vidi bene che la mia gentilissima donna non era con es¬
- se, rassicurandomi le salutai, e domandai che piacesse
- loro. Le donne erano molte, tra le quali n'avea certe che
- si rideano tra loro; altre v'erano che mi guardavano
- aspettando che io dovessi dire; altre v'erano che parla¬
- vano tra loro. De le quali una, volgendo li suoi occhi
- verso me e chiamandomi per nome, disse queste parole:
- «A che fine ami tu questa tua donna, poi che tu non
- puoi sostenere la sua presenza? Dilloci, che certo lo fi¬
- ne di cotale amore conviene che sia novissimo». E poi
- che m'ebbe dette queste parole, non solamente ella, ma
- tutte l'altre cominciaro ad attendere in vista la mia ri-
- sponsione. Allora dissi queste parole loro: «M adonne,
- lo fine del mio amore fue già lo saluto di questa donna,
- forse di cui voi intendete, e in quello dimorava la beati¬
- tudine, ché era fine di tutti li miei desiderii. M a poi che
- le piacque di negarlo a me, lo mio segnore Amore, la
- sua merzede, ha posto tutta la mia beatitudine in quello
- Letteratura italiana Einaudi
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- che non mi puote venire meno». Allora queste donne
- cominciaro a parlare tra loro; e sì come talora vedemo
- cadere l'acqua mischiata di bella neve, così mi parea
- udire le loro parole uscire mischiate di sospiri. E poi
- che alquanto ebbero parlato tra loro, anche mi disse
- questa donna che m'avea prima parlato, queste parole:
- «N oi ti preghiamo che tu ne dichi ove sta questa tua
- beatitudine». Ed io, rispondendo lei, dissi cotanto: «In
- quelle parole che lodano la donna mia». Allora mi ri-
- spuose questa che mi parlava: «Se tu ne dicessi vero,
- quelle parole che tu n'hai dette in notificando la tua
- condizione, avresti! operate con altro intendimento».
- Onde io, pensando a queste parole, quasi vergognoso
- mi partio da loro, e venia dicendo fra me medesimo:
- «Poi che è tanta beatitudine in quelle parole che lodano
- la mia donna, perché altro parlare è stato lo mio?». E
- però propuosi di prendere per matera de lo mio parlare
- sempre mai quello che fosse loda di questa gentilissima;
- e pensando molto a ciò, pareami avere impresa troppo
- alta matera quanto a me, sì che non ardia di cominciare;
- e così dimorai alquanti dì con disiderio di dire e con
- paura di cominciare.
- XIX. Avvenne poi che passando per uno cammino
- lungo lo quale sen già uno rivo chiaro molto, a me
- giunse tanta volontade di dire, che io cominciai a pen¬
- sare lo modo ch'io tenesse; e pensai che parlare di lei
- non si convenia che io facesse, se io non parlasse a
- donne in seconda persona, e non ad ogni donna, ma
- solamente a coloro che sono gentili e che non sono pu¬
- re femmine. Allora dico che la mia lingua parlò quasi
- come per se stessa mossa, e disse: «Donne ch'avete in¬
- telletto d'amore». Q ueste parole io ripuosi ne la mente
- con grande letizia, pensando di prenderle per mio co-
- minciamento; onde poi, ritornato a la sopradetta citta-
- de, pensando alquanti die, cominciai una canzone con
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- questo cominciamento, ordinata nel modo che si vedrà
- di sotto ne la sua divisione. La canzone comincia:
- «Donne ch'avete».
- Donne ch'avete intelletto d'amore,
- i' vo' con voi de la mia donna dire,
- non perch'io creda sua laude finire,
- ma ragionar per isfogar la mente. 4
- I o dico che pensando il suo valore,
- A mor sì dolce mi si fa sentire,
- che s'io allora non perdessi ardire,
- farei parlando innamorar la gente. 8
- E io non vo' parlar sì altamente,
- ch'io divenisse per temenza vile;
- ma tratterò del suo stato gentile
- a respetto di lei leggeramente, 12
- donne e donzelle amorose, con vui,
- ché non è cosa da parlarne altrui. 14
- Angelo clama in divino intelletto
- e dice: «Sire, nel mondo si vede
- maraviglia ne l'atto che procede
- d'un'anima che 'nfin qua su risplende». 18
- Lo cielo, che non have altro difetto
- che d'aver lei, al suo segnor la chiede,
- e ciascun santo ne grida merzede.
- Sola Pietà nostra parte difende, 22
- ché parla D io, che di madonna intende:
- «Diletti miei, or sofferite in pace
- che vostra spene sia quanto me piace
- là V è alcun che perder lei s'attende, 26
- e che dirà ne lo inferno: 0 mal nati,
- io vidi la speranza de' beati». 28
- M adonna è disiata in sommo cielo:
- or voi di sua virtù farvi savere.
- Letteratura italiana Einaudi
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- D ico, qual vuol gentil donna parere
- vada con lei, che quando va per via, 32
- gitta nei cor villani Amore un gelo,
- per che onne lor penserò agghiaccia e pere;
- e qual soffrisse di starla a vedere
- diverria nobil cosa, o si morria. 36
- E quando trova alcun che degno sia
- di veder lei, quei prova sua vertute,
- ché li avvien, ciò che li dona, in salute,
- e sì l'umilia, ch'ogni offesa oblia. 40
- A ncor l'ha D io per maggior grazia dato
- che non pò mal finir chi l’ha parlato. 42
- Dicedi lei Amor: «Cosa mortale
- come esser pò sì adorna e sì pura?»
- Poi la reguarda, e fra se stesso giura
- che Dio ne'ntenda di far cosa nova. 46
- Color di perle ha quasi, in forma quale
- convene a donna aver, non for misura:
- ella è quanto de ben pò far natura;
- per essemplo di lei bieltà si prova. 50
- Deli occhi suoi, come ch'ella li mova,
- escono spirti d'amore infiammati,
- cheferon li occhi a qual che al lor la guati,
- e passan sì che 'I cor ciascun retrova: 54
- voi le vedete Amor pinto nel viso,
- là've non potè alcun mirarla fiso. 56
- Canzone, io so che tu girai parlando
- a donne assai, quand'io t'avrò avanzata.
- 0 r t'ammonisco, perch'io t'ho allevata
- per figliuola d'Amor giovane e piana, 60
- che là 've giugni tu diche pregando:
- «I nsegnatemi gir, ch'io son mandata
- a quella di cui laude so' adornata».
- E se non vuoli andar sì come vana, 64
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- non restare ove sia gente villana:
- ingegnati, se puoi, d'esser palese
- solo con donne o con omo cortese,
- cheti merranno là per via tostana. 68
- Tu troverai Amor con esso lei;
- raccomandami a lui come tu dei. 70
- Q uesta canzone, acciò che sia meglio intesa, la divi¬
- derò più artificiosamente che l'altre cose di sopra. E
- però prima ne fo tre parti: la prima parte è proemio de
- le sequenti parole; la seconda è lo intento trattato; la ter¬
- za è quasi una serviziale de le precedenti parole. La se¬
- conda comincia quivi: «Angelo clama»; la terza quivi:
- «Canzone, io so che». La prima parte si divide in quat¬
- tro: ne la prima dico a cu' io dicer voglio de la mia don¬
- na, e perché io voglio dire; ne la seconda dico quale me
- pare avere a me stesso quand'io penso lo suo valore, e
- com'io direi s'io non perdessi l'ardimento; ne la terza di¬
- co come credo dire di lei, acciò ch'io non sia impedito
- da viltà; ne la quarta, ridicendo anche a cui ne intenda
- dire, dico la cagione per che dico a loro. La seconda co¬
- mincia quivi: «lo dico»; la terza quivi: «E io non vo' par¬
- lar»; la quarta: «donne e donzelle». Poscia quando dico:
- «Angelo clama», comincio a trattare di questa donna. E
- dividesi questa parte in due: ne la prima dico che di lei si
- comprende in cielo; ne la seconda dico che di lei si com¬
- prende in terra, quivi: «M adonna è disiata». Q uesta se¬
- conda parte si divide in due: che ne la prima dico di lei
- quanto da la parte de la nobilitade de la sua anima, nar¬
- rando alquanto de le sue vertudi effettive che de la sua
- anima procedeano; ne la seconda dico di lei quanto da la
- parte de la nobilitade del suo corpo, narrando alquanto
- de le sue bellezze, quivi: «Dicedi lei Amor». Questa se¬
- conda parte si divide in due; che ne la prima dico d'al¬
- quante bellezze che sono secondo tutta la persona; ne la
- seconda dico d'alquante bellezze che sono secondo di-
- Letteratura italiana Einaudi
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- terminata parte de la persona, quivi: «De li occhi suoi».
- Q uesta seconda parte si divide in due; che ne l'una dico
- deli occhi, li quali sono principio d'amore; ne la seconda
- dico de la bocca, la quale è fine d'amore. E acciò che
- quinci si lievi ogni vizioso pensiero, ricordisi chi ci leg¬
- ge, che di sopra è scritto che lo saluto di questa donna,
- 10 quale era de le operazioni de la bocca sua, fue fine de
- 11 miei desiderii mentre ch'io lo potei ricevere. Poscia
- quando dico: «Canzone, io so che tu», aggiungo una
- stanza quasi come ancella de l'altre, ne la quale dico
- quello che di questa mia canzone desidero; e però che
- questa ultima parte è lieve a intendere, non mi travaglio
- di più divisioni. Dico bene che, a più aprire lo intendi¬
- mento di questa canzone, si converrebbe usare di più
- minute divisioni; ma tuttavia chi non è di tanto ingegno
- che per queste che sono fatte la possa intendere, a me
- non dispiace se la mi lascia stare, ché certo io temo
- d'avere a troppi comunicato lo suo intendimento pur
- per queste divisioni che fatte sono, s'elli avvenisse che
- molti le potessero audire.
- XX . Appresso che questa canzone fue alquanto divol-
- gata tra le genti, con ciò fosse cosa che alcuno amico
- l'udisse, volontade lo mosse a pregare me che io li do¬
- vesse dire che è A more, avendo forse per l'udite parole
- speranza di me oltre che degna. 0 nde io, pensando che
- appresso di cotale trattato bello era trattare alquanto
- d'Amore, e pensando che l'amico era da servire, pro-
- puosi di dire parole ne le quali io trattassi d'Amore; e al¬
- lora dissi questo sonetto, lo qual comincia: «Amore e 'I
- cor gentil».
- Amore e 'I cor gentil sono una cosa,
- sì come il saggio in suo dittare pone,
- e così esser l'un sanza l'altro osa
- com'alma razionai sanza ragione. 4
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- Falli naturaquand'èamorosa,
- Amor per sire e 'I cor per sua magione,
- dentro la qual dormendo si riposa
- tal volta poca e tal lunga stagione. 8
- Bieltate appare in saggia donna pui,
- che piace a gli occhi sì, che dentro al core
- nasce un disio de la cosa piacente; 11
- e tanto dura talora in costui,
- che fa svegliar lo spirito d'A more.
- E simil face in donna omo valente. 14
- Q uesto sonetto si divide in due parti: ne la prima dico
- di lui in quanto è in potenzia: ne la seconda dico di lui in
- quanto di potenzia si riduce in atto. La seconda comin¬
- cia quivi: «Bieltate appare». La prima si divide in due:
- ne la prima dico in che suggetto sia questa potenzia; ne
- la seconda dico sì come questo suggetto e questa poten¬
- zia siano produrti in essere, e come l'uno guarda l'altro
- come forma materia. La seconda comincia quivi: «Falli
- natura». Poscia quando dico: «Bieltate appare», dico
- come questa potenzia si riduce in atto; e prima come si
- riduce in uomo, poi come si riduce in donna, quivi: «E
- simil face in donna».
- XXI. Poscia che trattai d'A more ne la soprascritta ri¬
- ma, vennemi volontade di volere dire anche, in loda di
- questa gentilissima, parole, per le quali io mostrasse co¬
- me per lei si sveglia questo Amore, e come non solamen¬
- te si sveglia là ove dorme, ma là ove non è in potenzia,
- ella, mirabilemente operando, lo fa venire. E allora dissi
- questo sonetto, lo quale comincia: «N e li occhi porta».
- N e li occhi porta la mia donna Amore,
- per che si fa gentil ciò ch'ella mira;
- Letteratura italiana Einaudi
- 29
- Dante Alighieri - Vita nuova
- ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira,
- e cui saluta fa tremar lo core, 4
- sì che, bassando il viso, tutto smore,
- e d'ogni suo difetto allor sospira:
- fugge dinanzi a lei superbia ed ira.
- Aiutatemi, donne, farle onore. 8
- 0 gne dolcezza, ogne penserò umile
- nasce nel core a chi parlar la sente,
- ond'è laudato chi prima la vide. 11
- Q uel ch'ella par quando un poco sorride,
- non si pò dicer né tenere a mente,
- sì è novo miracolo e gentile. 14
- Questo sonetto si ha tre parti: ne la prima dico sì co¬
- me questa donna riduce questa potenzia in atto secondo
- la nobilissima parte de li suoi occhi; e ne la terza dico
- questo medesimo secondo la nobilissima parte de la sua
- bocca; e intra queste due parti è una particella, ch'è qua¬
- si domandatrice d'aiuto a la precedente parte e a la se-
- quente, e comincia quivi: «Aiutatemi, donne.» La terza
- comincia quivi: «Ogne dolcezza». La prima si divide in
- tre; che ne la prima parte dico sì come virtuosamente fae
- gentile tutto ciò che vede, e questo è tanto a dire quanto
- inducere A more in potenzia là ove non è; ne la seconda
- dico come reduce in atto Amore ne li cuori di tutti colo¬
- ro cui vede; ne la terza dico quello che poi virtuosamen¬
- te adopera ne' loro cuori. La seconda comincia quivi:
- «ov'ella passa»; la terza quivi: «e cui saluta». Poscia
- quando dico: «Aiutatemi, donne», do a intendere a cui
- la mia intenzione è di parlare, chiamando le donne che
- m'aiutino onorare costei. Poscia quando dico: «0 gne
- dolcezza», dico quello medesimo che detto è ne la prima
- parte, secondo due atti de la sua bocca; l'uno de li quali
- - Letteratura italiana Einaudi
- 30
- Dante Alighieri - Vita nuova
- è lo suo dolcissimo parlare, e l'altro lo suo mirabile riso;
- salvo che non dico di questo ultimo come adopera ne li
- cuori altrui, però che la memoria non puote ritenere lui
- né sua operazione.
- XXII. Appresso ciò non molti dì passati, sì come
- piacque al glorioso sire lo quale non negoe la morte a sé,
- colui che era stato genitore di tanta maraviglia quanta si
- vedea ch'era questa nobilissima Beatrice, di questa vita
- uscendo, a la gloria etternale se ne gio veracemente. 0 n-
- de con ciò sia cosa che cotale partire sia doloroso a colo¬
- ro che rimangono e sono stati amici di colui che se ne
- va; e nulla sia sì intima amistade come da buon padre a
- buon figliuolo e da buon figliuolo a buon padre; e que¬
- sta donna fosse in altissimo grado di bontade, e lo suo
- padre, sì come da molti si crede e vero è, fosse bono in
- alto grado; manifesto è che questa donna fue amarissi¬
- mamente piena di dolore. E con ciò sia cosa che, secon¬
- do l'usanza de la sopradetta cittade, donne con donne e
- uomini con uomini s'adunino a cotale tristizia, molte
- donne s'adunaro colà dove questa Beatrice piangea pie¬
- tosamente: onde io veggendo ritornare alquante donne
- da lei, udio dicere loro parole di questa gentilissima,
- convella si lamentava; tra le quali parole udio che dicea-
- no: «Certo ella piange sì, che quale la mirasse doverebbe
- morire di pietade». Allora trapassaro queste donne; e io
- rimasi in tanta tristizia, che alcuna lagrima talora bagna¬
- va la mia faccia, onde io mi ricopria con porre le mani
- spesso a li miei occhi; e se non fosse ch'io attendea audi¬
- re anche di lei, però ch'io era in luogo onde se ne giano
- la maggiore parte di quelle donne che da lei si partiano,
- io mi sarei nascoso incontanente che le lagrime m'avea-
- no assalito. E però imorando ancora nel medesimo luo¬
- go, donne anche passaro presso di me, le quali andavano
- ragionando tra loro queste parole: «Chi dee mai essere
- lieta di noi, che avemo udita parlare questa donna così
- Letteratura italiana Einaudi
- 3i
- Dante Alighieri - Vita nuova
- pietosamente?». Appresso costoro passaro altre donne,
- che veniano dicendo: «Q uesti ch'è qui piange né più né
- meno come se l'avesse veduta, come noi avemo». Altre
- dipoi diceanodi me: «Vedi questi che non pare esso, tal
- è divenuto!». E così passando queste donne, udio paro¬
- le di lei e di me in questo modo che detto è. 0 nde io
- poi, pensando, propuosi di dire parole, acciò che degna¬
- mente avea cagione di dire, ne le quali parole io con¬
- chiudesse tutto ciò che inteso avea da queste donne; e
- però che volentieri l'averei domandate se non mi fosse
- stata riprensione, presi tanta matera di dire come s'io
- l'avesse domandate ed elle m'avessero risposto. E feci
- due sonetti; che nel primo domando, in quello modo
- che voglia mi giunse di domandare; ne l'altro dico la lo¬
- ro risponsione, pigliando ciò ch'io udio da loro sì come
- lo mi avessero detto rispondendo. E comincia lo primo:
- «Voi che portate la sembianza umile», e l'altro: «Se' tu
- colui c'hai trattato sovente».
- Voi che portate la sembianza umile,
- con li occhi bassi, mostrando dolore,
- onde venite che 'I vostro colore
- par divenuto de pietà simile? 4
- Vedeste voi nostra donna gentile
- bagnar nel viso suo di pianto Amore?
- D itelmi, donne, che 'I mi dice il core,
- perch'io vi veggio andar sanz'atto vile. 8
- E sevenitedatantapietate,
- piacciavi di restar qui meco alquanto,
- e qual che sia di lei, noi mi celate. 11
- lo veggio li occhi vostri c'hanno pianto,
- e veggiovi tornar sì sfigurate,
- che 'I cor mi triema di vederne tanto. 14
- - Letteratura italiana Einaudi
- 32
- Dante Alighieri - Vita nuova
- Questo sonetto si divide in due parti: ne la prima
- chiamo e domando queste donne se vegnono da lei, di¬
- cendo loro che io lo credo, però che tornano quasi in¬
- gentilite: ne la seconda le prego che mi dicano di lei. La
- seconda comincia quivi: «E sevenite».
- Qui appresso è l'altro sonetto, sì come dinanzi avemo
- narrato.
- Se' tu colui c'hai trattato sovente
- di nostra donna, sol parlando a nui?
- Tu risomigli a la voce ben lui,
- ma la figura ne par d'altra gente. 4
- E perché piangi tu sì coralmente,
- che fai di te pietà venire altrui?
- Vedesti! pianger lei, che tu non pui
- punto celar la dolorosa mente? 8
- Lascia piangere noi e triste andare
- (e fa peccato chi mai ne conforta),
- che nel suo pianto l'udimmo parlare. 11
- E ll’ha nel viso la pietà sì scorta,
- che qual l'avesse voluta mirare
- sarebbe innanzi lei piangendo morta. 14
- Q uesto sonetto ha quattro parti, secondo che quattro
- modi di parlare ebbero in loro le donne per cui rispon¬
- do: e però che sono di sopra assai manifesti, non m'in-
- trametto di narrare la sentenzia de le parti, e però le di¬
- stinguo solamente. La seconda comincia quivi: «E
- perché piangi»: la terza: «Lascia piangere noi»: la quar¬
- ta: «E ll'ha nel viso».
- XXI II. Appresso ciò per pochi dì avvenne che in alcu¬
- na parte de la mia persona mi giunse una dolorosa infer-
- Letteratura italiana Einaudi
- 33
- Dante Alighieri - Vita nuova
- mitade, onde io continuamente soffersi per nove dì ama¬
- rissima pena; la quale mi condusse a tanta debolezza, che
- me convenia stare come coloro li quali non si possono
- muovere. I o dico che ne lo nono giorno, sentendome do¬
- lere quasi intollerabdemente, a me giunse uno penserò lo
- quale era de la mia donna. E quando ei pensato alquanto
- di lei, ed io ritornai pensando a la mia debilitata vita; e
- veggendo come leggiero era lo suo durare, ancora che sa¬
- na fosse, sì cominciai a piangere fra me stesso di tanta
- miseria. 0 nde, sospirando forte, dicea fra me medesimo:
- «Di necessitade convene che la gentilissima Beatrice al¬
- cuna volta si muoia». E però mi giunse uno sì forte smar¬
- rimento, che chiusi li occhi e cominciai a travagliare sì
- come farnetica persona ed a imaginare in questo modo:
- che ne lo incominciamento de lo errare che fece la mia
- fantasia, apparvero a me certi visi di donne scapigliate,
- che mi diceano: «Tu pur morrai»; e poi, dopo queste
- donne, m'apparvero certi visi diversi e orribili a vedere, li
- quali mi diceano: «Tu se' morto». Così cominciando ad
- errare la mia fantasia, venni a quello ch'io non sapea ove
- io mi fosse; e vedere mi parea donne andare scapigliate
- piangendo per via, maravigliosamente triste; e pareami
- vedere lo sole oscurare, sì che le stelle si mostravano di
- colore ch'elle mi faceano giudicare che piangessero; e pa¬
- reami che li uccelli volando per l'aria cadessero morti, e
- che fossero grandissimi tremuoti. E maravigliandomi in
- cotale fantasia, e paventando assai, imaginai alcuno ami¬
- co che mi venisse a dire: «0 r non sai? la tua mirabile
- donna è partita di questo secolo». Allora cominciai a
- piangere molto pietosamente; e non solamente piangea
- ne la imaginazione, ma piangea con li occhi, bagnandoli
- di vere lagrime. I o imaginava di guardare verso lo cielo, e
- pareami vedere moltitudine d'angeli li quali tornassero in
- suso, ed aveano dinanzi da loro una nebuletta bianchissi¬
- ma. A me parea che questi angeli cantassero gloriosa-
- mente, e le parole del loro canto mi parea udire che fos-
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- sero queste: «Osanna in excelsis»; e altro non mi parea
- udire. A Mora mi parea che lo cuore, ove era tanto amore,
- mi dicesse: «Vero è che morta giace la nostra donna». E
- per questo mi parea andare per vedere lo corpo ne lo
- quale era stata quella nobilissima e beata anima; e fue sì
- forte la erronea fantasia, che mi mostrò questa donna
- morta: e pareami che donne la covrissero, cioè la sua te¬
- sta, con uno bianco velo; e pareami che la sua faccia
- avesse tanto aspetto d'umilitade, che parea che dicesse:
- «lo sono a vedere lo principio de la pace». I n questa ima¬
- ginazione mi giunse tanta umilitade per vedere lei, che io
- chiamava la Morte, edicea: «Dolcissima Morte, vieni a
- me, e non m'essere villana, però che tu dei essere gentile,
- in tal parte se' stata! 0 r vieni a me, che molto ti disidero;
- e tu lo vedi, che io porto già lo tuo colore». E quando io
- avea veduto compiere tutti li dolorosi mestieri che a le
- corpora de li morti s'usano di fare, mi parea tornare ne la
- mia camera, e quivi mi parea guardare verso lo cielo; e sì
- forte era la mia imaginazione, che piangendo incominciai
- a dire con verace voce: «0 i anima bellissima, come è
- beato colui cheti vede!». E dicendo io queste parole con
- doloroso singulto di pianto, e chiamando la M orte che
- venisse a me, una donna giovane e gentile, la quale era
- lungo lo mio letto, credendo che lo mio piangere e le mie
- parole fossero solamente per lo dolore de la mia infermi-
- tade, con grande paura cominciò a piangere. 0 nde altre
- donne che per la camera erano s'accorsero di me, che io
- piangea, per lo pianto che vedeano fare a questa; onde
- faccendo lei partire da me, la quale era meco di propin¬
- quissima sanguinitade congiunta, elle si trassero verso
- me per isvegliarmi, credendo che io sognasse, e dicean-
- mi: «N on dormire più», e «N on ti sconfortare». E par¬
- landomi così, sì mi cessò la forte fantasia entro in quello
- punto ch'io volea dicere: «0 Beatrice, benedetta sietu»;
- e già detto avea «0 Beatrice», quando riscotendomi
- apersi li occhi, e vidi che io era ingannato. E con tutto
- Letteratura italiana Einaudi
- 35
- Dante Alighieri - Vita nuova
- che io chiamasse questo nome, la mia voce era sì rotta dal
- singulto del piangere, che queste donne non mi pottero
- intendere, secondo il mio parere; e avvegna che io vergo¬
- gnasse molto, tuttavia per alcuno ammonimento d'A mo¬
- re mi rivolsi a loro. E quando mi videro, cominciaro a di¬
- re: «Q uesti pare morto», e a dire tra loro: «Proccuriamo
- di confortarlo»; onde molte parole mi diceano da confor¬
- tarmi, e talora mi domandavano di che io avesse avuto
- paura. Onde io, essendo alquanto riconfortato, e cono¬
- sciuto lo fallace imaginare, rispuosi a loro: «lo vi dime
- quello ch'i' hoe avuto». Allora, cominciandomi dal prin¬
- cipio infino a la fine, dissi loro quello che veduto avea,
- tacendo lo nome di questa gentilissima. 0 nde poi, sanato
- di questa infermitade, propuosi di dire parole di questo
- che m'era addivenuto, però che mi parea che fosse amo¬
- rosa cosa da udire; e però ne dissi questa canzone: «D on-
- na pietosa e di novella etate», ordinata sì come manifesta
- la infrascritta divisione.
- Donna pietosa e di novella etate,
- adorna assai di gentilezze umane,
- ch'era là 'v'io chiamava spesso M orte, 3
- veggendo li occhi miei pien di pietate,
- e ascoltando le parole vane,
- si mosse con paura a pianger forte. 6
- E altre donne, che si fuoro accorte
- di me per quella che meco piangia,
- fecer lei partir via, 12
- e appressarsi per farmi sentire.
- Qual dicea: «N on dormire», 14
- e qual dicea: «Perché sì ti scontorte?»
- Allor lassai la nova fantasia,
- chiamando il nome de la donna mia. 17
- Era la voce mia sì dolorosa
- e rotta sì da l'angoscia del pianto,
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- ch'io solo intesi il nome nel mio core; 20
- e con tutta la vista vergognosa
- ch'era nel viso mio giunta cotanto,
- mi fece verso lor volgere A more.
- E Ili era tale a veder mio colore,
- chefacea ragionar di morte altrui:
- «Deh, consoliam costui»
- pregava l'una l'altra umilemente;
- e dicevan sovente:
- «Che vedestù, che tu non hai valore?» 26
- E quando un poco confortato fui,
- io dissi: «Donne, dicerollo a vui. 28
- M entr'io pensava la mia frale vita,
- e vedea 'I suo durar com'è leggiero,
- piansemi Amor nel core, ove dimora; 31
- per che l'anima mia fu sì smarrita,
- che sospirando diceanel penserò:
- - Ben converrà che la mia donna mora 34
- 10 presi tanto smarrimento allora,
- ch'io chiusi li occhi vii mente gravati,
- efuron sì smagati
- 11 spirti miei, che ciascun giva errando;
- e poscia imaginando,
- di caunoscenza e di verità fora, 40
- visi di donne m'apparver crucciati,
- che mi dicean pur: - M orra'ti, morra'ti 42
- Poi vidi cosedubitose molte,
- nel vano imaginare ov'io entrai;
- ed esser mi parea non so in qual loco, 45
- e veder donne andar per via disciolte,
- qual lagrimando, e qual traendo guai,
- che di tristizia saettavan foco. 48
- Poi mi parve vedere a poco a poco
- turbar lo sole e apparir la stella,
- Letteratura italiana Einaudi
- 37
- Dante Alighieri - Vita nuova
- e pianger elli ed ella;
- cader li augelli volando per Tare,
- e la terra tremare;
- ed omo apparve scolorito e fioco, 54
- dicendomi: - Chetai? N on sai novella?
- morta è la donna tua, ch'era sì bella 56
- Levava li occhi miei bagnati in pianti,
- e vedea, che parean pioggia di manna,
- li angeli chetornavan suso in cielo, 59
- e una nuvoletta avean davanti,
- dopo la qual gridavan tutti: «0 sanna»;
- e s'altro avesser detto, a voi dire'lo. 62
- Allor diceva Amor: - Più noi ti celo;
- vieni a veder nostra donna che giace
- Lo imaginar fallace
- mi condusse a veder madonna morta;
- e quand'io l'avea scorta,
- vedea che donne la covrian d'un velo; 68
- ed avea seco umilità verace,
- che parea che dicesse: - lo sono in pace-, 70
- lo divenia nel dolor sì umile,
- veggendo in lei tanta umiltà formata,
- ch’io dicea: - M orte, assai dolce ti tegno; 73
- tu dei ornai esser cosa gentile,
- poi che tu se' ne la mia donna stata,
- e dei aver pietate e non disdegno. 76
- Vedi che sì desideroso vegno
- d'esser de' tuoi, ch'io ti somiglio in fede.
- Vieni, ché 'I cor te chiede.-
- Poi mi partia, consumato ogne duolo;
- e quand'io era solo,
- dicea, guardando verso l'alto regno: 82
- - Beato, anima bella, chi te vede! -
- Voi mi chiamaste allor, vostra merzede.» 84
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- Q uesta canzone ha due parti: ne la prima dico, par¬
- lando a indiffinita persona, come io fui levato d'una va¬
- na fantasia da certe donne, e come promisi loro di dirla;
- ne la seconda dico come io dissi a loro. La seconda co¬
- mincia quivi: «M entr'io pensava». La prima parte si di¬
- vide in due: ne la prima dico quello che certe donne, e
- che una sola, dissero e fecero per la mia fantasia quanto
- è dinanzi che io fossi tornato in verace condizione; ne la
- seconda dico quello che queste donne mi dissero poi
- che io lasciai questo farneticare; e comincia questa parte
- quivi: «Era la voce mia». Posciaquando dico: «M entr'io
- pensava», dico come io dissi loro questa mia imaginazio¬
- ne. Ed intorno a ciò foe due parti: ne la prima dico per
- ordine questa imaginazione; ne la seconda, dicendo a
- che ora mi chiamaro, le ringrazio chiusamente; e comin¬
- cia quivi questa parte: «Voi mi chiamaste».
- XXIV. Appresso questa vana imaginazione, avvenne
- uno die che, sedendo io pensoso in alcuna parte, ed io
- mi sentio cominciare un tremuoto nel cuore, così come
- se io fosse stato presente a questa donna. Allora dico
- che mi giunse una imaginazione d'Amore; che mi parve
- vederlo venire da quella parte ove la mia donna stava, e
- pareami che lietamente mi dicesse nel cor mio: «Pensa
- di benedicere lo dì che io ti presi, però che tu lo dei fa¬
- re». E certo me parea avere lo cuore sì lieto, che me non
- parea che fosse lo mio cuore, per la sua nuova condizio¬
- ne. E poco dopo queste parole, che lo cuore mi disse
- con la lingua d'Amore, io vidi venire verso me una gen¬
- tile donna, la quale era di famosa bieltade, e fue già mol¬
- to donna di questo primo mio amico. E lo nome di que¬
- sta donna era G iovanna, salvo che per la sua bieltade,
- secondo che altri crede, imposto l'era nome Primavera;
- e così era chiamata. E appresso lei, guardando, vidi ve¬
- nire la mirabile Beatrice. Q ueste donne andaro presso di
- me così l'una appresso l'altra, e parve che Amore mi
- Letteratura italiana Einaudi
- 39
- Dante Alighieri - Vita nuova
- parlasse nel cuore, e dicesse: «Quella prima è nominata
- Primavera solo per questa venuta d'oggi; ché io mossi lo
- imponitore del nome a chiamarla così Primavera, cioè
- prima verrà lo die che Beatrice si mosterrà dopo la ima¬
- ginazione del suo fedele. E se anche vogli considerare lo
- primo nome suo, tanto è quanto dire "prima verrà",
- però che lo suo nome G iovanna è da quello G iovanni lo
- quale precedette la verace luce, dicendo: "Ego vox da¬
- mante in deserto: parate viam Domini"». Ed anche mi
- parve che mi dicesse, dopo, queste parole: «E chi voles¬
- se sottilmente considerare, quella Beatrice chiamerebbe
- Amore per molta simiglianza che ha meco». 0 nde io
- poi, ripensando, propuosi di scrivere per rima a lo mio
- primo amico (tacendomi certe parole le quali pareano
- da tacere), credendo io che ancor lo suo cuore mirasse la
- bieltade di questa Primavera gentile; e dissi questo so¬
- netto, lo quale comincia: «lo mi senti' svegliar.»
- lo mi senti' svegliar dentro a lo core
- un spirito amoroso che dormia:
- e poi vidi venir da lungi Amore
- allegro sì, che appena il conoscia, 4
- dicendo: «0 r pensa pur di farmi onore»;
- e ’n ciascuna parola sua ridia.
- E poco stando meco il mio segnore,
- guardando in quella parte onde venia, 8
- io vidi monnaVannaemonnaBice
- venire inver lo loco là 'v'io era,
- l'una appresso de l'altra maraviglia; 11
- e sì come la mente mi ridice,
- Amor mi disse: «Q u eli 'è Primavera,
- e quell'ha nome A mor, sì mi somiglia». 14
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- Q uesto sonetto ha molte parti: la prima delle quali di¬
- ce come io mi senti' svegliare lo tremore usato nel cuore,
- e come parve che Amore m'apparisse allegro nel mio
- cuore da lunga parte; la seconda dice come me parea
- che Amore mi dicesse nel mio cuore, e quale mi parea;
- la terza dice come, poi che questi fue alquanto stato me¬
- co cotale, io vidi e udio certe cose. La seconda parte co¬
- mincia quivi: «dicendo: 0 r pensa»; la terza quivi: «E po¬
- co stando». La terza parte si divide in due: ne la prima
- dico quello che io vidi; ne la seconda dico quello che io
- udio. La seconda comincia quivi: «Amor mi disse».
- XXV . Potrebbe qui dubitare persona degna da di¬
- chiararle onne dubitazione, e dubitare potrebbe di ciò,
- che io dico d'A more come se fosse una cosa per sé, e
- non solamente sustanzia intelligente, ma sì come fosse
- sustanzia corporale: la quale cosa, secondo la veritate, è
- falsa; ché Amore non è per sé sì come sustanzia, ma è
- uno accidente in sustanzia. E che io dica di lui come se
- fosse corpo, ancora sì come se fosse uomo, appare per
- tre cose che dico di lui. D ico che lo vidi venire; onde,
- con ciò sia cosa che venire dica moto locale, e localmen¬
- te mobile per sé, secondo lo Filosofo, sia solamente cor¬
- po, appare che io ponga Amore essere corpo. Dico an¬
- che di lui che ridea, e anche che parlava; le quali cose
- paiono essere proprie de l'uomo, e spezialmente essere
- risibile; e però appare ch'io ponga lui essere uomo. A
- cotale cosa dichiarare, secondo che è buono a presente,
- prima è da intendere che anticamente non erano dicitori
- d'amore in lingua volgare, anzi erano dicitori d'amore
- certi poete in lingua latina; tra noi dico, avvegna forse
- che tra altra gente addivenisse, e addivegna ancora, sì
- come in G recia, non volgari ma litterati poete queste co¬
- se trattavano. E non è molto numero d'anni passati, che
- apparirò prima questi poete volgari; ché dire per rima in
- volgare tanto è quanto dire per versi in latino, secondo
- Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- alcuna proporzione. E segno che sia picciolo tempo, è
- che se volemo cercare in lingua d'»oco» e in quella di
- «sì», noi non troviamo cose dette anzi lo presente tempo
- per cento e cinquanta anni. E la cagione per che alquan¬
- ti grossi ebbero fama di sapere dire, è che quasi fuoro li
- primi che dissero in lingua di «sì». E lo primo che co¬
- minciò a dire sì come poeta volgare, si mosse però che
- volle fare intendere le sue parole a donna, a la quale era
- malagevole d'intendere li versi latini. E questo è contra
- coloro che rimano sopra altra matera che amorosa, con
- ciò sia cosa che cotale modo di parlare fosse dal princi¬
- pio trovato per dire d'amore. 0 nde, con ciò sia cosa che
- a li poete sia conceduta maggiore licenza di parlare che
- a li prosaici dittatori, e questi dicitori per rima non siano
- altro che poete volgari, degno e ragionevole è che a loro
- sia maggiore licenzia largita di parlare che a li altri parla¬
- tori volgari: onde, se alcuna figura o colore rettorico è
- conceduto a li poete, conceduto è a li rimatori. D unque,
- se noi vedemo che li poete hanno parlato a le cose inani¬
- mate, sì come se avessero senso e ragione, e fattele parla¬
- re insieme: e non solamente cose vere, ma cose non vere,
- cioè che detto hanno, di cose le quali non sono, che par¬
- lano, e detto che molti accidenti parlano, sì come se fos¬
- sero sustanzie e uomini; degno è lo dicitore per rima di
- fare lo somigliante, ma non sanza ragione alcuna, ma
- con ragione la quale poi sia possibile d'aprire per prosa.
- Che li poete abbiano così parlato come detto è, appare
- per Virgilio: lo quale dice che I uno, cioè una dea nemica
- de li Troiani, parloe ad Eolo, segnore de li venti, quivi
- nel primo de lo Eneida: «Eole, nanque tibi», e che que¬
- sto segnore le rispuose, quivi: «Tuus, o regina, quid op-
- tes explorare labor; michi iussa capessere fas est». Per
- questo medesimo poeta parla la cosa che non è animata
- a le cose animate, nel terzo de lo Eneida, quivi: «Darda-
- nide duri». Per Lucano parla la cosa animata a la cosa
- inanimata, quivi: «M ultum, Roma, tamen debes civili-
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- bus armis». Per 0 razio parla l'uomo a la scienzia mede¬
- sima sì come ad altra persona; e non solamente sono pa¬
- role d'O razio, ma dicele quasi recitando lo modo del
- buono 0 mero, quivi ne la sua Poetria: «D ic michi, M u-
- sa, virum». Per Ovidio parla Amore, sì come se fosse
- persona umana, ne lo principio de lo libro c'ha nome Li¬
- bro di Remedio d'Amore, quivi: «Bella michi, video,
- bella parantur, ait». E per questo puote essere manifesto
- a chi dubita in alcuna parte di questo mio libello. E ac¬
- ciò che non ne pigli alcuna baldanza persona grossa, di¬
- co che né li poete parlavano così sanza ragione, né quel¬
- li che rimano deono parlare così non avendo alcuno
- ragionamento in loro di quello che dicono; però che
- grande vergogna sarebbe a colui che rimasse cose sotto
- vesta di figura o di colore rettorico, e poscia, domanda¬
- to, non sapesse denudare le sue parole da cotale vesta, in
- guisa che avessero verace intendimento. E questo mio
- primo amico e io ne sapemo bene di quelli che così ri¬
- mano stoltamente.
- XX VI. Q uesta gentilissima donna, di cui ragionato è
- ne le precedenti parole, venne in tanta grazia de le genti,
- che quando passava per via, le persone correano per ve¬
- dere lei; onde mirabile letizia me ne giungea. E quando
- ella fosse presso d'alcuno, tanta onestade giungea nel
- cuore di quello, che non ardia di levare li occhi, né di ri¬
- spondere a lo suo saluto; e di questo molti, sì come
- esperti, mi potrebbero testimoniare a chi non lo credes¬
- se. E Ila coronata e vestita d'umilitade s'andava, nulla glo¬
- ria mostrando di ciò ch'ella vedea e udia. D iceano molti,
- poi che passata era: «Q uesta non è femmina, anzi è uno
- de li bellissimi angeli del cielo». E altri diceano: «Q uesta
- è una maraviglia; che benedetto sialo Segnore, che sì mi-
- rabilemente sae adoperare!», lo dico ch'ella si mostrava
- sì gentile e sì piena di tutti li piaceri, che quelli che la mi¬
- ravano comprendeano in loro una dolcezza onesta e soa-
- Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- ve, tanto che ridicere non lo sapeano; né alcuno era lo
- quale potesse mirare lei, che nel principio noi convenisse
- sospirare. Queste e più mirabili cose da lei procedeano
- virtuosamente: onde io pensando a ciò, volendo ripiglia¬
- re lo stilo de la sua loda, propuosi di dicere parole, ne le
- quali io dessi ad intendere de le sue mirabili ed eccellenti
- operazioni: acciò che non pur coloro che la poteano sen-
- sibilemente vedere, ma li altri sappiano di lei quello che
- le parole ne possono fare intendere. Allora dissi questo
- sonetto, lo quale comincia: «Tanto gentile».
- Tanto gentile e tanto onesta pare
- la donna mia quand'ella altrui saluta,
- ch'ogne lingua deven tremando muta,
- e li occhi no l'ardiscon di guardare. 4
- E Ila si va, sentendosi laudare,
- benignamente d'umiltà vestuta:
- e par che sia una cosa venuta
- da cielo in terra a miraeoi mostrare. 8
- M ostrasi sì piacente a chi la mira,
- che dà per li occhi una dolcezza al core,
- che 'ntender no la può chi no la prova: 11
- e par che de la sua labbia si mova
- un spirito soave pien d'amore,
- che va dicendo a l'anima: Sospira. 14
- Questo sonetto è sì piano ad intendere, per quello
- che narrato è dinanzi, che non abbisogna d'alcuna divi¬
- sione: e però lassando lui, [XX VII] dico che questa mia
- donna venne in tanta grazia, che non solamente ella era
- onorata e laudata, ma per lei erano onorate e laudate
- molte. 0 nd'io, veggendo ciò e volendo manifestare a chi
- ciò non vedea, propuosi anche di dire parole, ne le quali
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- ciò fosse significato; e dissi allora questo altro sonetto,
- che comincia: «Vede perfettamente onne salute», lo
- quale narra di lei come la sua vertude adoperava ne l'al-
- tre, sì come appare ne la sua divisione.
- V ed e p erf ettam en te o n n e sai u te
- chi la mia donna tra le donne vede;
- quelle che vanno con lei son tenute
- di bella grazia a D io render merzede. 4
- E sua bieltate è di tanta vertute,
- che nulla invidia a l'altre ne procede,
- anzi le face andar seco vestute
- di gentilezza, d'amore e di fede. 8
- La vista sua fa onne cosa umile;
- e non fa sola sé parer piacente,
- ma ciascuna per lei riceve onore. 11
- Ed è ne li atti suoi tanto gentile,
- che nessun la si può recare a mente,
- che non sospiri in dolcezza d'amore. 14
- Q uesto sonetto ha tre parti: ne la prima dico tra che
- gente questa donna più mirabile parea; ne la seconda di¬
- co sì come era graziosa la sua compagnia; ne la terza di¬
- co di quelle cose che vertuosamente operava in altrui.
- La seconda parte comincia quivi: «quelle che vanno»; la
- terza quivi: «E sua bieltate». Q uesta ultima partesi divi¬
- de in tre: ne la prima dico quello che operava ne le don¬
- ne, cioè per loro medesime; ne la seconda dico quello
- che operava in loro per altrui; ne la terza dico come non
- solamente ne le donne, ma in tutte le persone, e non so¬
- lamente ne la sua presenzia, ma ricordandosi di lei, mi-
- rabilemente operava. La seconda comincia quivi: «La vi¬
- sta sua»; e la terza quivi: «Ed è ne li atti».
- Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- XXVII. [XXVIII] Appresso ciò, cominciai a pensare
- uno giorno sopra quello che detto avea de la mia donna,
- cioè in questi due sonetti precedenti; e veggendo nel
- mio penserò che io non avea detto di quello che al pre¬
- sente tempo adoperava in me, pareami defettivamente
- avere parlato. E però propuosi di dire parole, ne le quali
- io dicesse come me parea essere disposto a la sua opera¬
- zione, e come operava in me la sua vertude; e non cre¬
- dendo potere ciò narrare in brevitadedi sonetto, comin¬
- ciai allora una canzone, la quale comincia: «Sì
- lungamente».
- Sì lungiamente m'ha tenuto Amore
- e costumato a la sua segnoria,
- che sì convelli m'era forte in pria,
- così mi sta soave ora nel core. 4
- Però quando mi tolle sì 'I valore,
- che li spiriti par chefuggan via,
- allor sente la frale anima mia
- tanta dolcezza, che 'I viso ne smore, 8
- poi prende A more in me tanta vertute,
- che fa li miei spiriti gir parlando,
- ed escon for chiamando
- la donna mia, per darmi più salute. 12
- Questo m'avveneovunque ella mi vede,
- e sì è cosa umil, che noi si crede. 14
- XXVIII. [XXIX] «Quomodo sedet sola civitas piena
- populo! facta est quasi vidua domina gentium». lo era
- nel proponimento ancora di questa canzone, e compiuta
- n'avea questa soprascritta stanzia, quando lo segnore de
- la giustizia chiamoe questa gentilissima a gloriare sotto
- la insegna di quella regina benedetta virgo M aria, lo cui
- nome fue in grandissima reverenzia ne le parole di que¬
- sta Beatrice beata. E avvegna che forse piacerebbe a pre¬
- sente trattare alquanto de la sua partita da noi, non è lo
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- mio intendimento di trattarne qui per tre ragioni: la pri¬
- ma è che ciò non è del presente proposito, se volemo
- guardare nel proemio che precede questo libello; la se¬
- conda si è che, posto che fosse del presente proposito,
- ancora non sarebbe sufficiente la mia lingua a trattare
- come si converrebbe di ciò; la terza si è che, posto che
- fosse l'uno e l'altro, non è convenevole a me trattare di
- ciò, per quello che, trattando, converrebbe essere me
- laudatore di me medesimo, la quale cosa è al postutto
- biasimevole a chi lo fae; e però lascio cotale trattato ad
- altro chiosatore. Tuttavia, però che molte volte lo nume¬
- ro del nove ha preso luogo tra le parole dinanzi, onde
- pare che sia non sanza ragione, e ne la sua partita cotale
- numero pare che avesse molto luogo, convenesi di dire
- quindi alcuna cosa, acciò che pare al proposito conve¬
- nirsi. 0 nde prima dicerò come ebbe luogo ne la sua par¬
- tita, e poi n'assegnerò alcuna ragione per che questo nu¬
- mero fue a lei cotanto amico.
- XXIX. [XXX] lo dico che, secondo l'usanza d'Ara¬
- bia, l'anima sua nobilissima si partio ne la prima ora del
- nono giorno del mese; e secondo l'usanza di Siria, ella si
- partio nel nono mese de l'anno, però che lo primo mese
- è ivi Tisirin primo, lo quale a noi è Ottobre; e secondo
- l'usanza nostra, ella si partio in quello anno de la nostra
- indizione, cioè de li anni Domini, in cui lo perfetto nu¬
- mero nove volte era compiuto in quello centinaio nel
- quale in questo mondo ella fue posta, ed ella fue de li
- cristiani del terzodecimo centinaio. Perché questo nu¬
- mero fosse in tanto amico di lei, questa potrebbe essere
- una ragione: con ciò sia cosa che, secondo Tolomeo e
- secondo la cristiana veritade, nove siano li cieli che si
- muovono, e, secondo comune oppinione astrologa, li
- detti cieli adoperino qua giuso secondo la loro abitudine
- insieme, questo numero fue amico di lei per dare ad in¬
- tendere che ne la sua generazione tutti e nove li mobili
- Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- cieli perfettissimamente s'aveano insieme. Q uesta è una
- ragione di ciò; ma più sottilmente pensando, e secondo
- la infallibile veritade, questo numero fue ella medesima;
- per similitudine dico, e ciò intendo così. Lo numero del
- tre è la radice del nove, però che, sanza numero altro al¬
- cuno, per se medesimo fa nove, sì come vedemo manife¬
- stamente che tre via tre fa nove. D unque se lo tre è fatto¬
- re per se medesimo del nove, e lo fattore per se
- medesimo de li miracoli è tre, cioè Padre e Figlio e Spi¬
- rito Santo, li quali sono tre e uno, questa donna fue ac¬
- compagnata da questo numero del nove a dare ad inten¬
- dere ch'ella era uno nove, cioè uno miracolo, la cui
- radice, cioè del miracolo, è solamente la mirabile Tri ni-
- tade. Forse ancora per più sottile persona si vederebbe
- in ciò più sottile ragione; ma questa è quella ch'io ne
- veggio, e che più mi piace.
- XXX. [XXXI] Poi che fue partita da questo secolo,
- rimase tutta la sopradetta cittade quasi vedova dispo¬
- gliata da ogni dignitade; onde io, ancora lagrimando in
- questa desolata cittade, scrissi a li principi de la terra al¬
- quanto de la sua condizione, pigliando quello comin-
- ciamento di Geremia profeta che dice: «Quomodo se-
- det sola civitas». E questo dico, acciò che altri non si
- maravigli perché io l'abbia allegato di sopra, quasi co¬
- me entrata de la nuova materia che appresso vene. E se
- alcuno volesse me riprendere di ciò, ch'io non scrivo
- qui le parole che seguitano a quelle allegate, escusome-
- ne, però che lo intendimento mio non fue dal principio
- di scrivere altro che per volgare; onde, con ciò sia cosa
- che le parole che seguitano a quelle che sono allegate,
- siano tutte latine, sarebbe fuori del mio intendimento
- se le scrivessi. E simile intenzione so ch'ebbe questo
- mio primo amico a cui io ciò scrivo, cioè ch'io li scrives¬
- si solamente volgare.
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- XXXI. [XXXII] Poi che li miei occhi ebbero per al¬
- quanto tempo lagrimato, e tanto affaticati erano che non
- poteano disfogare la mia tristizia, pensai di volere disfo¬
- garla con alquante parole dolorose; e però propuosi di
- fare una canzone, ne la quale piangendo ragionassi di lei
- per cui tanto dolore era fatto distruggitore de l'anima
- mia; e cominciai allora una canzone, la qual comincia:
- «Li occhi dolenti per pietà del core». E acciò che questa
- canzone paia rimanere più vedova dopo lo suo fine, la di¬
- viderò prima che io la scriva; e cotale modo terrò da qui
- innanzi, lo dico che questa cattivella canzone ha tre par¬
- ti: la prima è proemio; ne la seconda ragiono di lei; ne la
- terza parlo a la canzone pietosamente. La seconda parte
- comincia quivi: «Itan'è Beatrice»; la terza quivi: «Pietosa
- mia canzone». La prima parte si divide in tre: ne la prima
- dico perché io mi muovo a dire; ne la seconda dico a cui
- io voglio dire; ne la terza dico di cui io voglio dire. La se¬
- conda comincia quivi: «E perché me ricorda»; la terza
- quivi: e dicerò. Poscia quando dico: «Ita n'è Beatrice»,
- ragiono di lei; e intorno a ciò foe due parti: prima dico la
- cagione per che tolta ne fue; appresso dico come altri si
- piange de la sua partita, e comincia questa parte quivi:
- «Partissi de la sua». Questa parte si divide in tre: ne la
- prima dico chi non la piange; ne la seconda dico chi la
- piange; ne la terza dico de la mia condizione. La seconda
- comincia quivi: «ma ven tristizia e voglia»; la terza quivi:
- «Dannomi angoscia». Poscia quando dico: «Pietosa mia
- canzone», parlo a questa canzone, disignandole a quali
- donne se ne vada, e steasi con loro.
- L i occhi dolenti per pietà del core
- hanno di lagrimar sofferta pena,
- sì che per vinti son remasi ornai. 3
- 0 ra, s'i' voglio sfogar lo dolore,
- che a poco a poco a la morte mi mena,
- convenemi parlar traendo guai. 6
- Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- E perché me ricorda ch'io parlai
- de la mia dorma, mentre che vivi a,
- donne gentili, volentier con vui,
- non voi parlare altrui,
- se non a cor gentil che in donna sia;
- e dicerò di lei piangendo, pui 12
- che si n'è gita in ciel subitamente,
- e ha lasciato Amor meco dolente. 14
- I ta n'è Beatrice in l'alto cielo,
- nel reame ove li angeli hanno pace,
- e sta con loro, e voi, donne, ha lassate: 17
- no la ci tolse qualità di gelo
- né di calore, come l'altre face,
- ma solo fue sua gran benignitate; 20
- ché luce de la sua umilitate
- passò li cieli con tanta vertute,
- che fé maravigliar l'etterno sire,
- sì che dolce disire
- lo giunse di chiamar tanta salute;
- e fella di qua giù a sé venire, 26
- perché vedea ch'està vita noiosa
- non era degna di sì gentil cosa. 28
- Partissi de la sua bella persona
- piena di grazia l'anima gentile,
- ed èssi gloriosa in loco degno. 31
- Chi no la piange, quando ne ragiona,
- core ha di pietra sì malvagio e vile,
- ch'entrar no i puote spirito benegno. 34
- N on è di cor viilan sì alto ingegno,
- che possa imaginar di lei alquanto,
- e però no li ven di pianger doglia:
- ma ven tristizia e voglia
- di sospirare e di morir di pianto,
- e d'onne consolar l'anima spoglia 40
- - Letteratura italiana Einaudi
- 50
- Dante Alighieri - Vita nuova
- chi vede nel penserò alcuna volta
- quale ella fue, e convella n'è tolta. 42
- Dannomi angosciali sospiri forte,
- quando 'I penserò ne la mente grave
- mi reca quella che m'ha 'I cor diviso: 45
- e spesse fiate pensando a la morte,
- venemene un disio tanto soave,
- che mi tramuta lo color nel viso. 48
- E quando 'I maginar mi ven ben fiso,
- giugnemi tanta pena d'ogne parte,
- ch'io mi riscuoto per dolor ch’i' sento;
- e sì fatto divento,
- che da le genti vergogna mi parte.
- Poscia piangendo, sol nel mio lamento 54
- chiamo Beatrice, e dico: «0 r se' tu morta?»;
- e mentre ch'io la chiamo, me conforta. 56
- P ianger di doglia e sospirar d'angoscia
- mi strugge 'I core ovunque sol mi trovo,
- sì che ne 'ncrescerebbe a chi m'audesse: 59
- e quale è stata la mia vita, poscia
- che la mia donna andò nel secol novo,
- lingua non òchedicer lo sapesse: 62
- e però, donne mie, pur ch'io volesse,
- non vi saprei io dir ben quel ch'io sono,
- sì mi fa travagliar l'acerba vita;
- la quale è sì ’nvilita,
- che ogn'om par che mi dica: «I o t'abbandono»,
- veggendo la mia labbia tramortita. 68
- M a qual ch'io sia la mia donna il si vede,
- e io ne spero ancor da lei merzede. 70
- P ietosa mia canzone, or va piangendo;
- e ritruova le donne e le donzelle
- a cui le tue sorelle
- Letteratura italiana Einaudi
- 5i
- Dante Alighieri - Vita nuova
- erano usate di portar letizia;
- e tu, che se' figliuola di tristizia,
- vatten disconsolata a star con elle. 76
- XXXII. [XXXIII] Poi che detta fue questa canzone,
- sì venne a me uno, lo quale, secondo li gradi de l'amista-
- de, è amico a me immediatamente dopo lo primo; e que¬
- sti fue tanto distretto di sanguinitadecon questa gloriosa,
- che nullo più presso l'era. E poi che fue meco a ragiona¬
- re, mi pregoe ch'io li dovessi dire alcuna cosa per una
- donna che s'era morta; e simulava sue parole, acciò che
- paresse che dicesse d'un'altra, la quale morta era certa¬
- mente: onde io, accorgendomi che questi dicea solamen¬
- te per questa benedetta, sì li dissi di fare ciò che mi do¬
- mandava lo suo prego. Onde poi, pensando a ciò,
- propuosi di fare uno sonetto, nel quale mi lamentasse al¬
- quanto, e di darlo a questo mio amico, acciò che paresse
- che per lui l'avessi fatto; e dissi allora questo sonetto, che
- comincia: «Venitea intender li sospiri miei». Lo quale ha
- due parti: ne la prima chiamo li fedeli d'Amore che mi
- intendano; ne la seconda narro de la mia misera condi¬
- zione. La seconda comincia quivi: «li quai disconsolati».
- Venite a intender li sospiri miei,
- oi cor gentili, che pietà 'I disia:
- li quai disconsolati vanno via,
- e s'e'non fosser, di dolor morrei; 4
- però che gli occhi mi sarebber rei,
- molte fiate più ch'io non vorria,
- lasso!, di pianger sì la donna mia,
- che sfogasser lo cor, piangendo lei. 8
- Voi udirete lor chiamar sovente
- la mia donna gentil, che si n'è gita
- al secol degno de la sua vertute; 11
- - Letteratura italiana Einaudi
- 52
- Dante Alighieri - Vita nuova
- e dispregiar talora questa vita
- in persona de l'anima dolente
- abbandonata de la sua salute. 14
- XXXIII. [XXXIV] Poi che detto ei questo sonetto,
- pensandomi chi questi era a cui lo intendea dare quasi
- come per lui fatto, vidi che povero mi parea lo servigio
- e nudo a così distretta persona di questa gloriosa. E
- però, anzi ch'io li dessi questo soprascritto sonetto, sì
- dissi due stanzie d'una canzone, l'una per costui vera¬
- cemente, e l'altra per me, avvegna che paia l'una e l'al¬
- tra per una persona detta, a chi non guarda sottilmen¬
- te; ma chi sottilmente le mira vede bene che diverse
- persone parlano, acciò che l'una non chiama sua don¬
- na costei, e l'altra sì, come appare manifestamente.
- Questa canzone e questo soprascritto sonetto li diedi,
- dicendo io lui che per lui solo fatto l'avea. La canzone
- comincia: «Quantunque volte», e ha due parti: ne
- l'una, cioè ne la prima stanzia, si lamenta questo mio
- caro e distretto a lei; ne la seconda mi lamento io, cioè
- ne l'altra stanzia, che comincia: «E' si raccoglie ne li
- miei». E così appare che in questa canzone si lamenta¬
- no due persone, l'una de le quali si lamenta come frate,
- l'altra come servo.
- Q uantunque volte, lasso! , mi rimembra
- ch'io non debbo già mai
- veder la donna ond'io vo sì dolente, 3
- tanto dolore intorno 'I cor m'assembra
- la dolorosa mente,
- ch'io dico: «A nima mia, ché non ten vai? 6
- chèli tormenti che tu porterai
- nel secol, che t'è già tanto noioso,
- mi fan pensoso di paura forte».
- 0 nd'io chiamo la M orte,
- come soave e dolce mio riposo; 11
- Letteratura italiana Einaudi
- 53
- Dante Alighieri - Vita nuova
- e dico «Vieni a me» con tanto amore,
- che sono astioso di chiunque more.
- 13
- E ' si raccoglie ne li miei sospiri
- un sono di pietate,
- che va chiamando M orte tuttavia:
- 16
- a lei si volser tutti i miei disiri,
- quando la donna mia
- fu giunta da la sua crudelitate;
- 19
- perché '1 piacere de la sua bieltate,
- partendo sé da la nostra veduta,
- divenne spiritai bellezza grande,
- che per lo cielo spande
- luce d'amor, che li angeli saluta
- 24
- e lo intelletto loro alto, sottil
- face maravigliar, sì v'è gentile.
- 26
- XXXIV. [XXXV] In quello giorno nel quale si com-
- piea l'anno che questa donna era fatta de li cittadini di
- vita eterna, io mi sedea in parte ne la quale, ricordando¬
- mi di lei, disegnava uno angelo sopra certe tavolette; e
- mentre io lo disegnava, volsi li occhi, e vidi lungo me uo¬
- mini a li quali si convenia di fare onore. E ' riguardavano
- quello che io facea; e secondo che me fu detto poi, elii
- erano stati già alquanto anzi che io me ne accorgesse.
- Q uando li vidi, mi levai, esalutando loro dissi: «Altri era
- testé meco, però pensava». Onde partiti costoro, ritor-
- naimi a la mia opera, cioè del disegnare figure d'angeli: e
- faccendo ciò, mi venne uno penserò di dire parole, qua¬
- si per annovaie, e scrivere a costoro li quali erano venuti
- a me; e dissi allora questo sonetto, lo quale comincia:
- «E ra venuta»; lo quale ha due cominciamenti, e però lo
- dividerò secondo l'uno e secondo l'altro. Dico che se¬
- condo lo primo questo sonetto ha tre parti: ne la prima
- dico che questa donna era già ne la mia memoria; ne la
- seconda dico quello che Amore però mi facea; ne la ter-
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- za dico degli effetti d'Amore. La seconda comincia qui¬
- vi: «amor, che»; la terza quivi: «Piangendo uscivan for».
- Q uesta parte si divide in due: ne l'una dico che tutti li
- miei sospiri uscivano parlando: ne la seconda dico che
- alquanti diceano certe parole diverse da gli altri. La se¬
- conda comincia quivi: «M a quei». Per questo medesimo
- modo si divide secondo l'altro cominciamento, salvo
- che ne la prima parte dico quando questa donna era co¬
- sì venuta ne la mia memoria, e ciò non dico ne l'altro.
- «Primo cominciamento»
- E ra venuta ne la mente mia
- la gentil donna che per suo valore
- fu posta da l'altissimo signore
- nel ciel de l'umiltate, ov'è M aria. 4
- «Secondo cominciamento»
- E ra venuta ne la mente mia
- quella donna gentil cui piange Amore,
- entro ’n quel punto che lo suo valore
- vi trasse a riguardar quel ch'eo facia. 4
- A mor, che ne la mente la sentia,
- s'era svegliato nel destrutto core,
- edicevaa' sospiri: «Andatefore»;
- per che ciascun dolente si partia. 8
- P iangendo uscivan for de lo mio petto
- con una voce che sovente mena
- le lagrime dogliose a li occhi tristi. 11
- M a quei che n'uscian for con maggior pena,
- venian dicendo: «0 i nobile intelletto,
- oggi fa l'anno che nel ciel salisti». 14
- Letteratura italiana Einaudi
- 55
- Dante Alighieri - Vita nuova
- XXXV. [XXXVI] Poi per alquanto tempo, con ciò
- fosse cosa che io fosse in parte ne la quale mi ricordava
- del passato tempo, molto stava pensoso, e con dolorosi
- pensamenti, tanto che mi faceano parere de fore una vi¬
- sta di terribile sbigottimento. Onde io, accorgendomi
- del mio travagliare, levai li occhi per vedere se altri mi
- vedesse. A Mora vidi una gentile donna giovane e bella
- molto, la quale da una finestra mi riguardava sì pietosa¬
- mente, quanto a la vista, che tutta la pietà parea in lei ac¬
- colta. 0 nde, con ciò sia cosa che quando li miseri veg¬
- gano di loro compassione altrui, più tosto si muovono a
- lagrimare, quasi comedi se stessi avendo pietade, io sen¬
- ti' allora cominciare li miei occhi a volere piangere; e
- però, temendo di non mostrare la mia vile vita, mi partio
- dinanzi da li occhi di questa gentile; e dicea poi fra me
- medesimo: «E' non puote essere che con quella pietosa
- donna non sia nobilissimo amore». E però propuosi di
- dire uno sonetto, ne lo quale io parlasse a lei, e conchiu¬
- desse in esso tutto ciò che narrato è in questa ragione. E
- però che per questa ragione è assai manifesto, sì noi lo
- dividerò. Lo sonetto comincia: «Videro li occhi miei.»
- Videro li occhi miei quanta pietate
- era apparita in la vostra figura,
- quando guardaste li atti e la statura
- ch'io faccio per dolor molte fiate. 4
- Allor m'accorsi che voi pensavate
- la qualità de la mia vita oscura,
- sì che mi giunse ne lo cor paura
- di dimostrar con li occhi mia viltate. 8
- E tolsimi dinanzi a voi, sentendo
- che si movean le lagrime dal core,
- ch'era sommosso da la vostra vista. 11
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- I o dicea poscia ne l'anima trista:
- «Ben ècon quella donna quello Amore
- lo qual mi face andar così piangendo». 14
- XXXVI. [XXXVII] Avvenne poi che là ovunque que¬
- sta donna mi vedea, sì si facea d'una vista pietosa e d'un
- colore palido quasi come d'amore; onde molte fiate mi ri¬
- cordava de la mia nobilissima donna, che di simile colore
- si mostrava tuttavia. E certo molte volte non potendo la-
- grimare né disfogare la mia tristizia, io andava per vedere
- questa pietosa donna, la quale parea che tirasse le lagrime
- fuori de li miei occhi per la sua vista. E però mi venne vo¬
- lontarie di dire anche parole, parlando a lei, e dissi questo
- sonetto, lo quale comincia: «Color d'amore»; ed è piano
- sanza dividerlo, per la sua precedente ragione.
- Color d'amore e di pietà sembianti
- non preser mai così mirabilmente
- viso di donna, per veder sovente
- occhi gentili o dolorosi pianti, 4
- come lo vostro, qualora davanti
- vedetevi la mia labbia dolente;
- sì che per voi mi ven cosa a la mente,
- ch'io temo forte non lo cor si schianti. 8
- Eo non posso tener li occhi distrutti
- che non reguardin voi spesse fiate,
- per desiderio di pianger ch'elli hanno: 11
- e voi crescete sì lor volontate,
- che de la voglia si consuman tutti;
- ma lagrimar dinanzi a voi non sanno. 14
- XXXVII. [XXXVIII] lo venni a tanto per la vista di
- questa donna, che li miei occhi si cominciaro a dilettare
- Letteratura italiana Einaudi
- 57
- Dante Alighieri - Vita nuova
- troppo di vederla; onde molte volte me ne crucciava
- nel mio cuore ed aveamene per vile assai. 0 nde più
- volte bestemmiava la vanitade de li occhi miei, e dicea
- loro nel mio penserò: «0 r voi solavate fare piangere chi
- vedea la vostra dolorosa condizione, e ora pare che vo¬
- gliate dimenticarlo per questa donna che vi mira; che
- non mira voi, se non in quanto le pesa de la gloriosa
- donna di cui piangere solete; ma quanto potete fate,
- ché io la vi pur rimembrerò molto spesso, maladetti oc¬
- chi, che mai, se non dopo la morte, non dovrebbero le
- vostre lagrime avere restate». E quando così avea detto
- fra me medesimo a li miei occhi, e li sospiri m'assaliva¬
- no grandissimi e angosciosi. E acciò che questa batta¬
- glia che io avea meco non rimanesse saputa pur dal mi¬
- sero che la sentia, propuosi di fare un sonetto, e di
- comprendere in elio questa orribile condizione. E dissi
- questo sonetto, lo quale comincia: «L'amaro lagrimar».
- Ed hae due parti: ne la prima parlo a li occhi miei sì co¬
- me parlava lo mio cuore in me medesimo; ne la secon¬
- da rimuovo alcuna dubitazione, manifestando chi è che
- così parla; e comincia questa parte quivi: «Così dice».
- Potrebbe bene ancora ricevere più divisioni, ma saria¬
- no indarno, però che è manifesto per la precedente ra¬
- gione.
- «L'amaro lagrimar che voi faceste,
- oi occhi miei, così lunga stagione,
- facea lagrimar l'altre persone
- de la pietate, come voi vedeste. 4
- 0 ra mi par che voi l'obliereste,
- s'io fosse dal mio lato sì fellone,
- ch'i' non ven disturbasse ogne cagione,
- membrandovi colei cui voi piangeste. 8
- L a vostra vanità mi fa pensare,
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- e spaventami sì, ch'io temo forte
- del viso d'una donna che vi mira. 11
- Voi non dovreste mai, se non per morte,
- la vostra donna, ch'è morta, obliare».
- Così dice 'I meo core, e poi sospira. 14
- XXXVIII. [XXXIX] Ricovrai lavistadi quelladonna
- in sì nuova condizione, che molte volte ne pensava sì co¬
- me di persona che troppo mi piacesse; e pensava di lei
- così: «Questa è una donna gentile, bella, giovane e savia,
- e apparita forse per volontade d'A more, acciò che la mia
- vita si riposi». E molte volte pensava più amorosamente,
- tanto che lo cuore consentiva in lui, cioè nel suo ragio¬
- nare. E quando io avea consentito ciò, e io mi ripensava
- sì come da la ragione mosso, e dicea fra me medesimo:
- «Deo, che penserò è questo, che in così vile modo vuole
- consolare me e non mi lascia quasi altro pensare?». Poi
- si rilevava un altro penserò, e diceame: «Or tu se' stato
- in tanta tribulazione, perché non vuoli tu ritrarre te da
- tanta amaritudine? Tu vedi che questo è uno spiramen-
- to d'A more, che ne reca li disiri d'amore dinanzi, ed è
- mosso da così gentil parte com'è quella de li occhi de la
- donna che tanto pietosa ci s'hae mostrata». 0 nde io,
- avendo così più volte combattuto in me medesimo, an¬
- cora ne volli dire alquante parole; e però che la battaglia
- de' pensieri vinceano coloro che per lei parlavano, mi
- parve che si convenisse di parlare a lei; e dissi questo so¬
- netto, lo quale comincia: «G entil penserò»; e dico «gen¬
- tile» in quanto ragionava di gentile donna, ché per altro
- era vilissimo.
- In questo sonetto fo due parti di me, secondo che li
- miei pensieri erano divisi. L'una parte chiamo cuore,
- cioè l'appetito; l'altra chiamo anima, cioè la ragione; e
- dico come l'uno dice con l'altro. E che degno sia di chia¬
- mare l'appetito cuore, e la ragione anima, assai è manife-
- Letteratura italiana Einaudi
- 59
- Dante Alighieri - Vita nuova
- sto a coloro a cui mi piace che ciò sia aperto. V ero è che
- nel precedente sonetto io fo la parte del cuore contra
- quella de li occhi, e ciò pare contrario di quello che io
- dico nel presente; e però dico che ivi lo cuore anche in¬
- tendo per lo appetito, però che maggiore desiderio era
- lo mio ancora di ricordarmi de la gentilissima donna
- mia, che di vedere costei, avvegna che alcuno appetito
- n'avessi già, ma leggiero parea: onde appare che l'uno
- detto non è contrario a l'altro.
- Questo sonetto ha tre parti: ne la prima comincio a
- dire a questa donna come lo mio desiderio si volge tutto
- verso lei; ne la seconda dico come l'anima, cioè la ragio¬
- ne, dice al cuore, cioè a lo appetito; ne la terza dico
- com'e' le risponde. La seconda parte comincia quivi:
- «L'anima dice»; la terza quivi: «Ei le risponde».
- G entil penserò che parla di vui
- sen vene a dimorar meco sovente,
- e ragiona d'amor sì dolcemente,
- che face consentir lo core in lui. 4
- L'anima dice al cor: «Chi ècostui,
- che vene a consolar la nostra mente,
- ed è la sua vertù tanto possente,
- ch'altro penser non lascia star con nui?» 8
- E i le risponde: «0 i anima pensosa,
- questi è uno spiritei novo d'amore,
- che reca innanzi me li suoi desiri; 11
- e la sua vita, e tutto 'I suo valore,
- mosse de li occhi di quella pietosa
- che si turbava de' nostri martiri». 14
- XXXIX .[X L] Contra questo avversario de la ragione
- si levoe un die, quasi ne l'ora de la nona, una forte ima-
- - Letteratura italiana Einaudi
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- ginazione in me, che mi parve vedere questa gloriosa
- Beatrice con quelle vestimenta sanguigne co le quali ap¬
- parve prima a li occhi miei; e pareami giovane in simile
- etadein qualeio prima la vidi. Allora cominciai apensa¬
- re di lei; e ricordandomi di lei secondo l'ordine del tem¬
- po passato, lo mio cuore cominciò dolorosamente a
- pentere de lo desiderio a cui sì vilmente s'avea lasciato
- possedere alquanti die contra la costanzia de la ragione:
- e discacciato questo cotale malvagio desiderio, sì si ri¬
- volsero tutti li miei pensamenti a la loro gentilissima
- Beatrice. E dico che d'allora innanzi cominciai a pensare
- di lei sì con tutto lo vergognoso cuore, che li sospiri ma¬
- nifestavano ciò molte volte; però che tutti quasi diceano
- nel loro uscire quello che nel cuore si ragionava, cioè lo
- nome di quella gentilissima, e come si partio da noi. E
- molte volte avvenia che tanto dolore avea in sé alcuno
- penserò, ch'io dimenticava lui e là dov'io era. Per questo
- raccendimento de' sospiri si raccese lo sollenato lagri-
- mare in guisa che li miei occhi pareano due cose che di¬
- si derassero pur di piangere; e spesso avvenia che per lo
- lungo continuare del pianto, dintorno loro si facea uno
- colore purpureo, lo quale suole apparire per alcuno
- martirio che altri riceva. 0 nde appare che de la loro va-
- nitade fuoro degnamente guiderdonati; sì che d'allora
- innanzi non poterò mirare persona che li guardasse sì
- che loro potesse trarre a simile intendimento. 0 nde io,
- volendo che cotale desiderio malvagio e vana tentazione
- paresse distrutto, sì che alcuno dubbio non potessero
- inducere le rimate parole ch'io avea dette innanzi, pro-
- puosi di fare uno sonetto ne lo quale io comprendesse la
- sentenzia di questa ragione. E dissi allora: «Lasso! per
- forza di molti sospiri»; e dissi «lasso» in quanto mi ver¬
- gognava di ciò, che li miei occhi aveano così vaneggiato.
- Questo sonetto non divido, però che assai lo manife¬
- sta la sua ragione.
- Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- Lasso! per forza di molti sospiri,
- che nascon de' penser che son nel core,
- li occhi son vinti, e non hanno valore
- di riguardar persona che li miri. 4
- E fatti son chepaion due disiri
- di lagrimare e di mostrar dolore,
- e spesse volte piangon sì, Ch'Amore
- li ’ncerchia di corona di martìri. 8
- Questi penseri, eli sospir ch'eo gitto,
- diventan ne lo cor sì angosciosi,
- ch'Amor vi tramortisce, sì lien dole; 11
- però ch'elli hanno in lor li dolorosi
- quel dolce nome di madonna scritto,
- e de la morte sua molte parole. 14
- XL. [XU] Dopo questatribulazioneavvenne, in quel¬
- lo tempo che molta gente va per vedere quella imagine
- benedetta la quale lesu Cristo lasciò a noi per essemplo
- de la sua bellissima figura, la quale vede la mia donna glo¬
- riosamente, che alquanti peregrini passavano per una via
- la quale è quasi mezzo de la cittade ove nacque e vivette e
- morio la gentilissima donna. L i quali peregrini andavano,
- secondo che mi parve, molto pensosi; ond'io, pensando a
- loro, dissi fra me medesimo: «Q uesti peregrini mi paiono
- di lontana parte, e non credo che anche udissero parlare
- di questa donna, e non ne sanno neente; anzi li loro pen¬
- seri sono d'altre cose che di queste qui, ché forse pensano
- de li loro amici lontani, li quali noi non conoscemo». Poi
- dicea fra me medesimo: «lo so che s'elli fossero di pro¬
- pinquo paese, in alcuna vista parrebbero turbati passan¬
- do per lo mezzo de la dolorosa cittade». Poi dicea fra me
- medesimo: «Se io li potesse tenere alquanto, io li pur fa¬
- rei piangere anzi ch'elli uscissero di questa cittade, però
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- che io direi parole le quali farebbero piangere chiunque
- le intendesse».0 nde, passati costoro da la mia veduta,
- propuosi di fare uno sonetto, ne lo quale io manifestasse
- ciò che io avea detto fra me medesimo; e acciò che più
- paresse pietoso, propuosi di dire come se io avesse parla¬
- to a loro; e dissi questo sonetto, lo quale comincia: «Deh
- peregrini che pensosi andate». E dissi «peregrini» secon¬
- do la larga significazione del vocabulo; ché peregrini si
- possono intendere in due modi, in uno largo e in uno
- stretto: in largo, in quanto è peregrino chiunque è fuori
- de la sua patria; in modo stretto non s'intende peregrino
- se non chi va verso la casa di sa' I acopo o riede. E però è
- da sapere che in tre modi si chiamano propriamente le
- genti che vanno al servigio de l'Altissimo: chiamansi pal¬
- mieri in quanto vanno oltremare, là onde molte volte re¬
- cano la palma; chiamansi peregrini in quanto vanno a la
- casa di G alizia, però che la sepultura di sa' I acopo fue più
- lontana de la sua patria che d'alcuno altro apostolo; chia¬
- mansi romei in quanto vanno a Roma, là ove questi cu' io
- chiamo peregrini andavano.
- Questo sonetto non divido, però che assai lo manife¬
- sta la sua ragione.
- Deh peregrini che pensosi andate,
- forse di cosa che non v'è presente,
- venite voi da sì lontana gente,
- com'ala vista voi ne dimostrate, 4
- che non piangete quando voi passate
- per lo suo mezzo la città dolente,
- come quelle persone che neente
- par che 'ntendesser la sua gravitate? 8
- Se voi restaste per volerlo audire,
- certo lo cor de' sospiri mi dice
- che lagrimando n'uscireste pui. 11
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- Dante Alighieri - Vita nuova
- E ll'ha perduta la sua beatrice;
- e le parole ch'om di lei pò dire
- hanno vertù di far piangere altrui. 14
- XLI. [XL11] Poi mandaro due donne gentili a me
- pregando che io mandasse loro di queste mie parole ri¬
- mate; onde io, pensando la loro nobilitade, propuosi di
- mandare loro e di fare una cosa nuova, la quale io man¬
- dasse a loro con esse, acciò che più onorevolemente
- adempiesse li loro prieghi. E dissi allora uno sonetto, lo
- quale narra del mio stato, e mandalo a loro co lo prece¬
- dente sonetto accompagnato, e con un altro che comin¬
- cia: «Venite a intender».
- Lo sonetto lo quale io feci allora, comincia: «0 Itre la
- spera»; lo quale ha in sé cinque parti. N e la prima dico
- ove va lo mio penserò, nominandolo per lo nomed'alcu-
- no suo effetto. N e la seconda dico perché va là suso,
- cioè chi lo fa così andare. N e la terza dico quello che vi¬
- de, cioè una donna onorata là suso; e chiamolo allora
- «spirito peregrino», acciò che spiritualmente va là suso,
- e sì come peregrino lo quale è fuori de la sua patria, vi
- stae. N e la quarta dico come el li la vede tale, cioè in tale
- qualitade, che io non lo posso intendere, cioè a dire che
- lo mio penserò sale ne la qualitade di costei in grado che
- lo mio intelletto no lo puote comprendere; con ciò sia
- cosa che lo nostro intelletto s'abbia a quelle benedette
- anime sì come l'occhio debole a lo sole: e ciò dice lo F i-
- losofo nel secondo de la M etafisica. N e la quinta dico
- che, avvegna che io non possa intendere là ove lo pense¬
- rò mi trae, cioè a la sua mirabile qualitade, almeno in¬
- tendo questo, cioè che tutto è lo cotale pensare de la mia
- donna, però ch'io sento lo suo nome spesso nel mio
- penserò: e nel fine di questa quinta parte dico «donne
- mie care», a dare ad intendere che sono donne coloro a
- cui io parlo. La seconda parte comincia quivi: «intelli¬
- genza nova»; la terza quivi: «Q uand'elli è giunto»; la
- - Letteratura italiana Einaudi
- Dante Alighieri - Vita nuova
- quarta quivi: «Vedela tal»; la quinta quivi: «So io che
- parla». Potrebbesi più sottilmente ancora dividere, e più
- sottilmente fare intendere; ma puotesi passare con que¬
- sta divisa, e però non m'intrametto di più dividerlo.
- 0 Itre la spera che più larga gira
- passa 'I sospiro ch'esce del mio core:
- intelligenza nova, che l'Amore
- piangendo mette in lui, pur su lo tira. 4
- Q uand'elli è giunto là dove disira,
- vede una donna, che riceve onore,
- e luce sì, che per lo suo splendore
- lo peregrino spirito la mira. 8
- Vedela tal, che quando 'I mi ridice,
- io no lo intendo, sì parla sottile
- al cor dolente, che lo fa parlare. 11
- So io che parla di quella gentile,
- però che spesso ricorda Beatrice,
- sì ch'io lo 'ntendo ben, donne mie care. 14
- XLII. [XLIII] Appresso questo sonetto apparve a me
- una mirabilevisione, ne la quale io vidi cose che mi fece¬
- ro proporre di non dire più di questa benedetta infino a
- tanto che io potesse più degnamente trattare di lei. E di
- venire a ciò io studio quanto posso, sì convella sae vera¬
- cemente. Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le co¬
- se vivono, che la mia vita duri per alquanti anni, io spero
- di dicer di lei quello che mai non fue detto d'alcuna. E
- poi piaccia a colui che è sire de la cortesia, che la mia
- anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna,
- cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente
- mira ne la faccia di colui «qui est per omnia secula bene-
- di ctus».
- Letteratura italiana Einaudi