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  Directory : La Vita Nuova (Brockhaus)
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  • LA VITA NUOVA.
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  • LA VITA NUOVA
  • DANTE ALLIGHIERI.
  • BICOBBETTA COLL' AJUTO DI TESTI A PENNA
  • ED ILLUSTBATA
  • CARLO WITTE.
  • ■° LEIPZIG:
  • F. A. BROCKHAUS.
  • 1876.
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  • ^ DEC<3?iaft
  • Proprietà letteraria*
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  • AL CHIARISSIMO SIGNORE
  • CARLO ELIOT NORTON
  • A CAMBRIDGE, MASSACHUSETS , ST. UN.
  • PROFONDO CONOSCITORE DI DANTE
  • ED INGEGNOSISSIMO INTERPRETE DELLA VITA NUOVA '
  • IN CARA E GRATA MEMORIA
  • DEL GIORNO
  • 12 APRILE 1872
  • DALL' EDITORE.
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  • PROLEGOMENI.
  • Soggetto del presente volumetto è la storia dell' amore
  • di Dante per Beatrice dal primo incontro con essa in-
  • fino alla «mirabil visione» che più anni dopo la di lei
  • morte gli somministrò 1' argomento della Divina Com-
  • media. «Una candida e melanconica storia di affetti
  • profondi; una ingenua e piena confessione di ciò che
  • v' era di più intimo e segreto nel cuore dell' amante»
  • (D' Ancona).
  • Già nelle prime righe dell' opuscolo 1' autore indica
  • colle parole latine « Incipit Vita nova» il titolo che
  • volle imporgli, e lo ripete in volgare tanto nel Con-
  • vivio quanto nella Commedia (Purg. XXX, 115). Alcuni
  • intendono «Vita nova» per ((adolescenza», la quale, al
  • dire di Dante, dura infino al venticinquesimo anno; ma
  • questa opinione è falsa a doppio riguardo. Il primo
  • fatto ricordato dall' autore, e precisamente quello a cui
  • si riferiscono le mentovate parole a incipit V. n.» accadde
  • «quasi alla fine del suo nono anno». Ora nessuno di
  • certo dirà: la mia adolescenza, cioè i primi venticinque
  • anni della mia vita, cominciarono alla fine del mio nono
  • anno. Eppure Dante non dice nemmeno che la sua
  • vita, in quanto gliene sia rimasta memoria, cominci da
  • quel fatto, ma solamente che dinanzi ad esso poco si
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  • Vili PROLEGOMENI.
  • potrebbe leggere nel libro della sua mente. Inoltre,
  • benché non sia da negarsi che in italiano «nuovo»
  • possa avere il senso di « giovenile » , la voce latina
  • «novus» non occorre in questa significazione. Dall' altra
  • parte gli avvenimenti riferiti nella V. N. non finiscono
  • coir adolescenza dell' autore, ma giungono infino al
  • «mezzo della sua vita». Impossibile dunque che Vita
  • Nuova nel senso di Dante voglia dire vita giovenile,
  • vita durante il periodò dell' adolescenza.
  • L' « incipit Vita nova » s' intenda dunque : che col
  • primo incontro 'con Beatrice una vita tutta nuova, vai' a
  • dire differente ad ogni riguardo da quella sin' allora
  • menata, abbia cominciato per 1' autore. Neil' istesso senso
  • diciamo «rinascer a nuova vita», e non di rado i neo-
  • fiti prendono nel fonte battesimale il nome «Neandro»,
  • cioè «uomo nuovo».
  • I colori non meno veri ed affettuosi che umili e
  • casti, coi quali V autore dipinge il suo amore per Bea-
  • trice non avrebbero dovuto permettere il menomo
  • dubbio che si tratti deli' amore per una donna in carne
  • ed ossa, per la figlia di Folco Portinaro Chi, non
  • ammettendo questo, prende Beatrice per una mera alle-
  • goria per qualunque , siasi astrazione, della Sapienza,
  • della Teologia, dell' Intelligenza attiva, oppure dell' auto-
  • rità Imperiale, dovrà trovar privi di senso non pochi
  • passi del nostro libretto, che di necessità suppongono
  • un individuo fisico. Bastine un esempio per molti: Nel
  • capitolo 41 Dante chiama il Corso di Firenze «una
  • via la quale è quasi mezzo della cittade, ove nacque,
  • vivette e mono la gentilissima donna», alle quali parole
  • il D'Ancona osserva benissimo: «Se la Beatrice di
  • Dante fosse un simbolo, una astrazione, perchè farla
  • nascere, vivere e morire in quella via del Corso, che è
  • proprio in mezzo della cittade, anzi la taglia per tra-
  • Digitized by VjOOglC
  • PROLEGOMENI. IX
  • verso da un capo all'altro, e dove appunto nacque e
  • morì la figlia di Messer Folco Portinari e di Ma-
  • donna Gilia Caponsacchi ». Del resto, oltre alle no-
  • tizie che gli antichi commentatori della Commedia ci
  • ilanno sul suo casato ed altre particolarità, non man-
  • chiamo di documenti originali, come p. es. il testamento
  • di Folco che e' informa anche del nome di Simone
  • de' Bardi, almeno sin dal 1287 marito di Beatrice.
  • Non è da negarsi che nella Commedia troviamo
  • Beatrice quasi intieramente divinizzata. Il carattere
  • simbolico del quale vi è rivestita non fa più vedere
  • che per un velo 1' ombra della bella persona di cui in
  • terra" Amore avea preso il Poeta. Ma questa apoteosi
  • non è un cosa tutta propria alla sola Commedia; anzi
  • la vediamo germogliare già nella Vita Nuova. Diciamo
  • dunque che nell' una e neir altra opera del nostro autore
  • Beatrice è nell' istesso tempo donna reale, e simbolo di
  • alte virtù; ma che nella V. N. prevale la personalità
  • fisica, e nella Commedia il carattere simbolico. Questa
  • per così dire ambiguità nella figura di Beatrice spiega
  • come sia stato possibile che uomini dotti, e profondi
  • conoscitori di Dante si siano allontanati dal senso evi-
  • dente dei racconti della V. N. a segno di negare l* esi-
  • stenza reale della donna celebratavi dall' autore. Il
  • più zelante di essi era nel secolo decorso il Canonico
  • Anton Maria Biscioni. Frai moderni difesero V istessa
  • opinione il Centofanti e '1 Pebez. Vi si accostò, dando
  • però alla supposta allegoria una significazione ben diffe-
  • rente, Gabbiele Rossetti. Il resto degli interpreti sta
  • -dalla nostra parte, e dopo le convincenti disamine della
  • questione, dateci dal Tbivulzio, dal Fraticelli, dai
  • Torri, dal Giuliani, dal D'Ancona ecc. non occorre
  • di sviluppare di nuovo gli argomenti che si oppongono
  • all' opinione contraria.
  • Digitized by VjOOglC
  • X PROLEGOMENI.
  • Dal capitolo 36 in poi vediamo entrare in scena
  • un' altra « Donna gentile » , e Dante stesso ci dice nel
  • Convivio (II, 2) eh* essa sia identica colla donna cele-
  • brata in questi opera, composta neir età virile dell' autore.
  • Per essa si ripete V istesso dubbio, fin dove vada V en-
  • tità reale, e dove cominci V allegoria; colla differenza
  • però, che qui non abbiamo due sette d' interpreti, ognuna
  • delle quali si crede nel possesso esclusivo del vero senso,
  • ma abbiamo Dante in contradizione, almeno apparente,
  • con Dante. Quanto più si considera tutto queir epi-
  • sodio della Donna gentile, quale lo leggiamo nella
  • V. N. tanto più il lettore resta convinto, che vi si tratta
  • di donna vera, di qualche bella Fiorentina, la di cui
  • compassione commoveva, almeno di passaggio, V autore,,
  • fino a far nascere in lui un nuovo amore, sottentrante
  • in luogo di quello per la sua Beatrice, che da più di
  • un anno era mancata ai vivi. Dissi « donna vera » , ed
  • aggiungo anche più reale che Y istessa Beatrice. Se in
  • questa il carattere allegorico che V era destinato per la
  • Commedia, si fa presentire a più d' un riguardo nella
  • V. N., la Donna gentile non vi presenta nessun tratta
  • che additi una significazione più recondita.
  • Invece leggiamo nel Convivio che le canzoni illustrate
  • in quest' opera, come le altre che ancora vi si dovevano
  • illustrare, quantunque relative a «quella gentil Donna*
  • di cui V autore fece menzione nella fine della Vita Nuova»»
  • non solamente non parlino di donna vivente, ma che
  • Dante tema '< la infamia di tanta passione avere seguita,
  • quanta concepe chi legge le soprannominate canzoni,
  • in lui avere signoreggiato». Per fare cessare intera-
  • mente questa infamia essersi risoluto a parlare di sé,
  • mostrando che non passione, ma virtù sia stata la mo-
  • vente cagione di quelle poesie. Per ciò fare si propone
  • di svelare la vera sentenza di esse, che per alcuno, se
  • Digitized by VjOOglC
  • PROLEGOMENI. * XI
  • lui non la contasse, veder non si potrebbe, perchè nascosa
  • sptto figura d' allegoria. Là poi dove comincia a levar
  • questo velo (Conv. II, 13) ci narra che cercando a con-
  • solarsi della perdita di Beatrice-, egli si sia rivolto alla
  • Consolazione filosofica di Boezio ed al trattato dell' Amistà
  • di Cicerone, e che, avendo riconosciuto tanto in queste
  • opere ed in altre consimili, quanto nelle scuole e di-
  • sputazioni de' Filosofanti il sommo valore della Filosofia,
  • egli se la sia immaginata fatta come una Donna gentile
  • ed in atto misericordioso, per lo che il suo pensiero
  • V abbia mirato volentieri in modo, da poter appena
  • volgerlo da lei. Dopo qualche anno di studio avere
  • sentito tanto della sua dolcezza, che '1 suo amore abbia
  • cacciato e distrutto ogni altro pensiero. Sentendosi
  • dunque levare dal pensiero del primo (di Beatrice) alla
  • virtù di questo, esser prorotto nelle parole della can-
  • zone: «Voi che intendendo il terzo ciel movete», mo-
  • strando in essa la sua condizione sotto figura d' altre
  • cose, perocché della donna, di cui s' era innamorato,
  • non era degna Rima di Volgare alcuno palesemente
  • parlare.
  • Qui dunque non abbiamo né una realità capace di
  • esser presa .secondariamente in un senso allegorico, nep-
  • pure un' allegoria che di quando in quando fa trasparire
  • il primitivo significato reale, ma ci troviamo in faccia
  • a un' allegoria che non è altro che una mera astrazione;
  • non ad una donna, divinizzata da chi l'amò mentrecchè
  • stava in terra, perfino a farla simbolo della scienza
  • divina, ma al simulacro di una donna, inventato per
  • rivestirlo di qualità che non possono trovarsi mai in
  • donna vivente.
  • Ad onta dunque di quel che afferma 1' autore, diremo
  • ben differenti di natura essere la Donna gentile della
  • V. N. e quella del Convivio, dimodocchè non conven-
  • Digitized by VjOOglC
  • XII PROLEGOMENI.
  • gono quasi che nell' unico punto che V amore tanto per
  • la donna reale della V. N. quanto quello per la donna
  • allegorica del Conv. è messo a carico deli* aut. come
  • infedeltà verso Beatrice. Sotto questo riguardo 1' iden-
  • tità dell' una coir altra ritorna chiaramente in vista
  • negli ultimi canti dei Purgatorio, non essendo da dubi-
  • tarsi che li rimproveri d' infedeltà, fatti da Beatrice ai
  • Poeta si riferiscono non meno che all' amore più o
  • meno fisico per la Donna gentile della V. N. (la pargo-
  • letta?), anche ai traviamenti mentali in cui 1' aut. incorse
  • sedotto dall' amore per Madonna Filosofia, la Donna
  • gentile del Convivio.
  • Vi è un' altra differenza che, a riguardo dello stesso
  • episodio sussiste tra la narrazione della V. N. e quella
  • dell' opera posteriore. In quella prima il nascente amore
  • per la Donna gentile passa in poco tempo, prima di
  • essersi pienamente impadronito del cuore di Dante.
  • Dopo una visione in cui Beatrice gli appare giovanis-
  • sima, come la vide per la prima volta, 1' autore con-
  • tinua (Cap. 40). «Allora cominciai di pensare di lei;
  • e ricordandomene ... lo mio core incominciò dolo-
  • rosamente a pentirsi del desiderio, a cui così vilmente
  • s' era lasciato possidere alquanti dì contro alia costanza
  • della ragione: e discacciato questo cotal malvagio desi-
  • derio, si rivolsero tutti i miei pensamenti alla loro genti-
  • lissima Beatrice.» Di fatti, fra tutte le poesie della
  • V. N. in numero di trent' una, non più di quattro
  • sonetti parlano di queir amore per la Donna gentile.
  • Invece, al dire del Convivio V aut. non cominciava a
  • sentir pienamente la dolcezza della donna amata che
  • dopo trenta mesi d' assidua applicazione , ed alla Can-
  • zone allora da lui composta, altre tredici di simile argo-
  • mento tennero dietro, nelle quali il Poeta dipinge tutte
  • le peripezie di un amore, beatificante al principio, poi
  • Digitized by VjOOglC
  • PROLEGOMENI. XIII
  • mal ricompensato, e finalmente, benché privo d' ogni
  • speranza, rassegnato, contento di esser amore anche non
  • corrisposto.
  • Considerando poi che il Son. 18. della V. N. porta
  • la data del 9. Giugno 1291, e che, per quanto ne rife-
  • risce il Convivio (II, 2.), il fatto narrato nel capit. 36,
  • accadde intorno al principio del mese di Maggio 1292,
  • e ricordandoci che il cap. 41 allude ad avvenimenti
  • del 1300, dovremo convenire col D' Ancona, trovarsi
  • qui nella V. N. una lacuna da riempirsi colle rime filo-
  • sofiche del Convivio, cominciando dalla Canzone «Voi
  • che intendendo il terzo ciel movete», composta verso il
  • Dicembre del 1294. *
  • Neil' alternativa, alla quale ci vediamo ridotti: ov-
  • vero di ammettere che già la Donna gentile della V. N.
  • non sia altro che una figura allegorica senza entità
  • reale, oppure di supporre che nella Donna gentile del
  • Convivio 1' aut., benché ce ne dica il contrario, non ab-
  • bia ritenuto che '1 nome di quella .dell' opera anteriore,
  • credo oramai, dopo di aver difeso, per qualche tempo
  • T opinione contraria, di dover decidermi per quest'ul-
  • tima. Diremo dunque due essere le Donne gentili che
  • distornarono il nostro Poeta dall' inalterabile fedeltà alla
  • memoria di Beatrice: reale Y una, quella della Y. N.;
  • tutta allegorica Y altra, celebrata sotto l' istesso nome
  • nel Convivio. E così une ancora sarano state le cosi
  • dette infedeltà, di cui Dante stesso s' incolpa: più o meno
  • fisica V una, benché limitata al conforto che Y aut. pro-
  • i Sodo trentatre anni che fissai per questa Canzone la data della fine
  • del 1294, oppure del principio del 1295 (Annotazioni alle Poesie liriche
  • di Dante II, 63, 64), e redo con piacere che le ricerche del Sign. Profes-
  • sore Lubin T abbiano condotto air istesso risultato. (Intorno air epoca
  • della V. N. Graz 1862, — opuscolo che non conosco che per citazioni.
  • Vedi D'Ancoka nell'Ed. d. V. N. p. XLIV, No. 1.)
  • Digitized by VjOOglC
  • XIV PROLEGOMENI.
  • vava a mirare le belle fattezze,* e gli atti compassionevoli
  • di quella vaga giovane, alla quale, per quanto sembra
  • non diresse mai una parola, infedeltà, in quanto si può
  • dir tale, commessa verso la figlia di Folco Portinari;
  • tutta intellettuale V altra, che senza far torto alcuno
  • alla Beatrice reale, avviluppando il Poeta nelle dispute,
  • nei dubbi e negli errori delia speculazione filosofica,
  • T alienarono dalla Beatrice allegorizzata come figura
  • della scienza divina.
  • Questa doppiezza della Donna gentile ammette pur
  • anche il dubbio, se vi sia coincidenza di tempo fra
  • l'infedeltà a cui l'indusse 1' una, e quella commessa
  • per amore dell' altra. Veramente nulla e' impedisce di
  • prestar piena fede a quelle parole, nelle quali la V. N.
  • ci accorta che 1' amore per quella vaga donzella non
  • l'abbia posseduto che per «alquanti dì», mentrecchè
  • sappiamo dal Convivio, e lo vediamo confermato per
  • altre prove, che 1' amore di queir altra donna allego-
  • rica, vai' a dire lo studio della Filosofia, sia stata per
  • una serie d' auni 1' occupazione prediletta del Poeta.
  • Non dubiteremo dunque, che, mentrecchè già nel capi-
  • tolo 40 della V. N., cioè prima del trecento, 1' aut. si
  • era distaccato dall' amore per la Donna gentile in carne
  • ed ossa, gli studi filosofici gli siano rimasti cari a segno,
  • da fargli comporre ancora nel 1308 il commento alle
  • quattordici canzoni di argomento tutto filosofico.
  • Yolendo precisare il tempo in cui la V. N. fu scritta,
  • bisognerà distinguere la composizione delle Poesìe in
  • essa raccolte, e quella del testo prosaico che le accom-
  • pagna. Si può supporre che le Rime siano sincrone ai
  • fatti in esse mentovati. Veramente il primo sonetto
  • potrebbe far nascere un dubbio relativo a questa com-
  • posizione contemporanea, se si riflette che V ultimo verso
  • assai chiaramente allude alla morte precoce di Beatrice.
  • Digitized by VjOOglC
  • PROLEGOMENI. . XV
  • Leggendo però le risposte che i poeti del tempo, come
  • Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia, Dante da Maiano,
  • Chiaro D avanzati, Guido Orlandi e più altri diedero a
  • questo sonetto, resteremo convinti, che non si tratta di
  • una profezia dopo 1' evento, come sono quelle della
  • Commedia, ma di un vero presentimento, fondato per
  • avventura sulla delicatezza della salute di Madonna
  • Beatrice. Simili presentimenti ricorrono nelle due prime
  • Canzoni.
  • La Prosa sarà di data più recente. Non crederei
  • però che sia scritta tutta di seguito. Si conosce dai
  • cap. 5 e 6 che 1' aut. non raccolse le sue Rime, sceglien-
  • done le une e rigettando le altre, che qualche tempo
  • dopo che furono composte. Sembra probabile eh' egli
  • abbia ripreso questo lavoro da tempo in tempo, aggiun-
  • gendovi per volta la concernente parte del Commento.
  • Ancora al tempo del cap. 42 la raccolta non era de-
  • finitivamente terminata. In ogni modo però il cap. 31
  • ci fa supporre che tutta F opera lo sia stata vivente
  • Guido Cavalcanti, cioè nel 1300.
  • Come nel Canzoniere del Petrarca, così anche nelle
  • Rime di Dante due parti principali s' intendono senz' al-
  • tro: cioè Poesie composte in vita di Beatrice, e quelle
  • in morte di essa. Con finissimo accorgimento però fu
  • dimostrato dal D' Ancona due periodi essenzialmente
  • diversi dover distinguersi in quella prima parte : 1 V uno
  • che comprende i primi sedici (o diciasette) capitoli, e
  • V altro che dal cap. 17 (oppure 18) arriva fino al
  • ventesimo ottavo. Ma rendiamo le proprie parole di
  • quell'illustre editore: «D'ora innanzi vediamo la mente
  • 1 Egli è vero che nelle già sopra citate «Annotazioni» pag. 5, avevo
  • indovinato questa differenza; ma ben lungi dall' intenderne la somma
  • importanza, non me n' era servito che per fondarvi sopra una divisione
  • subordinata.
  • Digitized by VjOOglC
  • XVI PROLEGOMENI.
  • di Dante e 1' affetto staccarsi dalla terra e innalzarsi
  • alle cose eterne, e intanto la poesia diventare, con
  • nuovo esempio contemplativa, ascendendo ai cielo a
  • udirvi le preci degli Angeli a Dio, e discendendo all' In-
  • ferno a udirvi le grida dei malnati. D' ora innanzi
  • Dante non cerca più Beatrice, perch' ei ne ha ben fitta
  • la immagine dentro 1' anima sua: alla contemplazione
  • corporea degli occhi succede la segreta contemplazione
  • dell' intelletto: ei non trema più, non piange più, perchè
  • si sente beato in quella intima adorazione: il saluto
  • che dianzi era intollerabile beatitudine la quale passava
  • e redundava la sua capacità, diviene dolcezza onesta
  • e soave: il fine dell' amore non è più la vista di Bea-
  • trice, ma la lode Così incomincia nella V. N. . . .
  • quella che Dante, quasi vergognando degli intendimenti
  • contenuti nelle rime anteriori, chiama materia nova e •
  • più nobile che la passata, e comincia insieme una
  • maniera di poesia della quale egli sarà salutato inven-
  • tore e maestro (Purgat. XXIV, 48). Nelle antecedenti
  • rime troviamo, infatti, un misto non bene accordato di
  • reminiscenze provenzali e sicule. D' ora innanzi, Dante
  • procederà per la sua via, colle sue forze, collo stile
  • suo, col fine suo da raggiungere: dirittamente, consape-
  • volmente, innovando, e coir intento ben chiaro e deter-
  • minato di innovare le vecchie forme della poesia erotica.»
  • Le altre sottodivisioni s' intenderanno facilmente
  • dalla nostra tavola. L' infima di esse non è indicata
  • nei testi a penna che per capoversi. Il primo a distin-
  • guerle per numeri apposti fu il Toebi. Applicandovi
  • F ultimo detto della prima di queste sottodivisioni
  • ( « quelle parole, le quali sono scritte nella mia memoria
  • sotto maggiori paragrafi ») egli credè dover chiamarle
  • «Paragrafi». Non mi sembra però che questo nome
  • corrisponda alle intenzioni^ dell' autore. Nelle altre sue
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  • PROLEGOMENI. XVII
  • opere, come nella Monarchia, nel Convivio ecc. Dante
  • stesso chiama «Capitoli» le sottodivisioni dei libri
  • ossia dei trattati. Capitoli ancora da non pochi anti-
  • chi sono detti li Canti della Commedia, e non si vede
  • perchè V aut. dovesse aver scelto pel presente libretto,
  • il più semplice di tutti -i suoi componimenti, un altro
  • termine, termine che ricorda un po' troppo la pedanteria
  • degli Scolastici. Questi «maggiori paragrafi», ossia
  • rubriche, non vogliono dir altro, che: oggetti di mag-
  • giore importanza a paragone delle altre che infino a
  • quel punto si trovavano registrate nel libro della me-
  • moria dell' autore. Si è dunque restituito il nome di
  • «Capitoli» a quello tutto arbitrario di paragrafi. Con-
  • siderando però che nel cap. 29, V autore dice: «ciò non
  • è del presente proposito, se volemo guardare il Peoemio,
  • che precede questo libello», non si è creduto dover far
  • entrare questo proemio nella numerazione dei capitoli.
  • Ma non volendo allontanarci troppo dai numeri, suir esem-
  • pio del Torri, ricevuti in tutte le edizioni moderne, il
  • paragrafo 3 di esse fu da noi diviso in due capitoli,
  • talmente che il terzo comprende esclusivamente la prima
  • visione. La differenza fra la nostra numerazione e la
  • sin qui usitata si limita dunque ai così detti paragrafi
  • 1 e 2, comprese le prime righe del §. 3, che nella
  • presente stampa si chiamano: Proemio, e capit. 1 e 2.
  • La «Serie delle edizioni» riferisce i modi ben dif-
  • ferenti tenuti dagli editori a riguardo delle «divisioni».
  • Ch* esse siano parto genuino di Dante, destinato a far
  • parte integrante dell' opera, è cosa tanto certa che non
  • avrebbe dovuto mai esser messa in dubbio. Questo
  • modo di dividere un testo da commentarsi, massime un
  • testo poetico, è nell'uso universale di tutti i commen-
  • tatori del tempo. Lo troviamo nel proprio commento
  • Dante, Opere minori. I. b
  • Digitized by VjOOglC
  • XVIII PROLEGOMENI.
  • di Dante alle Canzoni del Convivio, come nelF epistola
  • dedicatoria a Cangrande. Lo * adoperano gli antichi
  • commentatori della Commedia, il Laneo, F Ottimo, l' Ano-
  • nimo Fiorentino, Benvenuto da Imola e Francesco da
  • Buti. Anche il contesto della Y. N. fa vedere che non
  • solamente Dante stesso ne sia T autore, ma pure che le
  • voleva innestate nel testo come parte di esso, di modo
  • che, chi credeva dover rigettarle intieramente, oppure
  • trasporle altrove, non poteva far a meno, di alterare
  • arbitrariamente qualche parola del testo indubitato.
  • Servino d' esempio la fine della Prosa che precede la
  • prima Canzone (cap. 19) e tutto il cap. 39. Altre
  • volte, come nel cap. 34, quegli stessi si videro nella
  • necessità di esser infedeli al loro sistema, amettendo
  • nel testo una parte della divisione. Si aggiunga che
  • F aut. stesso, dicendo nel cap. 22. « Acciocché questa
  • canzone paia rimanere vie più vedova dopo il suo fine,
  • la dividerò prima eh' io la scriva: e cotal modo terrò
  • da qui innanzi», indica chiaramente il posto che nella
  • prima parte dell' opera aveva dato, e che nella* seconda
  • voleva dare alle divisioni. I codici manoscritti non
  • sono veramente concordi, ma i migliori e i più antichi
  • hanno le divisioni ai rispettivi posti che F aut. aveva
  • assegnato ad esse. Le notizie che abbiamo di sei testi
  • a penna da noi enumerati, non bastano per accertarci,
  • se le divisioni vi si trovino o nò. Degli altri sedici sette
  • ne sono mancanti; ma nove, e tra esse i più antichi le
  • danno ai luoghi dovuti. Ben grave è dunque F errore
  • del Keil, se afferma che in tutti i manoscritti, eccettua-
  • tone un solo, le divisioni manchino. Del resto non
  • ignoriamo la cagione per cui alcuni amanuensi omisero
  • quelle divisioni. Ecco quanto una nota contemporanea
  • del cod. Laurenziano Plut. XC. sup. No. 136, pubbli-
  • cata dal Biscioni, e più correttamente dal Mehus nella
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  • PROLEGOMENI. XIX
  • Yita di Ambrosio Camaldulense, p. CLXXV, ci dice a
  • questo riguardo:
  • «Scripto per lo modo chello scripse messere gio-
  • uanni Boccaccio da certaldo però che Dante le
  • chiose che ci sono mise nel testo, et messere gio-
  • uanni nelle cauò et aconciolle come stanno la cagione
  • assegna in una chiosa di questo libretto che dice:
  • marauiglerannosi molti per quello che io auuisi
  • perchè io le diuisioni de' sonetti non ho nel testo
  • poste come F autore dei presente libretto le pose.
  • Ma a ciò rispondo due essere state le cagioni. La
  • prima perciocché le diuisioni de' sonetti manifesta-
  • mente sono dichiarazioni di quegli, perchè piuttosto
  • chiose appaiono douere essere che testo, e però
  • chiosa F ho poste non testo, non stando 1' uno
  • coli' altro bene mescolato. Se qui forse dicesse
  • alcuno, e le teme de' sonetti e canzoni scritte da
  • lui similmente si potrebbon dire chiosa conciossia
  • cosa chesse sieno non minore dichiarazione di
  • quelli che le diuisioni, dico che quantunque sieno
  • dichiarazioni, non sono dichiarazioni per dichiarare,
  • ma dimostrazioni delle cagioni che a fare lo adusse
  • i sonetti e canzoni. E appare ancora queste di-
  • mostrazioni essere dello intento principale, per che
  • meritamente testo sono e non chiose. La seconda
  • ragione è che secondo eh' io ho già più uolte
  • udito ragionare a persone degne di fede auendo
  • Dante nella sua giouanezza composto questo libretto,
  • . e po' essendo col tempo nella scienza e nelle ope-
  • razioni cresciuto, si uergognaua auer fatto questo
  • parendogli opera troppo puerile, e tra F altre cose
  • di che si dolea d' auerlo fatto si rammarioaua d' auere
  • • inchiuse le diuisioni nel testo, forse per quella
  • medesima ragione che muoue me. Laonde io non
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  • XX PROLEGOMENI.
  • potendolo negli altri emendare, in questo che ho
  • scritto ho uoluto soddisfare V appetito dell' autore.»
  • Quanto il Poeta sia stato lontano dal pentirsi della
  • V. N. si conosce non meno che dal Convivio (I, 1)
  • anche dal Purgatorio XXX, 115. E se questo penti-
  • mento è fittizio, anche più fittizio sarà quello relativo
  • alle divisioni, fittizio per avventura anche il nome del
  • Boccaccio, colla di cui autorità quei chiosatore voleva
  • dar credito alia sua innovazione. Gli argomenti poi
  • che e' interdicono di omettere le divisioni, si oppongono
  • ancora a chi vorrebbe rilegarle alla fine dell' opera (come
  • fece il Keil), o a pie di pagina, oppure al margine delle
  • rispettive poesie.
  • Assai curiosa è la simmetria delle Poesie contenute
  • nella Y. N. ingegnosamente avvertita dall' insigne Danto-
  • filo Americano, il Sign. Cablo Eliot Nobton. Se
  • prendiamo per centro dell' opera la Canzone seconda,
  • composta in vita di Beatrice, ma ripiena di presenti-
  • mento della vicina sua morte, troviamo ad ugual di-
  • stanza di essa la prima e la terza Canzone, dirette
  • tanto 1' una che 1' altra alle donne gentili, e strofe per
  • strofe di argomenti consimili. Quattro sonetti occupano
  • lo spazio intermedio della prima e della seconda Can-
  • zone, e quattro ancora si frappongono fra quest' ultima
  • e la terza Canzone. È vero che la quarta di queste
  • poesie non è detta Sonetto, ma Frammento di canzone;
  • osservando però attentamente i quattordici versi di cui
  • questo frammento si compone, vi troviamo tutta la
  • tessitura di un sonetto, colla sola eccezione che '1 verso
  • undecimo è di sette sillabe, invece di esser endecasillabo.
  • — La prima Canzone è' preceduta da dieci componi-
  • menti, ed altrettanti seguono la terza. Nove dei dieci
  • dall' uno e dall' altro lato sono sonetti. Il decimo trai
  • precedenti è una ballata; trai susseguenti una canzone,
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  • PROLEGOMENI. XXI
  • che, limitata, com' è, a due strofe, e mancando della
  • licenza, sì può dire canzone imperfetta. Così dunque
  • alla ballata, cioè a un componimento più esteso che '1
  • sonetto, e più breve della canzone perfetta, corrisponde
  • un altro dell' istessa qualità. Sembra impossibile di
  • supporre che una simmetria così compita sia casuale, e
  • così diremo col nostro autore: «Forse per più sottil
  • persona si vedrebbe in ciò sottil ragione».
  • La stampa della presente edizione fu terminata nel-
  • l'Aprile 1873. Diverse circostanze, in primo luogo lo stato
  • della mia salute, m' impedirono per quasi tre anni di
  • darci 1' ultima mano. In questo frattempo (nell' autunno
  • 1873) F importantissimo lavoro dell' illustre Prof. D' An-
  • cona pervenne alle mie mani. Senza fallo queste mie
  • fatiche, quali che si siano, sarebbero riuscite meglio, se
  • avessero potuto profittare del ricco materiale, delia vasta
  • erudizione, e dei profondi accorgimenti riuniti in quel-
  • F opera. Per avventura, dovendo limitarmi a un volu-
  • metto di pochi fogli di stampa, mi sarei sentito come
  • oppresso da tanta abbondanza. In ogni modo queste
  • considerazioni non sono più in tempo. Il lavoro, non
  • potendosi . rifare di pianta, deve restare quale anni sono
  • fu compito. Il mio dispiacere di esser rimasto privo di
  • un tanto aiuto si allevia però per aver trovato che
  • forse nella maggior parte dei punti controversi le opi-
  • nioni da me emesse vadino d' accordo con quelle
  • dell' editore Pisano e del dotto Professore Carducci
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  • XXII PROLEGOMENI.
  • che gli fu socio per una parte del lavoro. Veramente
  • i casi nei quali quanto dissi nelle note, ora mi sembra
  • erroneo e da rivocarsi, non sono frequenti. Alcuni di
  • essi sono indicati nelle a correzioni».
  • La costituzione del testo non offre difficoltà che
  • potessero star a paragone di quelle che s' incontrano
  • nel Convivio, oppure nella Monarchia. L' intelligenza
  • della V. N. essendo quasi da per tutto assai chiara, gli
  • amanuensi non si vedevano nel caso di traviare in modo
  • come pur troppo V hanno fatto dove tasteggiavano nel
  • buio. Egli è per questo che anche le varie, lezioni
  • sono, se non più scarse, certo di minor importanza che
  • in queir altre opere. Non poche di esse non meritano
  • nemmeno di esser registrate. Tali mi sembrano le dif-
  • ferenze d' ortografia, e gli indubitati errori di penna.
  • Ma certe altre ancora, che non alterano per niente, sia
  • il senso, sia V intreccio del costrutto, non paiono degne
  • di trovar luogo sui margine inferiore del libro. Se una
  • lezione sia tale o nò, può essere dubbioso, e può darsi
  • che una variante rigettata da me la prima volta, se ri-
  • correva in un altro passo, questa volta non mi sia sem-
  • brata indegna di esser registrata; ma ciò non ostante
  • credo che il principio sia da mantenersi. Per" il resto
  • delle varianti ho messo a profitto quanto mi sommini-
  • strarono le stampe anteriori, aggiungendovi il confronto
  • minuto del codice mio, che ora appartiene alla Biblio-
  • teca di Strasburgo. L' edizione del Biscioni , che per
  • quanto sembra riproduce testualmente il manoscritto di
  • Luca della Robbia, equivale quasi a un codice, e tanto
  • per questa ragione, quanto per esser rimasta fondamento
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  • PROLEGOMENI. XXIII
  • della lezione volgata, fu presa sempre in considerazione.
  • Le stampe più recenti non furono citate, che dove si
  • allontanano da quel testo volgato. Anche 1' edizione del
  • Sermabtelli ossia principe, fu riscontrata da capo a
  • fondo. Dove però vi ha ragione di supporre che quel-
  • T editore abbia alterato arbitrariamente il testo, la vari-
  • ante non si è sempre registrata.
  • Benché la giusta intelligenza giovi moltissimo la
  • critica, e viceversa, pure ho creduto dover seguire
  • T esempio di non pochi editori recenti, separando le
  • note critiche da quelle che cercano di facilitare V in-
  • tendimento del testo. Chi prova il bisogno di un tale
  • aiuto, non gradirà di andarne in cerca fra una farragine
  • di varianti, mentrecchè il filologo, che dubitando della
  • giusta costituzione del testo vorrebbe accertarsi se qual-
  • che codice porga una lezione che gli possa sembrar più
  • probabile, non si troverà che impedito, dovendo vagare fra
  • spiegazioni che gli sono superflue. Chi vuol conoscere per
  • propria sperienza Y incommodo di un tal mescolamento,
  • si metta a studiare le note dell' edizione Torjiana.
  • Ho creduto dover essere parco e succinto nelle anno-
  • tazioni interpretative, però non ne ho apposte che dove
  • mi sembrava vederne un vero bisogno per un lettore
  • meno esperto. Non di rado trovai la spiegazione ri-
  • chiesta già data così bene ed in termini così precisi dal
  • Fbaticelli, e più ancora dal Giuliani, che volendo
  • allontanarmene, non avrei potuto che far male, quel
  • eh' era fatto bene. In casi tali il miglior avviso mi è
  • sembrato di trascrivere semplicemente le parole di questi
  • profondi conoscitori di Dante.
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  • XXIV PROLEGOMENI.
  • La presente edizione della Vita Nuova doveva uscire
  • unita con quella del Convivio, ma in due volumi, che
  • avrebbero portato il titolo comune di «Opere minori
  • di D. A.», e così veramente si legge nelle «chiamate»
  • dei fogli di stampa. Vedendo però restar troppo
  • lenti i progressi di questo secondo lavoro, ho dovuto
  • decidermi alla pubblicazione separata di quel primo.
  • Se nel mio senio riuscirò a condurre a termine le mie
  • fatiche sopra il Convivio, cominciate verso la fine delia
  • mia adolescenza, sta nella volontà di Dio. Intanto il
  • cortese lettore accolga con indulgenza, quanto attual-
  • mente ho da offrirgli.
  • Halle, 31 Dicembre 1875.
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  • CODICI MANOSCRITTI DELLA
  • VITA NUOVA.
  • I. FIORENTINI.
  • A. DELLA BIBLIOTECA LAURENZIANA.
  • 1. Plut. XL. cod. 31.
  • Cartaceo in quarto, della prima metà del secolo XV.
  • La V. N. vi si legge dopo la prima Cantica della Commedia Divina,
  • da carta 54 a 73.
  • 2. Plut. XL. cod. 42.
  • Cartaceo in quarto, del sec. XV.
  • La V. N. occupa le prime 28 carte, dopo le quali si trovano le Can-
  • zoni di Dante e le vite di Dante e del Petrarca di Leonardo Bruni Aretino.
  • Consultato per qualche passo dal Giuliani.
  • Quésti due codici furono riscontrati dal Biscioni per la sua edizione.
  • 3. Bibliot. Qaddiana Plut. XC. sup. cod. 136 (anticamente 355).
  • Cartaceo in foglio , del sec. XIV. di carte 23 , scritte a due colonne.
  • Dopo la V. N. che è mancante delle «divisioni», seguono le Canzoni di
  • Dante.
  • Sembra fuori di dubbio che questo sia il testo a penna, citato dal
  • Biscioni come in possesso di Giov. Gualberto Guicciardini.
  • 4. Bibl. Qaddiana Plut. XC. sup. cod. 137 (anticamente 977).
  • Cartaceo in ottavo di fogli 55, del sec. XVI. scritto con molta ele-
  • ganza, e copiato, per quanto pare, dal testo precedente.
  • B. BIBLIOTECA MAGLIABECCHIANA.
  • 5. CI. VI. No. 143.
  • Membranaceo in foglio del sec. XIV. La V. N. è contenuta nelle
  • prime 15 delle 25 carte che compongono il codice.
  • Fu, sotto il numero 259, di Carlo Strozzi.
  • Ha le divisioni.
  • Testo importantissimo, già consultato dal Biscioni, e poi dal Giuliani.
  • Fra i codici confrontati per 1' edizione del D' Ancona è segnato col b.
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  • XXVI CODICI MANOSCRITTI DELLA VITA NUOVA.
  • 6. CI. VII. No. 187.
  • Cartaceo, in ottavo, del sec. XV. di carte 76, le prime 46 delle quali
  • esibiscono la V. N.
  • Portava fra i codici Strozziani il No. 250.
  • Omette le divisioni.
  • Fu confrontato , come testo e per la nuova edizione del D' Anc.
  • 7. No. 1267. B. 2.
  • Cartaceo, in ottavo della prima metà del quattrocento. Le prime 34
  • carte danno la V. N.
  • Fu della SS. Annunziata.
  • Non ha le divisioni.
  • È segnato d fra i codici riscontrati per P edizione Pisana.
  • 8. Ci. VII. No. 1103.
  • Cartaceo in quarto del sec. XV. La V. N. vi si legge da carta 45 a 80.
  • Ha le divisioni.
  • È il cod. e del D' Ancona.
  • C. BIBLIOTECA RICCARDIANA.
  • 9. No. 1050.
  • Cartaceo, in foglio, almeno per la parte che contiene la V. N. che
  • vi sta da p. 25 a 42.
  • E mancante delle divisioni.
  • Sembra identico col testo Biccardiano 134. consultato dal Biscioni.
  • Citato per qualche passo dal Giuliani, e confrontato come cod. a per
  • T edizione del D' Ancona , il quale osservò una certa parentela fra questo
  • cod. e'1 Magliab. VII. 187.
  • D. BIBLIOTECA DI CASA MARTELLI.
  • 10. Codice membranaceo in foglio min. del sec. XIV.
  • È miscellaneo, e la V. N. ne forma l'ultima parte.
  • Ha le divisioni.
  • Fu consultato dal Fraticelli , e confrontato per 1' edizione del Torri
  • dall' ab. Gius. Manuzzi. L' importanza del cod. fa desiderare che si ritorni
  • con cura anche maggiore a questo confronto.
  • 11. LA BIBLIOTECA DI NICCOLÒ CARDUCCI
  • somministrò al Sermartelli il testo che servì di fondamento alla sua edi-
  • zione del 1576. Bisogna supporre che sia stato mancante delle divisioni.
  • Ancoraché non poche mutazioni del testo di Dante sembrino da riferirsi
  • all' arbitrio del Sermartelli , pure non potrà dubitarsi, che il codice stesso
  • sia stato sconcio di non poche lacune e ben molti errori.
  • S' ignora se sia ancora in esistenza, e dove si trovi.
  • L' i stesso è da dirsi del seguente testo consultato dal Biscioni:
  • 12. DELLA LIBRERIA DEL SENATORE GIOVAN. BATISTA GUA-
  • DAGNI, cod. 142.
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  • CODICI MANOSCRITTI DELLA VITA NUOVA. XXVII
  • II. VENETI.
  • DELLA BIBLIOTECA DI S. MARCO.
  • 13. Codd. Italici Ci. IX. No. 191.
  • Cartaceo di fogli 142 in ottavo. Miscellaneo, che oltre alla V. N.
  • contiene una raccolta di Bime antiche.
  • Sul primo foglio si legge la seguente notizia.
  • « Io Ant°. Isidoro Metzabarba veneto de l' una e 1' altra legge
  • minimo de i scolari ho scritto tutto questo libro di mia propria
  • mano nulla mutando overo aggiungendo di quello che io in
  • antiqui8simi libri trovai scritto. Ad laudem Dei m(et? ) gloriosae
  • Virginis. MDIX del mese di maggio.»
  • Fu di Apostolo Zeno.
  • Manca delle divisioni.
  • Il Sign. Lodov. Pizzo diede in fine dell' edizione pubblicata dall' Anto-
  • nelli lo spoglio delle varianti di questo codice.
  • 14. Ci, X. Cod. 26.
  • Cartaceo, in quarto, del sec. XV. Le prime 33 carte contengono la
  • V. N., le seguenti 49 il Convivio.
  • Ha le divisioni.
  • Fu sul principio del cinquecento di Luca di Simone della Bobbia, poi
  • nel settecento di Anton Maria Biscioni, che lo prese per fondamento
  • essenziale della sua edizione. Finalmente passò dalla biblioteca Farsetti
  • (Morelli, Biblioteca manoscritta Farsetti, T. I. face. 283 , 84. Cod. CVIII)
  • nella Marciana.
  • III. ROMANI.
  • A. DELLA VATICANA.
  • 15. Divisione Capponi. No. 262. del sec. XV,
  • Il Prof. Torri, a cui a fu dato di poter esaminare» questo codice,
  • aggiunge a questa secchissima notizia solamente che il nome di Beatrice
  • vi sia scritto «Biatrice». Potrebbe darsi che questo codice fosse identico
  • con quello confrontato da Salvator Betti per la prima canzone; ma non
  • avendo a mano il Giornale Arcadico, non so decidere la questione.
  • B. DELLA BIBLIOTECA CORSINI.
  • 16. No. 1085. del sec. XV.
  • Ha le divisioni.
  • Fu confrontato nel 1836 da Francesco Cerroti.
  • Dopo di aver ottenuto una copia di questo spoglio, il Torri ne pub-
  • blicò le varianti nella sua edizione della V. N.
  • E di lezione quasi identica con quella del codice Antaldino (qui
  • sotto No. 21.).
  • C. DELLA CHIGIANA.
  • 17. Cod. L. V. No. 176.
  • Membranaceo del sec. XV.
  • La V. N. vi sta da carta 13 a 28.
  • Ha le divisioni.
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  • XXVIII CODICI MANOSCRITTI DELLA VITA NUOVA.
  • Sulla risguardia anteriore è notato colla matita di mano di P. Ales-
  • sandro VII:
  • «Lassato per legato a Papa Alessandro VII. dal conte Federigo
  • Ubaldino , et 1' acquistò da Parigi, ove 1' haveva portato seco
  • Jacobo Corbinelli fiorentino, autore delle postille moderne, e
  • come fuoruscito era andato in Francia a ricoverarsi dalla
  • regina Caterina de* Medici. »
  • Fu confrontato dal Prof. Gius. Cugnoni per 1' edizione Pisana , nella
  • quale è segnato /.
  • Il D' Ancona lo trova « in certe parti affine col codice Pesarese. »
  • IV. MILANESI.
  • A. DELLA BIBLIOTECA TBIVULZIANA.
  • 18. Cod. segnato B.
  • Cartaceo in foglio min. del sec. XV.
  • Contiene oltre la V. N. molte Bime di Dante, del Petrarca e di altri
  • Poeti antichi. Scritto assai scorrettamente.
  • Alla fine si legge
  • «Liber iste completus fuit anno Domini currente MCCCC.XXV.
  • die vigesimo quinto Maij in Trevixio per me Niccolò Benioni
  • de Crema.»
  • Ha le divisioni. *
  • Confrontato per V edizione Milanese del 1827, che ne adottò numerose
  • lezioni.
  • 19. Cod. segnato F.
  • Cartaceo in quarto del sec. XV.
  • Dopo la V. N. vi si leggono diverse Bime antiche.
  • Sembra che non abbia le divisioni.
  • Fu consultato dagli Editori Milanesi , li quali però me fecero minor
  • conto che del testo precedente.
  • B. DEL SIGN. AVVOC. MICH. CAVALIEBI.
  • 20. Cartaceo, in ottavo picc.
  • A carta I. si legge
  • « Incomincia la Vita nova di Dante Aldigieri fiorentino per la
  • sua Beatrice et scritta per la. Ant. Benalio trivigiano in Boma
  • negli ann. dela. chris. sai. M.D.XIII. nel primo ann. del pont.
  • di Leone X.»
  • Il testo è ricorretto d' altra mano.
  • Seguono le Canzoni di Dante; dopo le quali sono altre Bime di an-
  • tichi Poeti.
  • Notizia desunta dai Cataloghi dell' Esposizione Dantesca in
  • Firenze. Maggio MDCCCLXV. No. 219.
  • V. PESARESE.
  • 21. Lello stampatore Annesto Nobili.
  • Cartaceo in quarto scritto sull' incominciare del secolo XV.
  • Ha le divisioni, ma sottolineate in rosso.
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  • CODICI MANOSCRITTI DELLA VITA NUOVA. XXIX
  • Fu di Casa Antaldi.
  • L' edizione Pesarese del 1S29 lo riproduce letteralmente.
  • VI. DI STRASBURGO IN ALSAZIA.
  • BIBLIOTECA UNIVERSITARIA E TERRITORIALE.
  • 22. Cartaceo, in quarto bislungo del sec. XV.
  • I primi venticinque fogli contengono la V. N.
  • Seguono le Canzoni di Dante, ed il « Convivium clarissimi viri Dantis
  • Aligierij». Sulle ultime dódici carte si leggono le vite di Dante e del
  • Petrarca di Leonardo Bruni ed una «Canzon morale» dello stesso autore.
  • Fu della Casa Somaja di Firenze. Neil' Ottobre 1831 lo comprai dal
  • libraio Piatti. Nel 1873 passò con tutta la mia collezione Dantesca nella
  • proprietà della Biblioteca pubblica di Strasburgo.
  • (Antologia di Firenze. Decennio secondo. T. III. Settembre
  • 1831." pag. 88.).
  • Ha le divisioni.
  • Non è esente di errori e di qualche lacuna ; agli uni però ed alle altre
  • fu rimediato per un antico correttore. Del, resto è di buona lezione,
  • la quale si avvicina assai a quella de 1 codici Martelli e Magliabecchi 143.
  • É ben ricco di varianti tanto marginali che interlinearie, notate coli' «alias»
  • per quanto sembra dallo stesso amanuense che scrisse il testo. Fra le
  • particolarità del codice è da notarsi la giunta al capit. 25. lin. 26, e la
  • poscritta in fine dell'opera, che dice:
  • a Qui finisce la uita noua di dante eoe che compuose dante
  • alighieri gloriosissimo poeta fiorentino cuius anima per miseri-
  • cordiam dei requiescat im pacem. amen. Et secondo alchuni
  • questo librecto si uorrebbe scriuere dinanzi al chominciamento
  • dellibro che tracta dellinferno.
  • Laus tibi Christe. »
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  • TESTI DEL CANZONIERE DI DANTE.
  • La maggior parte delle raccolte di Rime Dantesche, che esistono in
  • gran numero, danno anche le poesie sparse nella Vita Nuova, o tutte, o
  • almeno parte di esse. Egli è per questo che qualche editore dell' opera
  • nostra consultò per le poesie che vi sono contenute anche testi a penna
  • del Canzoniere. Ma invece di un lavoro sistematico, ciò non si fece che,
  • per così dire , a caso , confrontando pei passi che più degli altri sembra-
  • vano dubbiosi, ora 1' uno, ora 1' altro codice. Cosi il numero dei testi in
  • tal modo riscontrati è grande, e sembra anche maggiore, perchè non
  • senza ragione si può dubitare , se alcune di queste citazioni non siano
  • errate. Il più importante di questi confronti è per avventura quello del
  • codice Mortara, comprese le varianti in esso notate del testo Redi e di
  • uno dei Riccardiani. Altri codici che in questo modo si dicono consul-
  • tati si registrano nella notizia data qui sotto delle edizioni del Torri e
  • del Giuliani.
  • I testi, quanto si è potuto esattamente, confrontati per la presente
  • edizione sonò i seguenti
  • 1. Il Canzoniere del codice già Somaja, poi mio, ed ora di Stras-
  • burgo. Esso contiene le quattro Canzoni, la Ballata, e i Sonetti 1, 2, 18,
  • 24 e 25. Come per la V. N. cosi anche pel Canzoniere numerose varianti
  • si leggono sui margini del codice.
  • 2. Un Quinterno del Sign. Avvocato Scapucci di Firenze, che crederei
  • del trecento. Vi si leggono i Sonetti 2, 5, 7, 8, 11, 12, 16, 19, 21 e 22.
  • Questi fogli mi furono nel 1873 gentilmente communicati dal chiarissimo
  • possessore.
  • 3. Il Quinterno della Biblioteca Palatina a Firenze, che ai pretende
  • scritto di propria mano dal Petrarca, come il Palermo lo pubblicò nel
  • secondo volume del Catalogo della Palatina. Le poesie che vi si trovano
  • sono la Ballata e le prime tre Canzoni. Ho giudicato opportuno di riferir
  • le varianti di questo decantato Quinterno , perchè si conosca quanto sia
  • il torto fatto alla memoria di Messer Francesco da chi vuole ascrivergli
  • una scrittura piena zeppa di errori madornali.
  • 4. La prima edizione del Cantoniere di Dante che occupa le ultime
  • ventisette colonne della Divina Commedia col Contento del Landino « Im-
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  • TESTI DEL CANZONIERE DI DANTE.. XXXI
  • presso in Vinegia per Petro Cremonese dito Veronese: Adi Xvm. di no-
  • nembrio Mcccc.Lxxxxi. emendato per me maestro piero da fighino
  • dellordine de frati minori», foglio.
  • Non ha ohe le Canzoni 1 e 2.
  • Il testo è scorrettissimo ; astrazione fatta da questi errori, corrisponde
  • quasi sempre alle varianti del mio codice sopra citato.
  • +
  • 5. Il primo libro delle *Rime antiche » , raccolte da Bernardo di Giunta,
  • comprende tutte le poesie della V. N". alle quali in fine del volume si ag-
  • giungono in forma di appendice alcune varianti che « fra le molte, più di
  • alcuna importanza sembrarono all' editore >. Per registrare le lezioni, tanto
  • del testo, che dell' appendice, mi sono servito della stampa originale : «in
  • Firenze per li heredi di Philippo di Giunta nell' anno del Signore
  • M.D.xxvii. Adi Vi. del mese di Luglio.»
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  • EDIZIONI DELLA VITA NUOVA.
  • I. Edizione del Seemaetelli.
  • Il frontispizio dice:
  • Vita Nuova di Dante ' Alighieri. Con XV. Canzoni del
  • medesimo. E la vita di esso Dante scritta da Giovanni
  • Boccaccio. In Firenze, Nella stamperia di Bartolomeo
  • Sermartelli. MDLXXVI. in 8. min.
  • La Vita Nuova non fa pubblicata per le stampe che oltre a un secolo
  • dopo le tre prime edizioni della Divina Commedia. Le parole dello
  • stampatore nella dedica a M. Bartolomeo Panciatichi . . .
  • aHavendoci M. Niccolò Carducci .... accomodato d' un' operetta
  • del famosissimo Poeta, e Teologo Dante Allighi eri, intitolata
  • Vita nuoua, da esso Dante, e da altri riputata di non piccol
  • valore : ho voluto per mezzo delle nostre stampe farne partecipi
  • gli studiosi»
  • ci lasciano in dubbio, se il Carducci non abbia somministrato che un suo
  • testo a penna, oppure se tutto il lavoro che doveva precedere quello del
  • compositore, come per es. la giunta delle rubriche marginali ecc. sia
  • dovuto a lui. In ogni modo bisognerà supporre che 1' editore, quale dei
  • due che si fosse, si sia servito di un codice mancante delle divisioni.
  • Un' altra particolarità di questa edizione si è, che le lodi date dall' autore
  • alla sua Beatrice in termini che, da Cristiani, siamo avvezzi di adoperare
  • per cose sacre o divine, vi sono omesse, oppure cambiate con altre meno
  • eccessive. Cosi , a cagion d' esempio 1' « Osanna in excelsis » del oap. 23.
  • (lin. 35 della pres. ediz.) , e le citazioni dei Treni di Geremia nel cap. 29
  • e 31. — Leggendosi nella dedica che la Vita Nuova sia una di quelle
  • composizioni antiche , « le quali ne migliorare , ne pareggiare si possono»,
  • si crederebbe che 1' editore non abbia avuto 1' ardire di riformare in tal
  • modo 1' opera del sommo Allighieri. Considerando però che una scrupo-
  • losità cosi meschina non era di certo sul fare del trecento, oppure del
  • quattrocento, ma bensì su quello dei tempi che seguirono di presso il
  • Concilio di Trento, mi sembra poco meno che certo, che oon queste mu-
  • tazioni il Sermartelli abbia voluto difendere la povera Vita Nuova dalle
  • censure del Santo Ufficio.
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  • EDIZIOM DELLA VITA NUOVA. XXXIII
  • II. Edizione del Biscioni.
  • Piccone il titolo
  • Prose di Dante Alighieri e di Messer Gio. Boccacci. In
  • Firenze. M.DCC.XXIII. Per Gio. Gaetano Tartini, e Santi
  • Franchi, in-4.
  • La Vita Nuova abbraccia le prime 49 pagine.
  • La prefazione di XXXVIII pagine non solamente non è segnata ool
  • nome deJP editore , ma vi si parla in terza persona del «Dottore Anton
  • Maria Biscioni. Le « Annotazioni » però , che per la V. N. non sono che
  • di S pagine e mezza, portano in fronte il nome del Biscioni. Ciò non
  • ostante tutta V edizione si attribuisce universalmente al solo Biscioni.
  • Nel catalogo dei testi a penna si è mostrato che il cod. che fu di
  • Luca della Robbia (ora della Bibl. di S. Marco CI. X. No. 26) abbia ser-
  • vito di fondamento a questa edizione. A p. 411 1' editore ci dice di essersi
  • servito ancora di sei altri codici Fiorentini, quattro dei quali furono rin-
  • tracciati con certezza , un quinto con probabilità nel summentovato cata-
  • logo. Benché due di essi al giorno d' oggi si reputino del sec. XIV,
  • bisogna ammettere, che '1 Biscioni ne abbia giudicato altrimenti, leggen-
  • dosi alla fine della prefazione: «Non è stato possibile qui in Firenze vederne
  • alcuno esemplare del 300.» Considerando del resto lo scarsissimo numero
  • di varie lezioni registrate come spoglio di sei testi a penna, converrà
  • dire che '1 confronto di essi non sia stato troppo scrupoloso. — In ogni
  • modo il Biscioni restituì le divisioni ecc. al loro posto, rimosse gli arbi-
  • trarli cambiamenti del Sermartelli, e migliorò in non pochi luoghi il testo
  • della prima edizione.
  • Cosi il testo della Biscioniana fu materialmente ripctito dalle susseguenti
  • stampe, che nel settecento, benché poco propenso allo studio delle opere
  • minori di Dante, furono assai numerose. Sono tutte Venete, e basta
  • registrarle colle date e coi nomi degli stampatori, che, oltre agli errori
  • di stampa, che coir andar del tempo si moltiplicarono in modo da render
  • illegibile 1' operetta, nessuno vi aggiunse o molto o poco del suo. L' unica
  • differenza fra di esse e 1' originale si è, che, mentrecché tutte omettono
  • la prefazione, inseriscono appiè di pagina le annotazioni, rilegate dal
  • Tartini alla fine del volume. Sono dunque tre le stampe uscite dai torchi
  • di Giambatt. Pasquali (degli anni 1741, 1751 e 1772 [Ilb— d]), a lle quali,
  • come pessima di tutte, tiene dietro quella di Pietbo , quondam Giovanni
  • Gatti dell' anno 1793 (II* 4 .)- Con più cura certamente furono fatte le due
  • edizioni di Antonio Zatta (Ilf, k), assai splendida V una in quarto
  • grande 1758, ed economica 1' altra in ottavo 1760.
  • Anche il Keid, unico fino al giorno d' oggi, che stampò in Germania
  • il testo originale della Vita Nuova (Chemnitz, Carlo Maucke, 1810, ot-
  • tavo [II 11 ]), prese per fondamento materiale la Biscioniana. Supponendo
  • però, erroneamente, che frai codici manoscritti uno solo inserisca le
  • divisioni nel testo dell' opera, invece di darle al luogo dovuto, le aggiunse
  • con altre note in fine del volume.
  • L' anno 1827 segna una nuova epoca nella quale gli editori si rivolgono
  • di nuovo e con istudio maggiore all' emendazione del testo della Vita
  • Nuova, fondata soli' esame di buoni codioi , ed alla spiegazione dei passi
  • più o meno oscuri. Il lavoro che fece strada in questa direzione è
  • Danth, Opere minori. I. e
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  • XXXIV EDIZIONI DELLA VITA NUOVA.
  • III. P edizione Milanese:
  • Vita Nuova di Dante Alighieri ridotta a lezione migliore.
  • Milano dalla tipografia Pogliani MDCCCXXVIL in-8.
  • Edizione non venale, di sole sessanta copie. Dopo le fatiche assai più.
  • spinose che 1' incomparabile Marchese Gian Giacomo Tbivulzio di b. m.,
  • assistito da condegni [amici , aveva consacrato al Convivio , egli si era
  • dato V impegno di far altrettanto anche per 1' opera giovanile del sommo
  • Allighieri , confrontando per questo scopo li due testi a penna della sua
  • biblioteca, ed aiutandosi al bisogno di congetture sempre discrete e prò»
  • babili. Le note interpretative aggiunte a quelle del Biscioni sono rare,
  • ma succose , e ricche di bella erudizione. l
  • Tenne dietro a questo eccellente lavoro
  • IV. T edizione di Pesaro,
  • che presenta sotto il titolo
  • Vita Nuova di Dante Alighieri secondo la lezione di un co-
  • dice inedito del secolo XV. Pesaro dalla tipografia
  • Nobili 1820. in-8.
  • la pubblicazione letterale di un testo a penna, che dal possesso di casa
  • Antaldi era passato in quello del librajo Ant. Figna di Forlì, dal quale
  • 1' aquistò lo stampatore Annesio Nobili di Pesaro. Sovrastettero all' opera
  • il Conte Odoardo Machirelli e '1 celebre latinista Crisostomo Febbucci.
  • Sono veramente due stampe sotto l' istesso frontispizio : la maggiore (IV a ),
  • piuttosto di lusso, colle divisioni stampate in rosso, ma senza varianti;
  • la minore (IV b ) colla giunta sul titolo :
  • «colle varianti dell' edizioni più accreditate,»
  • vale a dire di quelle del 1576, del 1723, e del 1827.* Benché non i scarso
  • per avventura sia il numero di coloro , che non giudicheranno migliora-
  • menti tutte quante le 850 varie lezioni somministrate dal testo Nobili,
  • pure gli editori si acquistarono un bel merito, ponendo sotto gli occhi
  • dello studioso non una scelta, più o meno arbitraria, di varianti, ma
  • tutta quanta la lettera di un antico codice fedelmente ricopiata. Ciò non
  • ostante essi si allontanarono da questo lodevole sistema, rilegando ai
  • piedi delle pagine le divisioni, che nel manoscritto, frammesse al testo,
  • non se ne distinguono che per esser sottolineate in color rosso. — Le
  • 1 Non conosco che per citazioni 1' edizione della V. N. che fa parte
  • delle Opere di Dante pubblicate da Lkokardo Ciabdetti. Firenze 1830.
  • Voi. IV. Suppongo però che sia fatta sul modello della Milanese (III b ).
  • Così fece, al proprio suo dire, anche Luigi Cabbsb nel piccolo volu-
  • metto (III C ): «Autori che ragionano di sé. Venezia, co' tipi del Gondo-
  • liere. MDCCCXL. • in-12.
  • 2 Sembra che 1' edizione registrata dal Ferrazzi , Manuale Dantesco.
  • Bibliografia p. 488, come pubblicata nel 1865 a Torino da Gal.l,o k
  • Bbunktti (1V c ), sia identica colla Pesarese, agli esemplari della quale
  • non si sarà cambiato che '1 frontispizio.
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  • EDIZIONI DELLA VITA NUOVA. XXXV
  • varie lezioni delle tre stampe summentovate, che si riferiscono sul margine
  • dell' edizione minore , non sono troppo fedelmente rese.
  • Col 1839 comincia la serie delle tre edizioni di Pietro Fraticelli,
  • tanto bene merito di tutti gli studj relativi a Dante. Eccone i titoli
  • consecutivi :
  • v a .
  • La Vita Nuova di Dante Alighieri a corretta lezione ri-
  • dotta e con illustrazioni dichiarata da P. J. Fraticelli.
  • Firenze dalla tip. di Leop. Allegrini e Gio. Mazzoni.
  • Nella Badia Fiorentina 1839. in-16.
  • V b .
  • La Vita Nuova di Dante Alighieri i trattati de Vulgari
  • Eloquio ecc. con . . . note e illustrazioni di Pietro Fra-
  • ticelli. Firenze. Barbèra, Bianchi e Comp. Tipografi
  • editori, Via Faenza, 4765. 1856. in-8. min.
  • V«.
  • L J istesso frontispizio colla giunta : ««Seconda edizione. Firenze.
  • G. Barbèra, editore. 1861.» Sesto uguale alla precedente.
  • Fondamento essenziale di queste tre stampe è 1' edizione Milanese,
  • colla quale il Fraticelli, per quanto ci dice, confrontò con gran frutto il
  • codice Martelli, quantunque nelle note esso non si trovi citato che una
  • volta sola. La seconda edizione, del resto poco differente dalle due altre,
  • adottò nel testo il maggior numero delle congetture proposte nel]' opuscolo
  • che si cita appiè di questa pagina. l
  • Le « divisioni • si trovano ai loro posti , ma stampate in carattere
  • corsivo. Le note illustrative sono assai numerose, e ben sensate quasi
  • tutte. La dissertazione preliminare che tratta principalmente della realtà
  • fisica di Beatrice fu rifatta, ed alquanto ampliata nelP edizione seconda.' 2
  • 1 Cento e più correzioni al testo delle Opere minori di Dante Allighieri,
  • proposte agli ili. Signori Accademici della Crusca da un loro socio cor-
  • rispondente. Halle 1853. in-4.
  • 2 Ristampa materiale della prima Fraticelliana è quella di Raffaello
  • Tbamater (V d .) compresa nel primo volume deUe «Opere di Dante Ali-
  • ghieri ecc. Prima edizione napoletana. Napoli da' torchi del Tramater
  • 183!).* in-4., sfigurata da ben molti errori di stampa. — Fu riprodotta a
  • Napoli da Fkancksco Rossi, Romano, 1855, in-8. grande (V e ). Anche
  • il testo italiano (V f )» stampato a riguardo della traduzione inglese di
  • Gius. G arrow (The early life of Dante Alighieri. Together with the
  • originai in parallel pages by Joseph Garrow, Esq. A. M. Florence. Printed
  • by Felix Le Monnier. 1846. in- 12.) è quello del Fraticelli. Le poche
  • annotazioni al testo inglese sono di nessuna importanza. — Consimili
  • ancora sono le tre edizionelle (Vg— >) procurate da Aurelio G otti (Firenze,
  • Le Monnier 1855, 1856 e 1859) come quella della Società editrice. Te rino,
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  • XXX Vi edizioni della vita nuova.
  • VI.
  • Vita Nuova di Dante Alighieri Edizione XVI. a corretta
  • lezione ridotta mediante il riscontro di codici inediti e
  • con illustrazioni e note di diversi per cura di Alessandro
  • Torri, Veronese. In Livorno coi tipi di Paolo Vannini
  • MDCCCXLIII. in-8.
  • Delle 2G6 pagine del volume sole 92 contengona la Vita Nuova colle
  • rispettive note. Alle XXVI. dell'introduzione tengono dietro i Prelimi-
  • nari ed in primo luogo le prefazioni di tutte le stampe anteriori, che
  • occupano non meno di XXXIX pagine. Altre XXXV riproducono i
  • passi di ventinove autori nei quali si parla della V. N. Alcune notarelle
  • «li Romualdo Zotti alle Rime contenute nel libro si leggono ristampate
  • nelle due pagine che seguono la V. N. .11 resto poi del volume , eh' è
  • tutto miscellaneo , contiene in XXIV numeri un « Appendice di annota-
  • tazioni e documenti » raccolti dalle opere di Filippo Scolabi e di alcuni
  • altri autori, e finalmente sei cosi dette «tavole», delle quali la sola im-
  • portante («Voci e maniere di dire cavate dalla V. N. non registrate nella
  • quarta impressione del Vocabolario della Crusca») fu somministrata al
  • Torri da Gius. Maniizzi.
  • Il e riscontro di codici inediti » fu limitatissimo. Le varianti che un
  • codice della Vaticana somministrò per la prima canzone furono estratte
  • dal Giorn. Arcadico, dove da Salv. Betti erano state pubblicate. Altre,
  • relative ai sonetti 11, 10, 18 e 20, dovute allo spoglio del cod. Sasvi-
  • tali a Parma, fatto dal bibliotecario Ang. Pezzata, furono da esso
  • comunicate al Torri. Né queste però, né quelle servirono per «ridurre il
  • testo a miglior lezione», non trovandosi registrate che alla fine dell' Ap-
  • pendice. D' importanza alquanto maggiore sono le varianti estratte da un
  • testo a penna delle Rime di Dante , che si cita sotto il nome dell' attuai
  • suo possessore, Conte Mortasa. -Esso non data che dal secolo scorso,
  • essendo scritto di mano dello stampatore Moucke, che raccolse le lliuao
  • in esso contenute da diversi codici Fiorentini, ma si dice copiato, almeno
  • in parte , da un altro testo che il celebre raccoglitore Pier del Nero aveva
  • trascritto da un esemplare che Vincenzo Borghini, a dir suo, aveva ri-
  • copiato dal supposto originale di Dante. Sui margini dell' apografo fatto
  • dal Moucke si leggono, per quanto ne riferisce il Torri, le varie lezioni
  • di molti altri testi delle pubbliche e private librerie di Firenze. Lo spo-
  • glio di questo manoscritto è dovuto al detto editore. Sembra però che
  • 1' autorità di quell' apografo al Torri stesso sia sembrata minore di quel
  • che si crederebbe , che per tutte lo Rime della Vita Nuova non trovo no-
  • tate neppur dieci lezioni prese dal testo del codice Mortala. Delle va-
  • rianti marginali raccolte dal Moucke da .molti altri testi», non si riferiscono
  • che forse venticinque del codice Redi, più volte mentovato nelle Anno-
  • tazioni al Bacco in Toscana, e cinque di un testo Riccardiano che si
  • M. Guigoni 1858 (V k ), le quali mancano però delle divisioni. — L' ediziono*
  • stampata a Napoli, Tipogr delle belle arti 1856 (V 1 ), che , per quanto
  • ne dice il Pizzo, riproduce parimenti il testo del Fraticelli, ma «con
  • giunta di note di Fbancesco Pruderano», non mi venne sott' occhio.
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  • EDIZIONE DELLA NITA VITOVA. XXXVII
  • cita senza iudicazione del numero. — Solamente al terzo verso del primo
  • sonetto si trova una variante, rilevata da un codice della Maoliabecchiana
  • (1108) e da un altro della Laurenziana (20. sic!), testi che nel resto
  • dell' opera non sono più mentovati.
  • Il primo dei due testi riscontrati per tutta V opera, ma non dal Torri,
  • è quello della Coesiniana di Roma. Il diligente confronto di questo
  • codice coli 1 edizione del Sermartelli, fatto per quanto sembra già da
  • qualche tempo, fu regalato al Torri da Francesco Cekroti che V aveva
  • intrapreso. Bisogna confessare che per la correzione del testo lo spoglio
  • di pochi codici sarebbe stato di così piccolo profitto come quello del
  • Gorsiniano. Esso è legato di sì stretta parentela coir Antaldino dell' edi-
  • zione Pesarese, che si potrebbe dubitare se non siano identici* Confrontato
  • dunque 1' uno di essi, il confronto dell' altro era poco meno che superfluo.
  • Pia importante sarebbe stato lo spoglio del codice Martelli, che senza
  • fallo è da riferirsi fra i migliori , se con maggior cura fosse fatto, oppure
  • inesso in uso per 1' edizione del Torri. Le varie lezioni che ne troviamo
  • registrate, e che non oltrepasseranno di gran fatto il numero di settanta,
  • furono anch' esse raccolte non dal Torri, ma dall' ab. Gius. Manuzzi.
  • Inflettendo però che al solo capitolo XI. il Cerroti trovò da notare trenta-
  • due varianti del cod. CorBiniano, si dovrà sospettare che quella raccolta
  • sia tutt' altro cbe perfetta.
  • Il testo è distribuito in cosi detti «paragrafi» numerati, numerazione
  • ritenuta da tutti li seguenti editori.
  • Le di cisto ni stanno al giusto luogo, ma in carattere corsivo. Le note
  • tanto critiche che illustrative sono in gran numero. L' indicazione delle
  • varianti è qualche volta erronea.
  • VII°»\
  • Lo scopo preso di mira dall' ili. Prof. Giulliani nelle due edizioni
  • da lui procurate
  • La Vita Nuova e il Canzoniere di Dante Alligliieri commen-
  • tati da G.-B.Giuliani. Firenze, G. Barbèra, editore. 18t>3.
  • Stampa nitidissima in-32.
  • La Vita Nuova e il Canzoniere di Dante Allighieri ridotti a
  • miglior lezione e commentati da Giambattista Giuliani
  • espositore della Divina Commedia nelP Istituto di studi
  • superiori in Firenze. Successori Le Monnier. 1868.
  • in-8. min.
  • è meno quello di accumulare nuovi materiali per la critica del testo, che di
  • rimuoverne per chi legge ogni oscurità, massimamente spiegando, come
  • questo illustre editore è uso di fare in tutti i suoi lavori, Dante con Dante,
  • e di rilevarne le bellezze tanto estetiche che morali. Ciò non ostante il
  • Giuliani dice con tutta ragione « ridotto a miglior lezione » il testo della
  • Vita Nuova, non solamente per aver esaminate di nuovo e con sana cri-
  • tica bilanciate le lezioni già da altri registrate, sostituendone non di rad o
  • a quelle che furono* prescelte dai suo predecessori delle altre da essi
  • rigettate; ma non meno per aver consultato in certi passi, più degli altri
  • dubbiosi , qualche codice degno di autorità. Tali sono il Laurenziano
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  • XXXVIII EDIZIONI DELLA VITA NUOVA.
  • PI. XL. cod. 42, il Riccardiano No. 1050, il Magliabecchiano 143. e '1
  • Veneto della Bibl. di San Marco CI. IX. No. 191 1 , i quali contengono la
  • Vita Nuova tutta intiera. Inoltre gli servirono per le poesie contenute
  • nell' opera alcuni testi a penna delle Rime di Dante. Di tal novero sono
  • i Ricoardiani 1034, 1054, 1094, 1140, 1340, e il Marciano 150. D codice
  • Pogliani, più volte mentovato, è senza fallo identico col codice, già An-
  • taldino, pubblicato a Pesaro. Una volta sola (XXVI. lin. 40) la citazione
  • dev' esser intesa del primo dei codici Trivulziani.
  • Il testo è diviso nelle sezioni numerate introdotte dal Torri, le quali
  • però nella stampa del 1868 ben a ragione non si chiamano «paragrafi e Le
  • «divisioni» sono restituite ai loro posti, ma stampate in caratteri corsivi.
  • I commenti per profonda penetrazione dei pensieri dell' autore , per
  • gusto squisito e per somma chiarezza rispondono talmente al proposito
  • fine, obe l'editore della presente stampa ha creduto il miglior consiglio
  • di trascrivere letteralmente non poche di quelle succose chiose.
  • Le due edizioni differiscono poco. Le giunte della seconda non sono
  • numerose; anzi vi si vede lo studio di ristringere anche più le note già
  • assai concise della prima. Non pochi errori di stampa, massime nelle
  • citazioni, furono corretti nella seconda. Pure ne rimasero alcuni, come
  • quello che dà all' Iliade canti XXXI.
  • Le due ultime edizioni che abbiamo a registrare sono adorne di gran
  • lusso tipografico, ma non meno importanti per la critica e per la giusta
  • intelligenza del testo. Della prima di esse, dedicata dall'editore Cav.
  • Antonio Antonella come «edizione commemorativa » all' inclito Muni-
  • cipio di Firenze nel sesto centenario natalizio dell'altissimo Poeta, col
  • titolo :
  • Vili.
  • La Vita Nuova di Dante Alighieri. Venezia. Tipogr. Anto-
  • nelli editrice. MDCCCLXV. in-4.
  • prese cura Ludovico Pizzo , che V introdusse con dotta prefazione. —
  • Il testo, nel quale le sezioni sono indicate con semplici numeri senza il
  • segno di paragrafi, è con poche eccezioni quello del Fraticelli. Il Pizzo
  • aggiunse però come appendice tutte le varie lezioni che un diligente con-
  • fronto del cod. di S. Marco CI. IX. No. 191. — scritto nel 1509 da Isidoro
  • Mezzabakba — gli aveva somministrato. Dove questo manoscritto indica
  • coli' «aliai» una variante, ciò si nota sia nel contesto, oppure appio di pagina.
  • Trentaquattro di queste lezioni , che 1' editore giudicò preferibili a quelle
  • del Fraticelli, e perciò da lui introdotte nel testo, sono stampate in rosso,
  • e giudiziosamente giustificate nelle note, le quali non tralasciano d'indi-
  • care ancora le ragioni, per cui altre varianti , che a prima vista potreb-
  • bero sembrare da anteporsi, siano rigettate. Il Pizzo perusò anche
  • 1' altro testo a penna della Marciana (CI. X. No. 26.), detto codice Robbia,
  • ma vedendolo già usufruttuato dal Biscioni, non credè eh' esso potesse
  • venirgli in aiuto. A giudicare dalle sole sette lezioni riferite pel capi-
  • tolo XV. sembra che questa supposizione sia veramente fondata. — Le
  • ultime ventidue pagine contengono notizie bibliografiche : in primo luogo
  • » La sola variante che ne trovo registrata nella seconda edizione sarà
  • desunta dallo spoglio pubblicato dal Pizzo.
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  • EDIZIONI DELLA VITA NUOVA. XXXIX
  • la descrizione dei due testi Maroiani, in secondo la serie delle edizioni, e
  • delle traduzioni in Inglese l , Tedesoo , Francese ed Ungarese.
  • La più splendida, e senza dubbio la più importante di tutte le edizioni
  • è 1' ultima che (per quel eh' io sappia) ride ìa luce. Eccone il titolo :
  • IX.
  • La Vita Nuova di Dante Alighieri riscontrata su codici e
  • stampe preceduta da uno studio su Beatrice e seguita da
  • illustrazioni per cura di Alessandro D 7 Ancona Professore
  • di lettere Italiane nella R. Università di Pisa. Pisa Tipo-
  • grafia dei fratelli Nistri 1872. in-4. mass.
  • Al D' Ancona si associarono per questo insigne lavoro il Prof. Pio
  • Rajna , che s' incaricò tanto di raccogliere e di disporre le varie lezioni,
  • quanto di presceglierne quelle che gli sembrarono degne di esser intro-
  • dotte nel testo, e il Prof. Giosuè Carducci, al quale si deve gran parte
  • deUa ricchissima giunta d' annotazioni.
  • Il testo è disposto in un modo tutto nuovo, essendo che le divisioni
  • fiancheggiano in caratteri rossi le poesie alle quali si riferiscono. Del-
  • l' iBtesso oolore, ed inchiuse in parentesi si leggono sui margini i numeri
  • dei così detti paragrafi.
  • L' apparato critico che accompagna il testo , e servi per migliorarne
  • la lezione passa di gran lunga quanto sin' allora era intrapreso dagli
  • editori. Otto sono le edizioni, e sei li testi a penna per tal fine confron-
  • tati. Cinque di questi sono Fiorentini (il Riccardiano No. 1050. e i quattro
  • della Magliabeochiana ohe nell' elenco dei codici furono da noi registrati)
  • ed uno (il Chigiano , ohe fu del Corbinelli) E ornano. Le varianti notate
  • da altri editori non sono prese in considerazione che per quanto questi
  • editori le avevano introdotte nel testo. — Il più importante fra i codici
  • riscontrati dal Rajna, come non poteva sfuggire al fino giudizio del
  • D'Ancona, è senza fallo il Magliabecchiano No. 143 (a codice 6»), per
  • non pochi passi già consultato dal Giuliani. Questa importanza mi sembra
  • tale, che avrei creduto fatto bene di preferire in tutti i casi dubbi la
  • lezione di questo codice a quelle degli altri più recenti, e generalmente
  • parlando meno corretti. Non mancano però gli esempi di un agire con-
  • trario. La strofe seconda della prima canzone comincia in tutte le stampe,
  • meno quelle del Fraticelli: a Angelo chiama». Cosi pure giudica che sia
  • da leggersi il Carducoi nella sua annotazione. «Chiama» si trova non
  • solamente nel prelodato codice, ma di unanime consenso negli altri tre,
  • che soli si citano dal Rajna ; ciò non ostante egli ha creduto dover rite-
  • nere nel testo l'arcaismo «clama», introdotto senza veruna autorità dal
  • 1 Delle Inglesi il Pizzo non poteva ancora conoscere V elegantissima,
  • eseguita di là dell'Atlantico «The New Life of Dante Alighieri translated
  • by ChabIìKS Eliot Norton. Boston, Ticknor and Fields, 1867.» in
  • 4., accompagnata da dissertazioni e note non meno dotte che in-
  • gegnose, già prima stampate: «The New Life of Dante. An essay with
  • translations. Riverside Press: Printed by H. O. Houghton A Co. Cam-
  • bridge 1859. >< in-8.
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  • XL EDIZIONI DELLA VITA NUOVA.
  • Fraticelli. — Conaimile è il caso del duodecimo sonetto. Esso dice nel
  • testo che, seguendo il Fraticelli, fu dato nella presente edizione
  • Bagnata il viso di pianto d' amore.
  • Lezione che, fondata sulla combinazione di quanto si legge in differenti
  • codici, sinora non aveva apoggio diretto di un testo a penna. Adesso
  • troviamo nel Magliab. 143
  • Bagnata nel viso di pianto d' amore ,
  • verso che se dal «nel» non si levasse 1' n avrebbe una sillaba di troppo.
  • Nulla dimeno troviamo nel contesto della nuova edizione
  • Bagnar nel viso suo di pianto Amore.
  • — «Soffersi per nove dio è nella terza riga del cap. XXIII. la lezione del
  • cod. b. come del Trivulz. primo e del cod. Nobili, commendata dal Carducci,
  • ma rigettata nel testo della nuova edizione. — Anche nell' ottavo -verso
  • del sonetto XVII. lo stesso codice conferma la lezione « Ch' affogherieno
  • '1 coro, che '1 Carducci giudica preferibile alle altra, mentrecchè nel testo
  • si legge «Che sfogassi lo cor». Basti come ultimo esempio del modo
  • alquanto arbitrario, tenuto dal Prof. Kajna il quarto verso del sesto
  • sonetto. Tutte le edizioni, compresa la Giuntina delle Bime antiche (1527),
  • leggono :
  • Altro folle ragiona il suo valore,
  • e nessuna di esse vi fa cenno di una variante. Il solo Giuliani sostituì
  • al «folle » per congettura «forte». Non entro per ora nella quistione se
  • questa mutazione migliori il testo ; ma certamente 1' obbligo di un' edizione
  • critica, fondata sopra tanti confronti, era d' indicare V autorità sulla quale
  • la nuova lezione si sia adottata. Invece il Sign. Bajna, lasciando privo
  • quel verso di qualunque siasi nota, induce a crederei suoi lettori che
  • «Altro forte» sia la lezione di tutti i testi tanto a penna quanto stampati.
  • Se non ho creduto dover tacere alcuni scrupoli relativi al modo tenuto
  • nella nuova edizione per metter in uso la gran copia di varianti con
  • tanta diligenza raccolte , non posso far a meno di dire che i lavori con-
  • tenuti nel resto del volume mi sembrano tali da render difficile il lodarli
  • in modo condegno. L' a Avvertenza» del D'Ancona, e lo «Studio» del
  • medesimo autore, intitolato «La Beatrice di Dante», già stampato in
  • occasione del Centenario, sono ben ricchi di finissimi accorgimenti, che
  • ci schiudono in maniera inaspettata 1' andamento dei pensieri nel nostro
  • opuscolo, e '1 nesso che sussiste tra esso e le altre opere del Poeta.
  • Le «Annotazioni», tanto quelle del D'Ancona ohe le altre contri-
  • buite dal Carducci, fanno prova di ben vasta e rara erudizione. Nelle
  • note del primo si ammira 1' intrinseca domestichezza coi relativi lavori
  • non solamente italiani, ma non meno di letterature estere, ed in parti -
  • colar grado dell' alemanna. Il Carducci , versatissimo nelle poesie dei
  • verseggiatori del duecento e del trecento, illustra gran numero di passi
  • della Vita Nuova, mettendo a riguardo di essi luoghi consimili, estratti
  • dalle Bime antiche. Poche veramente saranno le opere degli autori
  • classici, a cui toccò la sorte di esser commentati in un modo cosi distinto.
  • Se dunque tutte le edizioni sopra registrate, anche quelle che non
  • conosco di vista, esistono veramente, la stampa presente è la trigesima
  • seconda.
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  • TAVOLA DELLA VITA NUOVA.
  • Pag.
  • Prokmio • 3
  • PARTE PRIMA.
  • COMPONIMENTI IN VITA DI BEATRICE.
  • PERIODO PRIMO.
  • V AUTORE DESIDERA COME FINE DEL SUO AMORE IL SALUTO
  • DI BEATRICE.
  • SEZIONE PRIMA.
  • INNAMORAMENTO DELL* AUTORE.
  • Cap. 1. Primo incontro 3.
  • Cap. 2. Primo saluto di Beatrice • 6
  • Cap. 3. Prima visione 7
  • Sonetto 1.: A ciascun' alma presa, e gentil core 9
  • Cap. 4. L' aut. non vuol far sapere chi sia 1' oggetto del suo amore 10
  • SEZIONE SECONDA.
  • L' AUTORE TROVA UNA DIFESA.
  • Cap. 5. Si comincia a credere che 1' aut. ami un' altra donna gentile 11
  • Cap. 6. L' aut. compone un berventese in lode di sessanta beli? Fio-
  • rentine 12
  • Cap. 7. La donna che servi di difesa all' aut. parte da Firenze ... 13
  • Son. 2.: voi, che per la via a" Amor passate 13
  • Cap. 8. Morte d' un' amica di Beatrice . . . . • 14
  • Son. 3. : Piangete, amanti, poiché piange Amore 15
  • Son. 4. : Morte villana* di pietà nemica 16
  • Cap. 9. Seconda visione 18
  • Son. 5.: Cavalcando V altr' ier per un cammino 19
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  • XLII TAVOLA DELLA VITA NUOVA.
  • SEZIONE TEBZA.
  • BEATRICE SI SENTE OFFESA.
  • Pag.
  • Cap. 10. Beatrice gli nega il suo saluto • 20
  • Cap. 11. Effetti del saluto di Beatrice 21
  • Cap. 12. Terza visione. L' aut. rinunzia alle difese 22
  • Ball.: Ballata, io to' che tu ritrovi Amore 26
  • Cap. 13. Dubbi dell 1 aut., se la signoria d' Amore sia buona, o no . 29
  • Son. 6.: Tutti li miei pensier parlari d'Amore 30
  • Cap. 14. Tremore dell' aut. trovandosi improvvisamente in presenza di
  • Beatrice 31
  • Son. 7. : Con V altre donne mia vista gabbate 34
  • Cap. 15. L' aut. desidera, e teme neir istesso tempo, di veder Beatrice 36
  • Son. 8. : Ciò, che m' incontra nella mente, more 37
  • Cap. 16. La veduta di Beatrice, quantunque desiderata, sconfìgge
  • 1' aut 39
  • Son. 9. : Spesse fiate vengonmi alla mente 40
  • PERIODO SECONDO.
  • 1/ AUTORE, NON ASPIRANDO AD ALTRO GUIDERDONE CHE A
  • POTER LODARE LA BELLEZZA SPIRITUALE DELLA SUA
  • DONNA, MUTA LO STILE FIN ALLORA USATO.
  • SEZIONE PRIMA.
  • h J AUT. DIRIGE LE LODI DELLA SUA DONNA NON AD ESSA,
  • MA AD ALTRE DONNE GENTILI.
  • Cap. 17. L' aut. si propone di pigliare materia nuova 41
  • Cap. 18. Ragionamenti dell' aut. con certe donne gentili 41
  • Cap. 19. Lodi di Beatrice, dirette alle donne gentili 44
  • Canzone 1. : Donne, eh' avete intelletto d'amor? 45
  • Cap. 20. Natura dell' amore 52
  • Son. 10. : Amore e 'l cor gentil sono una cosa 53
  • Cap. 21. Effetti che Beatrice produce in altrui 55
  • Son. 11.: Negli occhi porta la mia donna Amore 55
  • SEZIONE SECONDA.
  • PRESENTIMENTI DELLA MORTE DI BEATRICE.
  • Cap. 22. Morte di Folco Portinari, padre di Beatrice 57
  • Son. 12. : Voi, che portate la sembianza umile 60
  • Son. 13. : Se' tu colui, & hai trattato sovente 61
  • Cap. 23. Infermità dell' aut. e quarta visione 62
  • Canz. 2. : Donna pietosa e di novella etate 66
  • SEZIONE TERZA.
  • L' AUT. RITORNA ALLE LODI DI BEATRICE.
  • Cap. 24. Quinta visione, ed incontro con Primavera e Beatrice ... 7*2
  • Son. 14.: Io mi sentii svegliar dentro allo core 73
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  • TAVOLA DELLA VITA NUOVA. XLIII
  • Pag.
  • Cap. 25. Parlare figurato, permesso anche a' poeti volgari 75
  • Cap. 26. Beatrice giudicata da tutti una meraviglia di bellezza e di
  • onestà 79
  • Son. 15.: Tanto gentile e tanto onesta pare 81
  • Cap. 27. L' aspetto di Beatrice ingentilisce anche le sue compagne . 82
  • Son. 16. : Vede perfettamente ogni salute 82
  • Cap. 28. Effetti, che 1' amore di Beatrice produce nell' aut 83
  • Frammento di canzone : Sì lungamente m' ha tenuto Amore . . 84
  • • . • PARTK SECONDA.
  • COMPONIMENTI IN MORTE DI BEATRICE.
  • SEZIONE PRIMA.
  • AFFLIZIONE ESTREMA DELL' AUT. SULLA MORTE DELLA
  • SUA DONNA.
  • Cap. 29. Trapassamene di Beatrice 84
  • Cap. 30. Belazioni fra Beatrice e '1 numero nove 86
  • Cap. 31. L' aut. dirige una lettera alle persone principali della sua
  • città 89
  • Cap. 32. Lamenti dell' aut 90
  • Canz. 3. : Oli occhi dolenti per pietà del core 91
  • Cap. 33. Sonetto composto dall' aut. a nome d' un fratello di Beatrice 95
  • Son. 17. : Venite a intender li sospiri miei 96
  • Cap. 34. Vi aggiunge una canzone, parte a nome dello stesso, parte
  • a nome proprio • ... 97
  • Canz. 4.: Quantunque volte, lasso! mi rimembra 98
  • Cap. 35. Annovale della morte di Beatrice 99
  • Son. 18.: Era venuta nella mente mia 100
  • SEZIONE SECONDA.
  • CONFORTI CHE l' AUT. COMINCIA A TROVARE NELLA
  • VISTA D' UNA DONNA GENTILE.
  • Cap. 36. Primo incontro colla donna gentile 102
  • Son. 19.: Videro gli occhi miei quanta pietate 103
  • Cap. 37. L 1 aspetto della donna gentile rende all' aut. la facoltà di
  • piangere 104
  • Son. 20. : Color d' amore, e di pietà sembianti 104
  • . 38. L' aut. si riprende del troppo diletto eh' ei trova a riguardar
  • la donna gentile 105
  • Son. 21. : V amaro lagrimar che voi faceste 107
  • Cap. 39. Battaglia del cuore coir anima 108
  • Son. 22. Gentil pensiero , che parla di tui 110
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  • XLIV TAVOLA DELLA VITA NUOVA.
  • SEZIONE TERZA.
  • L' AUT. RITORNA AL SOLO CULTO DELLA MEMORIA DI
  • BEATRICE.
  • Pag..
  • Cap. 40. Sesta visione. L' aut. bì pente della sua incostanza . . . Ili
  • Son. 23.: Lasso! per /orsa de' molti sospiri ' 113
  • Cap. 41. Passaggio di peregrini che vanno a vedere il santo Sudario 114
  • Son. 24.: Deh! peregrini c?ie pensosi andate 116
  • Cap. 42. Settima visione che mostra all' aut. la sua donna onorata
  • nell'Empireo 117
  • Son. 25.: Oltre la spera che più larga gira 119
  • Cap. 43. Conclusione: Ultima visione, che 1' aut. si propone di
  • manifestare in altra opera più degna di Beatrice 120
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  • INDICE ALFABETICO DELLE POESIE CONTENUTE NELLA
  • VITA NUOVA.
  • Pag.
  • A ciascun' alma presa e gentil core (Son. 1.) 9
  • Amore e '1 cor gentil sono una cosa ( Son. 10.) 53
  • Ballata , io vo' che tu ritrovi Amore (Ballata) 26
  • Cavalcando 1' altr' ier per un cammino (Son. 5.) 19
  • Ciò che m' incontra, nella mente more (Son. 8.) 37
  • Coli' altre donne mia vista gabbate (Son. 7.) 31
  • Color d' amore, e di pietà sembianti (Son. '20.) 104
  • Deh peregrini,' che pensosi andate (Son. 24.) 116
  • Donna pietosa e di novella etate (Canzone 2.) 60
  • Donne, ch'avete intelletto d'amore (Canz. 1.) 45
  • Era venuta nella mente mia (Son. is.) 100
  • Gentil pensiero, che parla di vui (Son. 22.) 110
  • Gli occhi dolenti per pietà del core (Canz. 3.) 91
  • Io mi sentii svegliar dentro allo core (Son. 14.) 73
  • L' amaro lagrimar che voi faceste (Son. 21.) 107
  • Lasso! per forza de' molti sospiri (Son. 23.) 117
  • Morte villana , di pietà nemica (Son. 4.) 16
  • Negli occhi porta la mia donna Amore (Son. 11) 55
  • Oltre la spera che più larga gira (Son. 25.) 119
  • O voi , che per la via d' Amor passate (Son. 2.) 13
  • Piangete amanti, poiché piange Amore (Son. 3.) 15
  • Quantunque volte , lasso , mi rimembra (Canz. 4.) 98
  • Se' tu colui, e' hai trattato sovente (Son. 13) 61
  • SI lungamente m' ha tenuto Amore (Frammento di canz.) 84
  • Spesse nate vengonmi alla mente (Son. 9.) 40
  • Tanto gentile e tanto onesta pare (Son. 15.) .... • 81
  • Tutti li miei pensier parlan d' Amore (Son. 6.) : . . . 30
  • Vede perfettamente ogni salute (Son. 16.) 82
  • Venite a intender li sospiri miei (Son. 17) 96
  • Videro gli occhi miei quanta pietate (Son. 19.) ' 103
  • Voi che portate la sembianza umile (Son. 12.) 60
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  • SPIEGAZIONE DE' SEGNI
  • USATI NELLE NOTE CRITICHE.
  • I. Per tutta la Vita Nuova.
  • A. Codici manoscritti :
  • C. — Cod. Corsini (No. 16. del nostro catalogo).
  • M. — » del Mezzabarba . 13.).
  • Mart. — » Martelli (No. 10.)-
  • N. — » Nobili (No; 21.).
  • Tr. 1. — » Trivulzio B. (No. 18.)
  • Tr. 2. — » Trivulzio F. (No. 19.)
  • W. - » di Strasburgo (No. 22.).
  • B. Edizioni della V. N.
  • S. — Edizione del Sermartelli.
  • B. — » » Biscioni.
  • Frat. — Edizioni » Fraticelli.
  • T. — Edizione » Torri.
  • Giul. — Edizioni » Giuliani.
  • II. Per le poesie sole.
  • A. Codici manoscritti. .
  • Laur. — Codice della Biblioteca Laurenziana.
  • Magi. — » » Magliabecchiana.
  • Mort. — » del conte Mortara.
  • PàL — Quinterno della Palatina (No. 3. del nostro catalogo).
  • Kedi — Varianti estratte dal cod. di Francesco Bedi.
  • Bice. — Cod. d. Bibl. Biccardiana.
  • Sanvit. — » Sanvitali di Parma.
  • Scap. — Quinterno dell Avv. Scapucci (No. 2. del nostro catalogo).
  • Vat. — Cod. d. Bibl. Vaticana.
  • W. r. — Il Canzoniere contenuto nel cod. di Strasburgo (No. 1. del
  • nostro catalogo).
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  • SPIEGAZIONE DE' SEGNI. XLVII
  • B. Edizioni.
  • Fr. — Prima ediz. del Canzoniere (No. 4. del nostro catalogo).
  • G. — Le Rime antiche raccolte dal Giunta (No. 5. ivi).
  • Il « v. » aggiunto al segno di un testo indica una variante data come
  • tale nel rispettivo codice, oppure nella tale stampa. — In casi occorenti
  • si distinguono allora lo testo stesso (per esempio «M. t. ») dalla variante
  • («M. v.)>). Se dunque la nota esibisce una lezione col segno «M. t. »
  • se ne conchiuda , che la variante data dal codice , va d' accordo colla
  • nostra edizione.
  • I segni di testi, che senza giunta d' una lezione si trovano in prin-
  • cipio di una nota , mostrano che i testi cosi indicati vanno d' accordo
  • colla lezione da noi adottata.
  • II testo del Biscioni rappresenta la volgata; le stampe più recenti
  • non si citano dunque che dove si allontanano dal Biscioni.
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  • CORREZIONI.
  • Pag. li. Xota alla lin. li'. — I Sonetti 2 e 4 sono e doppi», e non < riuter/.ati».
  • » 1.'). Nota crit. alla lin. 24 — Dovrebbe dire: lin. 23. — Nella lin. 24
  • il cod. Redi legge: « Che l' udì lam.»
  • » 17. lin. .Vi. — Si metta un punto fermo alla fine del verso.
  • » 18. Xota crit. alla lin. 60. — In vece di «Cod. Mortara» deve dire
  • « Cod. Martelli». — Nella lin. (51 ristesso cod. le^'ue «/«
  • di f finita ».
  • » 19. Nota crit. alla lin. 12. — Dovrebbe dire: lin. 13.
  • « 37. lin. 19. — Si distingua: «(•'//< rhc ni incontra, nella mente mo/v ,>
  • » 61. Si aggiunga: Nota crit. alla lin. 73. «Cod. Redi Punto mutar».
  • » 61. » » alla Nota crit. lin. 7.">. «Cod. Mortara Che fa ^r..v.»
  • » 70. » » » N. cr. lin. 14."». «Cod. Redi Poi mi die.»
  • » 101. » » » » » » 12. « Cod. Redi Color di perla »
  • » io". » » » » lin 27. «Cod. Redi Per la pietà, siccome».
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  • LA VITA NUOVA
  • DI
  • DANTE ALLIGHIEK1.
  • Dante, Opere minori. I.
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  • PROEMIO.
  • In quella parte del libro della mia memoria, dinanzi alla
  • quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica, la quale
  • dice: incipit Vita Nova. Sotto la quale rubrica io trovo
  • scritte le parole , le quali è mio intendimento d' assemprare
  • in questo libello, e se non tutte, almeno la loro sentenza.
  • CAPITOLO i.
  • Nove fiate già, appresso al mio nascimento, era tornato
  • lo cielo della luce quasi ad un medesimo punto, quanto alla
  • sua propria girazione, quando alli miei occhi apparve prima
  • ANNOTAZIONE CBITICA.
  • 4. N. scritte molte cose e le parole Cap. I.
  • S. esemplare — B. assemplare 1. W. già quasi appresso
  • CENNI PER L'INTERPRETAZIONE.
  • 2. Perchè non sappiamo ricordarci delle cose accadute nella prima
  • nostra fanciullezza.
  • 4. «assemprare» cioè ritrarre, Inf. XXIV, 4; oppure riunire, mettere
  • insieme , come nella Canz. « Quantunque volte » verso 4.
  • 5. Anche nel Convivio II, 2 V autore chiama «libello» la presente
  • operetta.
  • Cap. I.
  • 2 II Sole è detto «la gran luce» nel Purg. XXXII, 52: e «la lucerna
  • del mondo» nel Par. I, 37. — Esso fu creduto girarsi col suo cielo in
  • tempo di un anno intorno alla terra, la quale nel sistema del medio evo
  • formava il centro dell' universo.
  • 3. Come gli altri Pianeti, anche il Sole ha una girazione che non è sua
  • propria, ma communicatagli dal Cielo Cristallino, ossia primo mobile.
  • Par. XXVII, 106.
  • 1*
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  • 4 Vita nuova. Cap. 1.
  • la gloriosa donna della mia mente, la quale fu chiamata da
  • 5 molti Beatrice, i quali non sapeano che si chiamare.
  • Ella era già in questa vita stata tanto, che nel suo tempo lo
  • cielo stellato era mosso verso la parte d' oriente delle dodici
  • parti 1' una d' un grado: sì che quasi dal principio del suo
  • anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi alla fine del
  • 10 mio nono. Apparvemi vestita d'un nobilissimo colore umile
  • ed onesto, sanguigno, cinta ed ornata alla guisa che alla sua
  • giovanissima etade si convenia. In quel punto dico vera-
  • cemente che lo spirito della vita, lo quale dimora nella
  • segretissima camera del core, cominciò a tremare sì forte-
  • 4. S. graziosa donna 9. W. — N. dalla/, del mio anno
  • 5. W. eh 1 essi chiamare — P. che nono — Gli altri alla fine del mio n. a.
  • sì chiamare — Il Boshmkb prò- 10. W. — S. Ed apparvemi — N.Elia
  • pone di leggere eh' essi chiamaro. — parvemi. — Frat. Ella apparvemi. —
  • Fratic. corresse e quali non sap. che N. -— W. d' uno bellissimo. — Gli
  • si chiamare, ma se ne ritrasse. altri di nobilissimo
  • 6. M. in questo mondo stata 13. M. dico veramente
  • 8. B. del grado 14. W. del cor mio
  • 5. Il pensiero dell' aut. potrebb' essere, molti ebe la chiamavano «Bea-
  • trice» non sapevano quanto questo nome le fosse proprio ed adatto. Si av-
  • verta però che nel Sonetto « Io mi sentii svegliar dentro allo core » il Poeta
  • fa dire ad Amore «quella (Beatrice) ha nome Amor si mi somiglia».
  • 8. Vuol dire eh' ella avea d' età la dodicesima parte d' un secolo,
  • cioè anni otto e un terzo. Convivio II, 6: «Tutto quel cielo si muove,
  • seguendo il movimento della stellata spera, da occidente a oriente, in
  • cento anni uno grado.» E cap. 15: «lo movimento quasi insensibile che
  • (il cielo stellato) fa da occidente in oriente per un grado in cento anni. »
  • Ondo se un grado si fa in cento anni , la dodicesima parte d' un grado
  • si farà in anni otto e un terzo.
  • 10. Poiché Dante era nato nei 1265, al dire del Boccaccio nel mene
  • di Maggio, e poiché aveva nove anni quand' egli la prima volta s'incontrò
  • in Beatrice, perciò il fatto qui accennato accadde nel maggio 1274. Non
  • indegna di fede sembra dunque la narrazione del Certaldese, che questo
  • primo incontro abbia avuto luogo nella festiva ricorrenza del giorno primo
  • di Maggio. In un suo Sonetto indirizzato a M. Gino 1» aut. dice: «Io sono
  • stato con Amore insieme Dalla circolazion del Sol mia nona», e nel Pur-
  • gat. XXX. 41 : « L' alta virtù, che già m'avea trafitto Prima eh' io Juor di
  • puerizia fosse.»
  • 11. Versola fine di questa operetta nel capo 40. V aut. dice: «mi
  • parea vedere questa gloriosa Beatrice con quelle vestimenta sanguigne,
  • colle quali apparve prima agli occhi miei», e nel Purg. XXX. 33: «Vestita
  • di color di fiamma viva.»
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  • Vita nuova. Cap. 1. 5
  • mente, che apparia ne' menomi polsi orribilmente; e tremando 15
  • disse queste parole: Ecce Deus fortior me, qui veniens do-
  • mi nabi tur mihi.
  • In quel punto lo spirito animale, il quale dimora
  • nelP alta camera , nella quale tutti li spiriti sensitivi portano
  • . le loro percezioni , si cominciò a maravigliare molto , e par- 20
  • landò spezialmente agli spiriti del viso, disse queste parole:
  • Apparuit jam beatitudo vestra.
  • In quel punto lo spirito naturale, il quale dimora in
  • quella parte, ove si ministra lo nutrimento nostro, cominciò
  • a piangere, e piangendo disse queste parole: Heu miseri quia 25
  • frequenter impeditus ero deinceps. D' allora innanzi dico
  • eh' Amore signoreggiò V anima mia, la quale fu sì tosto a lui
  • disposata, e cominciò a prendere sopra me tanta sicurtade e
  • tanta signoria, per la virtù che gli dava la mia imaginazione,
  • che mi convenia fare tutti i suoi piaceri compiutamente. 30
  • Egli mi comandava molte volte che io cercassi per vedere
  • quest' Angiola giovanissima : ond' io nella mia puerizia molte
  • fiate l'andai cercando; e vedeala di sì nobili e laudabili por-
  • 16. W. tremando dissi prima lezione, perchè anche nel' XI.
  • 18. S. fortior me, veniens capo si dice «Andate a onorare la
  • 19. M. S. nella camera donna vostra».
  • 20. W. le loro petitioni — N. le loro 25. W. qui frequenter
  • protesionì 26. N. Da ind 1 inanii
  • 21. Fr. ed altri allo spirito; ma vi 30. M. W. — Gli altri comp. tutti
  • si oppongono i testi a penna, e '1 i suoi piac.
  • passo parallelo del capo XI. 31. C. N. molte fiate
  • 22. Tr. 1. C. N. W. e M. — Gli 33. W. e trovatola
  • altri : beatitudo nostra. Preferisco la M. di sì nuovi e land.
  • 15. Vedi Purg. XXX, 34: e la sesta Canzone di Dante «E' m' incresce
  • di me sì malamente» Str. 5. «Lo giorno che costei nel mondo venne,
  • Secondo che si trova Nel libro della mente che vien meno, La mia per-
  • sona parvola sostenne Una passion nuova, Tal ch'io rimasi di paura
  • pieno; Ch'a tutte mie virtù fu posto un freno Subitamente, si ch'io caddi
  • in terra, Per una voce che nel cor percosse. E, se '1 libro non erra, Lo
  • spirito maggior tremò si forte, Che parve ben che morte Per lui in questo
  • mondo giunta fosse. »
  • 19. Contrappone allo spirito della vita, che sta nel cuore, lo spirito ani-
  • male, cioè V anima, che dimora nell' alta camera, vale a dire nel cervello.
  • 24. Lo spirito vocale.
  • 32. Vedi qui sotto cap. 35: «ricordandomi di lei, disegnava un Angelo
  • sopra certe tavolette», e nella Canz. «Voi che, intendendo»: « un' Angiola
  • che in cielo è coronata».
  • Digitized by VjOOglC
  • 6 Vita nuova. Cap. 1. 2.
  • tamenti, che certo di lei si potea dire quella parola del poeta
  • 35 Omero: «Ella non pareva figliuola d'uomo mortale, ma di
  • Dio.» Ed avvegna che la sua immagine, la quale continua-
  • mente meco stava, fosse baldanza d' Amore a signoreggiarmi,
  • tuttavia era di sì nobile virtù, che nulla volta sofferse, che
  • Amore mi reggesse senza il fedele consiglio della ragione in
  • 40 quelle cose là dove cotal consiglio fosse utile a udire. E
  • perocché soprastare alle passioni ed atti di tanta gioventudine
  • pare alcuno parlare fabuloso, mi partirò da esse; e trapas-
  • sando molte cose, le quali si potrebbero trarre dall' esemplo
  • onde nascono queste, verrò a quelle parole, le quali sono
  • 45 scritte nella mia memoria sotto maggiori paragrafi.
  • CAPITOLO II.
  • Poiché furono passati tanti dì, che appunto erano com-
  • piuti li nove anni appresso 1' apparimento soprascritto di que-
  • sta gentilissima, nell'ultimo di questi dì avvenne, che questa
  • mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo,
  • 5 in mezzo di due gentili donne, le quali erano di più lunga
  • etade; e passando per una via, volse gli occhi verso quella
  • parte ov' io era molto pauroso; e per la sua ineffabile cor-
  • tesia, la quale è oggi meritata nel grande secolo, mi salutò
  • 35. N. non par. fatta d' uomo mori. 41. W. perciò che
  • ma da D. N. le passioni
  • 39. N. Tr. i. nobilissima virtù 42 « Tr ' L *> arrà alc ' *"«'
  • Tr. 1. che neuna ora Cap. II.
  • 40. N. W. là ove tal — M. dove tal — 8. C. N. nelV altro secolo
  • B. ove tal Tr. 1. salutò molto virtuos.
  • 35. Iliade XXIV, 259. Verso relativo a Ettore, e riportato da Aristotele
  • nell'Etica Nicom. VII, 1. e nell' Etica Eudem. VI, 1.
  • 39. Nel Purgat. XXX. 133. dice Beatrice : «Meco il menava in dritta
  • parte volto.»
  • 43. Purg. XXX, 67: «Come pittor che con esemplo pinga Disegnerei
  • com' io m' addormentai ».
  • Cap. H.
  • 5. Parad. XIX, 132.
  • 8. «meritata» per rimeritata, rimunerata, premiata. In un Sonetto
  • attribuito a Dante si dice «Lo re che morta i suoi servi.»
  • «nel grande secolo». Inf. II. 14. «secolo immortale».
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  • Vita nuova. Cap. 2. 3. 7
  • virtuosamente tanto, che mi parve allora vedere tutti i termini
  • della beatitudine. IO
  • L' ora, che lo suo dolcissimo salutare mi giunse, era ferma-
  • mente nona di quel giorno: e perocché quella fu la prima
  • volta che le sue parole si mossero per venire a' miei orecchi,
  • presi tanta dolcezza, che come inebbriato mi partii dalle genti,
  • -e ricorsi al solingo luogo d'una mia camera, e posimi a pen- 15
  • -sare di questa cortesissima.
  • CAPITOLO III.
  • E pensando di lei, mi sopraggiunse un soave sonno, nel
  • •quale m' apparve una maravigliosa visione : che mi parea ve-
  • dere nella mia camera una nebula di colore di fuoco, dentro
  • -dalla quale io discernea una figura d 1 uno Signore, di pauroso
  • aspetto a chi lo guardasse. E pareami con tanta letizia, 5
  • ^quanto a sé, che mirabil cosa era: e nelle sue parole dicea
  • molte cose, le quali io non intendea se non poche, tra le
  • quali io intendea queste: Ego domintts tuus. 'Nelle sue
  • braccia mi parea vedere una persona dormire nuda, salvo
  • ^che involta mi parea in un drappo sanguigno leggiermente; 10
  • •la quale io riguardando molto intentivamente, conobbi eh' era
  • la donna delle salute, la quale m* avea lo giorno dinanzi
  • degnato di salutare. E nelP una delle mani mi parea che
  • 9. M. eh* egli mi parve N. nella quale — C. dentro alla qu.
  • 10. S. della felicità M. disc, la figura
  • 13. W. si volsero per venire — 5. C. N. a chi la guardasse —
  • "N. vennero S. a chVl guardava
  • 14. M. W. — N. dalle genti. Ri- 10. N. dr. sangu. Leggiermente
  • — C. dalle g. E ricorso conobbi eh' era
  • 15. M. — W. cam. posimi — P. 12. W. — Gli altri della salute —
  • -cam.. e posemi II Boehmeiì corregge dello saluto ;
  • ma gli esempi riportati dal Nan-
  • Cap. III. nuoci (Teorica de' nomi p. 13. in
  • 2. M. mirabile vis. nota) mi fanno preferir la lezione
  • 3. Tr. 1. una nuvola del mio cod. — S. della quiete
  • 4. M. — W. dentro la quale ~ 13. N. degnato salutare
  • 9. Parad. XV, 35: «Pensai cogU occhi miei toccar lo fondo Bella mia
  • (grazia b del mio Paradiso.»
  • Cap. II.
  • 4. «paurosa» per terribile. Inf. II, 90. — Questo Signore era Amore.
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  • 8 Vita nuova. Cap. 3. (Son. 1.)
  • questi tenesse una cosa, la quale ardesse tutta; e pareami
  • 15 che mi dicesse queste parole: Vide cor tuum. E quando»
  • egli era stato alquanto, pareami che disvegliasse questa che
  • dormì a; e tanto si sforzava per suo ingegno, che le facea
  • mangiare quella cosa che in mano gli ardeva, la quale ella
  • mangiava dubitosamente. Appresso ciò, poco dimorava che
  • 20 la sua letizia si convertìa in amarissimo pianto: e così pian-
  • gendo si ricogliea questa donna nelle sue braccia, e con essa
  • mi parea che se ne gisse verso il cielo , ond 7 io sostenea si
  • grande angoscia, che lo mio deboletto sonno non potè so-
  • stenere, anzi si ruppe, e fui disvegliato. Ed immantinente
  • 25 cominciai a pensare; e trovai che Fora, nella quale m' era
  • questa visione apparita, era stata la quarta della notte : sì che
  • appare manifestamente , eh' ella fu la prima ora delle nove-
  • ultime ore della notte.
  • E pensando io a ciò che m' era apparito, proposi di farlo»
  • SO sentire a molti, i quali erano famosi trovatori in quel tempo;
  • e conciofossecosach , io avessi già veduto per me mede-
  • simo T arte del dire parole per rima, proposi di fare un
  • sonetto, nel quale io salutassi tutti i fedeli d 1 Amore, e
  • pregandoli che giudicassero la mia visione, scrissi loro ciò-
  • 35 eh' io avea nel mio sonno veduto; e cominciai allora questo»
  • sonetto :
  • 15. N. pareami eh' egli die. 25. N. che V ora, che m* era
  • 17. M. con suo ing. — Nel cod. 28. M. della notte. Pensando
  • N. mancano le parole per suo in- 34. W. scrivessi loro
  • gegno. 35. Tr. 1. nel mio sogno
  • 23. C. N. non mi potè sostenere —
  • M. non sosteneva
  • 16. L' allegoria del cuore mangiato dalla donna amata non ò rara ap-
  • presso i poeti del medio evo.
  • 17. «dubitosamente» per paurosamente. Vedi il seguente Sonetto : «Lei
  • paventosa umilmente pascea.» e la Cuna, del cap. 23. Str. 4. v. 1. Inf.
  • XXXIII, 45. «E per suo sogno ciascun dubitava.»
  • 30. Gli antichi usano «trovare» e «dettare». per compor versi. Nan-
  • succi, Voci ital. deriv. d. lingua provenz. p. 137.
  • 31. Cioè senza l' altrui ammaestramento. — «Dire per rima in volgare
  • tanto è quanto dire perversi in latino, secondo alcuna proporzione.» Vita
  • nuova 25.
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  • • '-■'; " Vita nuova. Cap. 3. 9
  • SONETTO PRIMO.
  • A ciascun' alma presa, e gentil core,
  • Nel cui cospetto viene il dir presente,
  • A ciò che mi riscrivan suo parvente, -40
  • Salute in lor signor", cioè Amore. ...
  • Già eran quasi eh* atterzate P ore
  • Del tempo che ogni stella è più lucente,
  • Quando m' apparve Amor subitamente ,
  • Cui essenza membrar mi dà orrore.
  • Allegro mi sembrava Amor, tenendo 45
  • Mio core in mano, e nelle braccia avea
  • * Madonna, involta in un drappo, dormendo.
  • Poi la svegliava, e d' esto core ardendo
  • Lei paventosa umilmente pascea:
  • Appresso gir ne lo vedea piangendo. . 50
  • Questo sonetto si divide in due parti: che nella prima
  • parte saluto, e domando risponsione; nella seconda significo
  • a che si dee rispondere. La seconda parte comincia quivi:
  • Già eran.
  • 39. Laur. e Magi, (citati dal Torri)— 47. W. in m. Una donna. — N
  • Gli altri In ciò che Donna
  • W. che mi riscriva 49. N. e W. in m. La paventosa
  • 40. W. in marg. Saluto 50. M. N. gir lo ne
  • 41. Tr. 1. quasi che a terza
  • 42. G. v. è nel lucente — Tr. 1. è 51. B. due parti: nella
  • rilucente — N. n' è lucente 52. Tr. 1. e nella seconda
  • 37. Gli antichi non solamente dissero preso d' amore , ma giunsero
  • per ellissi a dire solamente preso in significazione d' innamorato.
  • 39. «suo parvente», il loro parere.
  • 41. Le prime quattro ore formano il terzo della notte, l'atterzano.
  • 42. Cioè della notte.
  • 44. «Cui essenza», l'essenza del quale.
  • 47. «dormendo» per dormente, che dormiva essendo involta in un drappo.
  • 48. «ardendo» per ardente.
  • 49. «Lei paventosa», che avea ribrezzo di mangiar il cuore.
  • 53. Fra gli altri poeti, i quali Borissero a Dante il loro parere intorno *
  • questa sua visione , fu 1' uno Cino da Pistoia col sonetto Naturalmente
  • chere ogni amadore , ed un altro Dante da Maiano con quello Di ciò che
  • stato sei dimandatore.
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  • 10 Vita nuova. Cap. 3. 4.
  • éò A questo sonetto fu risposto da molti e di diverse sen-
  • tenze, tra li quali fu risponditore quegli, cui io chiamo
  • primo de' miei amici ; e disse allora un sonetto lo quale
  • comincia :
  • Vedesti al mio parere ogni valore.
  • «60 E questo fu quasi il principio deir amistà tra lui e me,
  • quando egli seppe eh' io era quegli che gli avea ciò mandato.
  • « Lo verace giudizio del detto sogno non fu veduto allora
  • per alcuno, ma ora è manifesto alli più sempiici.
  • CAPITOLO IV.
  • Da questa visione innanzi cominciò il mio spirito naturale
  • ad essere impedito nella sua operazione , perocché 1' anima
  • era tutta data nel pensare di questa gentilissima; ond' io di-
  • venni in picciolo tempo poi di sì frale e debole condizione,
  • £ che a molti amici pesava della mia vista: e molti pieni d'in-
  • vidia già si procacciavano di sapere di me quello eh' io vo-
  • leva del tutto celare ad altrui. Ed io accorgendomi del mal-
  • vagio domandare che mi faceano, per la volontà d'Amore, il
  • quale mi comandava secondo il consiglio della ragione, rispon-
  • 10 dea loro, che Amore era quegli che così m' avea governato:
  • dicea d' Amore, perocché io portava nel viso tante delle sue
  • 55. W. per molti
  • 56. W. — N. M. che io chiamo Cap - iv -
  • 61. N. quanjJo seppe 4. C. picc. spazio
  • N. che ciò atea mandato 6. N. d' ine. si procace.
  • 62. N. del detto segno. — S. del d. 7. M. W. ad altri
  • onetto 10. M. W. w*' aveva così gover-
  • 63. C. N. manifestissimo ai semplici nato
  • 55. Questi, che Dante chiama primo de' suoi amici, è Guido Cavalcanti,
  • -del quale l'aut. ritorna a parlare nel cap. 24.
  • 59. La vera interpretazione, il vero senso.
  • Cap. IV.
  • • 1. Vedi sopra cap. 1. « frequentar impeditus ero deinctpt.»
  • 5. Del mio aspetto.
  • 6. „invidia", per malignità.
  • 10. «governato», cioè concio, fatto di me un tal governo. Purg. XXIII. 35.
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  • Vita nuova. Cap. 4. 5. 11
  • insegne, che questo non si potea ricoprire. E quando mi do-
  • mandavano : Per cui t' ha così distrutto questo Amore ? ed
  • io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro.
  • capitolo v. \
  • Un giorno avvenne, che questa gentilissima sedea in parte,
  • ove s' udiano parole della Kegina della gloria , ed io era in
  • luogo, dal quale vedea la mia beatitudine: e nel mezzo di
  • lei e di me, per la retta linea, sedea una gentile donna di
  • molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte, 5
  • maravigliandosi del mio sguardare, che parea che sopra lei
  • terminasse ; onde molti s' accorsero del suo mirare. Ed in
  • tanto vi fu posto mente, che, partendomi da questo luogo,
  • mi sentii dire appresso: Vedi come la cotale donna distrugge
  • la persona di costui. E nominandola, intesi che diceano di IO
  • colei, che in mezzo era stata nella linea retta che movea dalla
  • gentilissima Beatrice, e terminava negli occhi miei. Allora
  • mi confortai molto, assicurandomi che il mio segreto non era
  • comunicato, lo giorno, altrui per mia vista.
  • Ed immantinente pensai di fare di questa gentile donna 15
  • schermo della veritade, e tanto ne mostrai in poco di tempo,
  • «che il mio segreto fu creduto sapere dalle più persone che
  • 13. C. N. W. — Altri disfatto; ma 9. C. N. appresso a me— M. dritto
  • nel cap. sega, si dice: „Vedi come a me (Vedi cap. 7. lin. 21.)
  • cotale donna distrugge la persona N. — W. vedi la cotal d. —
  • -di costui". M. vedi come questa coi. d. — Altri
  • 14. N. sorrid. guardava — Tr. 1. come cot. d.
  • *t ridendo li gu. 11. M. che mezza era st. — Tr. 1.
  • ch'era stata nel mezzo
  • Cap. V. Tr. 1. della dritta linea la quale.
  • 6. "W. del mio guardare — C. N. 13. N. mi raccon/ortai
  • del m. riguardare 17. C. fu saputo dalle
  • 8. M. partendomi di questo W. dalla più gente
  • Cap. V.
  • 2. Vita n. cap. 29. «quella Regina benedetta, Maria, lo cui nome fu in
  • -grandissima riverenza nelle parole di questa Beatrice beata.»
  • 14. (do giorno», cioè quello giorno, ilio die. — «mia vista», il mio
  • sguardare mentovato di sopra.
  • 16. Di farmene difesa per celare la mia volontà, il mio tanto amore
  • per Beatrice. — Tali o difese» ricorrono assai di spesso nelle poesie del
  • medio evo. Balbo , Vita di Dante cap. 3. p. 68 della prima edis.
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  • 12 Vita Nuova. Cap. 5. 6.
  • di me ragionavano. Con questa donna mi celai alquanti mesi
  • ed anni; e per più fare credente altrui, feci per lei certe
  • 20 cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scrivere
  • qui, se non in quanto facessero a trattare di quella gentilis-
  • sima Beatrice; e però le lascerò tutte, salvo che alcuna cosa
  • ne scriverò, che pare che sia lode di lei.
  • capitolo vi.
  • Dico che in questo tempo, che questa donna era schermo
  • di tanto amore, quanto dalla mia parte, mi venne una vo-
  • lontà di voler ricordare il nome di quella gentilissima, ed
  • accompagnarlo di molti nomi di donne, e specialmente del
  • 5 nome di questa gentildonna. E presi i nomi di sessanta le
  • più belle donne della cittade ove la mia donna fu posta
  • dall' altissimo Sire, composi una epistola sotto forma di
  • serventese , la quale io non iscriverò : e non n' avrei fatto
  • menzione se non per dire quello che, componendola', mara-
  • 10 vigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non
  • sofferse il nome della mia donna stare, s«f non in sul nove,
  • tra' nomi di queste donne.
  • 21. M. in guanto facesse 6. N. W. — Gli altri le più belle
  • 22. Tr. 1. salvo ale. cosa ne — S. della
  • talco che ale. ne — B. se non che 7. N. altiss. Signore
  • ale. ne W* — Gli altri e composi,
  • 23. M. scriverò, che sia Tr. 1. 2. sotto modo di servent. —
  • Cap. VI.
  • M. in modo di servent.
  • 9. B. se non per quello
  • 3. W. volontà di ricordare — M. m. che ponendola
  • Tr. 2. voi. di voler dir lu M . C . in sul nono
  • 4. B. e specialm. di questa
  • 5. N. e W. in marg. i nomi di
  • quaranta
  • 20. uin quanto facessero a, cioò in quanto a ciò servissero.
  • Cap. VI.
  • 6. Firenze, vedi Vita n. e. 41.
  • 7. «altissimo Sire», vedi Inf. XXIX, 56.
  • 8. «Serventesi» dicevano i Provenzali i componimenti che non erano>
  • di amore, ma di oggetti più gravi, come di divozione, di affari di Stato,
  • oppure che inveivano contra i soprusi del tempo.» (Galvani, Poesia de'
  • Trovatori.) — Potrebbe darsi che le terze rime pubblicate dal Makki, Ist.
  • del Decam. 143, 44, fossero un frammento di questo serventese. Vedi la
  • nota al cap. 24. lin. 12.
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  • Vita nuova. Cap. 7. (Son. 2.) 13
  • CAPITOLO VII.
  • La donna, con la quale io avea tanto tempo celata la mia
  • volontà, convenne che si partisse della sopradetta cittade, e
  • andasse in paese molto lontano: per che io, quasi sbigottito
  • della bella difesa che mi era venuta meno, assai me ne
  • disconfortai più che io medesimo non avrei creduto dinanzi. 5
  • E pensando che, se della sua partita io non parlassi alquanto
  • dolorosamente, le persone sarebbero accorte più tosto del mio
  • nascondere, proposi di farne alcuna lamentanza in un sonetto,
  • il quale io scriverò, perciocché la mia donna fu immediata
  • cagione di certe parole, che nel sonetto sono, siccome appare 10
  • a chi lo intende: e allora dissi questo sonetto:
  • SONETTO SECONDO.
  • voi, che per la via d'Amor passate,
  • Attendete, e guardate
  • S* egli è dolore alcun, quanto il mio, grave:
  • E prego sol, eh' udir mi sofferiate ;-
  • E poi immaginate 15
  • S' io son d' ogni tormento ostello e chiave.
  • Amor, non già per mia poca bontate,
  • Ma per sua nobiltate,
  • Cap. VII. 9. n. io scrivo
  • 1. N. 10 avea celiato — W. io N. Tr. 1. acciocché
  • avea qu. donna ta/ito tempo celata
  • 3. B. in paese lontano 15. B. eh' a udirmi soffriate— Cod.
  • 5. M. me ne sconfortai Scap. che odir mi soffr.
  • 8. M. proposi adunque di far 17. Bice. 1054 e S. d'ogni dolore ost.
  • 7. «Sarebbero», tralasciata la particella si, come di frequente s* incon-
  • tra negli antichi.
  • 12. «Gli antichi chiamano sonetti «rinterzati» i componimenti che hanno
  • quattordici Tersi condotti a legge di sonetto, se vi sono intarsiati doi versi
  • eptasillabi, due in ciascuna quartina, ed uno in oiascun terzetto, che rimano
  • colle desinenze dei versi del sonetto semplice.» (Ubaldiki tavola v. «Sonet-
  • to». Basi, Annotaz. al Bacco in Toso. Opp. III. 153. Cbxscimbxni,
  • Volg. poesia I. 17.) Erronea è dunque l'opinione dei non pochi, che
  • invece di Sonetto chiamano questo componimento «Ballata», ovvero «Can-
  • zonetta». — Quei che «passano per la via d' Amore » sono i suoi fedeli.
  • 17. Nel Purg. VI. 76. 1' aut. dice «Italia, di dolore ostello».
  • 18. Per mio merito, che ò poco e scarso.
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  • 14 Vita nuova. Cap. 7. 8.
  • 20 -Mi pose in vita sì dolce e soave,
  • Ch' io mi sentia dir dietro spesse fiate :
  • Deh! per qual dignitate
  • Così leggiadro questi lo cor bave!
  • Ora ho perduta tutta mia baldanza,
  • 25 Che si movea d* amoroso tesoro ;
  • Ond' io pover dimoro
  • In guisa, che di dir mi vien dottanza.
  • Sicché, volendo far come coloro,
  • Che per vergogna celan lor mancanza,
  • 30 Di fuor mostro allegranza,
  • E dentro dallo cor mi struggo e ploro.
  • Questo sonetto ha due parti principali: che nella prima
  • intendo chiamare i fedeli d' Amore per quelle parole di Ge-
  • remia profeta: vos omnes, qui transitis per viam, attendile
  • 35 et videte, si est dolor sicut dolor meus, e pregare che mi
  • soffermo d' udire. Nella seconda narro là ove Amore m' avea
  • posto, con altro intendimento che V estreme parti del sonetto
  • non mostrano: e dico ciò che io ho perduto. La seconda
  • parte comincia quivi: Amor non già.
  • CAPITOLO Vili.
  • Appresso il partire di questa gentildonna, fu piacere dei
  • Signore degli angeli di chiamare alla sua gloria una donna
  • giovane e di gentile aspetto molto, la quale fu assai graziosa
  • 21. Pai. e P. assai fiate. — Cod. 31. N. mi stringo e ploro — Cod.
  • Redi mille fiate Mort. E dentro al core mi distruggo
  • 22. C.Scap. e G. var. Dio per qu. dign. e pi.
  • 27. Cod. Mortara. In guisa tal che
  • dir 36. N. che mi sofferissero
  • 28. C. Scap. Ma io volendo 83. W. e di ciò che io ho ciò penU
  • 23. «leggiadro») cioè gentile, fatto perciò all'amore.
  • 26. « pover dimoro », rimango misero, mi sto disconfortando.
  • 27. «dottanza», da t dubitanza», equivale a timore.
  • 33. Lamentaz. di Geremia 1. v. 12.
  • Cap. VHI.
  • 2. Nel Parad. X. 53. l' aut. chiama Iddio «il Sole degli Angeli».
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  • Vita nuova. Cap. 8. (Son. 3.) " 15
  • in questa sopradetta cittade; lo cui corpo io vidi giacere
  • senza l'anima in mezzo di molte donne, le quali piange- &
  • vano assai pietosamente. Allora, ricordandomi che già V avea
  • veduta fare compagnia a quella gentilissima, non potei soste-
  • nere alquante lagrime; anzi piangendo mi proposi di dire al-
  • quante parole della sua morte in guiderdone di ciò, che al-
  • cuna fiata P avea veduta con la mia donna. E di ciò toccai io
  • alcuna cosa nelP ultima parte delle parole che io ne dissi,
  • siccome appare manifestamente a chi lo intende: e dissi al-
  • lora questi due sonetti, dei quali comincia il primo Piangete
  • amanti; il secondo Morte villana.
  • SONETTO TERZO.
  • Piangete, amanti, poiché, piange Amore, 15-
  • Udendo qual cagion lui fa plorare :
  • Amor sente a pietà donne chiamare ,
  • Mostrando amaro duol per gli occhi fuore; **£** ' (
  • Perchè villana morte in gentil core "*"*
  • Ha messo il suo crudele adoperare, 20
  • Guastando ciò che al mondo è da lodare
  • In gentil donna, fuora dell' onore.
  • Udite quant'Amor le fece orranga : iL,.*«^
  • Ch' io '1 vidi lamentare intarma vera r ^' A .
  • Sovra la morta immagine avvenente; 2f>
  • Cap. Vili. 12. B. a citi le intende
  • A. Tr. 2. graz. nella soprad. città
  • 5. S. senza anima 16. W. in m. e '1 e. Redi lui fa pari.
  • 6. M. piang. pietosamente 22. M. soora del su' onore — B,
  • 8. M. piangendo proposi sovra dello onore. — W. fra le righe
  • 9. Il Zatta e le edizioni che lo suora dell' onore, e cosi volle cor-
  • seguono hanno nella sua morte reggere il Dionisi (Anedd. V, 24).
  • 10. M. alcuna volta 24. C. Redi fece ornama
  • 17. Piangendo e dolendosi queste donne eccitano la pietà anche in altrui.
  • 20. Morte ha messo in opera la sua crudeltà, che la sua mano è di
  • pietà nimica.
  • 22. «Fuora dell' onore», che non è soggetto ai colpi della morte (e fuori
  • della cortesia), in gentil donna sono da lodarsi al mondo le qualità che si
  • enumerano nel sonetto seguente, cioè bellezza e leggiadria.
  • 23. Sembra che l'aut. sotto il nome di Amore accenni Beatrice, ve-
  • nuta per dolersi della morte di si cara compagna. Vedi cap. 24. — «or-
  • ranza» è usitatissima contrazione di onoranza.
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  • 16
  • Vita nuova. Cap. 8. (Son. 4.)
  • 30
  • 35
  • E riguardava invèr lo ciel sovente,
  • Ove 1' alma gentil già locata era,
  • Che donna fu di sì gaia sembianza.
  • Questo primo sonetto si divide in tre parti. Nella prima
  • chiamo e sollecito i fedeli d' Amore a piangere, e dico che
  • lo signore loro piange, e dico «udendo la cagione perch' e'
  • piange», acciocché si acconcino più ad ascoltarmi; nella se-
  • conda narro la cagione, nella terza j parlo d' alcuno onore,
  • che Amore fece a questa donna. La seconda parte comincia
  • quivi: Amor sente; la terza quivi: Udite,
  • 40
  • SONETTO QUAKTO.
  • Morte villana, di pietà nemica,
  • Di dolor madre antica,
  • Giudizio incontrastabile, gravoso,
  • Poich' hai data materia al cor doglioso ,
  • ._- Ond' io vada pensoso ,
  • Di te biasmar la lingua s' affatica.
  • £ se di grazia ti vuoi far mendica,
  • Convenesi eh' io dica
  • 26. M. N. E risguardava ver. —
  • B. E poi riguarda ver
  • 29. B. Questo sonetto ha tre p. —
  • Tr. 1. Q«. son. si divide in tre p.
  • 30. N. sollec. tutti i fedeli
  • 31. Tr. 1. e dico del Signor loro
  • che piange. — N. e dico che udendo
  • la cagione perch' e' piange, si accon-
  • cino. — "W. e di ciò udendo la cag.
  • perchè piange acciocché s' acconc. —
  • La lezione adottata nel testo sup-
  • pone che 1' autore abbia voluto
  • render ragione del secondo verso
  • del sonetto, rapportandolo con picco-
  • lissima variazione.
  • 36. G. S. ecc. vili, e di pietà
  • M. di pietà amica
  • 38. Pai. inconstabile
  • 40. W. e G. — Gli altri ond' io vado
  • 42. W. in m. ti vuol far mend. —
  • Il to' (voglio) e vuo' (vuoi) non si
  • distingue con precisione ne* codici.
  • La prima di queste lezioni è così
  • spiegata dal Dionisi (Anedd. IT,
  • 108) : se voglio farti priva d' ogni
  • grazia, cioè renderti odiosa e abo-
  • minevole, non basta che la mia lin-
  • gua s' affatichi a dirti villana , di
  • pietà nemica ec, ma bisogna eh' io
  • palesi V enorme fallo da te commesso
  • col far morire quella donzella, non
  • perette la gente non sappia il mis-
  • fatto tuo , che ben lo sa, ma perchè
  • «' adiri contro di te chiunque da qui
  • innansi sarà seguace a" Amore, » Il
  • Giuliani, che preferisce la secon-
  • da, ne rende il senso in questo mo-
  • do: «Dante presuppone che la Morte,
  • non ostante i vitupèri contro a lei
  • 42. Vedi 1' annotazione critica a questo verso.
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  • Vita nuova. Cap. 8. 17
  • Lo tuo fallir, ogni torto tortoso; 45
  • Non però che alla gente sia nascoso, •'
  • Ma per farne cruccioso '--^^
  • Chi d' Amor per innalzi si nutrica. ke,^ K € t '' xv ~*"'
  • Dal secolo hai partita cortesia, *>
  • E, ciò che 'n donna è da pregiar, virtute 50
  • In gaia gioventute ;
  • Distrutta hai P amorosa leggiadria.
  • Più non vo' discovrir qual donna siaJk* j « j , x
  • Ghe per le proprietà sue conosciute: ' *" K -
  • Chi non merta salute, J °°
  • Non speri mai d* aver sua compagnia.
  • Questo sonetto si divide in quattro parti; nella prima
  • chiamo la Morte per certi suoi nomi propri; nella seconda
  • parlando a lei , dico la ragione perch' io mi muovo a biasi-
  • gittati, voglia ancora mendicar gra- 49. Seguo nell' interpunzione la
  • z fa. E però il poeta soggiunge, stampa Pesarese. Gli altri distin-
  • •che gli conviene vituperarla, di- guono così: E, ciò che in donna è
  • •cendo come il fallo di lei, per aver da pregiar, virtute: In gaia giove n-
  • messo la crudele opera in sì gentil tute Distrutta ecc.
  • •cuore, sia tortoso t iniquo, sopra ogni 53. M. che le sue proprietà son
  • torto, iniquiasimo al maggior segno.» conosciute — W. nel testo Che prò»
  • .Adottando questa interpretazione, prietadi sue sian conosc.
  • lio preferito di metter col Biscioni
  • vuoi, acciocché ogni equivoco resti 56. N. e W. in marg. Qu. son, che
  • impossibile. comincia Morte villana si divìde
  • 43. Pai. B. Conviensi che io 58. B. parlando di lei
  • 45. B. Non perchè alla g. W. e B. dico la cagione
  • 46. Per renderne pensoso ogni fedele d'Amore, tanto che non cessi
  • -dal rinfacciarti la spietata opera tua.
  • 48. Da questo mondo.
  • 52. Non occorre eh' io nomini questa donna rapitaci dalla morte. Per
  • indicarla bastano le proprietadi sue, testò nominate, che da tutti si
  • ■conoscono essere state sue.
  • 54. Ai due ultimi versi del sonetto si riferiscono le parole del testo
  • a lin. 9. sg.) «alcuna fiata l'avea veduta con la mia donna. E di
  • ciò toccai alcuna cosa nell' ultima parte delle parole che io ne dissi,
  • siccome appare manifestamente a chi lo intende», e quelle altre della
  • Divisione: «nella quarta parte (che comincia quivi: chi non merta salute)
  • mi volgo a parlare a indiffìnita persona, avvegnaché quanto al mio in-
  • tendimento sia diffinita.»
  • 55. «sua compagnia» cioè la compagnia di Beatrice. Si confronti il
  • sonetto XVI. a Vede perfettamente ogni salute, Chi la mia donna fra le
  • clonne vede.»
  • Dante, Opere minori. I. 2
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  • 18 Vita nuova. Cap. 9.
  • maria; nella terza la vitupero; nella quarta mi volgo a.
  • 60 parlare a indiffinita persona, avvegnaché quanto al mio*
  • intendimento sia diffinita. La seconda parte comincia quivi :
  • Poich* hai data; la terza quivi: E se di grazia; la quarta
  • quivi: Chi non merta salute.
  • CAPITOLO IX.
  • Appresso la morte di questa donna alquanti dì, avvenne
  • cosa, per la quale mi convenne partire della sopradetta
  • cittade, ed ire verso quelle parti, ov' era la gentil donna
  • eh' era stata mia difesa, avvegnaché non tanto lontano fosse
  • 5 lo termine del mio andare, quanto ella era. E tuttoché io
  • fossi alla compagnia di molti, quanto alla vista, 1' andare
  • mi dispiacea sì, che quasi li sospiri non poteano disfogare
  • V angoscia che il core sentia, però eh' io mi dilungava
  • dalla mia beatitudine. E però lo dolcissimo Signore, il quale
  • 10 mi signoreggiava per la virtù della gentilissima donna, nella
  • mia immaginazione apparve come peregrino leggermente.
  • 59. N. nella quarta mi movo Nel cod. M. mancano le parole al-
  • 60. Così col cod. Guicciardini ci- quanti d\
  • tato dal Biscioni. — Cod. Mortara 2. N. cosa, che a me convenne
  • indi/finiti oa — Gli altri testi'hanno 3. M. andare verso
  • , Q.\\ v ad infinita persona 6. N. a compagnia
  • s 8. W. perciò c/t' io m* alungJiaccz
  • Gap. IX. 9 . W . e poi lo dolc.
  • 1. W. Appr. alla morte 10. B. mi signoreggia per virtù
  • !
  • Cap. IX.
  • 2. Abbiamo dal testo che V aut. partiva da Firenze 1. mal suo grado,
  • 2. in compagnia di molti, 3. a cavallo, 4. che nel corso del suo viaggio lo
  • accompagnavono le acque limpide di un fiume- corrente. Ora sappiamo
  • che Dante in Giugno del 1289 andiede a cavallo coli' oste dei Fiorentini
  • a combattere in Casentino 1» oste dei Ghibellini di Arezzo. Passando per-
  • la Consuma l'armata dei Guelfi doveva lungar l'Arno, chiaro o di coreo
  • assai rapido in quella valle superiore, per scendere verso Campaldino
  • dove ruppe gli Aretini. Se poi fosse vero che Dante già nella sua gio-
  • ventù sia stato propenso al Ghibellinismo, s' intenderebbe benissimo perchè
  • l'andare gli sia dispiaciuto tanto. — Se si trattasse della «gita, fatta da
  • Dante per istudio a Bologna», come conghietturò il Balbo (Vita di D.
  • cap. 3. p. 68), la menzione del fiume chiarissimo, e della compagnia di
  • molti sarebbe fuori di luogo.
  • aL' altr' ier» non è solamente il giorno che precedette immediatamente
  • quello d' ieri , ma in senso più. esteso qualunque altro giorno , passato da
  • poco. Purg. XXIII. 119. Salv. Betti, Prose, Mil. 1827. p. 181.
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  • Vita nuova. Cap. 9. 19
  • vestito, e di vili drappi. Egli mi parca sbigottito, e guar-
  • dava la terra, salvo che tale volta mi parea, che li suoi
  • occhi si volgessero ad uno fiume bello, corrente e chiarissimo,
  • il quale sen già lungo questo cammino là ove io era. nmA 15
  • A me parve che Amore mi chiamasse, e dicessemi queste
  • parole: Io vengo da quella donna, la quale è stata lunga
  • tua difesa, e so che il suo rivenire non sarà; e però quel core
  • eh' io ti facea avere da lei, io V ho meco, e portolo a donna
  • la quale sarà tua difensione come questa era (e nomollami, 20
  • sì eh' io la conobbi bene). Ma tuttavia di queste parole,
  • eh' io t'. ho ragionate, se alcuna cosa ne dicessi, dilla in h ^
  • modo che per loro non si disccrnesse lo simulato amore che
  • hai mostrato a questa, e che ti converrà mostrare ad altrui.
  • E, dette queste parole, disparve questa mia immaginazione 25
  • tutta subitamente, per la grandissima parte, che mi parve
  • eh' Amore mi desse di sé ; e quasi cambiato nella vista mia, / « *
  • cavalcai quel giorno pensoso molto, ed accompagnato da
  • molti sospiri. Appresso lo giorno cominciai questo sonetto: ' "
  • SONETTO QUINTO.
  • Cavalcando 1' altr' ier per un cammino , 30
  • Pensoso dell' andar, che mi sgradia, <*• \t~ ■
  • 11. N. sguardava la terra 20. B. come costei , e noni.
  • 12. Cod. Mart. e W. — C. N. W. S. e nominollami
  • Tr. 1. talora — S. taV otta 22. N. W, — Tr. 2. se alcuna ne
  • TX. W. gli occhi suoi mi parea die. — Frat. se alcune ne die. , dille
  • 15. S. il guale seguia "W. — M. N. S. nel modo —
  • 19. W. ti facea av. allei Kitiro B. per modo
  • la congettura, anni Bono da me prò- 24. N. — 31. Tr. 2. a quesl' altra
  • posta, che sia da leggersi avere a — S. ad altri
  • lei , conformandomi al parere del 25. M. disparce. Qu. mia im~
  • Giuliani, il quale ritrova in queste mag. tutto subit. mi commosse —
  • parole il pensiero espresso nell' un- N. disp. tutta questa mia imm. sub.
  • decimo verso del sonetto. Sembra 27. S. per la vista mia
  • però che questo pensiero richieda 29. S. com. di ciò qu. son.
  • un «ti fo», oppure «ti farò» riavere, M. W. (qui ed altrove) qu. son.
  • in vece del «ti facea avere». che comincia Cavale, ecc.
  • 12. Inf. Vili. 118. «Gli occhi alla terra, e lo ciglia avea rase d' ogni
  • baldanza. »
  • 21. A giudicare da quel che si riferisce nei capitoli 10—12, il consiglio
  • che Amore diede all' autore non sembra essere stato troppo savio.
  • 29. Ciò è «il giorno appresso».
  • o*
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  • 20 Vita nuova. Cap. 9. 10. (Son. 5.)
  • Trovai Amor in mezzo della via,
  • In abito leggier di peregrino.
  • Nella sembianza mi parea meschino J>« /,
  • 35 ~ Come avesse perduto signoria;
  • E sospirando pensoso venia,
  • Per non veder la gente, a capo chino.
  • Quando mi vide, mi chiamò per nome,
  • E disse: Io vegno di lontana parte,
  • 40 Ov' era lo tuo cor per mio volere, , j
  • E recolo a servir nuovo piacere. v u^'^^. ^ **' '
  • Allora presi di lui sì gran parte, ^
  • Ch' egli*clisparve, e non m'accorsi come, v- ' - -
  • Questo sonetto ha tre parti : nella prima parte dico siccome
  • 45 io trovai Amore, e qual mi parea; nella seconda dico quello
  • eh' egli mi disse , avvegnaché non compiutamente , per tema t
  • eh' io avea di non iscovrire lo mio segreto ; nella terza dico
  • com' egli mi disparve. La seconda comincia quivi: quando
  • mi vide-, la terza quivi: Allora x^esi.
  • capitolo x.
  • Appresso la mia tornata, mi misi a cercare di questa
  • donna, che lo mio signore m' avea nominata nel cammino
  • 32. Scap. G. S. Am. nel mezzo 47. Mart. e W. di scovrire^ lezione
  • 42. C. N. presi da lui — Il che , quantunque priva della nega*
  • Fratic. vorrebbe leggere: persi di zione, non altera il senso.
  • lui sì gran parte, cioè, lo persi di 48. B. corri' egli mi dispone
  • vista.
  • 43. B. eh' egli disparse Cap « X.
  • 1. Tr. 2. — Gli altri ritornata
  • 34. «Meschino» è il contrario di «signore», dunque, come lo spiega
  • il verso seguente, chi ha perduto signoria.
  • 41. Fraticelli e Giuliani spiegano: lo porto ad altra donna (nuovo
  • piacere), la quale sarà tua difensione, come questa era.
  • 42. Nel testo prosaico Amore è l'agente («mi parve eh' Amore mi
  • desse»); qui invece 1' aut. («presi di lui»).
  • Cap. X.
  • 2. « Il cammino de' sospiri» , ov' egli incontrò Amore che a sospirando
  • pensoso venia».
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  • Vita nuova. Cap. 10. 11. 21
  • de' sospiri. Ed acciocché il mio parlare sia più breve, dico /: '
  • che in poco tempo la feci mia difesa tanto, che troppa gente
  • ne ragionava oltre alli termini della cortesia; onde molte 5
  • fiate mi pesava duramente. E per questa cagione (cioè di
  • questa soverchievole voce, che parea che m' infamasse viziosa-
  • mente) quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti
  • i vizii e regina delle virtù, passando per alcuna parte mi
  • negò il suo dolcissimo salutare, nel quale stava tutta la mia IO
  • beatitudine. Ed uscendo alquanto del proposito presente,
  • voglio dare ad intendere quello che il suo salutare in me
  • virtuosamente operava.
  • CAPITOLO XI.
  • Dico che quando ella apparia da parte alcuna, per la
  • speranza dell' ammirabile salute nullo nemico mi rimanea,
  • anzi mi giungea una fiamma di caritade, la quale mi facea
  • perdonare a chiunque m' avesse offeso : e chi allora m' avesse
  • domandato di cosa alcuna, la mia risponsione sarebbe stata 5
  • solamente, Amore y con viso vestito d' umiltà. E quando ella
  • fosse alquanto propinqua al salutare, uno spirito d' Amore,
  • distruggendo tutti gli altri spiriti sensitivi, pingea fuori i
  • deboletti spiriti del viso, e dicea loro: «Andate ad onorare
  • la donna vostra;» ed egli si rimanea nel loco loro. E chi 10
  • 5. B. oltre a' termini V annotaz. crit. al cap. 3. (Un. 12)
  • 8. di cortesia 8. mir. dolcezza nullo.
  • 6. C. N. cioè per questa 4. G. N. qualunque m' avesse
  • 7. W. che pare 5. B. addimandato
  • N. m* infiammasse M. Tr. 2. la mia risposta
  • 8. W. questa gentiliss. donna 7. S. fusse al manco
  • 9. C. N. per alcune parti M. prossimana al sai. «Prossi-
  • 11. S. tutta la mia quiete mana» vale piuttosto: congiunta
  • di sangue (Lod. Pizzo). Vedi però
  • n APj xi. *1 cap * ^T^" : «Amor veggendosi in
  • tanta propinquità alla gentilissima
  • 2. M. N. W. della mirabile: Vedi donna».
  • Cap. XI.
  • 2—4. Nella Canz. del cap. 19. 1' aut. dice: «Quando trova alcun che
  • degno sia Di veder lei ... . si 1' umilia, che ogni offesa obblia».
  • 9. «gli spiriti degli occhi miei» Convivio II. 2.
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  • .J *
  • 22 Vita nuova. Cap. 11. 12.
  • avesse voluto conoscere Amore, far lo potea mirando lo
  • tremore degli occhi miei. E quando questa gentilissima
  • donna salutava, non che Amore fosse tal mezzo che potesse
  • obumbrare a me la intollerabile beatitudine, ma egli quasi
  • 15 per soperchio di dolcezza divenia tale, che lo mio corpo, lo
  • quale era tutto allora sotto il suo reggimento, molte volte
  • si movea come cosa grave inanimata. Sicché appare mani-
  • festamente che nelle sue salute abitava la mia beatitudine, la
  • quale molte volte passava e redundava la mia capacitade.
  • CAPITOLO XII.
  • Ora, tornando al proposito, dico che, poiché la mia beati-
  • tudine mi fu negata, mi giunse tanto dolore, che partitomi
  • dalle genti, in solinga parte andai a bagnare la terra
  • d' amarissime lagrime: e poiché alquanto mi fu sollevato
  • questo lagrimare, misimi nella mia camera là ove potea
  • lamentarmi senza essere udito. E quivi chiamando miseri-
  • cordia alla donna della cortesia, e dicendo: «Amore, aiuta
  • Cap. XII.
  • 12. W. S. il tremare 19. S. la mia quiete
  • 13. W. B. — N. S. gent. donna
  • salutava
  • 14. S. intoll. chiarezza
  • 16. B. era tutto sotto 1. S. la mia allegrezza
  • 17. S. cosa greve 3. N. dalla gente
  • B. grave ed inanim. 4. C. N. alquanto fu
  • 18. "W. B. — C. N. S. P. nella sua 6. C. N. lamentare senza
  • salute. Vedi sopra cap. 3. lin." 12.
  • 13. Si potrebbe supporre che , gli spiriti visivi essendo pinti fuori , ed
  • Amore rimasto nel loco loro, 1' autore non abbia potuto sentire la beati-
  • tudine del saluto della sua donna, ma tutto '1 contrario ne avveniva.
  • 19. «redundava-) (ridondava), cioè soperchiava, sopravvanzava le mie
  • forze.
  • Cap. XII.
  • 1. «il suo dolcissimo salutare, nel quale stava tutta lamia beatitudine».
  • Sopra cap. 10.
  • 7. Se 1' aut. avesse detto «donna di cortesia» reggerebbe 1' esempio di
  • «donna di virtù» (Inf. II. 76.) addotto dal Torri; ma trovandosi «donna
  • della virtù», coli' articolo , bisogna spiegare col Giuliani «regina, ossia
  • posseditrice d' ogni virtù ».
  • 8. tuo fedele» Inf. II. 98. Purg.XXXI. 135.
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  • Vita nuova. Cap. 12. 23
  • il tuo fedele» m' addormentai come un pargoletto battuto
  • lagrimando. *
  • Avvenne quasi/nel mezzo del mio dormire, che mi parea IO
  • vedere nella mia camera lungo me sedere un giovane vestito
  • ili bianchissime vestimenta, e pensando molto ; quanto alla
  • vista sua. Mi riguardava là ov' io giacea, e quando m' avea
  • guardato alquanto, pareami che sospirando mi chiamasse, e
  • ^licessemi queste parole: Fili mi, tempus est ut praeter- 15
  • mittantur simulacra nostra. Allora mi parea eh' io '1 cono-
  • scessi, perocché mi chiamava così, come assai fiate nelli miei
  • sonni m' avea già chiamato.
  • E riguardandolo pareami che piangesse pietosamente, e
  • parea che attendesse da me alcuna parola : ond* io assicurali- 20
  • 'domi, 'cominciai a parlare così con esso: Signore della nobil-
  • tade, perchè piangi tu? E quegli mi dicea queste parole:
  • 10. C. N. — W. S. che mi parve 18. Tr. 1. W. — Gli altri nelli
  • C. T. parea di vedere mìei sospiri, le quali parole nel cod.
  • 11. W. in. m. una giov. vestita N. sono aggiunte in va.
  • 12. W. molto alla vista — in m. 19 w B __ g parc€mi __ C . N .
  • molto quando alla v. — B. e tutte m i p area
  • le edd. recenti, meno quella del _ . . ,
  • ^ _ ,. n m i, Tr. 2. ptetosam. ed attendesse
  • Giuliani, molto. Quanto alla v. ■»»•!«
  • ,- n -vt itt o j- • — M. ptetos. che ait.
  • lo. C. N. W. S. e diceamt. J
  • 16. Cod. Martelli e Frat. simulata 21. C. N. assic. così nel sonno com.
  • nostra; ma Virgilio ed altri dicono C. N. a pari, con esso — M.
  • « belli simulacra » per una guerra « pari, così con lui
  • .fittizia. 22. B. E que' mi die.
  • Z.L--1 -'
  • 11. «lungo me», accanto a me. Par XXXII. 130 (S. Giovanni Ev.)
  • «Siede lungh' esso») (San Pietro), oe lungo l'altro» (Adamo), «posa quel
  • Duca ecc.» (Moisè).
  • 12. Purg. XII. 88. «la creatura bella Bianco vestita».
  • 16. «simulacra nostra», gli amori fittizi.
  • 17. Sembra che Amore in quei sogni abbia chiamato 1' aut. « fili ini»,
  • -ma non se ne fece menzione.
  • 19. Pare che pianga dell' incostanza di Dante.
  • 21. «Signore della nobiltà», vedi sopra a lin. 7.
  • 23. Un unico amore manda i suoi raggi ugualmente a tutte le parti
  • -della circonferenza, cioè si manifesta ugualmente in tutte le azioni dell' a-
  • mante; ma le tue azioni hanno più di un 'centro. Non so se più giusta,
  • ma in ogni modo più profonda è l' interpretazione data a questo passo dal
  • Dottore Notter : «Amando Beatrice mortale, oppure quel che in lei è mortale,
  • non Iddio, tu non sei ancora nel vero centro del tuo essere, cioè in me,
  • che sono Iddio».
  • V
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  • 24 Vita nuova. Cap. 12.
  • Ego tamquam centrimi circuii, cui simili modo se hdbent
  • circumferenticB partes; tu autem non sic. Allora pensando
  • 25 alle sue parole, mi parea che mi avesse parlato molto oscura-
  • mente, sì che io mi sforzava di parlare, e diceagli queste
  • parole: Ch' è ciò, signore, che mi parli con tanta oscuri-
  • tade? Ed egli mi dicear in parole volgari: Non domandar-
  • più che utile ti sia.
  • 30 E però cominciai con lui a ragionare della salute, la.
  • quale mi fu negata, e domandailo della cagione; onde in
  • questa guisa da lui mi fu risposto: Quella nostra Beatrice
  • udìo da certe persone, di te ragionando, che la donna, la.
  • quale io ti nominai nel cammino de' sospiri, ricevea da te al-
  • 35 cuna noia. E però questa gentilissima, la quale è contraria-
  • di tutte le noie, non degnò salutare la tua persona, temendo
  • non fosse noiosa. Onde conciossiacosaché veracemente sia.
  • conosciuto per lei alquanto lo tuo segreto per lunga consue-
  • tudine, voglio che tu dichi certe parole per rima, nelle quali
  • 23. M. ad centr. circuii, simili 30. C. N. E poi cornine.
  • 24. N. circumf. prò tex. tu aut. Mart. e W. cominciai allora
  • 25. Mart. pens. le su par. con lui
  • M. che egli mi avesse 31. C. negata, domandandolo — S-
  • C. N. molto oscuro neg. E domandando
  • 26. C. N. W. — M. S. di par- 33. W. in m. pers. dire ragionando-
  • largii W. donna che io
  • M. W. e dicea 34. B. rie. di te
  • 27. C. Tr. 1. "W. — Tr. 2. che tu 36. N. non degnò di salut.
  • parli — N. che tu mi parli — S. che 39. M. W. — Gli altri che tu
  • parli dica
  • N. — Gli altri E quegli W. nel testo , S. parole prima
  • 27. Furg. XXXIII. 82. «perchè tanto sopra mia veduta Vostra parola-
  • disiata vola » ?
  • 30. Da ora innanzi Amore lascia il parlare latino, e, forse per
  • evitare il rimprovero di troppa oscurità, non si serve più che della lingua,
  • volgare.
  • 33. La seconda delle due che doveano servire di difesa aU' aut. Tedi
  • sopra cap. 9. e 10.
  • 36. « contraria di tutte le noie » , di tutti i dispiaceri. Inf. XXX. 100^
  • «l'un di lor, che si recò a noia Forse d'esser nomato sì oscuro». In.
  • modo simile Lucia è detta a nimica di ciascun crudele» Inf. II. 100.
  • 37. a che non fosse noiosa», che non dasse noia ad altrui.
  • 38. Il segreto, che da molto tempo, a per lunga consuetudine « , hai
  • chiuso nel tuo cuore.
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  • Vita nuova. Cap. 12. 25
  • tu comprendi la forza eh' io tengo sopra te per lei, e come 40
  • tu fosti suo tostamente dalla tua puerizia. E di ciò chiama
  • testimonio colui che lo sa, e come tu preghi lui che gliele '-~\ v '
  • dica: ed io, che sono quelli, volontieri le ne ragionerò; e per ^
  • questo sentirà ella la tua volontade, la quale sentendo,
  • conoscerà le parole degP ingannati. Queste parole fa che I 45. M
  • sieno quasi uno mezzo, sì che tu non parli a lei immediata-
  • mente, che none degno. E non le mandare in parte alcuna
  • senza me, ove potessero essere intese da lei, ma falle ador-
  • nare di soave armonia, nella quale io sarò tutte le volte che
  • farà mestieri. . / 50
  • E dette queste parole, disparve, e lo mio sonno fu rotto.
  • Ond' io ricordandomi, trovai che questa visione m' era ap-
  • parita nella nona ora del dì; ed anzi che io uscissi di
  • questa camera, proposi di fare una ballata, nella quale
  • seguitassi ciò che '1 mio signore m' avea imposto, e feci 55-
  • questa ballata:
  • 40. M. W. — N. tu comprenderai 47. alcuna manca nei codd.N. e W.
  • — gli altri tu comprenda 48. N. W.~ Gli altri onde potessero
  • S. la fortezza N. traspone il senza me fra
  • 41. N. S. dalla sua puerizia intese e da lei
  • 42. S. testimone 49. M. S. tutte le fiate
  • 43. W. ed io sono qu. che volent. 52. W. nel testo ricord, di questa
  • — Scrivo quelli coi testi C. N. W. visione che m'era appar. ; m' apparve
  • — Gli altri quello nella nona — In marg. come sopra.
  • "W. che per questo 53. S. Et innanzi che io
  • 46. N. B. quasi in mezzo 55. 8. B. E feci poi qu. ball.
  • N. sì che non parli
  • 40. La forza che Amore tiene sopra 1' aut. gli viene da Beatrice.
  • 41. Purg. XXX. 41. «L' alta virtù, che già m' avea trafitto Prima
  • eh' io fuor di puerizia fosse ».
  • 44. Il mio ragionare le manifesterà la vera tua volontà, che, ben
  • lungi dall' esser variabile, è di celare V immutato tuo amore per lei.
  • 46. «un mezzo», un modo indiretto.
  • 47. Se le parlassi direttamente, potresti muoverla a sdegno.
  • 49. Amore accompagnerà i versi del poeta in forma di «soave armonia»,
  • aggiuntavi dal Casella, o di qualchedun altro. Altri intendono la soave
  • armonia della sola dolcezza dei versi rimati.
  • 55. « seguitassi ciò » , tenessi dietro a ciò , ubbidissi ad Amore.
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  • 26 Vita nuova. Cap. 12. (Ball. 1.)
  • BALLATA PRIMA.
  • I. Ballata, io vo' che tu ritrovi Amore,
  • E con lui radi a Madonna davanti,
  • Sicché la scusa mia, la qual tu canti,
  • <50 — Ragioni poi con lei lo mio Signore.
  • IL Tu vai, ballata, sì cortesemente,
  • Che senza compagnia
  • Dovresti avere in tutte parti ardire: y <"
  • Ma, se tu vuoli andar sicuramente,
  • 65 Ritrova V Amor pria; \ ,*)
  • Che forse non è buon senza lui gire:
  • Perocché quella, che ti deve udire,
  • Se, com' io credo, è inver di me adirata,
  • E tu di lui non fussi accompagnata,
  • 70 Leggieramente ti faria disnore.
  • III. Con dolce suono, quando se' con lui,
  • Comincia este parole
  • Appresso eh' averai chiesta pietate :
  • Madonna, quelli, che mi manda a vui,
  • 75 Quando vi piaccia, vuole,
  • Sed egli ha scusa, che la m' intendiate.
  • Amore è quei, che per vostra beltate
  • 61. C. N. W. Tu va, ball. 70. Cod. Rice. Ti faria leggierm.
  • 63. C. N. TV. Dovr. in tutte parti disonore
  • ae. ardire — Tr. 2. Aver dovr. in 73. C. N. che tu avrai — Pai. che
  • tutte p. ard. — M. E av. dovr. ecc. aerai
  • 64. C. N. — W. Ma se tu vuoi — Pai. M. questa piet. — W. nel
  • G. S. Ma se tu vuogli — M. Ma se teBto està piet. — W. r. chiesto piet.
  • vuoi più 75. M. "W. Qu. vi piace
  • W. r. ardir sicuramente 76. Cod. Mart. Pai. G. S. — W.
  • 66. Pai. Che forse non è senza lui W. r. B. Se elli ha — N. S' egli ha
  • M. e variante del G. non è ben — M. Che s' egli ha
  • 68. N. Pai. W. Siccome io credo M. che voi V intend.
  • <• ine. — G. S. B. S' è, com 1 io cr. inv. 77. Pai. — Tutti gli altri : Amore
  • M. inver di me è ria è qui. La giusta lezione per sagace
  • C9. N. W. W. r. G. S. Se tu di congettura fu introdotta nel testo
  • lui — M. Se tu da lui dal Frat.
  • 69. «Non mandare queste parole senza me», disse Amore qui sopra
  • a lin. 46.
  • 71. «falle adornare di soave armonia», ivi lin. 48.
  • 77. «Voglio che tu |dichi certe parole, nelle quali tu comprendi la
  • forza eli' io tengo sopra te per lei» ivi lin. 39. Nel Sonetto 6. 1' aut. dice :
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  • /,
  • Vita nuova. Cap. 12 (Ball. 1.) 27
  • Lo face, come vuol, vista cangiare:
  • Dunque, perchè gli fece altra guardare,
  • Pensatel voi, dacch' e' non mutò '1 core. * u *> C §o
  • IV. Dille: Madonna, lo suo core è stato
  • Con sì fermata fede,
  • Ch' a voi servir lo pronta ogni pensiero :
  • Tosto fu vostro, e mai non s' è smagato. ?J-
  • Sed ella non tei crede,- "85
  • Di', che domandi Amore, s' egli è vero.
  • Ed alla fine falle umil preghiero: . A -
  • Lo perdonare se le fosse a noia, k. >.' ,v -
  • Che mi comandi per messo eh' io muoia ;
  • E vedrassi ubbidir buon servitore. \, '■ 90
  • V. E di' a colui eh' è d' ogni pietà chiave ,
  • Avanti che sdonnei,
  • 78. N. Li face B. P. — N. Pai. W. e W. r.
  • W. r. come 'l vuole non ti crede
  • 79. M. percK egli faccia altrui gu. 86. C. N. Fr. che 'n domandi
  • — Pai. perchè il fece altra gu. Pai. W. e "W. r. G. S. Amor
  • 80. M. Pensate che però non muta sed egli è vero — Il Frat. da per var.
  • 7 l e. — Pai. da che mutò il colore Amor che ne sa 'l vero, lezione che
  • 83. W. in in. e W. r., var. del G-. preferirei, come pia conforme al testo
  • un Cod. di Boveredo e tre Biccard. prosaico (« chiama testimonio colui
  • — M. Tr. 2. ha pronto — G. S. gli che lo sa»), se la trovassi appoggiata
  • ha pronto — B. V ha pronto — C. a qualche buon codice.
  • N. Pai. V ha '» pronto — I primi 87. M. alla f. le fa.
  • a giustificare la nostra lezione furono 90. Pai. M. Tr. 1. G. S. e var. del
  • a Deputati al Decamerone p. 78. B. — W. r. B. jubb. al servidore —
  • Vedi anche '1 Dionisi Anedd. V. 142. N. W. E vedrà bene ubbidir servidore
  • 8j. S. P. — N. W. e W. r. Se 91. W. B. E di' a colei
  • -ella 92. W. che 'l donnei
  • « Amor, quando sì presso a voi mi trova , Prende baldanza . . . Ond' io mi
  • cangio in figura d'altrui».
  • 79, 80. Accertatevi della cagione, per cui Amore gli impose di riguardare
  • tale e tal altra donna, mentre il suo cuore rimaneva vostro.
  • 83. «lo pronta», lo incita e sprona, gli impone la necessità.
  • 84. Purg. XXVII. 104. amia suora Bachel mai non si smaga Dal suo
  • miraglio».
  • 87. «preghiero». Fra Guittone Bime, ed. Valeriani II. No. 52. «Mastro
  • Bandino amico, il mio pregherò» , e Brunetto Latini nel Tesoretto X. 88.
  • «faccio a Dio pregherò».
  • 91. «colui», cioè Amore. V. sopra lin. 41. «di ciò chiama testimonio
  • colui che lo sa: ed io «(Amore)» che sono quelli, volontieri le ne ra-
  • gionerò o.
  • 9*2. Prima che tu, Ballata, ti parti dalla mia donna. — a Donneare» e
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  • 28 Vita nuova. Gap. 12. (Ball. 1.)
  • Che le saprà contar mia ragion buona:
  • Per grazia della mia nota soave
  • 95 ^ Riman tu qui con lei,
  • E del tuo servo, ciò che vuoi, ragiona;
  • E s' ella per tuo prego gli perdona,
  • Fa' che gli annunzi in bel sembiante pace.
  • Gentil ballata mia, quando ti piace,
  • 100 Muovi in quel punto, che tu n' aggi onore.
  • Questa ballata in tre parti si divide: nella prima dico a
  • lei ov' ella vada, e confortola però che vada più sicura; e
  • dico nella cui compagnia si metta, se vuole sicuramente an-
  • dare senza pericolo alcuno; nella seconda dico quello che
  • 105 a lei s' appartiene di fare intendere ; nella terza la licenzio
  • del gire quando vuole, raccomandando lo suo dolce movimento
  • nelle braccia della fortuna. La seconda parte comincia quivi :
  • Con dolce mono; la terza quivi: Gentil ballata.
  • Potrebbe già V uomo oppore contro a me e dire, che non
  • 110 sapesse a cui fosse il mio parlare in seconda persona pe-
  • rocché la ballata non è altro, che queste parole eh' io parlo ;
  • 93. M. Che le sappia 103. B. sicura andare
  • 95. C. N. Rimanti qui 104. N. W. — B. and. e sema
  • 96. M. E di tuo serto 105. B. «' appart. fare
  • C. M. N. W. ciò che vuol 106. B. di gire
  • 97. M. mi perdona 0. N. W. — Gli altri io suo
  • 98. Pai. Fa eh' ella movimento
  • W. r. t. G. S. un bel sembiante 107. B. della sua fortuna
  • 99. M. Però ballata 109. M. Potr. già alcuno
  • 100. C. N. in tal punto N. V uomo dire ed opp. contro-
  • me che non — W. V u. apporre cori'
  • tro a me e dicere che non
  • conversar con donne , far la corte : V. la Canz. « Poscia eh' Amor del
  • tutto m' ha lasciato » III. 13. « Non moverieno il piede , Per donneare &
  • guisa di leggiadro».
  • 94. Con questo verso cominciano le parole che per volontà del poeta
  • la Ballata deve dire ad Amore, che finiscono colla lin. 98.
  • 99. «licenzio la ballata del gire quando vuole, raccommandando lo suo
  • dolce movimento nelle braccia della fortuna», dice 1' aut. a lin. 105.
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  • Vita nuova. Cap. 13. 29
  • e però dico che questo dubbio io lo intendo solvere e dichia-
  • rare in questo libello ancora in parte più dubbiosa: ed allora
  • intenderà chi qui dubbia, o chi qui volesse opporre in,
  • quello modo. 115
  • CAPITOLO XTTT.
  • Appresso questa soprascritta visione, avendo già dette le
  • parole, che Amore m' avea imposte , m' incominciarono molli
  • e diversi pensamenti a combattere e a tentare, ciascuno quasi
  • indef edibilmente: tra' quali pensamenti quattro mi pareva
  • che ingombrassero più il riposo della vita. U uno dei quali 5
  • era questo: buona è la signoria d' Amore, perocché trae lo
  • intendimento del suo fedele da tutte le vili cose. 1? altro
  • era questo: non buona è la signoria d' Amore, perocché
  • quanto lo suo fedele più' fede gli porta, tanto più gravi e
  • dolorosi punti gli conviene passare. 1? altro era questo: lo IO
  • nome d' Amore è sì dolce a udire, che impossibile mi pare,
  • che la sua operazione sia nelle più cose altro che dolce,
  • conciossiacosaché i nomi seguitino le nominate cose, siccome
  • 112. N. lo intendo sciogliere C. N. ricominciaro a venire
  • 113. Torri in parte dubbiosa molti
  • Seguo col Giuliani l' autorità 3. G. combattere ed attendere
  • del cod. Magliab. 143. — Gli altri N. ciascuno indifens.
  • ed allora intenda 5. Mart. e W. — C. N. mi pesava
  • Tr. 1. 2. qui chi più dub. e che ingombrassero — gli altri m' im-
  • chi voi. — S. qui chi più dubita che g ombravano
  • qui voi. 7. M. S. tutte le rie cose
  • 115. Anche qui si sostituisce la 10. C. N. W. dolorosi pianti
  • lez. del cod. Magi, alla volgata: 11. Le parole a udire che impos-
  • ta questo modo sibile mi pare, che la sua operazione
  • sia nelle più cose altro che dolce
  • Cap. XIII. mancano nei codd. C. N. W. (testo).
  • 1. 8. Appresso di questa 12. M. W. (marg.) nella sua prò-
  • 2. "W. — C. N. m' ha imposto — pria operazione
  • S. m' aveva imposte a dire — Frat. 13. W. segnino — C. N. segui-
  • rti' avea imposto di dire tano
  • 112. L' aut. « solve e dichiara » questo dubbio nel cap. 25.
  • Cap. XIII.
  • 4. « indefensibilmente* , senza che me ne potessi difendere.
  • 7. Beatrice nel Purg. XXX. 122. «Mostrando gli occhi giovinetti a
  • lui, Meco il menava in dritta parte volto».
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  • 30 Vita nuova. Gap. 13. (Son. 6.)
  • è scritto: Nomina sunt consequentia rerum. Lo quarto era
  • 15 questo: la donna per cui Amore ti stringe così, non è come
  • le altre donne, che leggermente si mova del suo core. E
  • ciascuno mi combattea tanto, che mi facea stare come colui,,
  • che non sa per qual via pigli il suo cammino, e che vuole
  • andare, e non sa onde si vada. E se io pensava di voler
  • 20 cercare una comune via di costoro, cioè là ove tutti si ac-
  • cordassero, questa era via molto inimica verso di me, cioè
  • di chiamare e mettermi nelle braccia della pietà. Ed in
  • questo stato dimorando, mi giunse volontà di scriverne parole
  • rimate; e dissine allora questo sonetto:
  • SONETTO SESTO.
  • 25 Tutti li miei pensier parlan d' Amore,
  • Ed hanno in lor sì gran varietate,
  • Ch' altro mi fa voler sua potestate,
  • Altro folle ragiona il suo valore ; • f .
  • Altro sperando m' apporta dolzore ; ' - ' ' -
  • 30 Altro pianger mi fa spesse fiate;
  • 16. N. Ciascuno mi comò. 23. Nel cod. N. manca la parola
  • 17. W. S. — C. N. mifaceano sfare dimorando
  • come coluti— Frat - mi facea stare e. e. 24. M. S. di scrivere parole
  • 18. C. N. (testo) non sa qual via n. e feci questo son.
  • pigli, e che vuole
  • 19. Tr. 1. N. — M. W. ove si vada ~
  • Tr. 2. voler trovare 28. Il Giuliani corregge Altro*
  • 21. C. N. W. — Tr. 2. M. S. questa forte ragiona , ma vedi la nota del
  • era molto — B. e qu. era molto — commento.
  • Mart. Frat. questa via era m.
  • 14. Detto, che non so da qual fonte derivi.
  • 17. Purg. II. 122. «Come uom che va, né sa dove riesca*.
  • 22. Non s' intende troppo bene perchè 1' ant. chiami sua nemica fa
  • pietà. Sarebbe che, invece di esser compatito, desiderava di esser amato?
  • Gabr. Rossetti nel fantastico suo sistema spiega «Pietà» per la parte
  • Guelfa ossia Papalina, nemica al poeta Ghibellino.
  • 27. Mi muove a desiderare di pormi sotto la signoria d' Amore.
  • 28. Altro pensiero mi ragiona, mi da ad intendere che voler sottoporsi
  • al buo valore, cioè alla sua forza, sia folle, «perocché quanto lo suo fedele
  • più fede gli porta, tanto più gravi e dolorosi punti gli conviene passare»-
  • 29. Facendomi sperare che tosto o tardi il mio amore sarà corrisposto.
  • 30. Volendo troncar questa speranza.
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  • Vita nuova. Cap. 13. 14. (Son. 6.) 31
  • E sol s' accordano in chieder pietate , *• ' ( •
  • Tremando di paura eh' è nel core.
  • Ond' io non so da qual materia prenda ;
  • E vorrei dire, e non so eh' io mi dica:
  • Così mi trovo in amorosa erranza. ' 3i>
  • E se con tutti vo' fare accordanza,
  • Convenemi chiamar la mia nemica,
  • Madonna la pietà, che mi difenda.
  • Questo sonetto in quattro parti si può dividere: nella prima
  • dico e propongo, che tutti i miei pensieri sono d'Amore; 40
  • nella seconda dico che sono diversi, e narro la loro diversi-
  • tade; nella terza dico in che tutti pare che s' accordino;
  • nella quarta dico che, volendo dire d' Amore, non so da
  • quale pigli materia; e se la voglio pigliare da tutti, conviene
  • che io chiami la mia nemica, madonna la pietà. Dico «ma- 45
  • donna», quasi per disdegnoso modo di parlare. La seconda
  • comincia quivi: Ed hanno in lor; la terza: E sol s' accordati;
  • la quarta : Ond 1 io.
  • CAPITOLO XIV.
  • Appresso la battaglia delli diversi pensieri, avvenne che
  • questa gentilissima venne in parte, ove molte donne gentili
  • erano adunate; alla qual parte io fui condotto per amica
  • persona, credendosi fare a me gran piacere in quanto mi
  • 31. M. E se «' accordano — Tr. 2. 40. Tr. 1. parlano d' Amore
  • E *' accordano 44. B. da qual parte piyliar ma'
  • 32. M. Tr. 2. G. v. Tremano feria
  • W. mrg. Tr. di partir che è
  • W. t. eh' è nel lor core Cap. XIV.
  • 34. M. non so che mi dica
  • 4. M. B. grandissimo piacere
  • 31. Vedendo nella pietà sua nemica, il poeta suppone che non vorrà
  • condiscendere alle sue inchieste, e però trema. « Che più mi trema il cor,
  • qualora io pensi Di lei • dice 1' aut. nella canz. « Cosi nel mio parlar».
  • 33. «Volendo dire d'Amore, non so da quale» (di questi quattro pen-
  • sieri) «pigli materia", cercando, non trovo la via.
  • 45. «Madonna» si dice della donna amata, e non della nemica.
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  • 32 Vita nuova. Cap. 14.
  • ò menava là ove tante donne mostravano le loro bellezze.
  • Ond' io quasi non sapendo a che fossi menato, e fidandomi
  • nella persona, la quale un suo amico all' estremità della vita
  • condotto avea, dissi: Perchè semo noi venuti a queste donne ?
  • Allora quegli mi disse : Per fare sì eh' elle sieno degnamente
  • 10 servite.
  • E lo- vero è, che adunate quivi erano alla compagnia
  • d' una gentildonna, che disposata era lo giorno ; e però secondo
  • 1' usanza della sopradetta cittade, conveniva che le facessero
  • compagnia nel primo sedere alla mensa che facea nella ma-
  • lo gione del suo novello sposo. Sì che io, credendomi far il
  • piacere di questo amico, proposi di stare al servizio delle
  • donne nella sua compagnia. E nel ime del mio proponimento
  • mi parve sentire un mirabile tremore incominciare nel mio
  • petto dalla sinistra parte, e distendersi di subito per tutte
  • 6. C. N. ove fossi men. 14. M. Tr. 2. sedere che* ella faceva
  • C. N. affidandomi alla mensa in casa
  • 7. M. della persona 15 L , articolo 4t7))) che Raggiunto
  • W. S. alle stremtta ^ daU , edjz> p n(m gi troya nei ^
  • a penna.
  • 8. W. dissi a lui: Perchè
  • M. semo venuti
  • 9. M. Per fare che sieno 19- M. S. — C. N. W. stendersi
  • 11. S. // vero è — P. E vero è B. di stendersi sì di sub.
  • quivi manca nei codd. C. N.
  • Cap. XIV.
  • 7. L' autore, sapendo che per 1' addietro la persona che ora lo menava
  • alla festa delle donne, forse in simile occasione, per 1* inavvedutezza d' un
  • suo amico sia stata vicina a morirsi di passione, non poteva supporre che
  • da esBa fosse condotto all' istesso pericolo.
  • 12. Le nozze si erano celebrate in quel medesimo giorno. Tali com-
  • pagnie non si usavano alle spose novelle, se non dalle maritate, «e quindi è
  • da credere, che in questo mezzo, cresciuta la Beatrice Portinari, già fosse
  • allora disposata, come si sa che fu a Messer Simone de' Bardi cavaliero.
  • Quando precisamente si facessero tali nozze non ci è detto dai biografi ;
  • ma il più diligente di tutti» (il Pelli) «trovò che già erano fatte a mezzo
  • gennaio 1287, in che la giovane doveva avere intorno ai 21. anni*. Balbo
  • vita di Dante e. 3. p. 70.
  • 18. « un mirabile tremore » — «Lo spirito mio . . . alla sua presenza . . .
  • era di stupor, tremando, affranto» Purg. XXX. 34.
  • 19. a dalla sinistra parte» — «quella parte, onde il core ha la gente»
  • Purg. X. 48.
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  • Vita nuova. Cap. 14. 33
  • le parti del mìo corpo. Allora dico che poggiai la mia per- 20
  • sona simulatamente ad una pintura, la quale circondava questa
  • magione ; e temendo non altri si fosse accorto del mio tremare,
  • levai gli occhi, e mirando le donne, vidi tra loro la genti-
  • lissima Beatrice. Allora furono sì distrutti li miei spiriti per
  • la forza che Amore prese, veggendosi in tanta propinquitade 25
  • alia gentilissima donna, che non mi rimasero in vita più che
  • gli spiriti del viso ; ed ancor questi rimasero fuori de 7 loro
  • strumenti, perocché Amore volea stare nel loro nobilissimo
  • luogo per vedere la tramirabile donna: e avvegna eh' io fossi
  • altro che prima, molto mi dolea di questi spiritelli, che si 30
  • lamentavano forte, e diceano: Se questi non ci sfolgorasse
  • così fuori del nostro luogo, noi potremmo stare a vedere la
  • meraviglia di questa donna, così come stanno gli altri no-
  • stri pari.
  • Io dico che molte di queste donne, accorgendosi della 35
  • mia trasfigurazione, si cominciaro a maravigliare ; e ragionando
  • si gabbavano di me con questa gentilissima : onde Y ingannato
  • amico di buona fede mi prese per la mano, e traendoni fuori
  • >v««
  • 21. simulatamente manca nel cod. W. Mart. S. — C. N. B. rimase
  • M. i» vita
  • M. S. pittura 29. C. N. — W. V altra mirabile
  • 22. M. altri si /ussero — Gli altri la mirabile
  • 23. M. Tr. 2. mirando tra le donne 31. N. non ci infolgorasse — B.
  • ridi la gent. non ci s/olgorassono
  • 25. M. veggendomi 33. N. W. S. — B. siccome stanno
  • 26. W. alla nobilissima donna 37. C. N. W. — S. B. onde V ani.
  • C. N. W. — Mart. S. non ne di b. /. — Tr. 1*. onde t di ciò accor-
  • rivi, gendosiy V amico mio di b. f.
  • 21. ^Pintura' è quadro; pittura è piuttosto 1' arte del pingere». Pizzo.
  • — Nel sonetto ottavo 1' aut. dice « il core , tramortendo , ovunque può
  • »' appoia*.
  • 24. Sopra a cap. 11. «uno spirito d' Amore , distruggendo tutti gli altri
  • spiriti sensitivi, pingea fuori i deboletti spiriti del viso, e dicea loro:
  • Andate ad onorare la donna vostra; ed egli si rimanea nel loco loro*.
  • Qui nella divisione : « Amore uccide tutti i miei spirati , e li visivi riman-
  • gono in vita, salvo che fuori degli strumenti loro».
  • 30. «altro che prima • ; nel sonetto 1' aut. dice che rassembrava «figura
  • nuova ».
  • 31. « Se non ci sfolgorasse cosi fuori del nostro luogo ». Nel sonetto :
  • « Amor . . . fiere tra' miei spiriti paurosi ... e qual caccia di fuora ».
  • 37. « si gabbavano », si ridevano di me e della mia vista trasfigurata.
  • 38. L' amica persona che aveva condotto 1' autore là dove tante donne
  • mostravano le loro bellezze, s' era ingannato, non credendo che 1' aspetto
  • Dante, Opere minori. 3
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  • 34 Vita nuova. Cap. 14.
  • della veduta dì queste donne, mi domandò che io avessi.
  • 40 Allora riposato alquanto, e risurti li morti spiriti miei, e li
  • discacciati rivenuti alle loro possessioni, dissi a questo mio
  • amico queste parole: Io tenni i piedi in quella parte della
  • vita, di là dalla quale non si può ire più per intendimento
  • di ritornare.
  • 45 E partitomi da lui, mi ritornai nella camera delle lagrime,
  • nella quale, piangendo e vergognandomi, fra me stesso dicea :
  • Se questa donna sapesse la mia condizione, io non credo
  • che così gabbasse la mia persona, anzi credo che molta pietà
  • le ne verrebbe/; E in questo pianto stando, proposi di dir
  • 50 parole, nelle quali, parlando a lei significassi la cagione del
  • mio trasfiguramento , e dicessi che io so bene eh' ella non è
  • saputa, e che se fosse saputa, io credo che pietà ne giunge-
  • rebbe altrui: e proposi di dirle, desiderando che venissero
  • per avventura nella sua audienza; e allora dissi questo
  • 55 sonetto :
  • SONETTO SETTIMO.
  • Coli' altre donne mia vista gabbate,
  • E non pensate, donna, onde si mova
  • 40. N. — W. S. et resuressiti li 50. M. W. — N. S. a lei parlando
  • morti 52. C. N. W. e se /osse saputa
  • 42. C. N. W. — S. io ho tenuti 53. C. N. W. e proposile di dire
  • 45. M. B. ini tornai nella cani. per avventura manca nel cod.N-
  • 48. S. ami certo che molta
  • 49. B. ne le verrebbe 57. B. t. E non pensate, donne
  • di Beatrice lo farebbe divenir tale, e molto meno che quelle donne di lui
  • si riderebbero.
  • 40. Gli spiriti discacciati sono i visivi, li morti sono tutti gli altri
  • spiriti sensitivi.
  • 42. Siccome tu fosti già da un tuo amico condotto all' estremità della
  • vita, così, da te menato , anch' io giunsi all' ultimo termine della vita , di
  • là dal quale, cioè dalla morte, non si ritorna più a questo mondo.
  • 45. * nella camera delle lagrime». Sopra cap. 12. «misimi nella mia
  • camera, là ove potea lamentarmi senza essere udito. E quivi . . . m' ad-
  • dormentai . . . lagrimando ».
  • 48. «credo che molta pietà le ne verrebbe». Nel sonetto: «Se lo sa-
  • veste, non potria pietate Tener più contra me 1' usata prova».
  • 52. «ella», cioè la cagione del mio trasfiguramento, «non è saputa»,
  • conosciuta, nò da Beatrice, nò da quelle donne che con lei se ne gab-
  • bavano.
  • 54. Che quelle parole per rima fossero da lei lette, o sentite leggere.
  • 57. a onde si mova *, quale sia la cagione.
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  • Vita, nuova. Cap. 14. (Son. 7.) 35
  • Ch' io vi rassembri sì figura nuova,
  • Quando riguardo la vostra beliate.
  • Se lo saveste, non potria pietate^ — 60
  • Tener più contra me 1' usata prova ;
  • Ch' Amor, quando sì presso a voi mi trova,
  • Prende baldanza e tanta sicurtate,
  • Che fiere tra' miei spirti paurosi
  • E quale ancidc, e qual caccia di fuora, _ 65
  • Sicch' ei solo rimane a veder vui:
  • Ond' io mi cangio in figura d' altrui,
  • Ma non sì, eh' io non senta bene allora
  • Gli guai degli scacciati tormentosi.
  • Questo sonetto non divido in parti, perchè la divisione non 70
  • si fa, se non per aprire la sentenzia della cosa divisa: onde,
  • conciossiacosaché per la su ragionata cagione assai sia
  • manifesto, non ha mestieri di divisione.
  • Vero è che tra le parole, ove si manifesta la cagione di
  • questo sonetto, si trovano dubbiose parole ; cioè quando dico, 75
  • 58. M. Che ne rassembro 69. C. N. W. — Gli altri de' dis-
  • 61. M. Più ver di me tener cacciati
  • 62. G. S. Che quando Amor sì pr.
  • M. ** trova
  • 63. M. Prende baldetza 72. Mart. "W. per la sua ragionata
  • 64. Tr. 1. W. — N. Che fier — cag. lezione che si corregge come
  • G. S. Che 'l fiere nel testo. — N. per la sovraggiunta
  • N. spiriti e. — B. per la sua ragione
  • 65. N. E quali anc. e quai — M. 74. "W. sia manifesta (in. m. mani-
  • Li quali anc. e i qual festata) la cagione di questo sonetto,
  • M. N. Tr. 1 "W. pinge di fora non
  • 66. Sicch' io solo rimango , catti- W. non è mestieri
  • vissima variante del Biscioni. 75. W. si scrivono dubbiose
  • 58. < rassembri », l' istesso che « sembri ».
  • 61. Pietà finora non fu accordata al poeta, non gli si arrese, ma tenne
  • prora contra le sue istanze, gli si mostrò nemica (cap. 13.).
  • 64. «fiere», cioè ferisce, percuote. «Un vento .... Che fier la selva».
  • Inf. IX. 69.
  • 67. Mi cangio in figura tanto diversa dalla mia usata, che non sembro
  • più desso , ma un altro.
  • 69. Vedi sopra: «molto mi dolea di questi spiritelli» (visivi), «che si
  • lamentavano forte», per essere «discacciati» (lin. 38.).
  • 72. In fine della prosa precedente, espónendo «la cagione del suo
  • trasfiguramento » , 1' aut. aveva pienamente indicato l'intrecciatura, ossia
  • la divisione del sonetto.
  • 3*
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  • 36 Vita nuova. Cap. 14. 15.
  • eh' Amore uccide tutti i miei spiriti, e li visivi rimangono in
  • vita, salvo che fuori degli strumenti loro. E questo dubbio
  • è impossibile a solvere a chi non fosse in simil grado fedele
  • d' Amore; ed a coloro che vi sono, è manifesto ciò che
  • 80 solverebbe le dubbiose parole: e però non è bene a me
  • dichiarare cotale dubitazione, acciocché lo mio parlare sarebbe
  • indarno, ovvero di soperchio.
  • CAPITOLO xv.
  • Appresso la nuova trasfigurazione mi giunse un pensa-
  • mento forte, il quale poco si partia da me; anzi continua-
  • mente mi riprendea, ed era di cotale ragionamento meco:
  • Posciachè tu pervieni a così schernevole vista quando tu se'
  • 5 presso di questa donna, perchè pur cerchi di vederla? Ecco,
  • che se tu fossi domandato da lei, che avresti tu da rispondere?
  • ponendo che tu avessi libera ciascuna tua virtude, in quanto
  • tu le rispondessi. Ed a questo rispondea un altro umile pen-
  • siero, e dicea: Se io non perdessi le mie virtudi, e fossi libero
  • 80. Mart. W. dubitose parole 6. B. avrestu da rìsp. — Torri
  • 81. W. lo mio parlare dichiarando avresti da risp.
  • sarebbe 7. W. libertade in oiasc.
  • Cap. XV. 8. "W. in quanto che tu. Preferirei
  • 1. B. la mia trasfigurazione. in tanto che tu.
  • 3. M. Bobbia, S. saltando il passo M. S. Ed a costui
  • mi riprendea, ed era di cotal ragiona- 9. Le parole Se io non perdessi
  • mento non ne ritengono che la pa- le miei virtudi, e fossi libero tanto
  • rola era — Tr. 1. mi riprendea di eh' io le potessi rispondere mancano
  • cotale ragionarli. nel cod. M. e nelle stampe anteriori
  • 4. Mart. W. così discernevole alla Milanese. — C. N. e fossero
  • 5. M. S. di veder lei libere
  • 81. «acciocché» nel significato di a perciocché». Sarebbe indarno per
  • chi non fu in simil grado fedele d' Amore ; di soperchio per chi lo fu.
  • Cap. XV.
  • 3. Sembra che Amore tenga all' aut. questo ragionamento, perché nel
  • sonetto ò Amore che dice: «fuggi, se '1 perir t' è noia».
  • 4. «così schernevole vista», da eccitare quelle donne a ridersi di te.
  • L' aspetto tuo diventa tale che «lo viso mostra lo color del core» tramortito.
  • 5. «perchè pur cerchi di vederla?» — «A che fine ami tu questa tua
  • donna, poiché tu non puoi la sua presenza sostenere?» dicono le donne
  • del cap. 18.
  • 7. Veramente, trovandoti^ nel suo cospetto, tu non hai libere le tue
  • virtudi, perchè, come si disse nel cap. 11. «per soverchio di dolcezza di-
  • veniva tale, che '1 mio corpo molte volte si movea come cosa grave,
  • inanimata ».
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  • Vita nuova. Cap. 15. (Son. 8.) 37
  • tanto eh' io le potessi rispondere, io le direi, che sì tosto com' io io
  • immagino la sua mirabil bellezza, sì tosto mi ghigne un desi-
  • derio di vederla, il quale è di tanta virtude, che uccide e di-
  • strugge nella mia memoria ciò che conira lui si potesse levare ;
  • e però non mi ritraggono le passate passioni da cercare la /' ' ^«*r
  • veduta di costei. Ond' io, mosso da cotali pensamenti, proposi 15
  • di dire certe parole, nelle quali, scusandomi a lei di cotal ri-
  • prensione, ponessi anche quello che mi addiviene presso di
  • lei; e dissi questo sonetto:
  • Sonetto ottavo.
  • Ciò, che m' incontra nella mente, more */ t
  • Quando vegno a veder voi, bella gioia^ -^ 20
  • E quand' io vi son presso, sento Amore,
  • Che dice : Fuggi , se '1 perir t' è noia.
  • Lo viso mostra lo color del core ,
  • Che, tramortendo, ovunque può s' appoia ;
  • E per V ebrietà del gran tremore ""~~ 25
  • Le pietre par che gridin: Moia , moia.
  • 10. Tr. 1. eh' io potessi 22. M. Scap. se 'l morir V è noia
  • 14. M. non mi traggono — C. N. se 'l partir V è noia
  • B. di cercare 24. Gr. S. CK è tramortendo
  • 16. M. S. di cotal passione C.N. M. v. 1. Scap. ovunqtie poi
  • 17. W. che mi divenne - S. che mi 9 [ a ™ oia " <*■ S ; M ' v ' 2 ' d ° vun ^ ue
  • ... s appoia — M. la ovunque s app.
  • distene _f ,_ „ „....,,„ A
  • 25. M. Per V ebrxetate dello gr. tr.
  • 26. M. Scap. W. par che dican
  • 14. « Le passate passioni » , i sofferti affanni , essendo uccisi e distrutti
  • nella memoria dell' aut. dal desiderio di rivederla, non possono ritenerlo
  • dall' esporsi di nuovo all' istesso cimento.
  • 17. *di cotal riprensione», dei rimproveri fattigli da Amore.
  • 19. o Ciò che m' incontra » , ogni opposto pensiero che sorga , « nella
  • niente», nella mia memoria, a muore», resta distrutto dal mio desiderio, e
  • vengo «a veder voi».
  • 23. Il colore del viso mostra lo stato tramortito in cui il cuore si ri-
  • trova, a La tramortita sua virtù ravviva». Purg. XXXIII. 129. Nella
  • divisione si legge «manifesto lo stato del core per esemplo del viso».
  • 24. « s' appoia » , si appoggia , per non venir meno , come di fatti nel
  • cap. 14. vedemmo il poeta appoggiarsi al mitro della sala.
  • 25. Invece di sorregger 1» aut. , le pietre di quel muro , commosse dal
  • suo tremore, vogliono vederlo morto. « Ogni sicurtade mi vien meno».
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  • 38 Vita nuova. Cap. 15. (Son. 8.)
  • Peccato face chi allor mi vide,
  • Se T alma sbigottita non conforta,
  • Sol dimostrando che di me gli doglia 1{
  • 30- ,^ — Per la pietà, che '1 vostro gabbo uccide,
  • La qual si cria nella vista morta
  • Degli occhi, e' hanno di lor morte voglia.
  • Questo sonetto si divide in due parti : nella prima dico la
  • cagione, per che non mi tengo di gire presso a questa donna ;
  • 35 nella seconda dico quello che m' addiviene per andare presso
  • di lei; e comincia questa parte quivi: E quando vi son presso,
  • E anche questa seconda parte si divide in cinque, secondo cin-
  • que diverse narrazioni: che nella prima dico quello che Amore,
  • consigliato dalla ragione, mi dice quando le son presso ; nella
  • 40 seconda manifesto lo stato del core per esemplo del viso;
  • nella terza dico, siccome ogni sicurtade mi vien meno; nella
  • quarta dico che pecca quegli che non mostra pietà di me, ac-
  • ciocché mi sarebbe alcun conforto ; nell' ultima dico perchè
  • altri dovrebbe aver pietà, cioè per la pietosa vista, che ne&li
  • 45 occhi mi giunge; la qual vista pietosa è distratta, cioè non
  • pare altrui, per lo gabbare di questa donna, la quale trae a
  • 27. G. S. Pece, fa chi all' hora — 34. B. non to' attento
  • I testi che leggono face e ritengono 35. Mart. — C. N. quello che di-
  • (colle edd. di Milano e di Pesaro) viene — W. qu. che mi divenne —
  • 1' allora, danno una sillaba di troppo B. che m' avviene
  • al verso. 37. W. v. B. — C. N. W. t. si di-
  • N. mi vede vide qu. sec. parte in cinque diverte
  • 29. e 32. N. di me gli doia , e di 38. B. divise
  • lor morte voi a ; cosi veramente vuole C. N. W. v. div. variazioni
  • il Naottuccx Manuale , prima 40. B. nella sec. dico
  • ediz. II. XXXI. che si legga. 42. B. che non ha pietà
  • 30. M. Mart. Scap. ancide — N. che 43. acciocché mi sarebbe alcun con-
  • 'l vostro g. avvede forto manca nei codd. C. N. Nel
  • 31. G-. S. Lo qual si cria primo di essi la lacuna continua
  • Il Frat. — senza appoggiarsi fino a pietosa vista
  • ad autorità di codd. — vista smorta 45. N. la qual vista mi giunge e
  • non pare altrui
  • 27. e sg. «La vista morta», 1' aspetto tramortito della mia persona,
  • « cria >, cioè crea, fa nascere, ovvero dovrebbe farlo, pietà in altrui. Anzi,
  • il non sentirne e il non manifestarla, non confortando «1' alma sbigottita»
  • del poeta, o non dimostrando almeno qualche compassione p$l suo stato,
  • sarebbe peccato. Ma questa pietà, benché nata in altrui, è uccisa dal
  • gabbo, dal beffarsi che Beatrice ne fa colle sue compagne.
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  • Vita nuova. Cap. 16. 39
  • sua simile operazione coloro, che forse vedrebbono questa pietà.
  • La seconda parte comincia quivi: Lo viso mostra; la terza:
  • E per V ebrietà; la quarta: Peccato face; la quinta: Perla
  • jrietà. 50
  • CAPITOLO XVI.
  • Appresso ciò che io dissi questo sonetto, mi mosse una
  • Tolontà di dire anche parole, nelle quali dicessi quattro cose
  • ancora sopra il mio stato, le quali non mi parea che fossero
  • manifestate ancora per me. La prima delle quali si è , che
  • molte volte io mi dolea, quando la mia memoria movesse la 5
  • fantasia ad immaginare quale Amore mi facea: la seconda si è,
  • che Amore spesse volte di subito m' assalia sì forte, che in me
  • non rimanea altro di vita se non un pensiero? che parlava di
  • questa donna: la terza si è, che quando questa battaglia d'Amore
  • m' impugnava così, io mi movea, quasi discolorito tutto, per 10
  • veder questa donna, credendo che mi difendesse la sua veduta
  • da questa battaglia, dimenticando quello che per appropin-
  • quarmi a tanta gentilezza m' addivenia : la quarta si è, come
  • cotal veduta non solamente non mi difendea, ma finalmente
  • disconfiggea la mia poca vita; e però dissi questo sonetto: 15
  • 47. N. forse chiuderebbero 8. B. parlava deella mia donna
  • 10. Tr. 1. mi pugnava così
  • Cap. XVI. 13 . M , S . _ C . N. W. per appro-
  • m 4. S. manifeste ancora pinquare a tanta gent.
  • 5. M. che io me dolea spesse volte W. mi divenia — S. to' avventa
  • 7. W. sì spesse volte di sub. — 14. N. solamente non mi difendea
  • C N. di subito spessamente — B. non solamente mi difendea
  • C. N. che a me non rim.
  • Cap. XVI.
  • 6. «quale Amore mi facea», lo misero stato, esposto nei precedenti
  • •capitoli.
  • 10. L' aut. già «discolorito» dal «pensiero, che parlava di questa donna»,
  • «he in conseguenza del subito assalto di Amore solo gli era rimasto, spera
  • di riaversi da questa battaglia nell' aspetto di Beatrice. Il « desiderio di
  • vederla» aveva uccise nella sua memoria «le passate passioni» (cap. 15.).
  • Sono gli stessi pensieri che formano il sonetto ottavo, e non si vede troppo
  • bene, perchè 1' aut. ascriva al presente capitolo «quattro cose, le quali non
  • mi parea che fossero manifestate ancora per me ».
  • 15. Abbatteva e distruggeva anche quel po' di vita che ancora gli ersi
  • rimasto.
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  • 40 Vita nuova. Cap. 16. (Son. 9.)
  • SONETTO NONO.
  • Spesse fiate vengonmi alla mente
  • L' oscure qualità ch'Amor mi dona;
  • E vienmene pietà sì, che sovente
  • Io dico : ahi lasso ! avvien egli a persona ?
  • 20- — — Ch' Amor m' assale subitanamente
  • Sì, che la vita quasi m' abbandona:
  • Campami un spirto vivo solamente,
  • E quei riman, perchè di voi ragiona.
  • Poscia mi sforzo, che mi voglio aitare;
  • 25 , . — -E così smorto, e d' ogni valor vóto,
  • Vegno a vedervi, credendo guarire:
  • E se io levo gli occhi per guardare,
  • Nel cor mi si comincia un terremoto,
  • Che fa da' polsi V anima partire.
  • 16. M. N. vennemi alla mente,, 21. M. Sì che mia vita — W. r. B.
  • lezione mutata dal Fraticelli in Che la mia vita
  • venemi — Tutti gli altri testi a 22. M. Scampami un sp. — *r.
  • penna, seguiti anche dal G. e dal Campi uno spirto
  • S. vengonmi alla m, 28. Tr. 1 , seguito dalla Milanese
  • 17. M. N. V oscura qual. — Vedi e dalle successive edd. uno tremuoto ;
  • il commento. l' istessa lezione si trova nel cod
  • 20. C. N. M. v. G. S. — M. W. W. r.
  • W. r. B. m' assale sì subitamente 29. C. N. W. r. S. Che fa de' polsi
  • 17. «L' oscure qualità » : il tremore del cuore, la pallidezza del viso il
  • venir meno degli spiriti sensitivi, e generalmente la schernevole sua vista-
  • — «Dona* in senso di «dao, che si dice anche delle cose spiacevoli.
  • 19. Sottintendi: ciò che avviene a me.
  • 20. L' aut. ripete in versi quanto aveva detto sopra nella prosa : «Amore
  • spesse volte di subito m' a b salia si forte, che in me non rimanea (Cam-
  • pami) altro di vita, se non un pensiero (un spirto) che parlava di questa
  • donna ».
  • 24. Benché vicino alla morte, «cosi smorto», o come dice la prosa
  • «quasi discolorito tutto*», fa come un'ultima prova, «mi sforzo», sperando
  • trovar conforto, ajuto, nell'aspetto della sua donna, «che mi voglio-
  • aitare, credendo guarire».
  • 28. Un' agitazione di tanta violenza che somiglia a un terremoto.
  • Ancoraché si leggesse «uno tremoto», quest' ultima voce non sarebbe
  • identica con «tremito», Inf. XXXI. 106.
  • 29. « il sangue , in sul qual io sedea » , dice Iacopo del Cassero. Pure
  • T. 74.
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  • Vita nuova. Cap. 16. 17. 18. 41
  • Questo sonetto si divide in quattro parti, secondo che 30
  • quattro cose sono in esso narrate : e perocché ' sono esse
  • ragionate di sopra, non m' intrametto se non di distinguere
  • le parti per li loro cominciamenti : onde dico che la seconda
  • parte comincia quivi: Ch 9 Amor; la terza quivi: Poscia mi
  • sforzo; la quarta: E se io levo. 35
  • CAPITOLO XVII.
  • Poiché io dissi questi tre sonetti, ne' quali parlai a questa
  • donna, però che furo narratorii di tutto quasi lo mio stato,
  • credeimi tacere, perocché mi parea avere di me assai mani-
  • festato. Avvegnaché sempre poi tacessi di dire a lei, a me
  • convenne ripigliare materia nuova e più nobile che la passata. h
  • E perocché la cagione della nuova materia è dilettevole a
  • udirc, la dirò quanto potrò più brevemente.
  • CAPITOLO XVIII.
  • Conciossiacosaché per la vista mia molte persone avessero
  • compreso lo segreto del mio core, certe donne, le quali
  • 31. N. Mart. — W. sono di sopra 3. Mart. assai detto
  • ragionate — B. sono di sopra nar- 4. sempre non si legge nel cod. M.
  • rate 5* N. convenne di ripigliare
  • 32. B. non mi trametto M. più nobile della passata
  • 7. N. quanto potrò brevemente
  • Cap. XVII.
  • 1. B. parlai eli questa donna CAp. XVIII.
  • 2. M. S. furono quasi narratori !• Per conformarmi alla numerà-
  • ri* tutto lo mio stato. aione delle edizioni recenti, fo nuovo
  • 3. N. — W. S. credendomi tacere capitolo, benché non se ne trovi
  • e non dir più, perocché — M. creden- segno nei testi a penna e nell' ediz. S.
  • domi tacere, taceva, per. — C creden- M. per la veduta delta vista
  • domi tacere, per. »»'"«
  • aoere manca nel cod. N. 2. S. lo segreto del mio operare
  • 32. «non m' intrametto», non mi travaglio , non mi do pensiero. Cosi
  • pure nel cap. 22. ed in fine della divisione del cap. 43.
  • Cap. XVII.
  • 2. afuro narratorii di tutto quasi lo mio stato», notificarono presso che
  • tutta la mia condizione.
  • 4. Il sonetto nono è 1' ultima poesia della Vita Nuova diretta a Beatrice.
  • 6. «la cagione della nuova materia è dilettevole a udire»», cioè il ragiona-
  • mento che 1' aut. ebbe con « certe donne » , del quale tratta il capitoh»
  • seguente.
  • Cap. XVIII.
  • 1. «per la vista mia», dal mio aspetto.
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  • 42 Vita nuova* Cap. 18.
  • adunate s' erano, dilettandosi l' una nella compagnia dell' altra,
  • sapeano bene lo mio core , perchè ciascuna di loro era stata
  • 5 a molte mie sconfitte. Ed io passando presso di loro, sic-
  • come dalla fortuna menato, fui chiamato da una di queste
  • gentili donne; e quella, che m' avea chiamato, era donna di
  • molto leggiadro parlare. Sicché quando io fui giunto dinanzi
  • da loro, e vidi bene che la mia gentilissima donna non era tra
  • 10 esse, rassicurandomi le salutai, e domandai che piacesse loro.
  • Le donne erano molte, tra le quali n' avea certe che si ri-
  • deano tra loro. Altre v' erano, che guardavanmi aspettando
  • che io dovessi dire. Altre v' erano che parlavano tra loro, delle
  • quali una volgendo gli occhi verso me, e chiamandomi per
  • 15 nome, disse queste parole: A che fine ami tu questa tua donna,
  • poiché tu non puoi la sua presenza sostenere? Dilloci, che
  • certo il fine di cotale amore conviene che sia novissimo^
  • E poiché m' ebbe dette queste parole, non solamente ella,
  • ma tutte le altre cominciaro ad attendere in vista la mia rispon-
  • 20 sione. Allora dissi loro queste parole: Madonne, lo fine del
  • 6. M. dalla fortuna guidato temente, che — 8. Altre ve n' erano,
  • N. menato fui, fui chiara. che
  • 7. C. N. W. La donna che m' area 13. N. che io volessi dire
  • chiam. 14. M. Mart. delle quali V una
  • C. N. W. Tr. 1. era di molto C. N. W. volgendo i suoi occhi
  • 8. Tr. 1. gentile parlare W. ver di me, chiamandomi
  • 9. W. non era con esse — C (?) 16. M. "W. sostenere la sua pre-
  • N. non era con loro senta
  • 10. S. raffigurandomi le salutai N. W. v. sostenere degli occhi,
  • 11. "W. — S. ve »' avea certe che Che certo
  • si rid. — M. ve ne avean certe 17. B. dilloci; perocché 'l fine
  • che si rid. — C. N. v' avea che si M. di tale amore
  • rid. — "W. di prima mano n' erano B. conviene essere nov.
  • certe che si r. 18. C. N. W. detto questo, non
  • 12. Tr. 1. Altre v' erano simigliane 20. N. Madonna
  • S. la fine del mio am.
  • 5. «era stata a molte mie sconfitte» presente, allora che il veder
  • Beatrice aveva disconfitto la poca sua vita (cap. 16.).
  • 17. a novissimo», insolito, assai diverso dal fine di altri amori.
  • 19. «cominciaro ad attendere in vista la mia risponsioneo, 1' espressione
  • dei loro visi faceva conoscere che aspettassero la risposta dell' aut.
  • «Marzia tua ... in vista ancor ti prega . . . che per tua la tegni ». Purg.
  • I. 79.
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  • Vita nuova. Cap. 18. 43
  • mio amore fu già il saluto di questa donna, forse di cui voi
  • intendete; ed in quello dimorava la beatitudine e il fine di
  • tutti i miei desiderii. Ma poiché le piacque di negarlo a me,
  • lo mio signore Amore, la sua mercè, ha posta tutta la mia
  • beatitudine in quello, che non mi puote venir meno. 2S
  • Allora queste donne cominciaro a parlare tra loro ; e sic-
  • come talor vedemo cader 1' acqua mischiata di bella neve,
  • così mi parea vedere le loro parole uscire mischiate di sospiri.
  • E poiché alquanto ebbero parlato tra loro, mi disse anche
  • questa donna, che mi avea prima parlato, queste parole : Noi 30
  • ti preghiamo, che tu ne dica ove sta questa tua beatitudine.
  • Ed io rispondendole, dissi cotanto: In quelle parole che lo-
  • dano la donna mia. Ed ella rispose.* Se tu ne dicessi vero,
  • quelle parole che tu n' hai dette, notificando la tua condi-
  • zione, avresti tu operate con altro intendimento. 35
  • 21. W. fa già lo salute S. così mi farce
  • N. forse di che voi — Frat. di 28. C. N. — M. W. S. udire le loro
  • cui voi forse parole. Gli argomenti che militano
  • 22. M. — S. la felicità del fine — per 1' una e per 1' altra lezione mi
  • B. la beat, del fine — N. la beat. sembrano di forza quasi uguale.
  • che era fine — W. la 'beat, che è fine. Vedi Inf. XXXIII. 9.
  • 23. N. tutti i miei buoni desiderii M. W. S. — N. seguito dal
  • — C. tutti i miei beni e desid. Frat. salta V uscire
  • S. Ma poiché le piace 30. M. W. S. — N. prima m' avea
  • 24. M. S. — Frat. la sua mercede. parlato
  • «Mercede è compenso del lavoro, è 31. M. S. dove è questa
  • prezzo di opera prestata. La sua 33. M. W. S. Allora mi rispose
  • ■mercè vale : per sua misericordia ». questa che mi parlava : Se tu
  • (LiOD. Pizzo.) M. S. Se tu mi dicessi
  • 26. S: parlare fra loro 34. M. "W. che tu hai dette — S.
  • 27. M. e S. tralasciano la parola che tu mi hai dette
  • cader 35. M. S. con altra intenzione
  • 21. «forse» ; 1' aut. non vuol concedere direttamente, che queste donne
  • abbiano « compreso lo segreto del suo cuore ».
  • 23. Vedi sopra cap. 10.
  • 28. « mi parea vedere le loro parole » — « Se si avverta che le donne
  • parlano intra loro, e che Dante non dice di che esse parlassero, può dirsi
  • con verità di vedere alcuni parlar tra loro , quando non se ne oda il di-
  • scorso». Machibelli. — «Ed ancorché le donne avessero parlato coli' aut.,
  • -non sarebbe inconveniente il dire, che gli parea vedere le loro parole
  • mischiate di sospiri, come il conte Ugolino disse : Parlar e lagrimar vedrai
  • insieme». Giuliani.
  • 33. Se fosse vero, che, come dici, tutta la tua beatitudine consista nelle
  • parole che lodano la donna tua, non avresti detto che il pensiero eh' esalta
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  • 44 Vita nuova. Cap. 18. 19.
  • Ond' io pensando a queste parole, quasi vergognoso mi
  • partii da loro; e venia dicendo tra me medesimo: Poiché è
  • tanta beatitudine in quelle parole che lodano la mia donna,
  • perchè altro parlare è stato il mio ? E però proposi di pren-
  • 40 dere per materia del mio parlare sempre mai quello che
  • fosse loda di questa gentilissima; e pensando a ciò molto,
  • pareami avere impresa troppo alta materia quanto a me,
  • sicché non ardia di cominciare; e così dimorai alquanti dì
  • con desiderio di dire e con paura di cominciare.
  • CAPITOLO XIX.
  • Avvenne poi che, passando per un cammino, lungo il quale
  • sen giva un rio chiaro molto, giunse a me tanta volontà di
  • dire, che cominciai a pensare il modo eh' io tenessi ; e pensai
  • 36. Frat. , non so donde , quasi capo verso , come sogliono per in-
  • vergognandomi dicare un nuovo capitolo.
  • 37. S. tra me atesso 2. N. seguito dal Frat. correa un.
  • 39. C. N. E proposi rio molto chiaro a" onde, giunse a
  • 40. M. di prendere materia, lezione me — S. seguiva un rivo chiaro
  • seguita dal Giuliani nei suoi com- molto, a me giunse — Tutti gli altri
  • menti, non però nel testo. come il testo; si osservi però che
  • 41. molto manca nel cod. M. dalle note del Pizzo non risulta con
  • 42. B. avere presa certezza, se il cod. M. abbia, o non
  • abbia il d' onde. Vedi anche cap. 9.
  • Cap. XIX. u n . 18 .
  • 1. I testi a penna non fanno
  • il valore dell' Amore sia folle , e non ti saresti lagnato di chi , vedendoti
  • impallidire, non ti conforta.
  • 40. Da ora innanzi 1' aut. non si lagna mai più delle durezze di Bea-
  • trioe, e del rimanergli ricusato quel «dolzore» al quale nel sonetto sesto
  • sperava arrivare: Anzi, nel Purg. (XXXI. 22.) si fa rinfacciare da lei:
  • Per entro i miei disiri ,
  • Che ti menavano ad amar lo bene,
  • Di là dal qual non è a che si aspiri,
  • Quai fossi attraversati, o quai catene
  • Trovasti, per che del passare innanzi
  • Do vessiti così spogliar la spene.
  • Tutto al contrario le poesie del Convivio, e quelle che appartengono
  • all' istessa epoca si dolgono continuamente della severità di quella «donna
  • gentile», che sul principio si era mostrata tanto pietosa verso 1' autore.
  • Cap. XIX.
  • 2. Si direbbe che la scena sia identica con quella descritta nel cap. 9.
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  • Vita nuova. Cap. 19. (Canz. 1.) 45
  • che parlare di lei non si conveniva, se non che io parlassi
  • a donne in seconda persona; e non ad ogni donna, ma sola- 5
  • mente a coloro, che sono gentili, e non sono pur femmine.
  • Allora dico che la mia lingua parlò quasi come per sé stessa
  • mossa , e disse : Donne, cK avete intelletto d* amore. Queste
  • parole io riposi nella mente con grande letizia, pensando di
  • prenderle per mio cominciamento : onde poi ritornato alla 10
  • sopraddetta cittade, e pensando alquanti dì, cominciai una
  • canzone con questo cominciamento, ordinata nel modo che
  • si vedrà di sotto nella sua divisione.
  • CANZONE PRIMA.
  • I. Donne, eh' avete intelletto d' amore,
  • Io vo' con voi della mia donna dire; 15
  • Non perch' io creda sue laude finire,
  • Ma ragionar per isfogar la mente.
  • 4. N. che 'l parlare di lei 10. N. onde poi ritornai
  • N. W. non ti conveniva che io 11. S. cominciai la cant. ordinata
  • facessi 12. M. S. ord. come ti vedrà ap-
  • N. "W. te non parlotti a donne pretto
  • 6. M. a quelle che sono geni. C. N. aggiungono: La canzone
  • 8. motta manca nel cod. N. comincia coti — W. La cant. com.
  • M. S. e ditti allora una can- Donne eh' av. int. d' am.
  • zone la quale comincia
  • M. Donne ecc. — come appretto 16. G. S. tua lode fin.
  • 5. Dacché Beatrice gli negò il suo saluto , 1' aut. supponendo eh' ella
  • non gradisca che le sue rime direttamente si rivolgano a lei, dirizza le di
  • lei lodi ad altrui, vale a dire ad altre donne. E non gli basta che siano
  • •pur femmine*, donne semplicemente ; non vuol parlare che a donne , che
  • sono gentili. Nella canz. in vece di «gentili», dice «che hanno intelletto
  • d' amore » ; ma è 1' istesso pensiero , perchè • Amore e '1 cor gentil sono
  • una cosa» (Son. 10.).
  • 7. «la mia lingua parlò quasi come per sé stessa mossa», cioè per in-
  • spirazione d' Amore. Purg. XXIV. 52.
  • 14. «In un luogo del Purg. (XXIV. 15.) pare accennato che questa
  • non solo fu la prima canzone, ma ancora o la prima poesia pubblicata , o
  • al meno la prima che diventasse famosa, o che desse gran nome al
  • Poeta » . . . . « Si deduce chiaramente dai versi citati che quella canzone a
  • Beatrice fu la prima posta da Dante nella prima publicazione, or diremmo
  • edizione , delle proprie poesie , e che egli n' ebbe fin d' allora nome di
  • uno fra gli ottimi, se non forse di ottimo poeta di sua età». Balbo, Vita
  • di Dante cap. 3, 4.
  • « eh' avete intelletto d' amore » , amorose , che in cuore vostro com-
  • prendete che è amore.
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  • %t.'~ r « ■ivi*» m fi li «ci??.
  • •' !•*. *" vt all«:ra a: a per£**$èi at5t*.
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  • tii *> *•« t>" p**rìar a aliia-m?*.
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  • I*"cz£ e an*>r»:-M?. e a ttì. - —
  • «-1- -"" è cesi «Lt pariira* altnL
  • IL Ar. .r-:I .- ciiAz^a ia lira» ir^H^o,
  • Mrravizlfa a*IT ano. ci* pr»:c*vl»
  • I** :zi" arTiJ. cL* tu quassù rèp^rade.
  • L»> ci-I«>. ci* *:a aai* altro iif-etto
  • «.=.«? -i" arer Iti. ai suo Sitaor la ciird»;
  • I*. Pr. /"» irw'i #^: wz'^r* — B. tsi>tVm — T. wì iTr. £«£. (.Tedi il
  • S'TM'Z.i'i'' -a *w: rsy» c*aun>*»t •-•
  • 27. X. <*"* s»*rvsr* «."•/-*• — PaL -/à" 3 . M. Mzrzrii ■* d~ bob *£~o
  • 9*'S-+rr ?.* *-T"*» — M. te r*ia Zi. M. i* «■« *vr*«t«
  • .' **«" X- ri' ì*.t~* — B» rie "a fm
  • 2*. Tat. e Frat. JV*** .--*"** 32. IL r*-? *•* ** prà «'*/t> —
  • 3C. Pai- Pr. G. ▼- ed aie-sai y. Pr. rf* »■.* f-rr« «rftr» — B- eie
  • alrri ". i'?i+. *«.*«'. J>**c- Lezzcze cent- *. « t* x."*">
  • =>;=siaZA ìaì BaIòo tì» è D. c. J. fi. M. m w.- S'j*v§r
  • X. K. e «a! ó: — Tat. d '*'&>
  • 5»v Se. invasato dalla dolcezza di Amore, «bob per dessi artiif», e a»
  • 1 k» tarsio bastasse a fané le lodi della Baia denna. la «carte die sen-
  • tisse le saie parole •* innamorarebbe di lei. beawfeè bob xednta. Ma il
  • j«o bbìo iaceono bob an pezaaette di stirar a cosi alto «ne: bob parlerà
  • «rznqie che «per infocar la ante» « « Sì e** io sfreni il dolor che il cor
  • m" impregna* Ini. rXXEQ. 113. i. e quanto diro per esporri la «bb genti-
  • lezza, sarà tannerò, imperfetto, a parasroae d«l vero. — «L*aBÌBaa dice:
  • o sae lassa . ek" io bob soa possente di dir quel ea* odo deBa doBBa Baia*.
  • Canz. «Asaor. che ntlla Bacate*.
  • j^. Le utaaxe deli' aaceio si rxrolcoao a Pio : asa sarebbe saperUno,
  • se Tolesae formarle ia parole e profferirle ad alta voce. Iddìo (« lo spegli»
  • In che, prima che pesisi, il pensaer pandi • [Par. XT. tó.] I conoscerà quel
  • pensiero anche prisaa che Y angelo r aresse concepito. Qoelle istauro
  • dnnqne non perrenjeono a Dio di fnori, nta si BBanifestano Bella divina
  • Bsente stessa . nel • diTino intelletto ».
  • 3i>. « Meraritflia nell* atto » . non solamente in potenza , na smeraTtglin
  • de/lotta in atto, cioè effettrra, che nell' istesso tempo prodnee Biiracoli
  • in attrai.
  • 35. Al cielo non manca altro che di posseder lei.
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  • Vita nuova. Cap. 19. (Canz. 1.) 47
  • E ciascun santo ne grida mercede.
  • Sola pietà nostra parte difende^ — " 35
  • ^ Che parla Iddio, che di madonna intende:
  • Diletti miei, or sofferite in pace.
  • Che vostra speme sia quanto mi piace
  • Là , ov' è alcun che perder lei s' attende^
  • E che dirà nell' Inferno a' malnati: - 40
  • Io vidi la speranza de' beati.
  • III. Madonna è desiata in sommo cielo:
  • 35. W. e W. r. nel testo Sella • ed allora parimente deve dire
  • pietà, cioè Se la pietà come ai trova nottra *.
  • nella Pr. Lezione, che potrebbe di- 36. Vat. che di mia donna int.
  • fendersi, mettendo un segno d' in- 38. G. v. Che vostra speme si è —
  • terrogazione in fine del verso se- W. Che nostra spene sia
  • guente: Che cosa risponde Iddio Pai. quando mi piace — M.
  • alla pietà , cosa intende far di quanà" a me p.
  • madonna? 39. Nel cod. M. i tre ultimi versi
  • B. segue nel testo la nostra della strofe si leggono cosi:
  • lezione, ma nelle note la dà per È nel mondo uno che perdendo lei
  • variante, e riferisce l'altra: pietà intende,
  • vostra parte di/. , come se fosse del D' andare nello Inferno agli malnati,
  • suo testo. Vi aggiunge : « se questo E veder la speranza dei beati
  • verso è della prima parte della Pai. perderla s' attende
  • Strofe , nella quale parlano gli 40. W. r. Pr. che diran nelV In-
  • Angeli, dee dire nostra; ma se è ferno i malnati
  • della seconda parte , nella quale M. Vat. e Pai. o malnati
  • risponde Iddio agli Angioli mede- 42. B. in V alto cielo — Tutti i
  • simi , dee dire vostra. Può essere testi a penna, e le edd. G. e S. stanno
  • ancora che sia come un detto asso- con noi. — I soli W. r. e Pr. leggono
  • luto del Poeta» (e lo è senza fallo) : in altro cielo
  • 34. Ne implora la grazia.
  • 36. Vedi 1' annotazione critica. — La misericordia divina difende la
  • parte dei viventi in terra, e per questo («che») Iddio parla, rispondendo
  • all' angelo ed ai santi.
  • 38. Dicendo «vostra speme», Iddio «intende di madonna*.
  • 39. Il presentimento della morte di Beatrice era già venuto al poeta.
  • 40. «È chiaro qui, che quando scrisse Dante questa sua canzone, egli
  • avea già concepita qualche idea, almen della prima cantica del poema» . . .
  • «In qual anno precisamente venisse a Dante quest'idea, non è possibile
  • determinarlo; bensì può dirsi, che non fu posteriore al 1289, essendo di
  • tal anno al più tardi la citata canzone*. Balbo dove sopra. — È da osser-
  • varsi del resto che varcata la porta oscura dell' Inferno Dante non sola-
  • mente non parla di Beatrice , ma non 1' accenna nemmeno , come Virgilio
  • veramente lo fa (Inf. XII. 88.). — «Neil' Inferno a' malnati». Vedi
  • Inf. XXXII. 13. « O . . . mal creata plebe . . . Me' foste state qui pecore
  • o zebe».
  • 42. Nella terza canz. (cap. 32.) si dice «Ita n' è Beatrice in 1' alto
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  • 48 Vita nuova. Cap. 19. (Canz. 1.)
  • Or vo' di sua virtù farvi sapere.
  • Dico: qual vuol gentil donna parere
  • 45 Vada con lei; che quando va per via, ^k
  • Gjtta ne' cor villani Amore un gelo , w\
  • Per che ogni lor pensiero agghiaccia e pére.
  • %E qual soffrisse di starla a vedere
  • Diverria nobil cosa, o sLniorria: > A
  • 50 E quando trova alcun che degno sia
  • Di veder lei, quei prova sua virtute;
  • \- Che gli avvien ciò che gli dona salute,
  • E sì P umilia, che ogni offesa obblia.
  • Ancor le ha Dio per maggior grazia dato,
  • 55 Che non può mal finir chi le ha parlato.
  • IV. Dice di lei Amor: Cosa mortale
  • Come esser può sì adorna e sì pura ?
  • Poi la riguarda, e fra sé stesso giura
  • 44. M. Che qual vuol donna gentil 51. W. che prova — W. r. Pr. per
  • apparere provar — M. e provar
  • 45. N. e W. con lei quando 52. G. Che gli addivien ciò che gli
  • 46. "W. r. e Pr. nel chor uìllano dà, lezione che sembra trovarsi
  • M. villan d? amor — W. t. hu- anche nel cod. M.
  • mani amore 53. M. Così umilia eh* ogni cosa
  • 47. Vat. Sì eh' ogni oblia — W. r. e Pr. G. v. E sì V uni.
  • Il cod. Pai. attribuito al Pe- eh' ogni cosa oblia
  • trarca ( t ! ) ogni buon pensiero — Pr. 57. M. Gr. Coni' esser puote
  • ogni suo pensiero M. così ad. epura — ' G. sì ad.
  • 49. W. v. over morria — W. r. e pura — Tr. 1. sì ad. cosa e pura
  • Zatta ecc. e si morria
  • cielo». — In questa strofe il poeta dice della sua donna «quanto dalla
  • parte della nobiltà della sua animto, narrando alquanto delle sue virtudi
  • effettive, che dalla sua anima procedono».
  • 44. «E qual donna gentil questo non crede, Vada con lei, e miri gli
  • atti suoi». Canz. • Amor dacché convien ».
  • 47. I pensieri dei villani sono villani, ma 1» aspetto di Beatrice fa ag-
  • ghiacciare e perire ogni tal pensiero.
  • 49. Guido Cavalcanti ballata 8. « Ed io , s' i' la guardassi , ne morria ».
  • 51. «quei prova sua virtute», sente gli effetti dalla virtù di Beatrice
  • in lui prodotti. «Ogni abito destro Fatto a-verebbe in lui mirabil prova».
  • Purg. XXX. 117.
  • 53. Vedi sopra cap. 11. lin. 4. — «1 -umilia», in senso favorevole, gli
  • compartisse la virtù dell' umiltà. «La vista sua fa ogni cosa umile». Son.
  • del cap. 27. Un pensiero analogo, ma in senso contrario, ricorre nella
  • canz. «Amor, che nella mente»: «Quest'è colei, che umilia ogni per-
  • verso ».
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  • Yita nuova. Cap. 19. (Canz. 1.) 49
  • Che Dio ne intende di far cosa nuova.
  • Color di perla quasi informa, quale r—~ . 60
  • Conviene a donna aver, non fuor misura:
  • Ella è quanto di ben può far natura;
  • Per esempio di lei beltà si prova.
  • Degli occhi suoi, come eh' ella gli muova,
  • Escono spirti d' amore infiammati, 65
  • Che fieron gli occhi a qual, che allor gli guati,
  • E passan sì che '1 cor ciascun ritrova.
  • Voi le vedete Amor pinto nel riso,
  • Ove non puote alcun mirarla fiso.
  • 59. Vat. Che Dio ne 'Menda 67. W. r. e Pr. sostituiscono a
  • 60. Pai. W. di perle ha quasi in questo verso l' altro : E va chiamando
  • Jorma Amor ciascuno a prova, che appar-
  • si. M. A donna si convien tiene alla canz. «Amor, che nella
  • 62. M. Ella è di ben quanto può mente» str. 3.
  • Jar natura 68. M. Voi gli vedrete — Pai. Voi
  • 65. Pai. N'escono " la vedete — Tr. 1. A lei vedete
  • Vat. sp. a" am. a/fiammati Tutti i testi leggono malamente
  • 66. Vat. E feron gli occhi pinto nel viso
  • M. e Pai. a qual che allor la 69. N. W. r. Pr. — M. Pai. Vat.
  • guati — Ce. y. a qual hor che gli Là 've non puote — G. Là u' non
  • guati puote — W. Nel qual non p.
  • 59. « cosa nuova» , di bellezza giammai veduta. «Ah Dio ! così novella
  • Puote a erto mondo dimorar figura, Ghed è sovra natura?» Guittone
  • •d' Arezzo Canz. 25.
  • 60. «Color di perla informa»: nelle fattezze di Beatrice il color di
  • perla, cioè di un pallido temperato (a non fuor misura») ha preso forma
  • umana. — Nel cap. 37. 1' aut. dice della «donna gentile » : * dovunque
  • questa donna mi vedea, si facea d' una vista pietosa, e d' un color pallido,
  • quasi come d' amore ; onde molte volte mi ricordava della mia nobilissima
  • donna, che di simile colore si mostrava tuttavia*. «Un pallor di viola e
  • d' amor tinto». Petrarca Son. 189.
  • 63. Canz. «Amor dacché convien» Str. 3. «Gentile è in donna ciò che
  • in lei si trova, e bella è tanto, quanto lei somiglia».
  • 66. «a qual», a qualsiasi.
  • 67. e E passan sì» , vanno sì oltre che giungono tutti al cuore, e se ne
  • insignoriscono.
  • 68. «L'anima... dimostrasi nella bocca, quasi siccome colore dopo
  • vetro. E che è ridere, se non una corruscazione della dilettazione dell' anima,
  • cioè un lume apparente di fuori secondo che sta dentro ? . . Ahi mirabile
  • riso della mia donna, di cui io parlo». Convivio III. 8.
  • 69. Canz. «Amor, dacché convien» Str. 4. «Cose appariscon nello
  • suo aspetto , . . . Dico . . . nel suo dolce riso. . . . Elle soverchian lo nostro-
  • intelletto , Come raggio di sole un fragil viso : E perch' io non le posso
  • mirar fiso , Mi convien contentar di dirne poco ».
  • Dante, Opere minori. 4
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  • 50 Vita suota. Cap. 19. (Canz. 1.)
  • 70 V- Canzone, io so che tu girai parlando
  • À donne assai, quando t ? ara» aranzata:
  • Or t' ammonisco, perch' io t ? ho alterata
  • Per figlinola d' Amor fiorane e piana,
  • Che là ore giugni, tu dichi pregando:
  • 75 Insegnatemi gir; eh' io son mandata
  • A quella, di cui loda io sono ornata.
  • £ se non rogli andar, siccome rana,
  • Non ristare ore sia gente villana:
  • Ingegnati, se puoi, d T esser palese •----• -
  • 80 Solo con donna o con uomo cortese,
  • Che ti merranno per la ria tostana.
  • Tu troverai Amor con esso lei;
  • Raccomandami a lui come tu dèi.
  • Questa canzone, acciocché sia meglio intesa, la diraderò
  • 35 più artificiosamente che le altre cose di sopra, e però ne fo
  • tre parti. La prima parte è proemio delle seguenti parole ;
  • la seconda è lo intento trattato ; la terza è quasi una ser-
  • 71. M. Pai. Con donne 81. Tr. 2. Vat. Che te merranno là
  • Pai. poi eh' io V avrò per via tostana .
  • 74. Tutti i testi a penna, meno 83. Tr. 2. Raccomandati
  • W. r. che legge colle edd. Pr. G. S. C. N. a lor — Tutti gli altri
  • Che doee giugni a lui
  • 76. M. N. Pai. W. e W. r. so' a- Pai. sì come dèi
  • domata. — Pr. sto adornata
  • 77. Pai. E se non vuoti gir. 85. B. che V altre di sopra, e però
  • 78. Vat. Non ristar là 've sia ne farò
  • 80. W. B. Solo con donne 87. W. — N. lo intento tratto —
  • B. con uontin B. il trattato intero
  • 71. et' avrò avanzata», messa innanzi, inviata.
  • 73. «piana», lieve, agevole ad intendersi.
  • 76. A quella, della cui lode sono ornata.
  • 77. «vana», forse in senso d'intimidita per vane apprensioni.
  • 79. Nella divisione 1' aut. dice « io temo d' avere a troppi comunicato
  • l'intendimento dì questa canzone».
  • 81. « la via tostana » , la più breve , che si passa più presto.
  • 83. Il poeta non ardisce a farsi raccomandare alla sua donna, sperando
  • ohe Amore, sulle istanze della canzone, intercederà per lui.
  • 87. «intento», partecipio abbreviato del verbo «intentare*, tutto il
  • trattato ohe intentai fare.
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  • Vita nuova. Cap. 19. (Canz. 1.) 51
  • vigiale delle precedenti parole. La seconda comincia quivi:
  • Angelo chiama; la terza quivi: Canzone, io so. La prima
  • parte si divide in quattro : nella prima dico a cui dir voglio 90
  • della mia donna, e perchè io voglio dire; nella seconda dico
  • quale mi pare a me stesso quand' io penso lo suo valore, e
  • come io direi se non perdessi 1' ardimento; nella terza dico
  • come credo- dire, acciocché io non sia impedito da viltà;
  • nella quarta ridicendo ancora a cui intendo di dire, dico la 95
  • ragione per che dico a loro. La seconda comincia quivi:
  • Io dico; la terza quivi: Ed io non vo y parlar ; la quarta
  • quivi: Donne e donzelle.
  • Poi quando dico Angelo chiama, comincio a trattare di
  • questa donna; e dividesi questa parte in due. Nella prima 100
  • dico, che di lei si comprende in cielo; nella seconda dico,
  • che di lei si comprende in terra, quivi: Madonna è desiata.
  • Questa seconda parte si divide in due; che nella prima
  • dico di lei quanto dalla parte della nobiltà della sua anima,
  • narrando alquanto delle sue virtudi effettive, che dalla sua 105
  • anima procedono: nella seconda dico di lei quanto dalla parte
  • della nobiltà del suo corpo, narrando alquanto delle sue
  • bellezze, quivi: Dice di lei Amor.
  • Questa seconda parte si divide in due ; che nella prima
  • dico d'alquante bellezze, che sono secondo tutta la persona; HO
  • 91. B. e che io voglio dire, lezione C. N. W. y. — W. t. virtudi
  • errata, dicendosi nel testo della effezioni, che dalla — gU altri vir~
  • canz. o Io to' . . . ragionar , per tudi t che dalla. — Il mio cod. spiega
  • isfogar la niente ». virtudi effettive «hoc est in alio», che
  • 92. B. dico che mi pare producono effetti salutiferi in altrui,
  • W. — B. ti suo valore — Torri e ciò corrisponde a quanto si dice
  • al tuo valore, male. nella Strofe terza.
  • 94. N. - W. B. dire di lei, ac~ 106. B. dalla sua anima procede-
  • ciocché vano
  • 95. W. a cui ne 'ntendo dire — B. 107. N. W. — gli altri narrando
  • a cui io intenda dire alquante
  • 96. N. W. dico la cagione * B. delle sue belle bellezze
  • B. perchè dica loro 110. Tr. 1. W. — N. W. v. bellezze
  • 101. C. N. eh' è di lei a comprendere. secondo tutta la gloria — Torri beli.
  • 104. dalla parte manca nei codd. che sono secondo la sua pers. — B.
  • C. N. W. salta dall' uno che sono (lin. 110.)
  • 105. N. W. — gli altri narrando all' altro (Un. 111.).
  • alquante
  • 105. « yirtudi effettive » , vedi 1' annotazione critica.
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  • 52 Vita nuova. Cap. 19. 20.
  • nella seconda dico alquante bellezze, che sono secondo
  • determinata parte della persona, quivi: Begli occhi suoi.
  • Questa seconda parte si divide in due ; che nelF una dico
  • degli occhi, che sono principio di Amore; nella seconda dico
  • 115 della bocca eh' è fine d' Amore. Ed acciocché quinci si levi
  • ogni vizioso pensiero, ricordisi chi legge, che di sopra è
  • scritto che il saluto di questa donna, lo quale era delle
  • operazioni della sua bocca , fu fine de' miei desiderii, mentre
  • che io lo potei ricevere.
  • 120 Poscia quando dico: Canzone, io so, aggiungo una stanza
  • quasi come ancella delle altre, nella quale dico quello, che
  • da questa mia canzone desidero. E perocché quest' ultima
  • parte è lieve ad intendere , non mi travaglio di più divisioni.
  • Dico bene, che a più aprire lo intendimento di questa can-
  • 125 zone si converrebbe usare più minute divisioni; ma tuttavia chi
  • non è di tanto ingegno, che per queste òhe son fatte la possa
  • intendere , a me non dispiace se la mi lascia stare : che certo
  • io temo d' avere a troppi comunicato il "suo intendimento,
  • pur per queste divisioni che fatte sono, s' egli avvenisse che
  • 130 molti la potessero udire.
  • CAPITOLO xx.
  • Appresso che questa canzone fu alquanto divolgata fra
  • le genti, conciofossecosaché alcuno amico V udisse, volontà
  • \
  • 111. Nel cod. N. manca d'alquante 123. B. è òrieve ad intendere
  • bellezze Mart. di più minute divisioni
  • 112. Il cod. N. seguito dal Torri 124. B. la 'menzione
  • Degli occhi suoi li quali sono di questa canzone manca nel
  • principio d' Amore. Ed acciocché ecc. cod N.
  • 115. B. Amore, acciocché 130. B. le potessino
  • 117. Tr. 1. — C. N. W. era dell' ope-
  • razione della sua bocca — Gli altri Cap. XX.
  • era operazione d. s. b. Vedi il com- 2. S. uno amico V udisse
  • mento.
  • 116. Dicendo la bocca [di Beatrice fine del suo amore, teme che
  • a viziosi pensieri» possano supporre eh' egli aspiri ad averne un bacio.
  • 117. Due sono e le operazioni » , ossia gli atti, della bocca di Beatrice :
  • e uno de' quali è il suo dolcissimo parlare* (che comprende in so «il
  • saluto»), e al' altro lo suo mirabile riso».
  • 121. «aome ancella», sopra lin. 88. la chiamò a servigiale ».
  • 123. «non mi travaglio», altrove dice «non mi trametto».
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  • Vita nuova. Cap. 20. (Son. 10.)
  • 53
  • lo mosse a pregarmi eh' io gli dovessi dire che è Amore,
  • avendo forse, per le udite parole, speranza di me oltreché de-
  • gna. Ond' io pensando che appresso di cotal trattato, bello
  • era trattare alquanto d' Amore , e pensando che 1' amico era
  • da servire, proposi di dire parole, nelle quali trattassi d' Amore ;
  • e dissi allora questo sonetto:
  • /.
  • SONETTO DECIMO.
  • Amore e '1 cor gentil sono una cosa,
  • Siccom' il Saggio in suo dittato pone ;
  • E così esser V un senza V altro osa,
  • Com' alma razionai senza ragione.'
  • Fagli natura, quando è amorosa,
  • Amor per sire, e '1 cor per sua magione,
  • 10
  • 3. C. N. volontà gli mosse
  • N. eh' io gli dicessi
  • 5. M. Tr. 2. Ond' io conoscendo
  • 6. C. M. N. Tr. 1. W. S. — B.
  • trattare alcuna cosa d' Am.
  • 8. C. N. e dissi questo son.
  • 9. Frat. Amore e cor gent. —
  • Tutti i testi a penna, meno W. r.,
  • e tutte le edd. anteriori hanno 1' ar-
  • ticolo.
  • 11. W. W. r. G. S. — M. esser un
  • sema V altro — C. N. senza l' un
  • V altro esser
  • 14. G. t. Amor pregiare il core
  • W. W. r. per sua ragione
  • Cap. XX.
  • 10. »Saggi», o «Savi» dice Dante i poeti degni di parti colar considera-
  • zione. Tale è il titolo dato da lui in numerosi passi della Commedia a
  • Virgilio , tale dice Stazio (Purg. XXIII. 8., XXVII. 67., XXXIII. 15.), per
  • l' i stesso nome accenna Giovenale (Conv. IV. 13.), e tale è il carattere col-
  • lettivo da lui dato ad Omero , Virgilio, Orazio, Ovidio e Lucano (Inf. IV.
  • 110.). I poeti provenzali, benché si vantino del loro «Bavere» (Forchetto
  • da Marsiglia «Tan mou de corteza razo ». Rochegude Parnasse Occitan.
  • 62.), per quanto io sappia, non si dicono «savi», ma «dictayres» , dicitori.
  • « dittato » « dictatz » è il solito termine degli antichi , tanto provenzali,
  • quanto italiani, per componimento poetico.
  • ' Il «dittato» a cui allude il nostro poeta è la celebre canzone di Guido
  • GuinioeIìLI, Bolognese («Maximus Guido», Purg. XXVI. 97.), e part colar-
  • mente il principio di essa: «Al cor gentil ripara sempre Amore, Come
  • 1' augello in selva alla verdura. Né fé' Amor anti che gentil core , Nò
  • gentil cor anti che Amor , Natura». — « Amor . . al cor gentil ratto s' ap-
  • prende » Inf. V. 100.
  • 12. « . . Non pur le nature provvedute Son nella mente eh' è da sé per-
  • fetta, Ma esse insieme con la lor salute». Parad. VIII. 100.
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  • 54 Vita nuova. Cap. 20. (Son. 10.)
  • 15 ""Dentro alla qual dormendo si riposa
  • Talvolta poca, e tal lunga stagione.
  • Beltate appare in saggia donna pui,
  • Che piace agli occhi si, che dentro al core
  • Nasce un desio della cosa piacente:
  • 20 E tanto dura talora in costui, ■ * . • * - -
  • Che fa svegliar lo spirito d' amore;
  • E simil face in donna uomo valente.
  • Questo sonetto si divide in due parti. Nella prima dico di
  • lui in quanto è in potenza ; nella seconda dico di lui in quanto
  • 25 di potenza si riduce in atto. La seconda comincia quivi : Bei-
  • tate appare. La prima si divide in due : nella prima dico in
  • che soggetto sia questa potenza; nella seconda dico come questo
  • soggetto e questa potenza sieno prodotti in essere, e come 1' uno
  • guarda V altro, come forma materia. La seconda comincia
  • 30 quivi: Fagli natura. Poi quando dico: Beìtatfi appare, dico
  • come questa potenza si riduce in atto; e prima come si ri-
  • duce in uomo, poi come si riduce in donna, quivi: E simil
  • face in donna.
  • 15. G. B. v. Dentro allo qual in che sogg., intercalazione notata
  • N. quale dormendo si posa in marg. dal cod. W.
  • 16. N. Talvolta poco — G. Tal- 28. N. W. t. — W. v. prod. ad
  • tolta bri ève essere e come — B. prodotti insieme,
  • e come — Giuliani, combinando le
  • due lezioni , prod. insieme in essere ;
  • 24. N. è a potenza. e come, lezione ohe approverei, se
  • 26. N. dico , in quanto di potenza, fosse validata da testi a penna.
  • 29. C. N. come la forma materia
  • 15. «alla qual» magione. — «dormendo», cioè in potenza, non ancora
  • in atto.
  • 17. Purg. XVIII. 19. «L' animo, eh' è creato ad amar presto, Ad ogni
  • cosa è mobile che piace, Tosto che dal piacere in atto è desto. Vostra
  • apprensiva da esser verace Tragge intenzione, e dentro a voi la spiega,
  • Sì che 1» animo ad essa volger face. E se , rivolto , inver di lei si piega]
  • Quel piegar è amor, quello è natura, Che per piacer di nuovo in voi si
  • lega. Poi . . . . T animo preso entra, in disire ... e mai non posa Finché
  • la cosa amata il fa gioire.
  • 22. Beltà e saggezza dalla parte della donna riducono in atto l' amore
  • nel cuore dell' uomo, e così valore della parte dell' uomo nel cuore di
  • donna.
  • 23. «dico di lui » , cioè di Amore.
  • 27. «dico in che soggetto » : nel cuor gentile.
  • 29. Il cuore ò la materia, Amore la forma.
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  • Vita nuòva. Cap. 21. (Son. 11.) 55
  • CAPITOLO XXI.
  • Posciache trattai Amore nella soprascritta rima, ven-
  • nemi volontà di dire anche in lode di questa gentilissima pa-
  • role, per le quali io mostrassi come si sveglia per lei quest' amore,
  • e .come non solamente si sveglia là ove dorme , ma là ove
  • non è in potenza, ella mirabilmente operando lo fa venire. 5
  • E dissi allora questo Sonetto:
  • SONETTO UNDECIMO.
  • ^ Negli occhi porta la mia donna Amore;
  • Per che si fa gentil ciò eh' ella mira:
  • Ov' ella passa, ogni uom ver lei si gira,
  • E cui saluta fa tremar lo core. . --—' IO
  • Sicché, bassando il viso, tutto smuore,
  • E d 7 ogni suo difetto allor sospira:
  • 1. N. Poiché trattai
  • * 5. I testi M. e W. non hanno
  • Cap. XXI. V ella — S. gli sostituisce e là
  • B. mìrabìlm. il fa venire ope-
  • », — « ~ », ~ rando — operando manca nei codd.
  • M. W. B. — C. N. S. sopra- m N".
  • detta rima. Dante udisse» il sonetto, * *
  • componendolo; dopo composto non 9 u.Làdovepassa-Sctp.Làovep.
  • poteva che «scrivere», o recitarlo. Torri oonun
  • 2. B. vennemi voglia H. M . W . Sicché, abbassando
  • M. S. volontà di voler dire 12, G. S. Ed ogni suo difetto. Il
  • 3. M. W. per lei si sveglia primo a corregger 1' errore fu il
  • 4. Frat. non solamente lo sveglia Fraticelli.
  • Cap. XXI.
  • 4. Che beltà e saggezza di donna sveglino amore, lo reducano in atto
  • nel cuore in cui esso amore già dorme, esiste in potenza, corrisponde alla
  • legge universale; ma che Beatrice lo faccia venire, o nascere nei cuori,
  • che non vi sembravano qualificati, nei quali amore non dormiva in po-
  • tenza, è un miracolo, un' operazione mirabile.
  • 7. Farad. XXVIII. 11. «i begli occhi, Onde a pigliarmi fece Amor
  • la corda».
  • 8. Per poter ricevere Amore, bisogna che prima il cuore sia in-
  • gentilito.
  • 10. Sopra cap. 14. «mi parve sentire un mirabile tremore cominciar
  • nel mio petto», e son. 9. «s'io levo gli occhi per guardare, Nel cor mi
  • «' incomincia uno tremuoto».
  • 11. Sopra canz. 1. str. 3. « Gitta ne' cor villani Amore un gelo, Perchè
  • ogni lor pensiero agghiaccia e pere».
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  • 56 Vita nuova. Cap. 21. (Son. 11.)
  • il Fugge dinanzi a lei superbia ed ira:
  • Aiutatemi, donne, a farle onore.
  • 15 *~ Ogni dolcezza , ogni pensiero umile
  • Nasce nel core a chi parlar la sente;
  • Ond' e beato chi prima la vide.
  • Quel eh' ella par quand' un poco sorride ,
  • Non si può dicer, né tener a mente,
  • 20 Sì è nuovo miracolo gentile-
  • Questo sonetto ha tre parti. Nella prima dico siccome
  • questa donna riduce in atto questa potenza, secondo la nobilis-
  • sima parte degli occhi suoi: e nella terza dico questo mede-
  • simo secondo la nobilissima parte della sua bocca. E intra
  • 25 queste due parti ha una particella, eh' é quasi domandatrice
  • d' aiuto alla parte precedente ed alla seguente, e comincia quivi :
  • Aiutatemi donne. La terza comincia quivi: Ogni dolcezza.
  • La prima si divide in tre; che nella prima dico siccome
  • virtuosamente fa gentile tutto ciò eh' ella vede ; e questo è
  • 13. Frat. Fuggon 25. Tr. 1. W. due parti è una —
  • Scap. Or. S. dinanzi a tei B. due p. ha una
  • / 14. N. Aitatemi voi, donne 26. Mart. — "W. alle precedenti
  • 17. Scap. G-. S. Ond' è laudato parti — N. alle procedenti parti —
  • M. cìd 'nprìma la vide B. alla parte dinanzi
  • 18. Vat. Quel eh' ella pare qu. un ed alla seguente manca nel
  • po' sorride cod. N.
  • 20. Bice. Vat. e Scap. Tanto è nuovo 28. N. e nella prima
  • M. miracolo e gentile N. come virtuosamente
  • 29. N. fa gentile ciò
  • 13. Canz. (Amor, che nella mente» Str. 4. «Sua beltà piove fiammelle
  • di fuoco. ... E rompon come tuono GÌ' innati vizi, che fanno altrui vile».
  • 17. «chi prima la vide», deve stimarsi beato chi prima la vide, chi, avendo
  • principiato per vederla, in seguito sentì la virtuosa potenza di Amore. — Sup-
  • ponendo che «vide» stia per «vede», tempo presente, sarebbe da intendersi :
  • chi da prima la vede, chi appena 1' ha vista.
  • 19. «Non si può dicer.» Canz. «Amor, dacché convien» str. 1. «se le
  • mie rime avran difetto , Di ciò si biasmi ... il parlar nostro , che non ha
  • valore. Di ritrar tutto ciò che dice Amore». — «né tener a mente».
  • Parad. I. 8. «Nostro intelletto si profonda tanto, Che retro la memoria
  • non può ire».
  • 23. Convivio III. 8. «Perocché nella faccia massimamente in due luoghi
  • adopera V anima, cioè negli occhi e nella bocca, quelli massimamente a-
  • dorna, e quivi pone lo 'ntento tutto a far bello, se puote».
  • 29. «virtuosamente», per le sue doti ingenite.
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  • Vita nuova. Cap. 21. 22. 57
  • tanto a dire, quanto inducere Amore in potenza là ove non è. 30
  • Nella seconda dico, come riduce in atto Amore ne' cori di
  • tutti coloro cui vede. Nella terza à^ico quello che poi virtuosa-
  • mente adopera ne' lor cori. La seconda comincia: Ov' ella
  • passa: la terza: E cui saluta.
  • Quando poscia dico: Aiutatemi, donne , do ad intendere 3&..
  • a cui la mia intenzione è di parlare, chiamando le donne
  • che m' aiutino ad onorare costei.
  • Poi quando dico: Ogni dolcezza, dico quel medesimo che
  • detto è nella prima parte, secondo due atti della sua bocca;
  • uno de' quali è il suo dolcissimo parlare , e 1' altro lo suo 40
  • mirabile riso; salvo che non dico di questo ultimo come
  • adoperi ne' cori altrui, perchè la memoria non puote ritener
  • lui, né sue operazioni.
  • CAPITOLO XXII.
  • Appresso ciò non molti dì passati (siccome piacque al
  • glorioso Sire, lo quale non negò la morte a sé), colui eh' era
  • stato genitore di tanta meraviglia, quanta si vedeva eh' era
  • questa nobilissima Beatrice, di questa vita uscendo alla
  • gloria eternale se ne glo veracemente. Onde, concios- &
  • siaché cotale partire sia doloroso a coloro che rimangono, e
  • sono stati amici di colui che se ne va , e nulla sia così intima
  • amistà, come quella da buon padre a buon figliuolo, e da buon
  • 30. N. W. — B. quanto adducere Cap. XXII.
  • ^ m ' 1. M. Appretso a questo — S. Aj>-
  • 31. C. N. "W. — B. come induce. presso questo
  • S* induce la cosa là ove non esiste, 2. S. piacque a quel vivace amore,
  • nò in potenza , nò in atto. Lo il quale impresse questo affetto in me,
  • svegliar quella ebe già yi era dor- colui che
  • miente, cioè in potenza, si dice ri- 3. S. — gli altri quanto si vedeva
  • durla in atto 4. Frat. quella mobilissima
  • 32. B. non ha virtuosamente
  • 5. N. veramente
  • 7. N. e niuna sia
  • 37. W. B. m' aiutino onorare g M Q s 8aUano da padre (lin 9)
  • 39. B. che è detto, e nella a padre (u n . 9.), leggendo del buon
  • 42. Mart. non puote ricever lui padre
  • 31. Vedi 1' annotazione critica.
  • Cap. XXII.
  • 4. Folco Fortinari , padre di Beatrice , morì 1' ultimo giorno dell' anno
  • 1289.
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  • 58 Vita nuova. Cap. 29.
  • figliuolo a buon padre ; e questa donna fosse in altissimo grado
  • 10 di bontade, e lo suo padre (siccome da molti si crede, e vero è)
  • fosse buono in alto grado; manifesto é, che questa donna fu
  • amarissimamente piena di dolore.
  • E conciossiacosaché, secondo 1' usanza della sopradetta
  • cittade, donne con donne, e uomini con uomini si adunino a
  • . 15 cotale tristizia, molte donne s' adunaro colà, ove questa Bea-
  • trice piangea pietosamente : ond' io veggendo ritornare alquante
  • donne da lei, udii lor dire parole di questa gentilissima com' ella
  • si lamentava. Tra le quali parole udii che dicevano: Certo
  • ella piange sì che qual la mirasse dovrebbe morire di pietade.
  • 20 Allora trapassarono queste donne; ed io rimasi in tanta tri-
  • j»--|i stizia, che alcuna lagrima talor bagnava la mia faccia, ond' io !
  • tJX mi ricopria con pormi spesse volte le mani agli occhi. E se I
  • non fosse eh' io attendea anche udire di lei (perocché io era '
  • in luogo onde ne giva la maggior parte di quelle donne che
  • 25 da lei si partiano), io men sarei nascoso incontanente che le
  • lagrime m' aveano assalito.
  • 9. W. e questa donna fu in alti»». 19. M. piangeva così — S. piangea sì.
  • 11. C. N. W. che questa donna W. che chi la mirasse
  • foste N. t. dovrebbe pianger di ptet.
  • 12. Torri massimamente piena 20. M. passarono queste — N. tra-
  • 13. M. S. secondo che è V usanza passaro quelle
  • 14. N. — W. si adunano — S. si M. tanta mestìzia
  • adunarono 22. N. — W. con porre spesso alli
  • Le parole a cotale tristizia^ miei occhi — M. S. col porre spesso
  • molte donne «' adunaro non si leg- agli occhi miei
  • gono nei testi M. e S. 23. M. S. eh' io intendeva
  • 16. N. piangea duramente e pielo- 24. M. S. — N. onde ne giano
  • samente: ond' io — C. piang. dura- W. sec. mano e S. — N. delle
  • mente: ond' io — M. piangea: donne — W. pr. m. di queste donne
  • ond' io 25. W. io mi sarei
  • 15. Frat. udii come dicevano N. perchè le lagrime
  • 13. Non solamente usanza di Firenze , ma di quasi tutta 1* Italia. Un
  • esempio ne reca il Boccaccio Nov. 36. « Messer Negro . . . disse : Fi-
  • gliuola . • . . quello che . . . vivendo egli » (Gabriotto) «volentieri gli avrei
  • fatto, cioè onore sì come a mio genero, facciaglisi alla morte. — E vòlto
  • a' figliuoli ed a' suo* parenti , comandò loro ohe le esequie s' apparecchias-
  • sero a Gabriotto grandi ed onorevoli. Eranvi in questo mezzo concorsi i
  • parenti e le parenti del giovane ... e quasi donne ed uomini quanti nella
  • città» (Brescia) «n' erano. Per che, posto nel mezzo della corte il corpo
  • sopra il drappo della Andreuola e con tutte le sue rose, quivi non sola-
  • mente da lei e dalle parenti di lui fu pianto, ma publicamente quasi da
  • tutte le donne della città e da assai uomini».
  • 25. Mi sarei nascoso, appena che dalle lagrime fui sopraifatto. —
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  • Vita nuova. Cap. 22. 59
  • E però dimorando ancora nel medesimo luogo, donne anche
  • passaro presso di me, le quali andavano ragionando tra loro
  • •queste parole: Chi dee mai esser lieta di noi, che avemo
  • udito parlare questa donna così pietosamente? Appresso co- 30
  • storo passarono altre, che veniano dicendo: Questi che quivi
  • è, piange né più né meno come se 1' avesse veduta, come noi
  • 1' avemo. Altre poi diceano di me: Vedi questo che non i
  • pare desj^. tal e divenuto. E così passando queste donne, ^tf,<
  • udii parole di lei e di me in questo modo che detto è. 35
  • Ond' io poi pensando , proposi di dire parole , acciocché
  • degnamente avea cagione di dire, nelle quali parole io con-
  • ■chiudessi tutto ciò che inteso avea da queste donne. E però
  • che volentieri le avrei domandate, se non mi fosse stata ri- -—•
  • prensione, presi materia di dire, come se io le avessi doman- 40
  • date, ed elle m' avessero risposto.
  • E feci, due Sonetti; che nel primo domando in quel modo
  • che voglia mi giunse di domandare; nell' altro dico la loro
  • risposta, pigliando ciò eh' io udii da loro, siccome lo m 7 aves-
  • sero detto rispondendo. E comincia il primo: Voi, che por- 45
  • tate; il secondo : Se 1 tu colui.
  • 28. C. e Torri ragionando e dicendo M. parlar di lei
  • tra loro manca nel cod. N. N. che detto ho
  • 29. M. di noi, poi che avemo 37. M. W. S. — N. nelle qu. con-
  • 31. M. B. Appr. costoro venivano chiudessi
  • altre , che venivano die. — S. Appr. 38. tutto manca nel cod. M.
  • cost. venivano altre die. Tr. 1. W. — C. N. inteso avessi
  • M. W. Questi che è qui — gli altri udito avea
  • 33. M. 8. come noi vedemmo 39. Tr. 1. mi fosse fatta riprens.
  • M. Vedesti, che non pare — S. 41. N. "W. esse m' avessero
  • Vedresti che non p. — N. Vedi 43. M. voglia mi venne
  • ■questi, che non p. 44. M. W. la loro responsione
  • 34. M. Tr. 2. P. «Desso vale : esso C. N. W. — gli altri come se
  • stesso , propriamente esso ; ha più lo m' avess.
  • efficacia che esso*. Pizzo. — Gli 45. N. W. P. — gli altri e comin-
  • altri non pare esso ciai il primo
  • 35. C. N. udiva 46. Mart. W. V altro: Se' tu
  • Mettendo 1' accento a a che», si potrebbe intendere: ami sarei nascoso
  • subito » , perchè le lagrime m' aveano assalito.
  • 34. «non pare desso», 1' aut. si «cangiò in figura d' altrui». Son. 7.
  • 36. «acciocché» qui, come di spesso, equivale a perciocché, essen-
  • do che.
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  • 60 Vita nuova. Cap. 22. (Son. 12.)
  • SONETTO DUODECIMO.
  • Voi, che portate la sembianza umile,
  • Cogli occhi bassi mostrando dolore,
  • Onde venite, che '1 vostro colore
  • 50 - -• JPar divenuto di pietà simile?
  • Vedeste voi nostra donna gentile
  • Bagnata il viso di pianto d' amore ?
  • Ditelmi, donne, che mei dice il core,
  • Perch' io vi veggio andar senz' atto vile.
  • 55 - E se venite da tanta pietate,
  • Piacciavi di restar qui meco alquanto,
  • E quel che sia di lei, noi mi celate:
  • Io veggio gli occhi vostri e' hanno pianto,
  • E veggiovi tornar sì sfigurate,
  • 60 Che 1 cor mi trema di vederne tanto.
  • 48. Scap. Negli occhi 53. M. Ditemei
  • 50. Bice. Par diventato N. B. che 'l mi dice
  • W. G. v. S. — C. N. di pietà 54. Cod. Bedi Veggendovi andar
  • sì umile — M. Tr. 2. G. t. di pietra sì con atto vile. Male !
  • simile. « Quando diciamo color di 56. Scap. G. S. di ristar
  • pietra intendiamo dire bianco» 57. C. N. Scap. Tr.2. — Tr. 1. "W. E
  • Pizzo (?). qual che sia — M. E ciò che sia —
  • 52. N. Bagnata il viso di pietà G. S. E che che sia
  • d'amore — Scap.W. G. S. Bagnar nel B. non mi celate — M. Scap. e
  • viso suo di pianto Amore — iti. Bagnar C. Bedi non me 'l celate
  • lo viso suo di p. Am. — La lezione 58. N. Ch' io veggio
  • da noi prescelta è quella che il 59. C. M. N. Tr. 1. W. — G. S.
  • Fraticelli combinò dalle lezioni date veggiovi venir
  • qui sopra.
  • 47. Grandissima è 1' analogia fra questo sonetto, e quello che nelle
  • raccolte delle Bime è dato per terzo, e che principia «Onde venite voi
  • così pensose?»
  • 50. «di pietà simile», una vista così pietosa (cap. 37.).
  • 52. «di pianto d' amore », pianto amoroso , di pietà filiale.
  • 54. « senz' atto vile » , umili in sembianza , vestite di gentilezza , « quasi
  • ingentilite», giacché ingentilisce chi vede la mia donna. — Nel sonetto
  • citato si legge : «Ditemei, s' a voi piace, in cortesia ; Ch' i' ho dottanza che
  • la donna mia Non vi faccia tornar così dogliose».
  • 55. «da tanta pietate», da scena cotanto compassionevole».
  • 56. Sonetto citato: «Deh, gentil donne, non siate sdegnose, Né di
  • ristare alquanto in questa via, E dire al doloroso che disia Udir della Bua
  • donna alcuna cosa».
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  • Vita nuova. Cap. 22. (Son. 13.) 61
  • Questo sonetto si divide in due parti. Nella prima chiamo e
  • dimando queste donne se vengono da lei, dicendo loro eh' io
  • il credo, perchè tornano quasi ingentilite. Nella seconda le
  • prego che mi dicano di lei; e la seconda comincia quivi: E
  • se venite. 65
  • SONETTO DECIMOTEKZO.
  • Se' tu colui, c' hai trattato sovente
  • Di nostra donna, sol parlando a nui?
  • Tu rassomigli alla voce ben lui,
  • Ma la figura ne par d J altra gente.
  • Deh, perchè piangi tu sì coralmente, 70
  • Che fai di te pietà venir altrui? ìtfi
  • Vedestù pianger lei, che tu non pur
  • Punto celar la dolorosa mente? (,,/ *,s tai ■*■'' '•
  • Lascia piangere a noi, e triste andare,
  • (E' fa peccato chi mai ne conforta), 75
  • Che nel suo pianto V udimmo parlare.
  • Ella ha nel viso la pietà sì scorta,
  • Che qual 1' avesse voluta mirare,
  • Sarebbe innanzi lei piangendo morta.
  • Questo sonetto ha quattro parti, secondo che quattro modi 80
  • di parlare ebbero in loro le donne per cui rispondo. E pe-
  • rocché di sopra sono assai manifesti, non mi trametto di nar-
  • 63. N. Nella seconda prego 75. M. ci conforta /^
  • 65. Tr. 1. aggiunge in fine Qui 78. C. Redi Che cìnT avesse
  • appresso è V altro sonetto, siccome N. voluto mirare.
  • dinanzi avemo narrato 79. e. N. Tr. 1. W. — M. t. Sar.
  • avanti lei piang. morta — M. v. Sar.
  • 66. M. W. colui, e* ha trattato av , a le i caduta morta — G. S. Saria
  • 68. Tr. 1. alla voce pur lui dinanzi a IH cad. m.
  • 69. C. M. N. W. y. la figura ci par
  • 70. M. G. S. — C. N. W. E perchè
  • piangi 81. in loro manca nei cod. G. N.
  • M. sì crudelmente 82. C. Mart. N. — W. non mi vi
  • -v^Jl. M. Che fai venir di te pretate intrometterò — B, non mi trametterò
  • y 74. C. M. N. W. Or lascia p. noi C. N. di variare la sent.
  • 67. « sol parlando a nni », parlando solamente a donne gentili, quando
  • ci dirigesti la canzone a Donne, eh' avete intelletto di Amore ».
  • 72. « pui » per «puoi » , come « nui » per e noi ».
  • 76. «nel suo pianto l'udimmo parlare». Inf. Vili. 119: (Virgilio)
  • «Dicea nei sospiri».
  • 77. «si scorta», sì visibile, dipinta.
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  • 62 Vita nuova. Cap. 23.
  • rare la sentenzia delle parti, e però le distinguo solamente.
  • La seconda comincia quivi: Deh perchè piangi tu; la terza:
  • 85 Lascia piangere a noi; la quarta: ElV ha nel viso.
  • capitolo xxni.
  • Appresso ciò pochi dì, avvenne che in alcuna parte della,
  • mia persona mi giunse una dolorosa infermitade, ond' io con-
  • tinuamente soffersi per molti dì amarissima pena; la quale
  • mi condusse a tanta debolezza, che mi convenia stare come
  • 5 coloro, i quali non si possono movere. Io dico che nel nono
  • giorno sentendomi dolore quasi intollerabile, giunsemi un
  • pensiero, il '($&&& era della mia donna. E quando ebbi pen-
  • sato alquanto di lei, io ritornai pensando alla mia deboletta
  • vita, e veggendo come leggiero era lo suo durare, ancora che
  • 10 sana fosse, cominciai a piangere fra me stesso di tanta miseria.
  • Onde sospirando forte, fra me medesimo dicea: Di necessità
  • conviene, che la gentilissima Beatrice alcuna volta si muoia.
  • E però mi giunse uno sì forte smarrimento , eh' io chiusi
  • gli occhi e cominciai a travagliare come farnetica persona,
  • 83. B. le distinguerò — Mart. la C. N. — Tr. 1. W. a me giunse
  • distinguo uno pens. — gli altri a me venne
  • 84. B. — N. W. E perchè piangi uno pens.
  • 85. W. Lascia piangere, quantun- 8. G. e N. non hanno pensando
  • que nel sonetto legga Or lascia piang. M. N. W. v. S. — Tr. 1, 2.
  • r tyttt aWa mia debile vita — Mart. "W. t-
  • ™f!:. v n . „ .. allam. debilitata vita
  • 1. N. - Tutti gli altri Appr. co 10 c N w _ M ^^
  • P'rpochtdt ches.no/os»
  • 7' ^ \~~ ». T £ 11. medesimo non si legge nel
  • grandemente soff. per rnoltt dì — M. d M
  • onde io soff. per m. dì continuamente ^ Tr t 2 m necessità conv€rrà ,
  • - Tr 1. ondexo o. toffer» per ^ variante g . neUa ^
  • nove dì — N. ond' io soffersi per g tr 3 ^ 113
  • nov * dì . JJ „ Tr. 2. per oorrez. una volta
  • 6 quasi manca nei codd. N. e 13 Tr 3 rf }aUQ amarrimento
  • Mart.
  • Tr. 1. M sentendo to' io dolere
  • quasi intollerabilmente
  • N. cAe, chiusi gli occhi , co-
  • minciai
  • Gap. XXIII.
  • 8. «io ritornai pensando», rivolsi i pensieri alla fragilità della vita umana,
  • 9. Leggiero è il durare della vita anche in persona sana ; molto più in
  • un infermo, come lo era l' aut.
  • 14. -a travagliare-, ad alterarmi. Par. XXXIII. 113. «una sola par-
  • venza, Mutandone io, a me si travagliava».
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  • Vita nuova. Cap. 23. 63
  • ed imaginare in questo modo: che nel cominciamento dell' er- 15
  • rare che fece la mia fantasia, apparvero a me certi visi di
  • donne scapigliate, che mi diceano: Tu pur morrai. E dopo
  • queste donne, m' apparvero certi visi diversi ed orribili a
  • vedere, i quali mi diceano : Tu se' morto.
  • Così cominciando ad errare la mia fantasia, venni a quello, 20
  • che non sapea dove io fossi ; e veder mi parea donne andare
  • scapigliate piangendo per via, maravigliosamente tristi, e pa-
  • reami vedere il sole oscurare sì, che le stelle si mostravano
  • di colore, che mi facea giudicare che piangessero , e parevami
  • che gli uccelli volando per V aria cadessero morti, e che 25
  • fossero grandissimi terremoti. E maravigliandomi in cotale
  • fantasia, e paventando assai, imaginai alcuno amico, che mi
  • venisse a dire: Or non sai? la tua mirabile donna è partita
  • di questo secolo. Allora incominciai a piangere molto pietosa-
  • mente; e non solamente piangea nella imaginazione, ma 30
  • piangea con gli occhi bagnandoli di vere lagrime.
  • Io imaginava di guardare verso il cielo, e pareami vedere
  • moltitudine di angeli, i quali tornassero in suso ed avessero
  • 16. M. S. B. — N. la mia /ani. Str. 4. lin. 134. mancano nel cod.
  • mi apparvero N. — Nel cod. M. e nell' ed. 8. la
  • 18. B. certi visi di donne, diversi, lacuna abbraccia di più le parole
  • lezione che sembra trovarsi anche morti e che fossero. — Il supple-
  • nel Tr. 1. mento ò dovuto ai codd. Tr. 1. Mart.
  • 21. W. non sapea ove mi fosse — e W.
  • N. non sapea là ove io fossi 25. Mart. e W. non hanno per
  • 24. Frat. si mostravano d 1 un colore V aria
  • W. — N. che 'l mi facea — S. e grandiss. terrem.
  • M. S. che mi faceano 28. N. non ha Or non sai
  • Le parole e parevami che gli 30. Mart. e W. nella mia imagi-
  • uccelli volando per l' aria cadessero, nazione
  • che corrispondono al testo poetico
  • 16. del mio vaneggiare.
  • 17. «donne scapigliate», nella canz. 4. le dice «disciolte».
  • 18. Non qui, ma nella canz. str. 3. dice anche questi visi di donne
  • ( crucciati ).
  • 22. «piangendo, maravigliosamente tristi»: nella canz. str. 4.» Qual
  • lagrimando, qual traendo guai, che di tristizia saettavan foco».
  • 23. «le stelle» equivalgono a «la stella» del testo poetico, cioè tutto
  • il cielo stellato. Oscurandosi il sole, le stelle diventano visibili.
  • 28. Vedi sopra cap. 8. son. 4. « Dal secolo hai partita cortesia ».
  • 30. L' aut. non solamente imaginava di piangere, ma piangeva con
  • vere lagrime. La sua imaginazione gli faceva provare «del non ver vera
  • rancura». Purg. X. 133., eppure i suoi erano «non falsi errori». Ivi XV. 117.
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  • )
  • 64 Vita nuova. Cap. 23.
  • dinanzi loro una nubiletta bianchissima : e pareami che questi
  • 35 angeli cantassero gloriosamente, e le parole del loro canto
  • mi parea che fossero queste: Osanna in excelsis; ed altro non
  • mi parea udire. Allora mi parea che il core,, ov' era tanto
  • amore, mi dicesse,: Vero è che morta giace la nostra donna.
  • E per questo mi parea andare per vedere lo corpo, nel quale
  • 40 era stata quella nobilissima e beata anima. E fu sì forte la
  • errante fantasia, che mi mostrò questa donna morta: e pa-
  • reami che donne le coprissero la testa con un bianco velo : e
  • pareami che la sua faccia avesse tanto aspetto d' umiltade,
  • che parea che dicesse : Io sono a vedere lo principio della pace.
  • 45 In questa imaginazione mi giunse tanta umiltade per veder
  • lei, che io chiamava la Morte, e dicea: Dolcissima Morte, vieni
  • a me, e non m' esser villana ; perocché tu dèi esser fatta gen-
  • ,' tile , in tal parte se' stata ! or vieni a me che molto ti desidero :
  • e tu lo vedi, che porto già lo tuo colore. E quando io avea
  • 50 veduto compiere tutti i dolorosi mestieri, che alli corpi de' morti
  • 34. Col S. si è scritto nubiletta, 47. fatta , che non si legge negli
  • per avvicinarsi più al nuvoletta della altri testi, si è supplito col cod. M.
  • canz.— Tutti gli altri hanno nebuletta La canzone Str. 6. lin. 153. dice
  • 85. C. N. cantassero graziosamente «Tu dei ornai esser cosa gentile».
  • C. N. le parole che diceano 49. M. W. S. — N. e tu vedi
  • 36. mi parea che manca nel cod. M. S. — gli altri eh' io porto
  • 38. W. t. che morta è già la vostra già manca nel cod. N.
  • donna 50. mestieri, oppure mistieri, ohe
  • 41. C. N. Tr. 2. — tutti gli altri vale l' istesso, hanno tutti i testi, e
  • la erronea fantasia, lezione preferita così si legga, e non mai misteri, o
  • dal Giuliani o perocché questo im- mister ti che si trova in qualche
  • maginare era faUace, e tutto fuori edizione. Non sì tratta di mysteria,
  • di conoscenza e di verità*. ma bensì di ministeria (dalla qual
  • 42. C. N. — M. le coprissero la voce deriva mestiere) cioè dei servizi
  • sua testa — gli altri la copriss., funebri. Del resto non manchiamo
  • cioè la sua t. di esempi che provano, che «mestiere»
  • 46. Tutto il passo Dolciss. Morte, sia stato in uso presso gli antichi
  • vieni a me, e non m'esser villana; per o servizio funebre».
  • perocché tu dei esser fatta gent. , in W. — C. N. a' corpi morti —
  • tal parte se' stata ! or manca nel cod. N. S. alle corpora de' morti
  • 34. Gli artisti del trecento volendo rappresentare il passaggio d' un' anima
  • beata a vita migliore, ce la mostrano in figura di un fanciullo rinchiuso
  • in una nuvoletta ed accompagnata da un numero d' angeli.
  • 36. «La virtù, eh' a ragion discorso ammanna, . . . apprese . . . nelle
  • voci del cantare: Osanna*. Purg. XXIX. 49.
  • 44. La volontà di Dio « è nostra pace*. Parad. III. 85 «la crea-
  • tura . . solo in Lui vedere ha la sua pace ». Ivi XXX. 101.
  • 50. Vedi 1' annotai, critica.
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  • Vita nuova. Cap. 23. 65
  • s' usano di fare, mi parea tornare nella mia camera, e quivi mi
  • parea guardare verso il cielo: e sì forte era la mia imaginazione,
  • che, piangendo, cominciai a dire con voce vera: anima "bel-
  • lissima, com' è beato colui che ti vede! E dicendo queste
  • parole con doloroso singulto di pianto, e chiamando la Morte 55
  • che venisse a me, una donna giovane e gentile, la quale era
  • lungo il mio letto, credendo che il mio piangere e le mie pa-
  • role fossero solamente per lo dolore della mia infermità, con
  • grande paura cominciò a piangere. Onde altre donne, che
  • per la camera erano, s* accorsero di me che piangeva per lo 60
  • pianto che vedeano fare a questa: onde facendo lèi partire
  • da me, la quale era meco di propinquissima sanguinità con-
  • giunta, elle si trassero verso me per isvegliarmi, credendo che
  • io sognassi, e diceanmi : Non dormir più, e non ti sconfortare.
  • E parlandomi così, cessò la forte fantasia entro quel punto 65
  • eh' io volea dire: Beatrice, benedetta sii tu. E già detto
  • avea : Beatrice .... quando riscuotendomi apersi gli occhi,
  • e vidi eh' io era ingannato; e con tutto eh' io chiamassi questo
  • nome, la mia voce era sì rotta dal singulto del piangere,
  • che queste donne non mi poterono intendere. *>*<'- 70
  • 51. M. si usa di fare, e' mi Str. 1. lin. 86: «Ed altre donne, che
  • parea si furo accorte Di me per quella che
  • 53. N. — B. con vera voce — W. meco piangìa*
  • S. con verace voce — M. con viva 62. C. N. di propinquissima con-
  • voce sanguinità
  • C. N. W. v. — S. o anima bella 65. C. N. e chiamandomi così
  • - W. t. o an. beatissima M< N g< fl||ora eenò
  • 56. e gentile manca nel cod. N. „„„«„. . , „
  • 58. N. fossero lamento per lo dol. *?' M ° Beatr,ce > n e morta - E
  • 60. M. W. B. — S. erano, avendo
  • già
  • compassione di me che piangevo, e 67, M - s * ° & eatr « rìscuo-
  • del pianto — N. er. s' accorsero che tendomi
  • io piangea per lo pianto, lezione che 70. M. S. intendere, secondo che io
  • non corrisponde al testo poetico credo
  • 56. Si è sospettato che questa «donna giovane e gentile», congiunta
  • coli' autore « di propinquissima sanguinità » , fosse la sua sorella , che fu
  • maritata a Leon Poggi. Boccaccio, Commento sopra V Inf. Vili. 1.
  • 62. « sanguinità » per consanguinità , parentela.
  • 65. «All' alta fantasia qui mancò possa» Parad. XXXIII. 142.
  • 70. Queste donne, benché sentissero il grido dell' aut. , pure non inte-
  • sero il nome di Beatrice, da lui pronunziato, per essere la sua voce tutta
  • rotta dal singulto.
  • Dante, Opere minori. I. 5
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  • H^J
  • 66 Vita nuova. Cap. 23. (Canz. 2.)
  • Ed avvegnaché io mi vergognassi molto, tuttavia per alcuno
  • ammonimento ÒV amore mi rivolsi a loro. E quando mi videro,
  • cominciaro a dire; Questi par morto; e a dir fra loro: procu-
  • riam di confortarlo. Onde molte parole mi diceano da con-
  • 75 fortarmi; ed allora mi domandavano di che io avessi avuto
  • paura. Ond' io, essendo alquanto riconfortato, e conosciuto
  • il falso imaginare, risposi loro : Io vi dirò quello e' ho avuto,
  • Allora, cominciandomi dal principio, fino alla fine dissi loro
  • ciò che veduto avea, tacendo il nome dì questa gentilissima.
  • 80 Onde poi, sanato di questa infermità, proposi di dir parole
  • di questo che m' era avvenuto / perocché mi parea che fosse
  • amorosa cosa a udire; e però ne dissi questa canzone:
  • CANZONE SECONDA.
  • >v
  • Donna pietosa e di novella etate,
  • Adorna assai di gentilezze umane,
  • 85 Ch' era dov' io chiamava spesso Morte,
  • Veggendo gli occhi mei pien di pietate,
  • 71. S. Ed a dire che io canz. str. 5. lin. 147: con oimaginar
  • N. W. io vergognassi molto — fallace») — S. il malvagio imag.
  • M. S. io mi svegliassi e (S. frammette 78. Mart. W. — M. S. Allora co-
  • mi) verg. molto minciai dal principio sino — N.
  • tuttavia manca nel cod. N. Allora dal princ. fino
  • 72. W. mi rivolsi verso loro — N. S. alla fine, e dissi
  • mi rio. loro 80. N. onde io sanato — Frat. onde
  • 73. Tutto il passo e a dir fra io poi san.
  • loro: procuriamo di confortarlo. 81. S. mi parea fosse
  • Onde molte parole mi diceano da 82. W. t. amor, cosa da dire —
  • confortarmi manca nel cod. N. Tr. 1. am. cosa da dire e da udire.
  • 75. W. — tutti gli altri e talora M. S. — W. e perciò ne dissi
  • mi domand. — N". Si ne dissi
  • 77. N. W. — Tr. 1. lo fallace S. in questa canzone
  • imaginare (lezione commendata dal
  • Giuliani per trovarsi resa «la er- 85. C. N. W. v. — Gli altri Era.
  • xante fantasia» della lin. 41. nella "W. e W. r. Pr. — G. S. là
  • u* io — Gli altri là ov' io
  • 71. L' aut. si vergognava di aver profferito il nome della Bua donna;
  • ma senza ragione, che al dire della canz. str. 2. lui solo aveva inteso quel
  • nome nel suo cuore.
  • 83. «Donna pietosa», quella stessa, in cui, come si notò alla lin. 56,
  • si è creduto riconoscere la sorella del poeta.
  • 85. Presso al letto, ov' io giaceva malato, invocando per al* amatissima
  • pena che sofferivo», spesso la morte, che venisse a me (lin. 55.)
  • 86. «pien di pietate», pianger si pietosamente.
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  • X
  • Vita nuova. Cap. 23. (Canz. 2.) 67
  • Ed ascoltando le parole vane,
  • Si mosse con paura a pianger forte;
  • Ed altre donne, che si furo accorte
  • Di me per quella che meco piangia, - 90
  • Fecer lei partir via, r
  • Ed appressarsi per farmi sentire.
  • Qual dicea: Non dormire;
  • E qual dicea: Perchè sì ti sconforte?
  • AH or lasciai la nuova fantasia? - 95
  • Chiamando il nome della donna mia.
  • II. Era la voce mia sì dolorosa,
  • E rotta sì dall' angoscia e dal pianto,
  • Ch' io^olo intesi il nome nel mio core;
  • E con tutta la vista vergognosa, 10 °
  • Ch' era nel viso mio giunta cotanto,
  • Mi fece verso lor volgere Amore.
  • Egli era tale a veder mio colore,
  • Che facea ragionar di morte altrui:
  • Deh confortiam costui, , *0*>
  • Pregava V una V altra umilemente ;
  • E dicevan sovente:
  • 89. G. S. E l' altre donne 102. Pai. mi fece verso lei (!)
  • 92. Tr. 1. E approssimarsi M. giungere amore
  • N. per farsi sentire. — Si 103. C. N. Ed era tale
  • rifletta che la prosa dice, «ri tras- m M ^ . Q faCm
  • sero verso me per isveyliarmi».
  • W. r. Pr. G. S. Q.ual dice. E 105 ' C ' M ' N * Pal \ W « e W ' r ' Pr «
  • cosi pure nel verso seguente. Deh, consoliam costui
  • 98. Pai. M. B. t. daW angoscia del 10G - c - N - W. v. e W. r. Pr. Di-
  • pianto* ceva V una all' altra
  • 99. Pr. Che solo intesi al nome — 107. W. r. e Pr. Poi dicevan
  • W. r. Che solo attesi al nome
  • 87. «le parole vane», vaneggianti, perchè farneticava.
  • 92. «per farmi sentire», cioè risentire, riprender l'uso de' miei sensi,
  • eh' erano legati dalla fantasia febbrile.
  • 95. «la nuova fantasia», singolare, non mai veduta la simiglianté ;
  • vedi la nota a cap. 19. lin. 59.
  • 98. Nella prosa (lin. 69.) il poeta diceva «la mia voce era sì rotta dal
  • singulto del piangere».
  • 100. «la vista vergognosa», la vergogna appariva nel volto del poeta,
  • ala dove appar vergogna». Inf. XXXII. 34.
  • 104. Vedi sopra la prosa lin. 73.: (queste donne) «quando mi videro,
  • cominciaro a dire: Questi par morto».
  • 5*
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  • 68 Vita nuova. Cap. 23. (Canz. 2.)
  • Che vedestù, che tu non hai valore?
  • E quando un poco confortato fui,
  • 110 — - - - Io dissi : Donne, dicerollo a vui.
  • III. Mentre io pensava la mia frale vita,
  • E vedea '1 suo durar com' è leggiero,
  • Piansemi Amor nel core, ove dimora;
  • Per che V anima mia fu sì smarrita,
  • 115 - -- -^ Che sospirando dicea nel pensiero:
  • Ben converrà che la mia donna mora.
  • Io presi tanto smarrimento allora,
  • Ch' io chiusi gli occhi vilmente gravati;
  • Ed eran sì smagati
  • 120 Gli spirti miei, che ciascun giva eyando.
  • E poscia imaginando,
  • Di conoscenza e di verità fuora,
  • Visi di donne m' apparver crucciati,
  • Che mi dicean pur: Morra'ti, morra'ti.
  • 109. W. r. e Pr. E come un poco 119. C. N. W. v. — W. r. Furonsi
  • — M. Allora quando n sì smag. — Pr. Furon sì ismag. —
  • 111. B. la mia frati — W. r. la Gli altri E furon sì smag.
  • mia fragil — M. alla mia frale 121. N". W. v. W. r. e Pr. E poi
  • 112. Cod. Mortara W. r. Pr. quanto imag.
  • è legg. — M. eh' è sì legg. 122. M. Di veritate e conoscenza
  • 115. Pai. Che spirando diceva (!) fuora
  • — W. r. Pr. Che fra me stesso dicea, 123. N. mi parver
  • variante da prendersi in considera- W. r. e Pr. turbati
  • zione per la sua concordanza col 124. B., non so su qual fonda-
  • testo prosaico «Onde sospirando mento: se* morto; pur morra' ti, e
  • forte, fra me medesimo dicea». nelle annotazioni vorrebbe leggere
  • 116. Cod. Bedi Pur converrà — se' mori' oppur morra 1 ti. Il Frati-
  • W. r. Pr. E' pur convien. Vedi sopra celli corregge Morra' ti pur, mor-
  • la nota critica alla lin. 12. ra' ti. I testi da me conosciuti danno
  • 118. Tr. 1. gli occhi umilmente unanimamentrf la lesione da noi
  • grav, ritenuta.
  • 108. «Mi domandavano di che io avessi avuto paura» (sopra Un. 75.).
  • — «Io ti fiammeggio. ... SI che degli oochi tuoi vinco il valore». Par. V. 1.
  • 112. Vedi la nota alla lin. 9.
  • 113. « Mi parca che il core , ov } era tanto amore , mi dicesse : Vero è
  • che morta giace la nostra donna» (sopra lin. 37.).
  • 118. «vilmente gravati», per abbattimento d' animo.
  • 119. «smagati», discoraggiti: «Non vo\ . . che tu ti smaghi di buon
  • proponimento, per udire Come Dio vuol ohe il debito si paghi». Purg. X. 106.
  • 124. Vedi la prosa lin. 17—19.
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  • Vita nuova. Cap. 23. {Canz. 2.) 69
  • IV. Poi vidi cose dubitose molte 125
  • Nel vano immaginare , ov' io entrai ;
  • Ed esser mi parea non so in qual loco,
  • E veder donne andar per via disciolte,
  • Qual lagrimando, e qual traendo guai,
  • Che di tristizia saettavan foco. 130
  • Poi mi parve vedere appoco appoco
  • Turbar lo Sole ed apparir la stella,
  • E pianger egli ed ella;
  • Cader gli augelli volando per V a' re,
  • E la terra tremare; 135
  • Ed uom m' apparve scolorito, e fioco,
  • Dicendomi: Che fai? non sai novella?
  • Morta è la donna tua, eh' era sì bella.
  • V. Levava gli occhi miei bagnati in pianti,
  • E vedea (che parean pioggia di manna), 140
  • Gli angeli che torna van suso in cielo,
  • 125. B., e quanti lo seguono, con e nel verso seguente egli ed elle,
  • manifesto errore dubitose molto lezione che non può ammettersi,
  • 127. W. r. e Pr. Ch' essere mi parea chiedendo l' intrecciatura delle rime
  • N. non so in che loco che i versi 8 e 9 di ogni strofa ab-
  • 128. W. r. Pr. E veder donne per biano l' istessa desinenza coi due
  • la via ultimi.
  • 129. W. r. Pr. Quali piangendo. 136. Pai. W. Ed homo apparve —
  • 131. M. "W. r. Pr. Poi mi parea "W. r. Pr. Homo m' app.
  • veder 140. W. t. W. r. Pr. E vidi che
  • 132. W. e W. r. apparir le stelle, parea
  • 125. « cose dubitose » , spaventevoli , che fanno nascer paura. Anche il
  • verbo «dubbiare» si usa in senso simile: Purg. XX. 135. Parad. XXVI. 1.
  • 127. «Venni a quello, che non sapea dove io fossi » (sopra lin. 20.).
  • 130. «Lamenti saettaron me diversi, Che di pietà ferrati avean gli
  • strali». Inf. XXIX. 43.
  • 132. Vedi la nota alla lin. 23.
  • 136. «fioco», non già roco , ma debole, travagliato, come in più passi
  • della Div. Comm. Inf. XXXIV. 22. Parad. XXXIII. 121.
  • 137. «novella», notizia, avviso. «Il Bonno che sovente, Anzi che il
  • fatto sia, sa le novelle». Purg. XXVII. 92.
  • 140. «SI come di vapor gelati fiocca In giuso 1' aer nostro, quando il
  • corno Della capra del ciel col sol si tocca : In su vid' io così 1' etere
  • adorno Farsi , e fioccar di vapor trionfanti ». Parad. XXVII. 67.
  • 141. Vedi la canz. «Morte, poich' io non trovo» str. 4. «... Mi par già
  • veder lo cielo aprire, E gli angeli di Dio quaggiù venire, Per volerne
  • portar 1' anima santa Di questa, in cui onor lassù si canta».
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  • s^
  • 70 Vita nuova. Cap. 23. (Canz. 2.)
  • Ed una nuvoletta avean davanti,
  • Dopo la qual cantavan tutti: Osanna;
  • E s 7 altro avesser detto, a voi dire' lo.
  • 145 _ . Allor diceva Amor: Più non ti celo;
  • Vieni a veder nostra donna che giace.
  • L' imaginar fallace
  • Mi condusse a veder mia donna morta;
  • E quando V ebbi scorta,
  • 150 Vedea che donne la covrian d' un velo;
  • Ed ave a seco umiltà sì verace,
  • Che parea che dicesse: Io sono in pace.
  • VI. Io diveniva nel % dolor sì umile,
  • Veggendo in lei tanta umiltà formata,
  • 155 Ch'io dicea: Morte, assai dolce ti tegno;
  • Tu dèi ornai esser cosa gentile,
  • Poiché tu se' nella mia donna stata,
  • E dèi aver pietate, e non disdegno.
  • Vedi che sì desideroso vegno
  • 160 D' esser de' tuoi, eh 7 io ti somiglio in fede.
  • Vieni, che '1 cor ti chiede. —
  • Poi mi partia, consumato ogni duolo;
  • 143. M. — tutti gli altri gridavan 149. M. E poi eh' io V ebbi scorta
  • tutti: Osanna. La lezione del cod. 150. M. W. r. Pr. Vidi che donne
  • Mezzabarba fa da noi adottata non 151. N. Pai. Ed atea seco umilità
  • pure per esser più nobile dell' altra, ver. — M. Ed atea umiltà seco ter.
  • ma particolarmente per corrisponder W. r. Pr. CK ave a con seco una
  • meglio al testo prosaico: «pareami umiltà ver.
  • che questi angeli cantassero gloriosa- 153. W. t. W. r. Pr. Io diventa
  • mente; e le parole del loro canto nel cor.
  • mi parea che fossero queste : O- 156. M. W. corr. W. r. Pr. Tu dèi
  • sanna ecc.». esser ornai
  • ^145. Pai. più noi ti celo 161. W. r. Pr. Hor vien, che V cor.
  • XÌ48. Pai. Tr. 1. W. t. W. r. Pr. 162. C. N. W. v. Poi mi partii —
  • G. S. a veder madonna morta W. r. Pr. Poi rimarrà
  • 142. «E qual colui che si vengiò cogli orsi» (Eliseo) «Vide il carro
  • d' Elia. ... Sì come una nuvoletta in su salire ». Inf. XXVI. 34.
  • 152. Vedi la nota a lin. 44.
  • 157. o Morte bella parea nel suo bel viso». Petrarca Tr. d. morte.
  • 160. Il desiderio d'esser de' tuoi, «in fede», veracemente, già m'ha
  • fatto somigliare a te, «che porto già lo tuo colore» (lin. 49.)
  • 162. < consumato ogni duolo » , cioè « quando io aveva veduto compiere
  • tutti i dolorosi mestieri, che alli corpi de' morti s' usano di fare».
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  • Vita nuova. Cap. 23. (Canz. 2.) 71
  • £ quando io era solo,
  • Dicea, guardando verso P alto regno:
  • Beato, anima bella, chi ti vedel. - 165
  • Voi mi chiamaste allor, vostra mercede.
  • Questa canzone ha due parti: nella prima dico, parlando
  • a indiffinita persona, com' io fui levato d' una vana fantasia
  • da certe donne, e come promisi loro di dirla: nella seconda
  • dico, com' io dissi a loro. La seconda comincia quivi: Mentr'io no
  • pensava. La prima parte si divide in due : nella prima dico
  • quello che certe donne, e che una sola dissero e fecero per
  • la mia fantasia, quanto è dinanzi eh' io fossi tornato in verace |
  • cognizione; nella seconda dico quello che queste donne mi
  • dissero, poich' io lasciai questa farneticare; e comincia questa 175
  • parte quivi: Era la voce mia. Poscia quando dico: Mentr 1 io
  • pensava, dico com' io dissi loro questa mia imaginazione; e
  • intorno a ciò fo due parti. Nella prima dico per ordine
  • questa imaginazione ; nella seconda, dicendo a che ora mi
  • chiamaro, le ringrazio chiusamente; e questa parte comincia 180
  • quivi: Voi mi chiamaste.
  • 164. C. N. verso V altro regno N. una fantasia — W. una
  • 166. M. Voi mi destaste , lezione nova fant.
  • che per la • divisione» si conosce m B C(m manife8to errore La
  • erronea. seconda parte si div.
  • ■ma a«»v«^.,4 -w,~« «~ „„ „«.« o 173. N. t» vera condizione
  • 168. Anche qui, come sopra cap. S.
  • lin. 60. i testi a penna leggono in- 17 5- questa parte manca nel ood.
  • finita persona. L' unico cod. Mart. ^- e nelle edd - Fratic.
  • ha indiffinitiva per*. 177. Il cod. K". omette le parole
  • C. N". W. — gli altri levato dico coni' io
  • in una
  • 163. Vedi la prosa lin. 50, 51. Veramente il poeta non era ancor tor-
  • nato , ma nel suo vaneggiare , che continuava , gli parca di tornare nella
  • sua camera.
  • 166. «mi chiamaste», mi svegliaste, «rompestemi l'alto sonno nella
  • testa» (Inf. IV. 1.), e ve ne sono grato.
  • 168. * levato da una vana fantasia » , svegliato e riscosso dal mio va-
  • neggiare.
  • 173. Durante il tratto di tempo eh' io vaneggiai , prima dunque che
  • 1' anima mit. tornasse a di fuori Alle cose , che son fuor di lei vere ».
  • Purg. XV. 115.
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  • 72 Viva nuova. Cap. 24.
  • CAPITOLO XXIV.
  • / Appresso questa mìa vana imaginazione, avvenne un dì,
  • che sedendo io pensoso in alcuna parte, ed io mi sentii co-
  • minciare un tremito nel core, così come s' io fossi stato pre-
  • sente a questa donna. Allora dico che mi giunse una imagi-
  • 5 nazione d 7 Amore: che mi parve vederlo venire da quella
  • parte ove la mia donna stava ; e pareami che lietamente mi
  • dicesse nel cor mio: Pensa di benedire lo dì eh 7 io ti presi,,
  • perocché tu lo dèi fare. E certo mi parea avere lo core sì
  • lieto, che non mi parea che fosse lo core mio, per la sua
  • 10 nuova condizione.
  • I E poco dopo queste parole, che '1 core mi disse con la
  • lingua d' Amore, io vidi venire verso me una gentil donna,
  • la quale era di famosa beltade, e fu già molto donna di
  • questo mio primo amico. E lo nome di questa donna era
  • Cap. XXIV.
  • 4. S. mi vinse' una imag. — C. N.
  • mi venne una im.
  • 1. M. W. — B. questa vana 5. N. in quella parte
  • imagin. — C. N. questa imag. ^ 8. N. lo core così lieto
  • 2. N. W. che essendo io pensoso 9. N. che mi parea che non fosse
  • C. N. in alcun luogo il mio core
  • 8. in ale. p. , mi sentì cornine. . 12. C. N. una gentilissima donna
  • C. N. mi sentii venire 13. N. fu già molte volte donna —
  • 3. C. S N. nel core com' io fossi W. fu già donna
  • Cap. XXIV.
  • 4. Una vìBione: Amore 8' appresentò alla mia fantasia.
  • 7. « Ch' io ti presi » , eh' io ti feci innamorare di lei.
  • 8. «tu lo dèi fare», ne hai tutta ragione.
  • 11. Parole che Amore inspirò al cuore.
  • 13. Si rileva da questo passo che Guido Cavalcanti, prima d'inna-
  • morarsi della bella Màndetta di Tolosa, era stato acceso nella sua patria
  • dai vezzi d' una gentil donna di famosa bellezza, chiamata Giovanna,
  • ossia Vanna. La ritroviamo come «Monna Vanna» in un sonetto del
  • nostro poeta, diretto a Guido, che comincia «Guido, vorrei, che tu, e
  • Lappo, ed io». Le « Memorie della vita di Guido» del Cicctaporci non ci
  • danno verun cenno, chi sia stata questa Giovanna. Se però fosse fondata
  • la congettura, di cui si fece cenno nella nota al cap. 6. lin. 8, il suo padre
  • avrebbe avuto nome Filippo: «La Vanna di Filippo, Primavera Da
  • tal, conosci tu,, degna chiamata, Vedendola seguir nostra bandiera». In
  • ogni modo si vede che, anche prima di andar in Francia, Guido non le
  • sia rimasto fedele; che '1 nostro aut. dice, a che fu già molto donna di
  • questo mio primo amico», e più avanti lin. 32. «credendo io che ancora
  • il suo core mirasse la beltà di questa Primavera gentile». — «Molto
  • donna» vuol dire che Guido ne era stato molto invaghito.
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  • Vita nuova. Cap. 24. (Son. 14.)
  • 73
  • Giovanna, salvo che per la sua beltade, secondo eh' altri 15
  • crede, imposto 1' era nome Pbimaveba: e così era chiamata.
  • E appresso leuguardando , vidi venire la mirabile Beatrice.
  • Queste donne andaro presso di me così 1' una appresso 1' altra,
  • e parvenu che Amore mi parlasse nel core, e dicesse : Quella
  • prima è nominata Primavera solo per questa venuta d' oggi ; 20
  • che io mossi lo impositore del nome a chiamarla così: «Pbima-
  • veba», cioè «prima verrà», lo dì che Beatrice si mostrerà
  • dopo 1' imaginazione del suo fedele. E se anco- vuoli con-
  • siderare lo primo nome suo, tanto è quanto dire Primavera, ^
  • perchè lo suo nome Giovanna è da quel Giovanni, lo quale 25
  • precedette la verace luce, dicendo: Ego vox clamantis in
  • deserto: parate viam Domini. Ed anche mi parve che mi
  • dicesse, dopo queste, altre parole, cioè: Chi volesse sottil-
  • mente considerare, quella Beatrice chiamerebbe Amobe, per
  • molta simiglianza che ha meco. Ond' io poi ripensando, prò- 30
  • posi di scriverne per rima al primo mio amico (tacendomi
  • certe parole le quali pareano da tacere), credendo io che
  • ancora il suo core mirasse la beltà di questa Primavera gen-
  • tile. E dissi questo sonetto:
  • SONETTO DECIM0QUABT0.
  • Io mi sentii svegliar dentro allo core
  • Un spirito amoroso che dormia:
  • 35
  • 16. Le parole e così era chiamata
  • mancano nel testo del cod. "W.
  • 17. M. V ammirabile Beatr.
  • 18. C. N. Queste andaro
  • 19. C. N. mi parlasse, e dicesse
  • 20. N. è chiamata Prim.
  • 21. così non si legge nel cod. N.
  • e nel testo primitivo del cod. W.
  • 22. Il cod. M. salta da prima verrà
  • a Primavera (lin. 24.)
  • 23. S. se anche voglio consid.
  • 25. S. omette tutto il passo da
  • perchè lo suo nome fino a viam Do-
  • ni ini
  • 27. S. Et anco mi pare
  • 28. M. B. dopo queste parole altre
  • cose — Neil' ed. S. manca dopo
  • queste
  • 28. cioè fu sostituito per conget-
  • tura al cose e, che presentano i testi
  • a penna e le edizz. anteriori alla
  • Fratic.
  • 30. N. per molte simigliarne
  • N. Ond' io ripensando — W.
  • Ond' io poi pensando
  • 31. N. — M. di scriver per rima
  • — gli altri di scrivere in rima
  • N. tacendo certe parole
  • 32. N. le quali pajono
  • 35. M. G. S. dentro dal core
  • 36. W. v. S. Uno spirto amoroso
  • 28. Vedi sopra capit. 1. lin. 5.
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  • 74 Vita nuova. Cap. 24. (Son. 14.)
  • E poi vidi venir da lungi Amore
  • Allegro sì, che appena il conoscia;
  • Dicendo: Or pensa pur di farmi onor^;
  • 40 E 'n ciascuna parola sua ridia.
  • E, poco stando meco il mio signore,
  • Guardando in quella parte, ond' ei venia,
  • Io vidi monna Vanna e monna Bice
  • Venire inverso il loco là ov' i' era ,
  • 45 L' una appresso dell' altra meraviglia:
  • «• E sì come la mente mi ridice ,
  • Amor mi disse: Questa è Primavera,
  • E quella ha nome Amor, sì mi somiglia.
  • Questo sonetto ha molte parti: la prima delle quali dice,
  • 60 come io mi sentii svegliare lo tremore usato nel core, e come
  • parve che Amore m' apparisse allegro da lunga parte ; la se-
  • conda dice, come mi parve che Amore mi dicesse nel mio
  • core, e quale mi parea; la terza dice come, poi che questo
  • fu alquanto stato meco cotale, io vidi ed udii certe cose. La
  • 55 seconda parte comincia quivi: Dicendo: Or pensa pur; la
  • terza quivi: E poco stando. La terza parte si 'divide in due:
  • nella prima dico quello eh' io vidi ; nella seconda dico quello
  • eh' io udii; e comincia quivi: Amor mi disse.
  • 37. N. venir di lungi 49. B. delle quali è come
  • 40. N. B. E ciascuna parola 51> w . B> allegro nel mio core rfa
  • 42. N. W. t. quetla parte ove venia lunga parte
  • 44. C. N. W. — gli altri invcr lo
  • loco
  • 52. N. nù dicesse nel core
  • 48. M. QueW altra ha nome 54. N. cotali io vidi
  • 40. a in ciascuna parola sua ridia», era un riso in ciascuna sua pa-
  • rola : tutte erano liete le parole eh' ei mi dicea nel cuore.
  • 43. «monna», accorciamento frequentissimo di «madonna». — a Bice»
  • per «Beatrice» ricorre nel sonetto mentovato a lin. 13. e Farad. VII. 14.
  • 45. L' una e 1' altra di maravigliosa bellezza.
  • 51. « da lunga parte » — * da lontana parte » disse 1' aut. nel son. 5.
  • (cap. 9.)
  • 54. « stato meco cotale » , così allegro e ridente.
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  • Vita nuova. Cap. 25. f 75
  • capitolo xxv.
  • Potrebbe qui dubitar persona degna di dichiararle ogni
  • dubitazione , é dubitar potrebbe di ciò eh' io dico" d' Amore,
  • come se fosse una~cosa per sé, e non solamente- sostanza in-
  • telligente, ma sì come fosse sostanza corporale. La qual cosa,
  • secondo verità, è falsa; che -Amore non è per sé siccome 5
  • sostanza, ma è un accidente in sostanza. E che io dica di
  • lui "come se fosse corpo, ed ancora come se fosse uomo, ap-
  • pare per tre cose "che io dico di lui. Dico che '1 vidi di
  • lungi venire; onde, conciossiacosaché «venire» dica moto locale
  • (e localmente mobile per sé, secondo il Filosofo, sia solamente 10
  • corpo),^appare che io ponga Amore esserefeorpo. Dico anche
  • di lui che Tideva, ed anche che parlava ; le quali cose paiono
  • esser proprie dell' uomo, e specialmente esser risibile ; e però
  • appare eh' io pongo lui esser uomo.
  • Cap. XXV. 5. N. S. secondo la verità
  • 1. M. B. degna da dichiararli 8. di lungi manca nel cod. M. e
  • 4. N. W. non solamente sostanza nelle edd. S. ecc., ma vedi il son.
  • intelligenza 14. lin. 3.
  • M. ma sì come fosse una cosa 9. M. venire sia moto loc.
  • corp. — N. ma come sostanza corp. 12. S. le quali cose pare esser
  • Cap. XXV.
  • 1. Qui 1' aut. scioglie il dubbio, già proposto alla fine del caj>. 12.
  • 3. Amore non è un essere da so, individuo, una sostanza, ma qualità
  • di un individuo, accidente in sostanza. La sostanza può essere tutta cor-
  • porale, cioè materia, pura potenza, oppure è intelligente. La sostanza in-
  • telligente è senza corpo, pura forma, puro atto, come sono gli angeli, o in-
  • telligenza e corpo uniti insieme, sostanza intelligente corporale, com'è
  • 1* nomo. Parad. XXIX. 22. « Forma e materia congiunte e purette Uscirò
  • ad esser, che non avea fallo , Come d' arco tricorde tre saette. . . . Con-
  • creato fu ordine e costrutto Alle sustanzie, e quelle furon cima Nel mondo,
  • in che puro atto fu produtto. Pura potenza tenne la parte ima; Nel
  • mezzo strinse potenza con atto Tal vime, che giammai non si divima».
  • Vedi Convivio ni. 3, 7.
  • 10. « il Filosofo » , Aristotele.
  • 12. Le due qualità oorporali, che distinguono 1* uomo da tutti gli altri
  • animali sono la loquela e '1 riso. Il riso però anche più della loquela ;
  • perchè alcuni uccelli sanno imitare in qualche parola la loquela umana,
  • onde si dice del papagallo, dello stornello, oppure del corvo che parlano.
  • Il solo riso è tutto proprio all' uomo solo , e però si dice che 1' uomo sia
  • un' animale risibile. Vedi la Dedicatoria dell' aut. a Cangrande §. 26.
  • aPerhanc suppositionem tenet argumentum ratione ìnateriae; et similis modus
  • arguendi est, ac si dicerem: homo est risibilis». Boéthtus in Porphyr.
  • Dial, 1: alta rationale, quod est differenza, praedicatur ad risibile, id est pro-
  • prium. Dicitur enim id esse risibile y quod rationale. Nam si homo rationale^
  • et homo risibile , constai id quod risibile etiam rationale posse nominari ».
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  • 76 Vita, nuova. Cap. 25.
  • 15 A cotal cosa dichiarare, secondo eh' è buono al presente,
  • prima è da intendere, che anticamente non erano dicitori
  • d' Minore in lingua volgare, anzi erano dicitori'd' Amore certi
  • poeti in lingua latina: Ira noi, dico, avvegna forse che trsTaì-
  • traT gente addivenisse, e avvegna ancora, che, siccome in Gj*e-
  • 20 eia, non volgari ma litteratf'poeti queste cose trattavano. E
  • non è molto numero d' anni passato, che apparirono prima
  • questi poeti volgari ; _ch è dire per rima in volgare tanto è
  • quanto dire per versi in latino, secondo alcuna proporzione.
  • E segno che sia picciol tempo è, che, se volemo cercare in
  • 25 lingua d' oco e in lingua di sì , noi non 'troviamo cose dette
  • anzi lo presente tempo per centocinquanta anni. E la cagione,
  • 15. Il cod. N. non ha la parola S. che apparirono questi poeti
  • secondo 23. "W. secondo alcuna appropria-
  • 17. B. non erano dicitori d'Amore zione
  • certi poeti in lingua volgare — lingua 24. B. è segno che sia picc. tempo j
  • manca nel cod. N. e se voi.
  • Nel cod. M. le parole a" Amore C. N. W. — gli altri guardare
  • certi poeti non si leggono. — Il cod. in lingua
  • N. tralascia il secondo dicitori 25. C. N. noi non troveremo
  • d' Amore. 26. M. anzi lo nostro tempo
  • 18. M. salta dal primo al secondo W. lo presente tempo, che siamo
  • avvegna i nella 'ndizione del 1300 , o poco ne
  • 19. M. ancora, siccome falla, che da CXL. anni in là s' usas-
  • 21. N. W. S. numero d' anni pas- sotto
  • tati — Il B. dà per variante la B. pres. tempo centocinquanta
  • nostra lezione. anni.
  • 23. I poeti che compongono in volgare, cioè in una deUe lingue mo-
  • derne, si servono della rima, come i poeti antichi, litterati, del verso,
  • regolato «secondo alcuna proporzione", cioè di metro, oppure, come 1' aut.
  • dice nel Convivio I. 7. per legame musaico armonizzato.
  • 25. La lingua d' oco è la provenzale. Vedi la Volgare Eloquenza
  • dell' aut. I. 8: aProferentes Oc, meridionalis Europae tenent partem occi-
  • dentalem, a lanuensium finibus incipientemi». — Non occorre dire che la
  • lingua del sì sia quella « delle genti Del hel paese là, dove il sì suona».
  • Inf. XXXIII. 80.
  • 26. Guglielmo, conte di Poitiers, uno dei più antichi trovatori che
  • conosciamo, nacque nel 1071. e mori intorno al 1126. Avendo preso parte
  • alla crociata del 1101, bisogna dire eh' ei fiorisse, non cencinquanta , ma
  • duecento anni prima di Dante. Sembra però che il nostro aut. non abbia
  • conosciuto poeti provenzali anteriori di molto a Pietro della Vergna il
  • quale cominciò a fiorire intorno il 1150. Vulg. Eloquentia I. 10. «Pro se
  • vero argumentatur alia lingua, scilicet oc, quod vulgares eloquente $ in ea
  • primitus poetati sunt, tanquam in perfectiori dulciorique loquela, ut puf a
  • Petrus de Alvernta, et alii antiquiores doctores ».
  • Il più antico per avventura fra i poeti italiani da Dante citati sarà Ciullo
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  • Vita nuova. Cap. 26. 77
  • per che alquanti grossi ebbero fama di saper dire, è che
  • quasi furono i primi, che dissero in lingua di sì. E lo primo,
  • che cominciò a dire siccome poeta volgare , si mosse però che
  • volle fare intendere le sue parole a donna, alla quale era 30
  • malagevole ad intendere i versi latini. E questo è contro a
  • coloro, che rimano sopra altra materia che amorosa; con-
  • ciossiacosaché cotal modo di parlare fosse dal principio tro-
  • vato per dire d' Amore.
  • Onde, conciossiacosaché a' poeti sia conceduta maggior 35
  • licenza di parlare che alli prosaici dicitori, e questi dicitori
  • per rima non sieno altro che poeti volgari, è degno e ragione-
  • vole, che a loro sia maggior licenza largita di parlare, che
  • agli altri parlatori volgari: onde, se alcuna figura o colore
  • rettorico è conceduto alli poeti, conceduto è a' rimatori. Dun- 40
  • que se noi vedemo, che li poeti hanno parlato alle cose inani-
  • mate come se avessero senso e ragione, e fattole parlare in-
  • sieme; e non solamente cose vere, ma cose non vere (cioè
  • che detto hanno, di cose le quali non sono, che parlano, e
  • detto che molti accidenti parlano, siccome fossero sostanze 45
  • 28. N. W. — C. * primi che dices- 37. W. degna e ragionevole cosa è
  • sero — Nel cod. M. e nelle stampe 40. N. figura o colore poetico
  • che precedettero la Pesarese manca B. Onde se noi
  • che dissero . 41. N. dicemo che li poeti — C.
  • 30. N. volle dare ad intendere a udimo che li p.
  • donna, alla qu. M. W. S. — N. delle cose inanim.
  • 31. S. E questa è — M. E questi è 42. N. siccome avessero
  • 36. M. B. olii prosaici dittatori
  • d' Alcamo (Vulg. Eloqu. I. 12) ; ma si sa quanto sia incerta 1' epoca di
  • questo rozzo rimatore. In ogni modo, volendo creder autentiche le poesie
  • di Gherardo da Firenze, il quale, per quanto se ne dice, fiorì intorno al
  • 1100, di Aldobrando da Siena (nato nel 1112.), e degli altri autori di rime
  • antichissime che dobbiamo alle carte di Arborea, bisogna supporre che
  • Dante, scrivendo questo passo, non ne abbia avuto alcuna notizia.
  • 27. « O vanagloria dell' umane posse , Com' poco \erde in sulla cima
  • dura, Se non è giunta dall' etati grosse!» Purg. XI. 91. Si veda quanto
  • 1' aut. nel medesimo senso scrisse di Guittone d' Arezzo , di Bonaggiunta
  • da Lucca , e d' alcuni altri 'nel cap. 13. lib. I. della Volg. Eloquenza.
  • 31. Ben altrimenti ne giudicò 1' aut. nel più volte citato libro de Vulg. El.
  • II. 2. •Haectria: Salus videlicet, Venus, Virtus apparent esse illa magnalia,
  • quae» (poetis) asint maxime pertractanda , hoc est ea quae maxime sunt ad
  • ista : ut armorum probitas , amoris accensio , et directio voluntatis. Circa
  • quae sola, si bene recolimus , illustres viros invenimus vulgariter poetasse;
  • scilicìt Cinum Pistoriensem , amorem, amicum ejust (Dantem) urectitudinem.
  • Arma vero nullum Italum adhuc inverno poetasse».
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  • 78 Vita kuova. Cap. 25.
  • ed nomini); degno è lo dicitore per rima fare lo simigliarne,
  • ma non senza ragione alcuna, ma con ragione, la quale poscia
  • sia possibile d' aprire per prosa. Che li poeti abbiano così
  • parlato, come detto è, appare per Virgilio; il quale dice che
  • 50 Giuno, cioè una Dea nemica dei Troiani, parlò ad Eolo signore
  • dell! venti, quivi nel primo dell' Eneida:
  • JEole, namque Ubi etc,
  • e che questo signore le rispose quivi:
  • Tuns, o regina, quid optes
  • 55 Expìorare labor; mihi jussa capessere fas est.
  • Per questo medesimo poeta parla la cosa, che non è animata,.
  • alla cosa animata nel terzo dell' Eneida, quivi:
  • Dardanida duri etc.
  • Per Lucano parla la cosa animata alla cosa inanimata, quivi :
  • 60 Muìtum, Roma, tamen debes civilibus armis.
  • Per Orazio parla P uomo alla sua scienza medesima, siccome
  • ad altra persona ; e non solamente sono parole d' Orazio, ma
  • dicele quasi recitando le parole del buono Omero, quivi
  • nella sua Poetria:
  • 46. ed uomini manca nel cod. M. 55. Il secondo verso della citazione
  • W. dicitore in rima non si legge nel cod. N.
  • M. fare la simiglianza 57. I testi a penna hanno per
  • 47. Il cod. Mart. tralascia il ma isbaglio nel secondo dell' En.
  • (non sema) , che si trova in tutti 63. C. N. W. — Mart. quasi reci-
  • gli altri testi. tando lo modo — W. v. qu. retinendo
  • N. cagione alcuna ' lo modo — Tr. 2. quasi in emulo
  • N. poi sia possib. ad apr. — modo — tntti gli altri quasi medio
  • Torri poesia sia poss. ecc. 64. S. nella sua Poètica
  • 53. B. le rispondesse
  • 51. Aen. I. 65.
  • 53. Ivi vers. 76.
  • 57. Aen. III. 94.
  • 60. Pharsalia I. 44.
  • 61. «la scienza» alla quale Orazio, oppure Omero, parla, è la Musa, cioè
  • la poesia, e '1 nostro aut. segue 1' esempio eli' essi gli diedero, invocando ora
  • la Musa, ora Calliope, ed ora Apollo. Inf. II. 7. Purg. I. 7, 8. Parad. I. 13.
  • 63. Dante non conosceva Omero che per le relazioni di altri autori
  • antichi, massimamente di Aristotele. Vedi sopra la nota al cap. 1. lin. 35.
  • Come qui Orazio, cosi altrove il Filosofo è la fonte dalla quale attinge
  • qualche brano di «quel Greco, che le Muse lattar più eh' altro mai».
  • Purg. XXII. 100. — Monarchia II. 3. « Comparationem faciens» (Virgilius)
  • «(/«• Amen ad lìrctorent ì quem prae omnibus Homerus glorificati ut re/ert
  • Pf,i,\-J in iis qua? de moribtis fugiendis ad Nicomachum» (Eth. Ni-
  • com. VII. l.ì.
  • 64. Ad Pitone» vere. 141.
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  • Vita nuova. Cap. 25. 26. 79
  • Die mihi, Musa, virum etc. 6!>
  • Per Ovidio parla Amore, come se fosse persona umana, nel
  • principio del libro che ha nome Rimedio d' Amore, quivi :
  • Bella mihi, video, bella parantur, ait.
  • E per questo puote essere manifesto a chi dubita in alcuna
  • parte di questo mio libello. 70
  • E acciocché non ne pigli alcuna baldanza persona grossa,
  • dico che né li poeti parlavano così senza ragione, né que' che
  • rimano deono parlare così, non avendo alcuno ragionamento
  • in loro di quello che dicono; perocché grande vergogna
  • sarebbe a colui, che rimasse cosa sotto veste di figura o di 75
  • colore rettorico, e poscia domandato non sapesse dinudare le
  • sue parole da cotal vesta , in guisa eh' avessero verace inten-
  • dimento. E questo mio primo amico ed io ne sapemo bene
  • di quelli che così rimano stoltamente.
  • CAPITOLO XXVI.
  • Questa gentilissima donna, di cui ragionato è nelle prece-
  • denti parole, venne in tanta grazia delle genti, che quando
  • passava per via, le persone correano per vederla; onde mirabile
  • letizia me ne giungea. E quando ella fosse presso ad alcuno,
  • tanta onestà venia nel core di quello, eh' egli non ardia di le-
  • vare gli occhi, né di rispondere al suo saluto ; e di questo molti,
  • siccome esperti, mi potrebbero testimoniare a chi noi credesse.
  • Ella coronata e vestita d' umiltà s' andava , nulla gloria mo-
  • 67. N. nel libro che ha nome Ri- Tr. 1. dinodare le sue par.
  • medio — W. nel princ. del libro che 78. M. questo mio amico
  • ha nome Ovidio del Rita. — Frat. "W. ne sapemo di quelli
  • nel pr. del libro di Rimedio
  • 69. M. chi dubita in questo mio Caf. XXVI.
  • libello 1. B. donna, di cui detto è
  • 72. N. W. — gli altri li poeti par- 3. N. W. per vedere lei
  • lano così 5. C. N. W. tanta onestà giugnea
  • 76. N. e poi domand. non sap. — 8. Ed ella coron. — W. Ella
  • S. e domand. non sap. inccr.
  • 67. Remed. ara. vers. 2.
  • 72. Vedi sopra lin. 47.
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  • 80 Vita nuova. Cap. 26.
  • strando di ciò eh' ella vedeva ed udiva. Dicevano molti, poiché
  • 10 passata era: Questa non è femmina, anzi è uno de' bellissimi
  • angeli del cielo. Ed altri dicevano : Questa è una meraviglia ;
  • che benedetto sia lo Signore che sì mirabilmente sa operare!
  • Io dico eh' ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti i piaceri,
  • che quelli che la miravano comprendevano in loro una dolcezza
  • 15 onesta, e soave tanto che ridire non la sapevano; né alcuno
  • era lo quale potesse mirar lei, che nel principio non gli con-
  • venisse sospirare. Queste e più mirabili cose da lei proce-
  • deano virtuosamente. Ond' io pensando a ciò , volendo ripi-
  • gliare lo stile della sua loda , proposi di dire parole , nelle
  • 20 quali dessi ad intendere delle sue mirabili ed eccellenti
  • operazioni; acciocché non pure coloro che la poteano sensibil-
  • mente vedere, ma gli altri sapessino di lei quello che le pa-
  • role ne possono fare intendere. Allora dissi questo sonetto:
  • 9. S. eh' ella vedeva o udiva 18. C. N. W. — gli altri mirabil-
  • 10. C. N. anzi è de' belliss. — S. mente e virtuosamente
  • anzi è simile a uno de' beli. 19. Tr. 1. lo studio della sua loda
  • U n ' *' è V Z* m€ra °!? lia J 21. S. visibilmente vedere
  • 22. C. N. W. sappiano di lei
  • 12. Tr. 1 W. mirabilm. sa adope-
  • rare
  • 14. S. una bellezza h onesta S. che per le parole ne posso
  • 15. N. ridire noi sapevano — B. — M. che per le par. non posso
  • rid. non lo sapeano
  • Cap. XXVI.
  • 19. «ripigliare lo stile della sua loda » , che in tutto il capitolo prece-
  • dente non aveva parlato di Beatrice, benché nel cap. 18. avesse detto «pro-
  • posi di prendere per materia del mio parlare Bempre mai quello che fosse
  • loda di questa gentilissima».
  • 20. « le sue mirabili ed eccellenti operazioni » , gli effetti dalla sua
  • beltà, gentilezza ed umiltà prodotti in altrui, dei quali 1' aut. parla già
  • nel son. 15. ma più ancora nel 16, che dovrebbe far parte del presente ca-
  • pitolo (vedi 1' annotaz. crit. a cap. 27. lin. 1).
  • 22. «sensibilmente vedere», cioè guardando «pur con 1» occhio, ohe non
  • vede, Quando disanimato il corpo giace». Purg. XV. 134.
  • 23. «quello che le parole ne possono fare intendere». Canz. «Amor
  • che nella mente» str. 1. «Il parlar nostro, che non ha valore Di ritrar
  • tutto ciò che dice Amore». Inf. XXVIII. 4. «Ogni lingua per certo verria
  • meno, Per lo nostro sermone, e per la mente, Ch' hanno a tanto com-
  • prender poco seno».
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  • Vita nuova. Cap. 26. (Son. 15.) 81
  • SONETTO DECIMO QUINTO.
  • Tanto gentile e tanto onesta jpare
  • La donna mia, quand' ella altrui saluta, 25
  • Ch' ogni lingua divien tremando muta,
  • E gli occhi non 1' ardiscon di guardare.
  • Ella sen va, sentendosi laudare,
  • Benignamente d' umiltà vestuta ;
  • E par che sia una cosa venuta 30
  • Di cielo in terra a miracol mostrare.
  • Mostrasi sì piacente a chi la mira,
  • Che dà per gli occhi una dolcezza al core,
  • Che intender non la può chi non la prova.
  • E par che della sua labbia si muova 35
  • Un spirito soave e pien d' amore,
  • Che va dicendo all' anima : sospira.
  • Questo sonetto è sì piano ad intendere, per quello che
  • narrato è dinanzi,- che non ha bisogno d' alcuna divisione; e
  • però lasciando lui, 40
  • 24. Cod. Redi Tanto è gentile M. fiero e pien d' ardore
  • 27. G. gli occhi non ardiscon
  • 29. B. Umilementé d' onestà test. 38 ' B ' ^ uest0 sonetto non si di ° ide >
  • Vedi sopra cap. 11. «con viso vestito perciocché per se medesimo e assai
  • umiltà ». chiaro. — In vece di questo i codici
  • o A -ir s«' ., i c - Mart - N - Tr - !• e w ' hanno
  • 30. M. Credo che na quant0 g . legge nel nogtro ^^
  • 33. M. Che fier per gli occhi co n e go i e differenze che Tr. 1. ha
  • 36. C. M. N. W. G. — S. Uno però lasciandola, e che nel cod. N.
  • S2>irto le ultime quattro parole mancano.
  • 26. Sopra cap. 11. «Quando ella fosse alquanto propinqua al salu-
  • tare chi avesse voluto conoscere Amore, far lo potea mirando lo tre-
  • more degli occhi miei».
  • 29. «Nulla gloria mostrando di ciò che ella vedeva ed udiva» (sopra lin. 8.).
  • 31. Sopra lin. 11. «Altri dicevano: Questa è una meraviglia; che bene-
  • detto sia il Signore che sì mirabilmente sa operare».
  • 35. «della sua labbia », cioè del suo viso, del suo aspetto. Purg. XXE3.
  • 46. : « Questa favilla tutta mi raccese Mia conoscenza alla cambiata labbia,
  • E ravvisai la faccia di Forese».
  • 37. Sopra lin. 15. «Né alcuno era lo quale potesse mirar lei, che nel
  • principio non gli convenisse sospirare».
  • 38. «piano ad intendere» Purg. VI. 34. «La mia scrittura è piana».
  • 40. «lasciando lui», cioè lasciando il sonetto senza divisione, di cui
  • non ha bisogno. Chi preferisce col Giuliani la lezione del Tr. 1. «la-
  • sciandola», spiega: tralasciando di aggiungere la divisione, del sonetto.
  • Dante, Opere minori. I. 6
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  • 82 Vita nuova. Cap. 27. (Son. 16.)
  • CAPITOLO XXVII.
  • Dico che questa mia donna venne in tanta grazia, che non
  • solamente ella era onorata e laudata, ma per lei erano onorate
  • e laudate molte. Ond' io veggendo ciò , e volendolo mani-
  • festare a chi ciò non vedea, proposi anche di dire parole , nelle
  • 5 quali ciò fosse significato : e dissi allora questo altro sonetto,
  • che comincia Vede perfettamente, lo* quale narra di lei come
  • la sua virtù adoperava nelle altre, siccome appare nella sua
  • divisione.
  • SONETTO DECIMOSESTO.
  • Vede perfettamente ogni salute
  • 10 Chi la mia donna tra le donne vede:
  • Quelle, che van con lei, sono tenute '
  • Di bella grazia a Dio render mercede,
  • E sua beltate è di tanta virtute,
  • Che nulla invidia all' altre ne procede ,
  • 15 Anzi le face andar seco vestute
  • Di gentilezza, d' amore e di fede.
  • 5. 6. Le parole a ^ro e che com. Vede
  • Gap. XXVII. per/., che si devono ai codd. Triv. 1.
  • 1. Da quanto si è esposto in fine e "W. non si leggono nel cod. N. e-
  • del cap. precedente, si vede che i nell' ed. S.
  • testi a penna qui non indicano un 6. 7. Anche dì lei, e siccome app. ecc.
  • nuovo capitolo, non facendo nem- fu aggiunto coi detti due testi.
  • meno capoverso. Ma per non al-
  • terare la solita numerazione, si è
  • creduto dover tener dietro alle 10. Vat. /ralle donne
  • stampe anteriori. 11. N. G. 8. Q.uell€ y che vanno con
  • 2. N. non solarti, fra onor. lei, son tenute — W. E qu. ohe con
  • 3. N. M. — W. 8. volendo mani- con lei son ten.
  • /estare 13. B. E sua biltà è di — M. e Scap.
  • 5. M. W. S. — allora manca nel Che sua beltate è di
  • cod. N. 14. Vat. all' altra ne proc.
  • Cap. XXVII.
  • 2. Sopra cap. 19. canz. 1. str. 3. uqual vuol gentil donna parere, Vada
  • con lei ».
  • 12. Rendendo a Dio le grazie che sanno maggiori, lo rimunerano in
  • qualche modo di tanto favore.
  • 14. Cino da Pistoia canz. 11. str. 3. . . . Non dà invidia quel eh' è mara-
  • viglia, Lo quale vizio regna ov' è paraggio».
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  • Vita nuova. Cap. 27. 28. (Son. 16.) 83
  • La vista sua face ogni cosa umile,
  • E non fa sola sé parer piacente,
  • Ma ciascuna per lei riceve onore.
  • Ed è negli atti suoi tanto gentile, 20
  • Che nessun la si può recare a mente,
  • Che non sospiri in dolcezza d' amore.
  • Questo sonetto ha tre parti : nella prima dico tra che genti
  • questa donna più mirabile parea; nella seconda dico come era
  • graziosa la sua compagnia; nella terza dico di quelle cose 25
  • eh' ella virtuosamente operava in altrui. La seconda comincia
  • quivi: Quelle che van; la terza quivi: E sua beltate. Quest' ul-
  • tima parte si ^Ride in tre: nella prima dico quello che ope-
  • rava nelle donne, cioè per loro medesime ; nella seconda dico
  • quello che operava in loro per altrui; nella terza dico come 30
  • non solamente nelle donne, ma in tutte le persone, e non
  • solamente nella sua presenza, ma, ricordandosi di lei, mirabil-
  • mente operava. La seconda comincia quivi: La vista; la
  • terza quivi: Ed è negli atti.
  • CAPITOLO XXVIJI.
  • Appresso ciò , cominciai a pensare un giorno sopra quello
  • che % detto avea della mia donna, cioè in questi due sonetti
  • precedenti ; e veggendo nel mio pensiero eh' io non avea detto
  • di quello che al presente tempo adoperava in me, ^parvenu
  • 17. N. W. B. fa ogni cosa umile 30. B. in loro per alcuni
  • 18. Scap. fa sola lei B. che non solamente
  • 31. B. nelle donne operava, ma in
  • 23. B. che tra gente tutte
  • Cap. XXVIII.
  • 25. C. N. Tr. 1 . — B. com' era gioiosa
  • B. dico quelle cose
  • 26. Tr. 1. W. che vertudiosamente 4. M. che al presente adop.
  • oper. — B. le quali oper. C. N. "W. pareami
  • 22. L' ultimo verso di ognuno de' due sonetti esprime lo stesso pen-
  • siero.
  • 23. «tra che genti», vale a dire, tra le donne. «Beatrice .... Sotto
  • suo velo, ed oltre la riviera Vincer pareami più sé stessa antica, Che vincea
  • 1' altre qui, quand' ella e' era». Purg. XXXI. 82.
  • 31. «ricordandosi di lei», anche chi «se la reca a mente, sospira in
  • dolcezza d' amore ». *
  • 6*
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  • 84 Vita nuova. Cap. 28. (Frammento di Oanz.)
  • 5 difettivamente aver parlato; e però proposi di dire parole,
  • nelle quali io dicessi come mi parea esser disposto alla sua
  • operazione, e come operava in me la sua virtude. E non
  • credendo ciò poter narrare in brevità di sonetto, cominciai
  • allora una canzone, la quale comincia:
  • FRAMMENTO DI CANZONE.
  • 10 Sì lungamente m 7 ha tenuto Amore ,
  • £ costumato alla sua signoria,
  • Che sì com' egli m' era forte in pria,
  • Così mi sta soave ora nel core.
  • Però quando mi toglie sì '1 valoref »
  • 15 | Che gli spiriti par che fuggan via,
  • Allor sente la frale anima mia
  • Tanta dolcezza, che '1 viso ne smuore.
  • | Poi prende Amore in me tanta virtute,
  • Che fa li miei sospiri gir parlando;
  • 20 Ed escon fuor chiamando
  • La donila mia, per darmi più salute.
  • Questo m' avviene ovunque ella mi vede,
  • E sì è cosa umil, che noi si crede.
  • 6. S. salta dal primo al secondo 12. N. cod. Redi. W. M. G. 8.
  • coflEft~ _ . ^ Che così come 7 tu' era
  • 7. W. E non potendo credere ciò 19. N. W. — M. G. S. Che fm. gli
  • narrare spirti miei andar
  • 8. M. S. cominciai questa canzone 23. C. M. N. che non si crede
  • Gap. XXVIII.
  • 6. Il poeta voleva esporre nella canzone come dall' un de' lati la
  • lunga signoria d' Amore 1' aveva disposto a ricever degnamente i benefici
  • influssi che procedeano dalla sua donna, aveva dunque condotto in lui a
  • maggior perfezione la potenza ; dall' altro lato come quegli influssi virtuosi
  • operavano in lui, riducevano in atto quella potenza.
  • • _ _
  • 10. Questa strofa, ossia stanza di canzone, per V intrecciatura deUe
  • rime sarebbe /sonetto , se 1' undecimo verso (lin. 20.) non fosse settenario.
  • 12. «forte», difficile, duro a sopportarsi.
  • 14. Ganz. 2. str. 2. (cap. 23.) «Ghe vedestù, che tu non hai valore?»
  • 17. « il viso ne smuore » , smarrisce , divien d' un color pallido.
  • 21. «per darmi più salute», a maggiormente confortarmi, inebbriandomi
  • di dolcezza.
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  • Vita nuova. Cap. 29. 85
  • CAPITOLO XXIX.
  • Quomo do sedet sola civitas piena populo ! facta est quasi
  • vidua domina gentium.
  • Io era nel proponimento ancora di questa canzone, e com-
  • piata n' avea questa sovrascritta stanza, quando lo Signore
  • della giustizia chiamò questa gentilissima a gloriare sotto 5
  • l' insegna di quella reina benedetta Maria, lo cui nome fu in
  • grandissima reverenza nelle parole di questa Beatrice beata.
  • Ed avvegnaché forse piacerebbe al presente trattare al-
  • quanto della sua partita da noi, non è mio intendimento di
  • trattarne qui per tre ragioni: la prima si è, che ciò non è IO
  • del presente proposito, se volemo guardare il proemio, che
  • precede questo libello; la seconda si è che, posto che fosse
  • del presente proposito, ancora non sarebbe sufficiente la mia
  • penna a trattare,, come si converrebbe, di ciò; la terza si è
  • 7. N. di questa beata Beatrice —
  • Cap. XXIX. S. di qu. Beatrice
  • . r , , , . ,. 8 - Mart. W. t. appresente trattare
  • 1. Le paro e del testo biblico non 10 c _ ^ u ^ rf . , rfl „ flr
  • si leggono nell' ed. S. .
  • 4. C. N. lo Sign. di questa genti- \\. n. W. se volemo guardare nel
  • lissima, cioè io Sign. della giust. proemio
  • 5. C. N. chiamò questa nobile 12. e. Mart. W. S. — N. B. posto
  • 6. C. N. e W. (agg. fra le righe) che sia
  • benedetta virgo Maria 14. W. S. sufficiente la mia lingua
  • Cap. XXIX.
  • I. Thrvai I. 1. Nel cap. 31. 1' aut. dice d' aver messo qui il vcrsicolo
  • di Geremia «quasi come entrata della nuova materia che appresso viene».
  • 6. ««Quivi è la rosa in che il Verbo Divino [Carne si fece» dice della
  • santa Vergine Beatrice nel Parad. XXIII. 73. , e poco appresso (vers. 88.)
  • il poeta la chiama «il bel fior, ch'io sempre invoco E mane e sera». La
  • dice » reina», come nel Far. XXXII. 104 e 119 le dà l' istesso nome
  • («regina»), e quello di «Augusta». — L' aut. dice «sotto l'insegna», e
  • non immediatamente sotto. Nella rosa dell' Empireo si succedono in linea
  • retta sotto Maria: Eva, Rachel, Sara, Rebecca, Judit e Ruth, tutte Ebree.
  • Accanto a Rachel e sotto a S. Pietro siede Beatrice «Nel trono che i suoi
  • merti le sortirò». Par. XXXI. 69.
  • II. Vedi sopra pag. 3.: «le parole», che 1' aut. trovava scritte «nel libro
  • della sua memoria sotto la rubrica, la quale dice: incipit Vita Nova*.
  • 14. « a trattare di ciò » , intendi quanto fu bella la morte di Beatrice,
  • che in mezzo agli spasimi dell' agonia non solamente rimaneva rassegnata
  • nella volontà divina, ma sembrava già trionfare colle glorie del Paradiso.
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  • 86 Vita nuova. Cap. 29. 30.
  • 15 che, posto che fosse Y uno e 1' altro, non è convenevole a
  • me trattare di ciò, per quello che, trattando, mi converrebbe
  • essere lodatore di me medesimo (la qual cosa è al postutto
  • sconvenevole e biasimevole a chi '1 fa) , e però lascio cotale
  • ) trattato ad altro chiosatore.
  • Tuttavia, perchè molte volte il. numero del nove ha preso
  • luogo tra le parole dinanzi, onde pare che sia non senza
  • ragione, e nella sua partita cotale numero pare che avesse
  • molto luogo, conviensi qui dire alcuna cosa, acciocché pare
  • al proposito convenirsi. Onde prima dirò come ebbe luogo
  • 25 nella sua partita, e poi ne assegnerò alcuna ragione, perchè
  • questo numero fu a lei cotanto amico.
  • capitolo xxx.
  • Io dico che, secondo 1' usanza d' Italia, 1' anima sua nobilis-
  • sima si partì nella prima ora del nono giorno del mese ; e se-
  • condo 1' usanza di Siria, ella si partì nel nono mese dell' anno ;
  • perchè il primo mese è ivi Tisrin, il quale a noi è. Ottobre.
  • E secondo 1' usanza nostra, ella si partì in quello anno della
  • 16. N. perchè trattando Cap. XXX.
  • W. S. conterrebbe essere me 1. Anche qui li testi a penna non
  • laudatore — M. avverrebbe me ess. fanno capoverso.
  • lodai. N. t. W. secondo V usanza
  • 18. 0. N. W. — gli altri omettono d ' Arabia
  • sconcenecole e 2 * nobilissima manca nel cod. M.
  • lin „ , , , e presso il S.
  • 22. M. pare che cotal numero avesse *\ _. , . . ,.„....
  • * 4. Trovando nel mio codice Thtsir,
  • 23. S. che avesse molto, con*. ho cre duto dover restituire con leg-
  • Mart. — M. però conviensi dire ^ t9k correzione il vero nome del
  • quivi — S. converriesi dire quindi prim0 me8e siriaco ( Scalici» de
  • 25. N. ne segnerò emendat. temporum p. 96.) — N. t.
  • 26. N. perchè cotal numero Sirim — tutti gli altri Tismin
  • è
  • 17. « Lodare sé . . . è loda nella punta delle parole , è vituperio chi
  • cerca loro nel ventre». Conv. I. 2. — Quale sia la ragione, per cui l'aut.
  • non abbia potuto trattare della partita di Beatrice senza essere lodatore
  • di sé medesimo, non saprei indovinare, né trovo che. altri sia stato più
  • felice.
  • Cap. XXX.
  • 4. L'anno Siro-greco cominciava coi due mesi Tisrin, e il suo nono
  • mese era detto Haziran.
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  • Vita nuova. Cap. 30. 87
  • nostra indizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto
  • numero nove volte era compiuto in quel centinaio, nel quale
  • in questo mondo ella fu posta: ed ella fu de' Cristiani del
  • terzodecimo centinaio. Perchè questo numero le fosse tanto
  • amico, questa potrebb' essere una ragione ; conciossiacosaché, IO
  • secondo Tolomeo e secondo la Cristiana verità, nove siano
  • li cieli che si muovono, e secondo comune opinione astrologa
  • li detti cieli adoperino quaggiù secondo la loro abitudine
  • insieme; questo numero fu amico di lei per dare ad inten-
  • dere, che nella sua generazione tutti e nove li mobili cieli 15
  • 9. C. N. W. — Tr. 1. Mart. è che nove , lezione preferita dal
  • •Perchè questo numero Jfisse in tanto . Giuliani.
  • amico di lei — Il cod. M. e le edi- 12. N. W. — Tr. 1, 2. sec. com.
  • zioni anteriori alla Milanese non op. astrologica — M. S. secondo
  • ritengono di questo passo che le comunione Astrologia — B. sec.
  • due ultime parole. » comunione astrologa
  • 10. M. qu. potrebbe essere mia 13. S. adoprano quaggiù
  • ragione secondo manca nel cod. N.
  • lì. X. secondo li Cristiani ver it ade li. C. N. abitudine in cielo
  • 6. a indizione » equivale ad « era » , la nostra indizione è 1' era Cri-
  • stiana.
  • 7. L' aut. chiama il dieci il numero perfetto , forse perchè a dal dieci
  • in su non si va, se non esso dieci alterando cogli altri nove e con so «tesso»
  • Convivio II. 15. Del resto anche i Pitagorici dicevano numero perfetto
  • il dieci.
  • 9. Beatrice morì dunque la prima ora del 9. Giugno 1290.
  • 11. Già Tolommeo attribuì una sfera, ossia un cielo ad ognuno dei sette
  • pianeti (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno). Di là di esse
  • suppose come ottavo cielo quello delle stelle fisse, e come nono il cielo cristal-
  • lino, ossia primo mobile, cagione, come si credeva, dell'apparente circo-
  • lazione quotidiana di tutti i corpi celesti. Gli scolastici, dunque Cristiani,
  • adottando questo sistema , aggiunsero ai nove cieli un decimo , 1* empireo,
  • di perpetua quiete, e per ciò immobile. Questa configurazione celeste,
  • dimostrata falsa da oramai tre secoli, fu creduta da Dante verità incon-
  • trastabile (Convivio II. 3. « Del numero de' cieli , e del sito diversamente
  • è sentito da molti ; avvegnaché la verità all' ultimo sia trovata»), e questa
  • supposta verità, essendo combinata dalla teologia del medio evo colle
  • gerarchie celesti, ben poteva dirsi dall' autore « verità Cristiana ». I nove
  • cieli mobili agiscono secondo la rispettiva- loro posizione sulle cose
  • terrene.
  • 13. Furg. XXX. 109. ... «le rote magne . . drizzan ciasoun seme ad
  • alcun fine, Secondo che le steUe son compagne». «Secondo la loro abi-
  • tudine» Parad. XXIX. 52. «L'altra» (parte degli Angeli, cioè quelli che
  • non caddero con Lucifero , e furono fatte intelligenze motrici de' cieli)
  • « rimase , e cominciò quest' arte , Che tu discerni , con tanto diletto Che
  • mai da circuir non si diparte».
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  • 88 Vita nuova. Cap. 30.
  • perfettissimamente s' aveano insieme. Questa è una ragione
  • di ciò; ma più sottilmente pensando, e secondo la infallibile
  • verità, questo numero fu ella medesima ; per similitudine dico, !
  • e ciò intendo così: Lo numero del tre è la radice del nove, |
  • 20 perocché senza numero altro, per sé medesimo moltiplicato,
  • fa nove, siccome vedemo manifestamente che tre via tre fa
  • nove. Dunque se il tre è fattore per sé medesimo del nove, !
  • e lo fattore dei miracoli per sé medesimo è tre, cioè Padre, ,
  • Figliuolo e Spirito santo, li quali sono tre ed uno, questa '
  • 25 donna fu accompagnata dal numero del nove a dare ad in- I
  • tendere, che ella era un nove, cioè un miracolo, la cui radice
  • è solamente la mirabile Trinitade. Forse ancora per più sottil
  • persona si vedrebbe in ciò più sottil ragione; ma questa è
  • quella eh' io ne veggio, e che più mi piace.
  • 16. N. sapeano insieme 21. Le parole siccome vedemo mani-
  • li. S. secondo to ineffabile verità, festam. che tre via tre fa nove mancano
  • lezione, per quanto mi pare sosti- nel testo del cod. W. ma sono sup-
  • tuita dal Sennart. a quella degli plite in marg. eolla variazione di
  • altri col solito suo modo di non fanno in vece di fa — N. siccome è
  • ammettere in relazione a Beatrice manif. ecc.
  • termini consacrati per cose di fede 25. M. "W. S. accompagnata da
  • Cristiana. questo numero
  • 20. M. N. W. B. — S. senza nu- 26. M. W. S. la cui radice , ciò*
  • mero alcuno, per sé — Prat. senz 1 al- del miracolo, è solam.
  • tro numero per sé 27. C. N. per più sottili ragioni
  • "W. t. per sé medesimo, molti- ciò è\ ma questa è quella che più mi
  • plicandolo, fanno nove — N. "W*. v. piace, e che io ne veggio
  • per sé medesimo fa nove
  • 16. o s' aveano insieme», erano nella posizione più favorevole, dimodo-
  • ché ognuno di questi cieli poteva far agire i benefici suoi influssi in per-
  • fetta armonia cogli altri. Farad. XIII. 79. . . . use il caldo amor la chiara
  • vista Della prima virtù dispone e segna, Tutta la perfezion quivi s'ac-
  • quista.
  • 22. Farad. XIII. 55. . . . «quella viva luce che sì mea Dal suo lucente,
  • che non si disuna Da lui , nò dall' amor che a lor s' intrea , Per sua bon-
  • tate il suo raggiare aduna, Quasi specchiato, in nove sussistenze».
  • I
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  • Vita nuova. Cap. 31. 89
  • capitolo XXXI.
  • Poiché la gentilissima donna fu partita da questo secolo,
  • rimase tutta la sopradetta cittade quasi vedova, dispogliata
  • di ogni dignitade, ond' io, ancora lagrimando in questa deso-
  • lata cittade , scrissi a' principi della terra alquanto della sua
  • condizione, pigliando quello cominciamento di Geremia profeta: 5
  • Quomodo sedet sola civitas! E questo dico, acciocché altri
  • non si meravigli, perchè io V abbia allegato di sopra, quasi
  • come entrata della nuova materia che appresso viene. E se ^-
  • alcuno volesse me riprendere di ciò, che non~scrivo qui le
  • parole che seguitano' a quelle allegate, scusomene, perocché lo IO
  • intendimento mio non fu da principio di scrivere altro che per
  • volgare: onde, conciossiacosaché le parole, che seguitano a
  • quelle che sono allegate, sieno tutte latine, sarebbe fuori del
  • mio intendimento se io le scrivessi; e simile intenzione so che
  • 3. Tr. 1. in questa disconsolata
  • Cap. XXXI. città
  • 5. Tatto il passo da pigliando
  • 1. la gentilissima donna manca fin0 so viene (lin . 8<) manca
  • nei oodd. C. N. W. nell , Jf g
  • M. W. S. partita di questo B. non ha profeta
  • secolo 8. M. B. Se alcuno
  • 2. M. la soprascritta città — S. 13. M. a quelle allegate
  • questa città 14. Le parole e simile intenz. fino
  • quasi non si legge nel cod. N. in volgare non si leggono nel cod. M.
  • Cap. XXXI.
  • 1. «da questo secolo», dal mondo dei viventi, nel quale si parte «lo
  • tempo per calendi». — «Nell'eterno die» dei trapassati a vita migliore
  • non si conta né per giorni e notti, né per anni o secoli. Purg. XXX. 103,
  • 4. u della terra», cioè della città di Firenze, che 1' aut. anche
  • nell' Inf. XXIII. 105. dice la «sua terra». I principi della terra sono
  • dunque i personaggi principali e più auterevoli. ,
  • 6. L' isteBao principio diede 1' aut. all' epistola che diresse nel 1314 ai
  • Cardinali Italiani del Conclave di Carpentrasso. — Gahr. Kossetti (La
  • Beatrice di Dante p. 69, 73.) credendo identiche le due lettere, suppone
  • che tutta la Vita Nuova non sia scritta che dopo la morte di Clemente V
  • e che i «principi della terra» siano gli stessi Cardinali, detti nell' epistola
  • « nomine solo Archimandrìtae per orbem».
  • 7. «di sopra», cap. 29.
  • 10. Nella lettera « a' principi della terra ».
  • 13. «quelle che sono allegate», cioè quelle di Geremia.
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  • 90 Vita nuova. Cap. 32.
  • 15 ebbe questo primo mio amico, a cui ciò scrivo, cioè eh' io
  • gli scrivessi solamente in volgare. _ |7 ., t / . ^ -
  • ' CAPITOLO XXXII.
  • Poiché gii occhi miei ebbero per alquanto tempo lagrimato,
  • e tanto affaticati erano eh' io non potea disfogare la mia
  • tristizia, pensai di voler disfogarla con alquante parole dolo-
  • rose; e però proposi di fare una canzone, nella quale pian-
  • gendo ragionassi di lei, per cui tanto dolore era fatto distrug-
  • gitore deli' anima mia; e cominciai allora: Gli occhi dolenti ec.
  • Acciocché questa canzone paia rimanere viepiù vedova dopo
  • il suo fine, la dividerò prima eh' io la scriva: e cotal modo
  • terrò da qui innanzi. Io dico che questa cattivella canzone ha
  • 15. N. questo mio amico 3. M. pensai dì volerla sfogare
  • N. a cui io scrivo — W. a cui — C. N. pens. di sfogarla
  • io ciò scrivo 4. C. N. e pensai di fare una
  • canz.
  • Cap. XXXII.
  • 6. allora ecc. manca nel cod. M.
  • 2. 8. B. — C. N. W. che non 7. C. N. W. qu. canz. rimanga
  • poteano sfogare la loro trist. viepiù vedova
  • 15. Gli editori Milanesi annotano: «Da queste parole apparisce che
  • Guido Cavalcanti , chiamato da Dante suo primo amico , non amava la
  • lingua latina, cui fors' anche ignorava», ed in questo fatto trovano 1' «aper-
  • tissima ragione del suo probabile contraggenio per uno scrittore latino,
  • quale si è Virgilio», accennato da Dante Inf. X. 63. Quest'osservazione,
  • che mi pare giudiziosissima, non fu adottata che dal Fraticelli e dallo
  • Scartazzini fra i moderni commentatori della Commedia.
  • Cap. XXXII.
  • 3. A forza di piangere gli occhi dell'autore erano «rimasi per vinti»,
  • che non ne potevano più; il fonte delle lagrime gli era prosciugato in
  • modo che non poteva più «disfogar la sua tristizia » ; eppur anche un pec-
  • catore della Tolomea desidera di sfogar uil dolor che il cor gli impregna».
  • Inf. XXXIII. 113.
  • 4. « piangendo » , ma non « lagrimando », rompendo in lamenti, traendo
  • guai. — Il lagrimare si vede, ma il piangere si ode, e però dice bene
  • 1' aut. « Ed ecco piangere e cantar s' udìe ». Purg. XXIII. 10.
  • y. «cattivella canzone», cioè misera pietosa, e cosi 1' aut. nella licenza
  • (lin. 96.) la chiama «Pietosa mia canzone».
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  • Vita nuova. Cap. 32. (Canz. 3.) 91
  • tre parti: la prima è proemio; nella seconda ragiono di lei; IO
  • nella terza parlo alla canzone pietosamente. La seconda co-
  • mincia quivi: Ita n' è Beatrice; la terza quivi: Pietosa mia
  • canzone. La prima si divide in tre : nella prima dico per che
  • mi muovo a dire; nella seconda dico, a cui voglio dire; nella
  • tersenico, di cui voglio dire. La seconda comincia quivi : E 15
  • perche mi ricorda; la terza quivi: E dicerò. Poscia quando
  • dico : Ita n* è Beatrice, ragiono di lei, e intorno a ciò fo due
  • parti. Prima dico la cagione perchè tolta ne fu ; appresso dico
  • come altri piange della sua partita, e comincia questa parte
  • quivi: Partissi della sua. Questa parte si divide in tre: nella 20
  • prima dico chi non la piange; nella seconda dico chi la piange;'
  • nella terza dico della mia condizione. La seconda comincia
  • quivi: Ma n' ha tristizia e doglia; la terza: Datinomi angoscia.
  • Poscia quando dico: Pietosa mia canzone, parlo a questa mia
  • canzone designandole a quali donne sen vada, e steasi con loro. 25
  • CANZONE TEEZA.
  • Gli occhi dolenti per pietà del core
  • Hanno di lagrimar sofferta pena,
  • Sì che per vinti son rimasi ornai.
  • Ora s' io voglio sfogar lo dolore ,
  • Che appoco appoco alla morte mi mena, 30
  • Convenemi parlar traendo guai.
  • E perchè mi ricorda eh' io parlai
  • Della mia donna , mentre che vivia,
  • Donne gentili, volentier con vui,
  • Non vo' parlare altrui, 35
  • 12. N. Ita se n' è Beatrice 27. Pai. W. r. sofferto pena
  • 14. B. che mi muove a dire 31. M. Convienimene parlar — G.
  • 15. W. t. dico ciò che voglio dire ti. conviemmi di parl n
  • 17. Come a lin. 12. 32. Pai. perch' et mi rie. — Gh S.
  • 22. B. dico la mia condizione perchè 7 mi rie.
  • 23. Nella canz. lin. 63. Ma vien trist. 34. Pai. W. W. r. Donne gentil,
  • 25. N. W. B. disegnandole volentieri con vui
  • 35. Prat. parlarne altrui
  • 31. alo sentia da ogni parte traer guai ». Inf. XIII. 22.
  • 34. Vedi sopra cap. 19. «Pensai ohe parlar di lei non si convenia, se
  • non che io parlassi a donne in seconda persona».
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  • 92 Vita nuova. Cap. 32. (Canz. 3.)
  • Se non a cor gentil che 'n donna sia;
  • E dicerò di lei piangendo, pui
  • Che se n 7 è gita in ciel subitamente,
  • Ed ha lasciato Amor meco dolente.
  • 40 II. Ita n' è Beatrice in V alto cielo,
  • Nel reame ove gli angeli hanno pace,
  • E sta con loro; e voi, donne, ha lasciate.
  • Non la ci tolse qualità di gelo,
  • Né di calor, sipcome 1' altre face;
  • 45 Ma sola fu sua gran benigniate.
  • Che luce della sua umilitate
  • Passò li cieli con tanta virtute,
  • Che fé maravigliar 1' eterno Sire ,
  • Sì che dolce desire
  • 50 Lo giunse di chiamar tanta salute,
  • E fella di quaggiuso a sé venire;
  • Perchè vedea eh' està vita noiosa
  • Non era degna di sì gentil cosa.
  • III. Partissi della sua bella persona
  • 55 Piena di grazia 1' anima gentile,
  • Ed èssi gloriosa in loco degno.
  • 37. W. r. E sì dirò di lei 51. N. di quaggiù a sé
  • 38. C N. Pai. — gli altri Se rì è ita 54. M. della sua gentil persona
  • 40. M. N. Ita se n' è Beatr. 56. Tr. 2. E andossi gloriosa
  • Pai. in alto cielo. Vedi sopra Pai. in degno loco, altra « cor-
  • cap. 19. canz. 1. str. 3. rezione» fatta, al dire del Palermo,
  • 44. N. Pai. Né di calore, come da Messer Francesco per vindicar
  • V altre le rime di Dante dalle ingiurie di
  • 45. N. Pai. W. r. Ma solo fu chi ne guastò il testo — ma cor-
  • 46. G. M. della sua umanitate rezione che distrugge la rima.
  • 43. Il non poter trattare Dante della partita di Beatrice senza essere
  • laudatore di sé medesimo (cap. 29.) , la di lei morte non accaduta come
  • quella delle altre, per gelo o per calore, ma «subitamente» («com' ella
  • n' è tolta » lin. 67.) , sono tutti punti che rendono buia la narrazione di
  • quel tristo caso, e forte a solvere questo enigma.
  • 48. Già nella prima canzone P eterno Sire aveva detto agli angeli : «Diletti
  • miei, or sofferite in pace, Che vostra speme» (Beatrice) «sia,, quanto mi
  • piace , Là ov' è alcun che perder lei s' attende ». Ora dunque quel tempo
  • era passato, e Iddio si era arreso alle istanze degli angeli.
  • 52. «Lo cielo non atea altro difetto, Che d' aver lei* (ivi), e la vita di
  • questo mondo non era degna di si gentil cosa.
  • 54. «... la bella persona Che mi fu tolta, e '1 modo ancor m' offende»
  • dice Francesca da Rimini.
  • 56. «Nel ciel dell' umiltate , ov' è Maria o (Son. 18. cap. 35.).
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  • Vita nuova. Gap. 32. (Canz. 3.)
  • Chi non la piange, quando ne ragiona,
  • Core ha di pietra sì malvagio e vile,
  • Ch 7 entrar non vi può spirito benegno.
  • Non è di cor villan sì alto ingegno,
  • Che possa imaginar di lei alquanto,
  • E però non gli vien di pianger voglia:
  • Ma vien tristizia e doglia
  • Di sospirare e di morir di pianto,
  • E (V ogni consolar V anima spoglia,
  • Chi vede nel pensiero alcuna volta
  • Qual ella fu, e com' ella n' è tolta.
  • IV. Dannomi angoscia li sospiri forte,
  • Quando il pensiero nella mente grave
  • Mi reca quella che m' ha il cor diviso :
  • E spesse fiate pensando alla morte,
  • Me ne viene un desio tanto soave,
  • Che mi tramuta lo color nel viso.
  • Quando l' imaginar mi tien ben fiso,
  • Giugnemi tanta pena d' ogni parte,
  • Ch' i' mi riscuoto per dolor eh' io sento ;
  • E sì fatto divento,
  • Che dalle genti vergogna mi parte.
  • 60
  • 65
  • 70
  • 75
  • 59. M. Che non vi puote entrar
  • spirto ben. — G-. Ch' entrare non vi
  • può spirto ben. — N. Ch' entrar no' i
  • potè spìrito ben. — Anche peggio il
  • preteso Petrarca (Pai.) Ch' entr. non
  • i potè spirto ben.
  • 60. M. t. Non ha cor di villan
  • 62. Pai. di pianger doglia
  • 63. Frat. Ma n' ha trist. Vedi sopra
  • Un. 23.
  • Pai. e M. v. tristizia e voglia
  • 66. N. Chi vide, nel pena.
  • 67. N. W. Gr. S. — M. PaL W. r.
  • e qual ella n' è tolta
  • 68. W. r. Or. S. Donanmi angoscia.
  • Vedi sopra Cap. 16. Son. 9.
  • 71. C. N. pensando la morte
  • 72. C. N. Vienemene un desio — •
  • M. Vienemi un desio — Pai. Mi viene
  • un desio
  • 74. C. M. N. E quand' il maginar
  • — W. e W. r. E quando lo in-
  • maginar
  • C. N. — W. e W. r. ft. S. mi
  • vien ben
  • 73. «Me ne viene un desio tanto soave, Che mi tramuta lo color nel
  • viso». Nella seconda canz. il poeta disse alla morte : «si desideroso vegno
  • D' esser de tuoi, eh' io ti somiglio in fede ».
  • 74. Dal semplice «pensiero» che nella mente gli reca quella che gli
  • divise il core, pensiero, che gli fa nascere un desio della morte, il poeta
  • distingue 1' internarsi talmente in quell' imaginare doloroso, che ne
  • cade come in ismarrimento , dal quale 1' eccesso di pena finalmente lo
  • riscuote.
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  • 94 Vita nuova. Cap. 32. (Canz. 3.)
  • Poscia piangendo, sol nel mio lamento
  • 80 Chiamo Beatrice; e dico: Or se' tu morta!
  • E mentre eh' io la chiamo, mi conforta.
  • V. Pianger di doglia e sospirar d' angoscia
  • Mi strugge il core ovunque sol mi trovo,
  • Sì che ne increscerehbe a chi '1 vedesse :
  • 85 E qual è stata la mia vita, poscia
  • Che la mia donna andò nel secol nuovo,
  • Lingua non è che dicer lo sapesse:
  • E però, donne mie , pur eh' io volesse ,
  • Non vi saprei dir bene quel eh' io sono ;
  • 90 Sì mi fa travagliar 1' acerba vita,
  • La quale è sì invilita,
  • Ch' ogni uom par che mi dica: Io t' abbandono,.
  • Vedendo la mia labbia tramortita.
  • Ma qual eh' io sia, la mia donna sei vede,
  • 95 Ed io ne spero ancor da lei mercede.
  • VI. Pietosa mia canzone, or va piangendo,
  • E ritrova le donne e le donzelle,
  • 79. Pai. E poi piangendo — N. eh' io volesse (!) — W. G. B. perch* io-
  • Po' V piangendo volesse
  • 83. C. N. Pai. Mi stringe il core 89. G. S. Non vi saprei ben dicer
  • M. il cor dovunque M. ben dir quello eh' io sono
  • 84. C. N. Pai. W. e W. r. a chi 92. C. N. \Pal. W. — G. S. Che
  • m* udisse; leggi, oppure pronunzia ogni uom par mi dica
  • m' ledesse. Vedi il commento alla 94. N. Ma quel eh' io sia
  • lin. 4. di questo capitolo. M. il si vede
  • 86. Pai. Che V anima mandò (!) 95. M. Onde ne spero
  • 87. M. t. che dicer lo potesse 97. M. E ritrova la donna
  • 88. C. M. N. W. r. S. — Pai. più
  • 79. Piangendo e lamentandosi nella solitudine, non sa persuadersi che
  • Beatrice sia veramente morta, e chiamandola gli sembra che gli risponda
  • e lo conforti.
  • 86. Il « secol nuovo » nel quale andò Beatrice è la « seconda sua etade
  • e la mutata vita » del Purg. XXX. 125. A dir vero , la vita eterna non
  • conosce «secoli»; ma 1' uso improprio di quel termine ricorre anche
  • nell' Inf. II. 13. : « di Silvio lo parente .... ad immortale Secolo andò ».
  • Vedi son. 17. lin. 28.
  • 90. «mi fa travagliar». Inf. XXXIV. 91. «s'io divenni allora trava-
  • gliato, La gente grossa il pensi».
  • 93. Il colore e 1' espressione del mio viso, che sembrano d' uomo-
  • morto.
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  • Vita nuova. Cap. 33. 95
  • A cui le tue sorelle
  • Erano usate di portar letizia;
  • E tu, che sei figliuola di tristizia, 100
  • Yatten disconsolata a star con elle.
  • capitolo xxxhi. Nh -
  • Poichè detta fu questa canzone^ si venne a me uno, il
  • quale, secondo li gradi dell' amistade, è amico a me immediata-
  • mente dopo il primo : e questi fu tanto distretto di sanguinità
  • con questa gloriosa, che nullo più presso 1' era. E poiché
  • fu meco a ragionare, mi pregò che io gli dovessi dire alcuna 5
  • cosa per una donna che s' era morta ; e simulava sue parole,
  • acciocché paresse che dicesse d' un' altra, la quale morta era
  • cortamente : ond' io accorgendomi che questi dicea solo per
  • questa benedetta, dissi di fare ciò che mi domandava lo suo
  • prego. Onde poi pensando a ciò, proposi di fare un sonetto, 10
  • nel quale mi lamentassi alquanto, e di darlo a questo mio
  • 101. Mart. Mortara. W. e W. r. 3. C.W.— gli altri e questo futanto
  • — N. Pai. (t. S. Vattene scanso- 7. W. un' altra che morta era
  • lata- S. S. morta era certamente
  • In fine della licenza il Ser- Mart. W. dicea solamente per
  • martelli aggiunge questi tre versi: qu. — N. dicea per qu.
  • Dì Beatrice più che V altre beile, 9. Mart. W. S. — N. quella bene-
  • N'è ita a' pie d'Iddio immantenente, detta
  • E ha lasciato Amor meco dolente. N. ciò che mi commandava
  • 10. W. B. — N. ond' io poi pen-
  • Cap. XXXIII. sando a ciò, prop. — . Onde acciò
  • 1. W. questa mia canzone pensando prop.
  • 2. W. S. — C. N. era amico
  • 98. « le tue sorelle » , le rime composte dal poeta in lode di Beatrice
  • vivente. La canz. «Amor, che nella mente » chiama sua sorella la ballata
  • «Voi che sapete ragionar».
  • Cap. XXXIII.
  • 2. Il secondo amico dell' aut. per ragione di tempo era Cino da Pistoia
  • Qui ai parla di uno che per gradi d' amicizia — dopo Guido Cavalcanti —
  • gli era secondo, cioè di Manetto Portinari, fratello di Beatrice (Vedi
  • cap. 34. lin. 17.). Per quanto io sappia questo passo è l'unico ricordo,
  • rimastoci di tale amicizia.
  • 3. a distretto di sanguinità», di prossima, di stretta parentela.
  • 8. «cortamente», da poco tempo.
  • 11. In questo sonetto 1' aut. non si lamenta che «alquanto», acciocché
  • paresse che non per sé stesso, ma per Manetto 1' avesse fatto.
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  • 96 Vita nitova. Cap. 33. (Son. 17.
  • amico, acciocché paresse, che per lui 1' avessi fatto; e
  • dissi allora questo sonetto: Venite a intendere ecc. lo
  • quale ha due parti: nella prima chiamo li- fedeli d' Amore
  • 15 che m' intendano; nella seconda narro della mia misera
  • condizione. La seconda comincia quivi: Li quali scon-
  • solati.
  • SONETTO DECIMOSETTIMO.
  • Venite a intender li sospiri miei,
  • cor gentili, che pietà il desia;
  • 20 -" Li quali sconsolati vanno via,
  • E s' e' non fosser, di dolor morrei.
  • Perocché gli occhi mi sarehbon rei
  • Molte fiate più eh' io non vorria,
  • Lasso! di pianger sì la donna mia,
  • 25 Che sfogassi lo cor, piangendo lei.
  • Voi udirete lor chiamar sovente
  • La mia donna gentil, che se n- è gita
  • Al seco! degno della sua virtute;
  • 15. Le parole feconda narro della fiate più che non vorrei, lascio di
  • mancano nel cod. N. piangere la donna mia, e di sfogare
  • nel pianto il mio dolore».
  • 20. B. Li qua' disconsolati 25. W. — M. Che sfogasser lo cor
  • 21. M. t. Se ciò non fosse — C. N". Che sfogherei lo cor — B.
  • 24. In luogo di Lasso! di pianger 67*' i' sfogherei lo cor — Cod. Kedi
  • U GIULIANI legge Lascio di pianger, G. S. Ch' affogherieno il cor
  • e spiega oGli occhi mi sarebber rei, 26. N. udirete lo chiamar
  • crudi , rifiutandomi le lagrime a 27. M. t. La nostra donna la guai
  • sfogo del mio dolore; e per questa se n' / ; ita
  • loro crudeltà, durezza, io molte
  • 21. Non sapendo più lagrimare, il poeta non ha altro sfogo pel suo do-
  • lore che i sospiri ; se gli mancassero anche questi , 1» angoscia del dolore
  • 1' ucciderebbe.
  • 22. « Beo » è il debitore che non paga il suo debito. Gli occhi dovreb-
  • bero sparger lagrime quante bastassero per isfogare gli affanni del cuore;
  • ma pur troppo spesso (a Molte fiate più eh' io non vorria » ) ne rimangono
  • rei, non fanno quel loro dovere si che il poeta vi sfogasse lo suo cuore.
  • — Per 1» interpretazione del Giuliani vedi la nota critica alla lin. 24.
  • 27. Invece di rimaner fedele alla Azione che -'1 sonetto sia fatto iu
  • nome del fratello, il poeta chiama Beatrice «La mia donna gentil». Dun-
  • que »il velo è ora ben tanto sottile, Certo, che il trapassar dentro è leg-
  • giero». Purg. Vili. 20.
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  • Vita nuova. Cap. 34. 97
  • E dispregiar talora questa vita
  • In persona dell' anima dolente, 30
  • Abbandonata dalla sua salute.
  • CAPITOLO xxxiv.
  • Poiché detto ebbi questo sonetto, pensandomi chi questi
  • era, cui lo intendeva dare quasi come per lui fatto, vidi che
  • povero mi pareva lo servigio e nudo a così distretta persona
  • di questa gloriosa. E però innanzi eh' io gli dessi il sopra- j
  • scritto sonetto , dissi due stanze di una canzone ; 1' una pert 5
  • costui veracemente, e F altra per me, avvegnaché paia 1' una
  • e F altra per una persona detta, a chi non guarda sottilmente.
  • Ma chi sottilmente le mira vede bene che diverse persone par-
  • lano ; in ciò che F una non chiama sua donna costei, e F altra
  • sì, come appare manifestamente. Questa canzone e questo 10
  • sonetto gli diedi , dicendo io che per lui solo fatto F avea.
  • La canzone comincia: Quantunque volte, ed ha due parti:
  • nelF una, cioè nella prima stanza, si lamenta questo mio caro
  • e distretto a lei; nella seconda mi lamento io, cioè nelF al-
  • tra stanza che comincia: E' si raccoglie. E così appare 15
  • che in questa canzone si lamentano due persone, F una delle
  • quali si lamenta come fratello, F altra come servitore.
  • 29. "W. G. S. E dispregiare talor 10. M. W. qu. soprascritto son.
  • VVVT „ 11. S. dicendo io a lui
  • Cap. XXXIV.
  • 1. M. W. S. — N. pensando chi 12. Le parole ed ha due parti;
  • B. — N. chi questo — W. chi nelV una , cioè mancano nei codd.
  • costui — S. che questo M. N. e nelF ed. S.
  • 2. M. lo intendeva mandare — S. 13. M. N. W. S. — B. mio amico
  • lo intendea di mandare caro
  • 4. B. E però anzi 14. N. caro distretto
  • N. eh' io le dessi— W. elicili dessi 16. N. si rammarichino — B. si
  • "W. 8. questo soprascritto son. rammaricano
  • — N. questo son. C» N. V uno si lamenta
  • 6. Tr. 1. V una e V altra paja 17. e. N. W. si lant. come frate
  • fatta per una i> a it,o come servo
  • 9. N. W. acciocché V una
  • 29. I sospiri del poeta chiamano sovente la trapassata, e dispregiano
  • talora, in persona dell' anima dolente, la vita terrena.
  • 31. La salute dell' anima la rende beata, è la sua «beatrice».
  • Cap. XXXIV.
  • '16. Nella prosa il poeta parla di «due stanze di una canzone», ma più
  • sotto di aquesta canzone ». Bilevando da quanto ne dice Dante , eh' egli
  • Dante, Opere minori. I. „ 7
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  • Vita nuova. Cap. 34. (Canz. 4.)
  • CANZONE QUARTA.
  • I. Quantunque volte, lasso! mi rimembra
  • Ch' io non debbo giammai
  • 20 Veder la donna , ond' io vo sì dolente,
  • Tanto dolore intorno al cor m' assembra
  • La dolorosa mente,
  • Ch' io dico : Anima mia, che non ten vai ?
  • Che li tormenti, che tu porterai
  • 25 Nel secol che t' è già tanto noioso,
  • Mi fan pensoso di paura forte;
  • Ond' io chiamo la Morte,
  • Come soave e dolce mio riposo;
  • • E dico: «Vieni a me», con tanto amore, , e ^
  • 80 Ch' io sono astioso di chiunque muore. --**■**
  • II. E' si raccoglie negli miei sospiri
  • Un suono di pietate,
  • Che va chiamando Morte tuttavia.
  • A lei si volser tutti i miei desiri, ^
  • 35 Quando la donna mia
  • Fu giunta dalla sua crudelitate:
  • t Perchè il piacere della sua beltate
  • Partendo sé dalla nostra veduta,
  • Divenne spiritai bellezza grande,
  • 40 Che per lo cielo spande
  • I
  • . |
  • 24. M. che tu patirai 39. S. bellezza e grande
  • 30. "W. r. Ch' io sono aschìoso — 40. Mart. W. t. e W. r. G-. 8. —
  • N. Ch' io sono afflitto M. B. Che per lo del si spande —
  • M. W. r. di qualunque muort C. N. W. v. Però che il cielo spande
  • non abbia avuto intenzione di comporre più di queste due strofe, le ab-
  • biamo dato nome di canzone, e non frammento di canzone.
  • 20. « la donna* , mia sorella ; non « la donna mia » , come nella strofa
  • seguente lin. 35.
  • 21. ' assembra», vedi la nota al Proemio lin. 4.
  • 25. Nel «secol selvaggio» (Purg. XVI. 135.), nell'età insalvatichita, o
  • partita dal virtuoso vivere, come dice Frane, da Buti.
  • 29. ttVieni , che '1 cor ti chiede » disse il poeta alla Morte nell' ultima
  • strofa della seconda canzone.
  • 39. Beatrice stessa lo dice all' autore : « Quando di carne a spirto era
  • salita , E bellezza e virtù cresciuta m' era ». Purg. XXX. 127.
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  • Vita nuova. Cap. 35. 99
  • Luce (P amor, che gli angeli saluta ,
  • E lo intelletto loro alto e sottile
  • Face maravigliar; tanto è gentile!
  • capitolo xxxv.
  • In quel giorno; nel quale si compiva 1' anno, che questa
  • donna era fatta de' cittadini di vita eterna , io mi * sedea in /
  • parte, nella quale ricordandomi di lei, disegnava un angelo
  • sopra certe tavolette: e mentre io '1 disegnava, volsi gli oc-
  • chi, e vidi lungo me uomini a' quali si convenia di fare onore. 5
  • E' riguardavano quello eh' io facea; e secondo che mi fu detto
  • poi, egli erano stati già alquanto^ anzi che io me n' accorgessi.
  • Quando li vidi, mi levai, e salutando loro dissi : Altri era testé
  • meco, e perciò pensava. Onde partiti costoro, ritornaimi alla
  • mia opera, cioè del disegnare figure d' angeli: facendo ciò, mi IO
  • 42. N. W. alto sottila — Mart. 5. lungo me. manca nei codd. C.
  • tanto sottile e N.
  • 43. G. 8. — M. B. W. r. sì n' è 6. N. secondo quello che
  • gentile — Mart. W. sì v' è gentile — 7 - C. N. egli erano stati innanzi
  • C. N. sì vien gentile cA' io m* accorgessi
  • 9. Tr. 1. era testé meco, però pen-
  • Cjlv. XXXV.
  • sando. Onde — C. N. W. era* testé
  • meco. Onde
  • 1. Torri In quel primo giorno 8. ritornato alla mia op. —
  • 2. 0. N. — W. delti cittadini — M. e ritornato alla mia op.
  • M. 8. delle cittadine 10. figure d' angeli manca nel cod.
  • 4. N. mentre io disegnava M. e nelle edd. ant.
  • 41. Il saluto di Beatrice, nel quale il poeta aveva trovata la sua
  • beatudine, faceva lieti anche gli angeli nel cielo.
  • 43. L'angelo della prima canzone dice: anel mondo si vede Maraviglia
  • nell' atto, che procede D' un' anima che 'nfin quassù risplende ».
  • Cap. XXXV.
  • 1. Siamo dunque al 9. Giugno 1291.
  • 2. «O frate mio, ciascuna è cittadina D' una vera città». Purg. XIII. 94.
  • 3. Leonardo Bruni Aretino dice di Dante, che «di sua mano egregiamente
  • disegnava». L'amicizia che l'univa con Giotto è conosciuta da tutti.
  • Il Baldinucci sentì per fama che Giotto, dipingendo nelle capello di Santa
  • Chiara di Napoli alcune storie dell' Apocalisse ecc., 1' abbia fatto «con in-
  • venzione e ooncetto statogli mandato dallo stesso Dante».
  • 5. «a costor si vuol esser cortese». Inf. XVI. 15.
  • 7. L' aut., tutto assorto nel pensiero di Beatrice, che è quell' («altri eh' era
  • testò seco», non s'era accorto di quegli uomini; la sua potenza era stata
  • « quasi legata» Purg. IV. 12.
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  • 100 Vita nuova. Cap. 35. (Son. 18.)
  • venne un pensiero di dire parole per rima, quasi per annovali»
  • di lei, e scrivere a costoro, li quali erano venuti a me : e dissi
  • allora questo sonetto, che comincia lùra venuta, lo quale ha due
  • cominciamenti; e però lo dividerò secondo 1' uno e V altro.
  • 15 Dico che secondo il primo, questo sonetto ha tre parti: nella
  • prima dico, che questa donna era già nella mia memoria:
  • nella seconda dico quello che Amore però mi facea; nella
  • terza dico degli effetti d' Amore. La seconda comincia quivi :
  • Amor che; la terza quivi: Piangendo uscivan. Questa parte
  • 20 si divide in due: nell' una dico che tutti i miei sospiri uscivan
  • parlando ; nella seconda dico come alquanti diceano certe parole
  • Riverse dagli altri. La seconda comincia quivi: Ma quelli. Per
  • questo medesimo modo si divide secondo V altro comincia-
  • mento, salvo che nella prima parte dico quando questa donna
  • 25 era così venuta nella mia memoria, e ciò non dico nell' altro.
  • SONETTO DECIMOOTTAVO.
  • Primo cominciamento.
  • Era venuta nella mente mia
  • La gentil donna, che per suo valore
  • Fu posta dall' altissimo signore
  • Nel ciel dell' umiltate, ov' è Maria.
  • 11. M. mi venne un pensare 20. B. nella prima dico
  • W. di dire parole quasi 21. N. neW altra dico
  • M. quasi annotale 25. C. N. nella mia mente
  • 12. di lei non si legge nel cod. W
  • M. scrivere di costoro
  • 14. B. e però si dividerà '&• B - d* 11 ' umiltà dot)' è Maria
  • 11. «Annovale», o annuale per anniversario.
  • 12. Come era stato avezzo di diriggere i suoi componimenti in lode di
  • Beatrice a donne gentili, cosi ne manda un altro, fatto in memoria della
  • trapassata, ad uomini, a' quali si convenia di fare onore.
  • 13. Il Palermo, trovando questo sonetto coi due cominciamenti nel
  • suo cod. Palatino, e non ricordandosi, per quanto pare, che provenga
  • dalla Vita Nuova, vi appose la nota seguente: «Cosi parrebbe esserla
  • quartina stata rifatta dall' aut. , e che alcune copie ne rimasero nel primo
  • modo, altre in seguito nel secondo» (MSti della Palat. I. 345.).
  • 27. «per suo valore», per le alte sue qualità.
  • 29. Par. XXXI. 127. u. . quella pacifica oriafiamma» (la Santa Vergine)
  • «Nel mezzo s'avvivava. . . Ed a quel mezzo, con le penne sparte, Vidi
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  • Vita nuova. Cap. 35. (Son. 18.)
  • 101
  • Secondo cominciamento.
  • Era venuta nella mente mia
  • Quella donna gentil, cui piange Amore,
  • Entro quel punto, che lo suo valore
  • Vi trasse a riguardar quel eh' io facia.
  • Amor, che nella mente la sentia,
  • S' era svegliato nel distrutto core,
  • E diceva a' sospiri : Andate fuore ;
  • Per che ciascun dolente sen partia.
  • Piangendo usciano fuori del mio petto
  • Con una voce, che sovente mena
  • Le lagrime dogliose agli occhi tristi.
  • Ma quelli , che n' uscian con maggior pena,
  • Venien dicendo: nobile intelletto,
  • Oggi fa T anno che nel ciel salisti.
  • 30
  • 35
  • 40
  • 32. C. Entro lo punto — G. Entro
  • a quel punto — S. Entrò 'n quel
  • punto
  • 35. Cod. Sanvitali nel distretto core
  • 36. M. t. Dicendo: voi sospiri
  • 37. Sanvit. Perciò ciascun
  • Sanvit. Mart. e Redi dolente
  • si partia — N. dolente s' in/artia
  • 38. M. v. Piangendo usciva —
  • Sanvit. E partendo uscta — M. t.
  • Parlando si partia
  • C. N. fuor de lo mio petto —
  • Sanvit. Fuor del grave p.
  • 39. Sanvit. Una pia voce
  • 40. Sanvit. e M. Le lagrime do-
  • lenti
  • 41. S. Ma quei che n' uscian — C.
  • N. Ma qué" che n' uscian fuor — M.
  • t. E quei che si partia
  • 43. Sanvit. Oggi fa un anno — M.
  • Oggi ha un anno — W. r. Oggi fu
  • V anno
  • più di mille angeli festanti. . . . Vidi quivi ai lor giochi ed ai lor canti
  • Ridere una bellezza, che letizia Era negli occhi a tutti gli altri Santi ».
  • Il cielo, ov' è Maria, è dunque 1' Empireo. Si paragoni anche quanto
  • 1' aut. disse qui sopra nel cap. 29. « Lo Signore della giustizia chiamò
  • questa gentilissima a gloriare sotto l' insegna di quella reina benedetta
  • Maria*.
  • 32. Qui «valore» significa quella occulta virtù o virtuosa influenza
  • per cui Beatrice eccitò quelle degne persone a visitar Dante nell' ora che
  • ella gli era venuta in pensiero, ed ei stava disegnandola in figura di un
  • angelo.
  • 34. « la sentia », sentia Beatrice , eh' era venuta nella mente del poeta.
  • 35. «nel distrutto core». Canz. 3. Str. 5. «Pianger di doglia e so.
  • spirar d' angoscia Mi strugge il core'.
  • 38. Tutti i sospiri uscivano dal petto con una voce lamentevole in
  • modo da for ritornar sovente agli occhi la fonte delle lagrime , che già
  • sembrava diseccata. Alcuni di essi, e quelli che tormentano più il
  • poeta , gli rammentano 1* anniversario della morte di Beatrice.
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  • 102 Vita nuova. Cap. 36.
  • capitolo xxxvi.
  • J-\tf*y
  • OJ*
  • Poi per alquanto tempo, conciofossecosaché io fossi in
  • parte, nella quale mi ricordava del passato tempo, molto stava
  • pensoso, e con dolorosi pensamenti tanto che mi f accano parere
  • di fuori d' una vista di terribile sbigottimento. Ond' io, ac-
  • 5 corgendomi del mio travagliare, levai gli occhi per vedere s' al-
  • tri me vedesse. Allora vidi una gentil donna giovane e bella
  • molto, la quale da una finestra mi riguardava molto pietosamente
  • quant' alla vista; sicché tutta la pietade pareva in lei accolta. On-
  • de , conciossiacosaché quando i miseri veggono di loro conipas-
  • 10 sione altrui, più tosto si muovono a lagrimare , quasrxìome di sé
  • . stessi avendo pietade, io sentii allora li miei occhi Cominciare a
  • I voler piangere ; e però, temendo di non mostrare la mia viltà mi
  • partii dinanzi dagli occhi di questa gentile; e dicea poi fra me
  • medesimo: E' non può essere, che con quella pietosa donna
  • 15 non sia nobilissimo amore. E però proposi di dire un sonetto,
  • nel quale io parlassi a lei , e conchiudessi in esso tutto ciò
  • 11. C. N. quasi come se di se stessi
  • Cap. XXXVI. avessero piet.
  • 3. pensoso , e manca nel cod. N. N - li miei occhi voler incomin-
  • C. N. tale che mi /oceano ciare « P ian 9-
  • 12. "W. temendo di mostrare
  • C. N. — M. la mia viltà di
  • vita — gli altri la mia vile cita
  • La lezione da noi adottata corri-
  • j,.„*,...i „„.„ „.<,,.,„ MMMm^^M iu sponde alle parole del sonetto :
  • 4. N. terribili sbigottimenti
  • 6. N. vedesse, e vidi
  • M. S. che una gentil donna
  • giovane e bella molto manca in
  • 7. M. che da una finestra
  • «paura Di dimostrar . . . mia viltate.»
  • 13. M. di questa gentile donna
  • M. N. B. mi guardava „ „ ,. . .
  • tu- , . . , C A. e dicea infra ine
  • M. si pietosamente ,,. XT , . . ." „ . ^ T
  • lb. N. parlassi a lei. Proposi (S. v.
  • 8. M. W. t. S. che tutta la pietade Proponessi e Conchiudessi) in esso ciò
  • M. S. in lei raccolta M . in esso tutto questo ragiona-
  • lo. N. si muovono al lagrimare mento
  • Cap. XXXVI.
  • 1. « Poi per alquanto tempo » , alquanto tempo dopo il 9. Giugno 1291.
  • Nel Convivio II. 2. I' aut. dice « La stella di Venere due fiate era rivolta
  • in quello suo cerchio, che la fa parere serotina e mattutina appresso lo
  • trapassamento di quella Beatrice beata, che vive in cielo con gli angioli,
  • e in terra colla mia anima».
  • 4. Chiunque mi guardava , doveva accorgersi alla mia vista , al mio
  • aspetto, che fossi terribilmente sbigottito.
  • 5. «del mio travagliare». Vedi cap. 32. lin. 90.
  • 8. « quant' alla vista » , a voler giudicare da quello che ella mi disve-
  • lava nel sembiante, molta pietà mi appariva din la sua figura».
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  • Vita nuova. Cap. 36. (Son. 19.)
  • 103
  • che narrato è in questa ragione. E però che questa ragione
  • è assai manifesta, noi dividerò.
  • SONETTO DECIMONONO.
  • Videro gli occhi miei quanta pietate
  • Era apparita in la vostra figura,
  • Quando guardaste gli atti e la statura,
  • Ch' io facia pel dolor molte fiate.
  • Allor m' accorsi che voi pensavate
  • La qualità della mia vita oscura,
  • Sicché mi giunse nello cor paura
  • Di dimostrar cogli occhi mia viltate.
  • E tolsimi dinanzi a voi, sentendo
  • Che si movean le lagrime dai core,
  • Ch' era sommosso dalla vostra vista.
  • Io dicea poscia nell' ànima trista:
  • Ben è con quella donna quello amore,
  • Lo qual mi face andar così piangendo.
  • .,L.
  • 20
  • 25
  • 30
  • 17. N. di questa ragione
  • 20. C. N. W. Era venuta
  • 22. N. Scap. W. v. G. v. B. Ch' io
  • faccio — W. t. Ch' t" fio fatti
  • Scap. Gr. t. S. per dolor
  • 25. Cod. Bedi Sicché m' aggiunse
  • N. nel core paura
  • 26. M. t. Per dimostrar
  • Cod. Bedi G. S. negli occhi
  • C. N. W. miei viltate
  • 28. M. t. Scap. Che si partian
  • 29. N. W. B. — Scap. Ch 8. Ch' eran
  • sommosse — M. t. Ch' era commosso.
  • «Si sommove un paese per mal-
  • contento delle autorità, per difesa,
  • per discordia, per paura, e per
  • qualunque cagione ecciti un movi-
  • mento generale ; ora sommosso
  • detto di un cuore che si muove
  • alla vista d' un' amata persona,
  • sarebbe violento troppo» (Pizzo.) —
  • M. v. Ch' erano mossi
  • 30. M. nella mente trista — Tr. 1.
  • in la mia monte trista
  • 17. «in questa ragione», in questo ragionamento, cioè nella prece-
  • dente prosa.
  • 21. ola statura ch'io facla», il mio star pensoso, la positura ch'io
  • prendeva, riducendomi quasi immobile per dolorosi pensamenti. Questa
  • interpretazione, dovuta al Giuliani, mi pare più giusta di quella del Fra-
  • ticelli, che spiega statura con istato o condizione.
  • 24. Già nel son. 9. (cap. 16.) il poeta rammentò «Le oscure qualità,
  • eh' Amor gli donava w , ed allora la sua donna era ancora vivente.
  • 26. «cogli occhi», che volevano proromper in lagrime.
  • 29. Vedendo la vostra compassione di me, quasi come di me stesso
  • avendo pietade, mi sentii mosso a lagrimare.
  • 32. Queir istesso puro e nobilissimo amore, che mi accese il cuore per
  • Beatrice, per cui ora vado piangendo.
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  • 104 Vita nuova. Cap. 37. (Son. 20.)
  • CAPITOLO XXXVII.
  • Avvenne poi che questa donna ovunque ella mi vedea, si
  • facea d' una vista pietosa e d' un color pallido, quasi come
  • d' amore: onde molte fiate mi ricordava della mia nobilissima
  • ',\\À- donna, che di simile colore, si mostrava tuttavia. E certo
  • 5 molte volte non potendo lagrimare né disfogare la mia tri-
  • stizia, io andava per vedere questa pietosa donna, la quale
  • parea che tirasse le lagrime fuori delli miei occhi per la sua
  • vista. E però mi venne anche volontade di dire parole,
  • parlando a lei; e dissi questo sonetto, che comincia Color
  • 10 d' Amore , e eh' è piano senza dividerlo , per la sua prece-
  • dente ragione. .
  • SONETTO VIGESIMO.
  • Color d' amore, e di pietà sembianti,
  • Non preser mai così mirabilmente
  • Viso di donna, per veder sovente •
  • 15 Occhi gentili e dolorosi pianti,
  • 9. M. parlando di lei — W. t.
  • Cap. XXXVII. pensando a lei
  • 1. W. — S. che là , dovunque qu. Le parole questo sonetto fino a
  • donna mi vedea — Frat. che ovunque precedente ragione , che si leggono
  • qu. donna mi ved. nei codd. N. e W. mancano o tutte,
  • 2. pietosa manca nel cod. W. o in parte in altri testi a penna o
  • 3. B. onde molte volte stampati.
  • 4. "W. S. — M. N. mi si mostrava
  • tuttavia non si legge nei codd. 12. G. v. Color di morte, o di
  • C. N. - pietà
  • 7. W. che tirasse lagrime / 13. M. t. Non presero così mira-
  • 8. M. di dire anche parole bilmente
  • Cap. XXXVII.
  • 1. « ovunque», in qual siasi luogo, oppure ogni qual volta.
  • 7. «per la sua vista», per mezzo del suo aspetto.
  • 15. Lagrime dolorose versate da occhi gentili, faranno muover altrui
  • a compassione, sicché gli si veda la pietà nel sembiante, e nel colore del
  • viso, pallido come di amore. E più. mirabilmente si vedrà questo effetto
  • in donna pietosa che veda sovente queste lagrime. Ma benché il mio viso
  • eia sfigurato dal dolore («la mia labbia dolente») benché i miei occhi che
  • piangono siano tutt' altro che gentili, pure la compassione , i sembianti di
  • pietà, non si videro mai cosi mirabilmente in viso di donna, come nel
  • vostro, qualora mi vedete.
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  • Vita nuova. Cap. 37. 38. (Son. 20.) 105
  • Come lo vostro, qualora davanti
  • Vedetevi la mia labbia dolente;
  • Sì che per voi mi vien cosa alla mente,
  • Ch' io temo forte non lo cor si schianti.
  • Io non posso tener gli occhi distrutti 20
  • Che non riguardin voi molte fiate,
  • Pel desiderio di pianger eh 7 egli hanno :
  • E voi crescete sì lor Wolontate,
  • Che della voglia si consuman tutti;
  • Ma lagrimar dinanzi a voi non sanno. 25
  • CAPITOLO XXXVIII.
  • lo venni a tanto per la vista di questa donna, che li miei
  • occhi si cominciaro a dilettare troppo di vederla; onde molte
  • volte me ne crucciava nel mio core, ed avevamene per vile as-
  • sai; e più volte bestemmiava la vanità degli occhi miei, e
  • 16. M. t. Come fa 'l vostro 24. C. N. W. v. si consumar tutti
  • Sanvitali talora davanti
  • 17. M. t. Vedesi la mia — N. Ve- Cap xXXVHI.
  • dfte la mia
  • 20. M. t. Che non posso 2 - N - *' incominciaro troppo a
  • 21. Sanvit. Che non riguardi voi diteti, di vederla
  • B. riguardin voi spesse fiate 3. N. non ha le parole nel mio
  • 22. B. Per desiderio core
  • 23. C. N. W. v. E voi cresceste— 4. W. t. assai; onde io ne b.
  • Or. v. E voi créscendo C. W. t. biasimava la vanità
  • 1'.'. «non lo cor si schianti», si spezzi, si fenda, rimanendone parte
  • alla memoria di Beatrice, mentre che 1' altra si arrende a voi.
  • 20. Il poeta dice «occhi distrutti», come nel son. 26. o distrutto core».
  • 25. Il diletto che Dante provava a riguardar questa donna gentile era
  • già cresciuto in modo, che, mentrecchè nel sonetto precedente la di lei
  • vieta avea fatto muovere le lagrime dal cuore, ora non sa più lagrimar
  • dinanzi a lei. — Il passo del Convivio citato nel cap. 36. lin. 1. continua
  • cosi ... . «quando quella gentil donna, di cui feci menzione nella fine
  • della Vita Nuova , apparve primamente accompagnata d' Amore agli occhi
  • miei , e prese alcuno luogo nella mia mente ».
  • Cap. XXXVHI.
  • 3. «Vile» è chi non sa difendersi contra chi 1' assale, e così 1' aut. si
  • taccia di viltà, per non essersi difeso meglio contra gli allettamenti di
  • questo nuovo amore.
  • 4. «bestemmiava», cioè sgridava, come Inf. XXXII. 86. «colui Che
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  • 106 Vita nuova. Cap. 38.
  • 5 dicea loro nel mio pensiero : Or voi solevate far piangere chi
  • vedea la vostra dolorosa condizione, ed ora, pare che vo-
  • gliate dimenticarlo per questa donna che vi mira, e che non
  • vi mira se non in quanto le pesa della gloriosa donna di cui
  • pianger solete ; ma quanto far potete, fate ; che io la vi rimem-
  • 10 brerò molto spesso , maledetti occhi : che mai, se non dopo la
  • morte, non dovrebbero le vostre lagrime esser ristate. E quando
  • così avea detto fra me medesimo alli miei occhi, e li sospiri
  • m' assaliano grandissimi ed angosciosi. Ed acciocché questa
  • battaglia, che io avea meco, non rimanesse saputa pur dal mi-
  • li sero che la sentia, proposi di fare un sonetto , e di comprendere
  • / in esso questa orribile condizione, e dissi questo che comin-
  • * eia: 1? amaro lagrimar.
  • ft. C. N. piangere a chi 11. M. S. — C. N. aver ristato. —
  • rt. M. W. S. che non mira voi W. avere restate — «Ristare» si usa
  • C. N. "W. se non e in qu.
  • neutralmente: Decamerone Nov. 63.
  • «Il buono uomo non era ancora
  • 9. W. quanto potete far, fate - rÌ8tato di picchiarej che la lie
  • S. quanto potete fate rigp08e . Io ye4lg0 ft te>>
  • W. che io pur la vi — C. N. 12. L' ediz. Milan. ha occhi miei,
  • che io la vi pur u sospiri, levando Ve
  • 10. N. rimembro — M. S. ram- 14. B. non rimanesse non saputa
  • menterò — N. rimanesse saputa
  • .spesso manca in M. e S.
  • bestemmiava duramente ancora». Decamerone Nov. 81. «Ranuccio, dolente
  • e bestemmiando la sua sventura, non se ne tornò a casa».
  • Nel Purg. XXXI. 60. il poeta stesso tratta di « vanità con . . . breve
  • uso » questo nuovo amore ; nel medesimo senso qui dice « vani » gli occhi
  • che se ne fecero vincere.
  • 7. Che vogliate dimenticare di piangere, perchè, come si disse nel
  • sonetto del cap. 37, non sapete lagrimar dinanzi a questa donna.
  • 8. Non immaginarvi che questa donna vi miri per amore; sappiate che
  • non vi riguarda se non che affliggendosi della perdita che faceste nella
  • morte di Beatrice.
  • 9. Piangete pure, per quanto vi resta una lagrima, e non credete ch'io
  • vi dia tregua; anzi molto spesso vi rimembrerò Beatrice morta, e '1 vostro
  • dovere di piangerla.
  • 12. « e li sospiri » , nuovamente li sospiri m' assaliano.
  • 14. a questa battaglia, che io aveva meco». Convivio II. 2. «Con-
  • venne, prima che questo nuovo amore fosse perfetto, molta battaglia intra
  • '1 pensiero del suo nutrimento , e quello che gli era contrario, il quale per
  • quella gloriosa Beatrice tonea ancora la rocca della mia mente».
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  • Vita nuova. Cap. 38. (Son. 21.) 107
  • Questo sonetto ha due parti: nella prima parlo agli occhi
  • miei siccome parlava lo mio core in me medesimo; nella se-
  • conda rimovo alcuna dubitazione, manifestando chi è che così 20
  • parla; e questa parte comincia quivi: Così dice. Potrebbe
  • bene ancora ricevere più divisioni, ma sariano indarno, perchè
  • è manifesto per la precedente ragione.
  • SONETTO VIGESIMOPRIMO.
  • L' amaro lagrimar che voi faceste,
  • Occhi miei, così lunga stagione, 25
  • Faceva lagrimar P altre persone
  • Della pietate, come voi vedeste.
  • Ora mi par che voi 1' obbliereste,
  • S' io fossji dal mio lato sì fellone,
  • Ch' io non ven disturbassi ogni * cagione, 30
  • Membrandovi colei, cui voi piangeste.
  • La vostra vanità mi fa pensare,
  • E spaventami sì, eh' io temo forte
  • Del viso d' una donna che vi mira.
  • 19. N. lo mio cuore medesimo 26. M. N. W. G. v. Lezione in-
  • 20. Tr. 1. W. — B. Nella seconda dubitatamente giusta, se si riflette
  • ■commuovo — C. N. Nella sec. mi movo a quanto fu detto nella prosa «voi
  • C. N. W. v. ad alcuna dubit. solevate far piangere chi vedea la
  • N. chi o che cosa parla vostra dolorosa condizione». Ciò
  • 22. B. Potrebbe bene questa parte non ostante 1» ediz. del Giuliahi,
  • ancora per quanto io veda, è 1' unica a non
  • N. ma sarebbe indarno ritenere il Facea meravigliar del G-.
  • e del S.
  • 25. G- . (correzioni) occhi miei — W. t. molte persone
  • Tr. 1. Oi occhi miei , lezione 'equi- 27. Scap. L. pietà si come/_^
  • valente a quella delle Rime antiche, 30. M. Scap. GÌC io non vi disturb.
  • trovandosi non di rado Oi per Oh y 31. Mart. che voi piangeste
  • esclamazione, il qual modo di seri- 33. N. E spaventomi sì
  • vere è rimasto in uso in Oimèl ed M. t. eh' io tremo forte
  • in Oibò ! 34. M. t. W. v. che mi mira
  • 19. «siccome parlava lo mio core in me medesimo» Vedi sopra lin. 5.
  • Io « dicea loro » (agli occhi) « nel mio pensiero >••
  • 28. « Pare che vogliate dimenticarlo » (sopra lin. 6.).
  • 29. « fellone » nel proprio senso è chi diventa ribelle al suo signore.
  • Se '1 poeta non levasse ai suoi occhi ogni cagione di dilettarsi della vista
  • di questa donna gentile, diventerebbe fellone a Beatrice.
  • 32. Vedi sopra a lin. 3.
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  • 108 Vita nuova. Cap. 39.
  • 35 Voi non dovreste mai, se non per morte,
  • La nostra donna, eh' è morta, obbliare:
  • Così dice il mio core, e poi sospira.
  • capitolo xxxix.
  • Recommi la vista di questa donna in sì nuova condizione,
  • che molte volte ne pensava come di personàTche troppo mi
  • piacesse; e pensava di lei così: Questa è una donna gentile,
  • bella, giovane e savia, ed apparita forse per volontà d' Amore,
  • 5 acciocché la mia vita si riposi. E molte volte pensava più
  • " ì}*'; amorosamente, tanto che il core consentiva in lui, cioè nel suo
  • •:' \ ^ ragionare. E quando avea consentito ciò, io mi ripensava sic-
  • /■' y / come dalla ragione mosso, e dicea fra me medesimo: Deh che
  • ' pensiero è questo, che in così vile modo mi vuol consolare, e
  • 10 non mi lascia quasi altro pensare! Poi si rilevava un altro pen-
  • 36. C. N. W. 6. v. La vostra 10. M. e S. non hanno il quasi
  • donna M. Poi si levava € Rilevare di-
  • cesi dell' allattare i bambini . . .
  • Cap. XXXIX* Rilevarsi, per levarsi di nuovo, non
  • 1. Mart. N. t. W. — M. JS. Ri' calza qui; che bisognerebbe s' in-
  • corerai adunque la vista tendesse un altro pensiero si fosse
  • W. in così nuova cond. levato prima, almeno una volta. . . •
  • 3. N. Questa donna è una donna Levarsi è muoversi di basso in alto»
  • gentile (Pizzo). Si osservi però che Gìot.
  • 6. W. S. — N. in lui, cioè nel Villani (XI. 134.) dice «i Pisani,
  • mio ragion. rotta e sbaragliata la detta schiera
  • M. in lui ciò oh' io mi ripen- (di M. Giov. Visconti) , con tutto
  • xava siccome, saltando quanto sta che rilecassono un' altra insegna
  • frammezzo. della vipera di Milano» , senza che,
  • 8. C. N. e dicea in me: Deh per quanto si vede, quest' «altra
  • 9. M. che così vilmente mi vuol insegna •> fosse stata levata prima.
  • Cap. XXXIX.
  • 6. Convivio II. 2. « Siccotn' è ragionato per me noli' allegato libello,
  • più da sua gentilezza che da mia elezione venne eh' io ad essere suo con-
  • sentissi; che passionata di tanta misericordia si dimostrava sopra la mia
  • vedova vita, che gli spiriti degli occhi miei a lei si fóro massimamente
  • amici, e cosi fatti, dentro lei poi fero tale, che '1 mio beneplacito fu con-
  • tento a disposarsi a quella imagine». — ali core consentiva in lui, cioè
  • nel suo ragionare», nel raziocinio di questo pensiero.
  • 7. a ripensava», ritornai a pensare, per rifletter meglio.
  • 10. a un altro pensiero» che prende le parti del primo, per cui l'aut.
  • aveva voluto consentire in quel nuovo amore.
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  • Vita nuova. Cap. 39. 109
  • siero, e dicea: Or che tu se' stato in tanta tribulazione, perchè
  • non vuoi tu ritrarti da tanta amaritudine ? Tu vedi che questo
  • è uno spiramento, che ne reca li desiri d' Amore dinanzi, ed
  • è mosso da così gentil parte, com' è quella degli occhi della
  • donna, che tanto pietosa ci s' è mostrata. Ond' io avendo 15
  • così più volte combattuto in me medesimo, ancora ne volli
  • dire alquante parole; e perocché la battaglia de' pensieri
  • vinceano coloro che per lei parlavano, mi parve che si con-
  • venisse di parlare a lei ; e dissi questo sonetto, il quale comin-
  • cia: Gentil pensiero; e dico gentile in quanto ragionava a 20
  • gentil donna, che per altro era vilissimo.
  • In questo sonetto fo due parti di me, secondo che li miei
  • pensieri erano in due divisi. L' una parte chiamo core, cioè
  • T appetito; 1' altra chiamo anima, cioè la ragione; e dico come
  • 1' uno dice all' altro. E che degno sia chiamare 1' appetito core, 25
  • 11. C. N. se' fatto in tanto trilmla- S. in quanto ragiona
  • mento d Amore — W. se' stato in
  • tanta turbazionc 22. Il S. — contra 1' usato suo
  • 13. M. questo è un altro spi/amento sistema — dà quanto segue, com-
  • W. spiram. d' Amore presa 1' ultima riga della prosa pre-
  • 14. C. N. com' è quella della donna cedente (E lo dico ecc.), ma lo dà in
  • 15. C. N. ti s' è mostrata fine del son., in Bino alle parole : non
  • 16. C. N. combattuto in me, ancora è contrario all' altro* flin. 34.).
  • 18. W. vincea colora 23. N. erano divisi
  • 20. N. e dissi gentile — S. E lo N. cuore, ed è V appetito
  • dico yent. 25. N. dice con V altro
  • 13. « uno spiramento » , un alito , come un lieve spirare di vento , che
  • rinfresca chi è travagliato dal caldo.
  • 17. ola battaglia de' pensieri vinceano coloro che per lei» (por la donna
  • gentile) a parlavano». — Convivio II. 2. (immediatamente dopo il passo
  • trascritto nella nota al cap. 38. lin. 14.). « Perocché 1' uno era soccorso
  • dalla parte della vista dinanzi continuamente, e 1' altro dalla parte della
  • memoria di dietro; e '1 soccorso dinanzi ciascuno dì crescea, che far non
  • potea 1' altro , contrario a quello , che impediva in alcuno modo a dare
  • indietro il volto».
  • 21. «pensiero . . . che per altro era vilissimo». Diversamente ne giudica
  • nel passo più volte mentovato del Convivio: «la vittoria del nuovo pen-
  • siero , che era virtuosissimo , siccome virtù celestiale ».
  • 25. Convivio IV. 22. a E non dicesse alcuno che ogni appetito sia
  • animo , che qui s' intende animo solamente quello che spetta alla parte
  • razionale, cioè la volontà e lo intelletto ; sicché, se volesse chiamare animo
  • 1* appetito sensitivo, qui non ha luogo ».
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  • 110 Vita nuova. Gap. 39. (Son. 22.)
  • e la ragione anima, assai è manifesto a coloro, a cui mi piace
  • che ciò sia aperto. Vero è che nel precedente sonetto io fo la
  • parte del core contro a quella degli occhi , e ciò pare contrario
  • di quel eh' io dico nel presente ; e però dico , che ivi il core
  • 30 anche non intendo per V appetito , perocché maggior desiderio
  • era il mio ancora di ricordarmi della gentilissima donna mia, che
  • di vedere costei, avvegnaché alcuno appetito ne avessi già, ma
  • leggiero parea : onde appare che V uno detto non è contrario
  • all' altro.
  • 35 Questo sonetto ha tre parti : nella prima comincio a dire a
  • questa donna come lo mio desiderio si volge tutto verso lei ; nella
  • seconda dico come V anima, cioè la ragione, dice al core, cioè
  • all' appetito; nella terza dico come le risponde. La seconda
  • comincia quivi: U anima dice; la terza quivi: Ei le risponde.
  • SONETTO VIGESIMOSECONDO.
  • 40 Gentil pensiero, che parla di vui,
  • Sen viene a dimorar meco sovente,
  • E ragiona d' amor sì dolcemente,
  • Che face consentir lo core in lui.
  • L' anima dice al cor: Chi è costui,
  • 45 Che viene a consolar la nostra mente;
  • Ed è la sua virtù tanto possente,
  • Ch'altro pensier non lascia star con nui?
  • 27. N. che ciò sia manifesto ed con esso, perocché al tempo che
  • aperto seri sai quel sonetto , la memoria di
  • 29. N. "W. v. di questo eh' io dico Beatrice dominava ancora nel mio
  • S. che ivi ancho il cuore — M. cuore, era più forte che il desiderio
  • W. B. che ivi il cuor anche — N. che di veder costei.
  • il cuore — Frat. che anche ivi il 32. B. costei; ed avvegnaché
  • cuore 33. S. leggiero mi pareva — Frat.
  • 30. La negazione è del solo cod. ma leggier paresse
  • W. y eppure il senso la richiede as- 38. B. dico coni ella risponde
  • solutamente. Intendi : ivi , nel
  • sonetto precedente, V appetito, cioè 41. W. v. Sen tenne — M. t. Si
  • il desiderio di questa donna gentile, muove — Scap. Si viene
  • non si era anche (ancora) impadro- 43. Cod. Bedi lo core a lui
  • nito del mio cuore, non era identico 45. W. la vostra mente
  • 30. « anche non intendo », non ancora : 1' appetito di vedere costei non
  • dominava ancora nel cuore, benché già vi fosse nato. Vedi la nota critica.
  • 47. «Che non mi lascia quasi altro pensare» (sopra lin. 10.), non mi
  • permette di ritornare piangendo alla memoria di Beatrice.
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  • Vita nuova. Cap. 40. Ili
  • Ei le risponde: anima pensosa,
  • Questi è un spiritel nuovo amore,
  • Che reca innanzi a me li suoi desiri: 50
  • E la sua vita, e tutto il suo valore,
  • Mosse dagli occhi di quella pietosa,
  • Che si turbava de' nostri martiri.
  • CAPITOLO XL.
  • Contra questa avversario della ragione si levò un dì, quasi
  • nell' ora di nona, una forte immaginazione in me; che mi
  • parea vedere questa gloriosa Beatrice con quelle vestimenta
  • sanguigne, colle quali apparve prima agli occhi miei, e pareami
  • giovane in simile etade a quella, in che prima la vidi. Allora 5
  • incominciai a pensare di lei ; e ricordandomene, secondo V or-
  • dine deltempo passato, lo mio core incominciò dolorosamente
  • a pentirsi del desiderio, a cui così vilmente s' era lasciato
  • possedere alquanti dì contro alla costanza della ragione: e
  • discacciato questo cotal malvagio desiderio, si rivolsero tutti io
  • . ;. *V ,.y. , _
  • 48. M. t. Dice 1 l pensiero : ahi art. 5. W. in quale prima — C. N. a
  • 49. N. B. è uno spiritel quella che prima
  • M. t. gentil a" amore 6. S. — W. ricordandomi di lei.
  • 50. B. Che reca innanzi me — M. t. Cosi pure C. Mart. N., ma pospo-
  • 67*' ebbe innanzi a me nendo (almeno il cod. N.) queste
  • 51. M. La sua vita è mia, il suo parole alle altre tee. V ord. del
  • 52. G. S. Mosso è dagli occhi — tempo pass.
  • M. t. Scap. Che mosse gli occhi 7. N. lo mio core s' incominciò a
  • 53. M. t. Sì che cercava pentire
  • B. t. de' vostri martiri 8. C. N. "W. «' avea lasciato pos-
  • sedere
  • Cap. XL. 9. e. N. W. v. sanza la costanza
  • 2. W. 8. nell'ora della nona 10. cotal manca nei codd. C. M.
  • 3. C. N. W. mi parve vedere N. W. t.
  • C. N. con le vestimenta C. N. mal pensiero e desiderio
  • Cap. XL.
  • 2. Ecco nuovamente Beatrice accompagnata del numero del nove. —
  • «Dobbiamo sapere che lo nostro emisperio è diviso in sei parti equali, in-
  • cominciando da 1» orizonte orientale ... sì che montando lo sole .... la
  • terza» (parte) «fa nona, e siamo al mezzo» (dì).
  • 4. Sopra cap. 1. «Ella apparvemi vestita d' un nobilissimo colore,
  • umile ed onesto, sanguigno, cinta ed ornata alla guisa che alla sua gio-
  • vanissima etade si convenia». Purg. XXX. 31. «Sopra candido vel cinta
  • d' oliva Donna m'apparve, sotto verde manto, Vestita di color di fiam-
  • ma viva».
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  • 112 Vita nuova. Cap. 40.
  • i miei pensamenti alla loro gentilissima Beatrice. E dico che
  • d' allora innanzi cominciai a pensare di lei sì con tutto il
  • vergognoso core, che li sospiri manifestavano ciò molte volte ;
  • però che quasi tutti diceano nel loro uscire quello che nel
  • 15 core si ragionava , cioè lo nome di quella gentilissima , e
  • come si partfo da noi. E molte volte avvenia che tante»
  • dolore avea in sé alcuno pensiero, che io dimenticava lui, e
  • là dov' io era.
  • j Per questo raccendimene di sospiri si raccese lo sollevato
  • 20/ lagrimare in guisa, che li miei occhi pareano due cose, che
  • v desiderassero pur di piangere: e spesso avvenia che, per lo
  • lungo continuare del pianto, dintorno loro si facea un colore
  • purpureo , lo quale suole apparir per alcuno martirio eh' altri
  • riceva: onde appare che della loro vanità furono degnamente
  • 25 guiderdonati, sì che da indi innanzi non poterono, mirare
  • persona, che li guardasse sì che loro potesse trarre a simile
  • intendimento. Onde io volendo che cotal desiderio malvagio
  • e vana tentazione paressero distrutti sì che alcuno dubbio
  • non potessero inducere le rimate parole, eh' io avea dette din-
  • 30 nanzi, proposi di fare un sonetto, nel quale io comprendessi la
  • sentenza di questa ragione. E dissi allora: Lasso! per forza ec.
  • 11. N. E d' allora innanzi 23. C. N. W. — S. B. per alcf*
  • 12. tutto il non si legge nel cod. N. martire
  • 25. M. W. S. sì che d' allora
  • nanzi
  • 26. C. N. sì che li potesse
  • 15. M. S. I' onore di qu. gentilis-
  • sima — B. V amore di qu. geni.
  • 19. Mart. N. W. lo sollennato la- b. potesse trarre a loro in-
  • granare, lezione commendata dal tendini. N
  • Machieelli e dal Torri — M. il so- 28. W. t. vana intenzione
  • lito lagrimare S. paresse destrutta — W. pu-
  • 20. M. pareano una costi resse distrutto
  • 11. Al dire del Purgatorio (XXX. 133.) questa prima apparizione di
  • Beatrice non sarebbe stata sufficiente per ritrar 1' aut. dal «falso piacere»
  • di quella donna gentile. «Né impetrare ispirazion mi valse, Con le quali
  • ed in sogno ed altrimenti Lo rivocai; si poco a lui ne calse».
  • 26. Anche nel Convivio (III. 9.) V aut. rammenta un' ottalinia, venuta-
  • gli nell' anno che componeva la canzone «Amor, che nella mente » ; ma in-
  • da per cagione «l'affaticare lo viso molto a studio di leggere».
  • 27. Gli sguardi pietosi della donna gentile avevano tratto V aut. a 1
  • intendimento di amore.
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  • Vita nuova. Cap. 40. (Son. 23.) 113
  • Dissi lasso, in quanto mi vergognava di ciò che li miei
  • occhi" aveatio così vaneggiato. Questo sonetto non divido,
  • però che è assai manifesta la sua ragione. *
  • SONETTO VIGESIMOTERZO. >-* '.
  • Lasso! per forza de' molti sospiri, 35
  • Che nascon di pensier che son nel core,
  • Gli occhi son vinti, e non hanno valore «
  • Di riguardar persona che gli miri.
  • E fatti son, che paion due desiri
  • Di lagrimare e di mostrar dolore, 40
  • E spesse volte piangon sì, eh' Amore
  • Li cerchia di corona di martiri.
  • Questi pensieri, e li sospir eh' io gitto,
  • Diventano nel cor sì angosciosi,
  • Ch'Amor vi tramortisce, sì glien duole; 4Ì>
  • Perocch' egli hanno in se, li dolorosi,
  • Quel dolce nome di Madonna scritto,
  • E della morte sua molte parole.
  • 32. W. E dissi lasso W. t. e sospiri eh' io gitto
  • 33. X. non ha il così 44. C. N. — M. W. Di ventati nello
  • 'A4. W. B. però che assai lo mani- cor — G. S. Diventali dentro al cor
  • fetta ' M. tanto angosciosi
  • 45. M. Ch' Amore tramortisce
  • 35. N. W. B. di molti sospiri N. sì sen duole
  • 'AG. V. N. W. G. S. — B. Che 46. C. N. G. v. egli hanno in lor
  • nascon de' pensier W. t. B. sì dolorosi
  • 42. C. N. incerchia di corona 47. M. nome di mia donna
  • 43. M. Questi sospiri 48. M. t. E dell' amore suo
  • 35. Il raccendimento di sospiri raccese lo sollevato lagrimare, ed a
  • forza di piangere gli occhi s' infiammarono in modo tale che perdettero
  • per qualche tempo la virtù, visiva, che furono <* vinti», e privi del «valore-
  • di riguardar» altrui.
  • 39. Sopra lin. 19. «Li miei occhi pareano due cose, che desiderassero
  • pure di piangere». — «Fatti son» supplisci «tali», tanto gonfi ed accesi.
  • 42. Dal lungo piangere le occhiaie gli si erano fatte pavonazze.
  • 45. «Amor vi tramortisce», viene meno, e perde la forza a trarre di
  • nuovo il cuore «a simile intendimento».
  • Dante, Opere minori. I. 8
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  • 114 Vita nuova. Cap. 41.
  • capitolo XLI.
  • Dopo questa tribolazione avvenne (in quel tempo che molta
  • gente andava per vedere quella imagine benedetta, la quale
  • Gesù Cristo lasciò a noi per esempio della sua bellissima figura,
  • la quale vede la mia donna gloriosamente), che alquanti pere-
  • 5 grini passavano per una via, la quale è quasi mezzo della cit-
  • tade, ove nacque, vivette e mono la gentilissima donna, e
  • andavano, secondo che mi parve, molto pensosi. Ond' io pen-
  • sando a loro, dissi fra me medesimo : Questi peregrini mi paiono
  • di lontana parte, e non credo che anche udissero parlare di
  • jo questa donna, e non ne sanno niente; anzi i loro pensieri sono
  • d' altre cose che di queste qui; che forse pensano delli loro
  • Cap. XLI. 7. W. t. S. secondo che mi pareva
  • 2. B. — C. N. "W. S. molta gente va 9. C. udissero parlar questa donna
  • 3. M. della bellissima figura 11. Frat. d' altre cose che di que-
  • 5. M. W. S. — N. B. quasi in sta qui
  • mezzo della cittade — C. quasi in _ M. che essi forse
  • mezzo la città S. pensano di loro amiri
  • Cap. XLI.
  • I. Gìot. Villani Cronica Vili. 36. a Negli anni di Cristo 1300. papa
  • Bonifazio ottavo fece somma e grande indulgenza. . . E per consolazione
  • de' cristiani pellegrini, ogni venerdì o di solenne di festa, si mostrava in
  • San Piero la Veronica del sudario di Cristo. Per la qual cosa gran parte
  • de' cristiani che allora viveano, feciono il detto pellegrinaggio così fem-
  • mine come uomini, di lontani e diversi paesi , e di lungi e d' appresso . . .
  • Al continuo in tutto 1' anno durante , avea in Roma duecontomila pelle-
  • grini». Quanto sia stato il concorso 1' accenna anche il nostro aut.
  • Inf. XVIII. 28. — Quasi tutti gli scrittori che parlano di questo passo , a
  • cominciare dal Sermartelli, lo riferiscono all' anno del giubbileo, anno
  • della gran visione dei tre regni eterni, indicata nell' ultimo capitolo della
  • Vita Nuova. Senza dubbio anche fuori del giubbileo il sudario si mostrò
  • in certe occasioni, e sembra che ciò si sia fatto anno per anno nel mese
  • di Gennaio ; ma non crederei che Dante avesse parlato di un fatto che
  • ricorreva ogni anno con termini che fanno suppore un avvenimento stra-
  • ordinario. — Quanta sia stata la venerazione in cui si teneva il santo
  • sudario, si conosce anche dal Parad. XXXI. 103 : «Quale è colui, che forse
  • di Croazia Viene a veder la Veronica nostra , Che per 1' antica fama non
  • si sazia, Ma dice nel pensier, fin che si mostra: Signor mio Gesù. Cristo,
  • Dio verace, Or fu si fatta la sembianza vostra?»
  • 5. Dirà della via del Corso, dov' era la casa de' Portinari.
  • II. Era per avventura «l'ora che volge il disio Ai naviganti, e in-
  • tenerisce il core Lo dì eh' han detto ai dolci amici addio, E che lo nuovo '
  • peregrin d'amore Punge, se ode squilla di lontano, Che paia il giorno
  • pianger che si more». Purg. Vili. 1.
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  • Vita nuova. Cap. 41. 115
  • amici lontani, li quali noi non conosciamo. Poi dicea fra me me-
  • desimo : Io so che se questi fossero di propinquo paese, in al-
  • cuna vista parrebbero turbati, passando per lo mezzo della do-
  • lorosa cittade. Poi dicea fra me stesso: S'io li potessi tenere 15
  • alquanto, io pur gli farei piangere anzi eh' egli uscissero di
  • questa cittade, perocché io direi parole, che farebbero piangere
  • chiunque le intendesse. Onde, passati costoro dalla mia veduta,
  • proposi di fare un sonetto, nel quale manifestassi ciò eh' io
  • avea detto fra me medesimo ; ed acciocché più paresse pietoso, 20
  • proposi di dire come se io avessi parlato loro ; e dissi questo
  • sonetto, lo quale comincia* Deh peregrini ec.
  • Dissi peregrini, secondo la larga significazione del vocabolo :
  • che peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo ed
  • in l'altro stretto. In largo, in quanto è peregrino chiunque è 25
  • fuori della sua patria; in modo stretto non s' intende pere-
  • grino , se non chi va verso la casa di santo Jacopo, o riede :
  • e però è da sapere, che in tre modi si chiamano propriamente
  • le genti, che vanno al servigio dell' Altissimo. Chiamansi
  • 12. M. salta da fra me medesimo 22. W '. Deh pellegrini, e dissi peli.
  • a fra me stesso senza capoverso.
  • medesimo: Io so che manca
  • nel cod. N. 24. N. W. — Frat. in uno largo
  • 14. W. passando per mezzo "* in un " stretto — S. in uno largo,
  • 15. W. 8. B. dicea fra me nude- ed un0 8(rett0 ~ B ' in largo ed in
  • istretto
  • 27. W. santo Jacopo di Galizia
  • 16 W. anzi eh eglino uscissero - 2g propriamente manca nel tcsto
  • si mo
  • M. S. anzi che essi use.
  • N. — Il cod. M. vi sostituisce
  • 17. W. parole le quali proprio
  • 18. C. N. chiunque le udisse 29. W. S. — C. N. che vanno nel
  • 21. W. S. parlato a loro servigio di Dio
  • 17. «E se non piangi, di che pianger suoli», dice il conte Ugolino.
  • 18. Allontanati in guisa che più non si potevano da me vedere.
  • 27. La leggenda attribuisce «la casa di santo Jacopo» in Galizia
  • all'Apostolo S. Jacopo, figlio di Zebedeo, ossia figlio del tuono, il quale
  • in vita, benché con poco successo, era andato in Ispagna a predicare il
  • Vangilo. Tornato in Giudea, fu decollato sotto Erode Agrippa, ma la
  • barca alla quale i discepoli affidarono il di lui corpo fu dai venti traspor-
  • tata in Galizia. L' aut. con altri scrittori del medio evo confonde li due
  • Apostoli del nome di Jacopo , attribuendo al nostro 1' Epistola canonica,
  • scritta da S. Jacopo figlio d' Alfeo. Parad. XXV. 17. «Mira, mira, ecco
  • il Barone Per cui laggiù si visita Galizia ».
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  • 116 Vita nuova. Cap. 41. (Son. 24.)
  • 30 Palmieri in quanto vanno oltramare là onde molte volte re-
  • cano la palma; chiamansi Peregrini in quanto vanno alla
  • casa di Galizia, però che la sepoltura di santo Jacopo tu più
  • lontana dalla sua patria, che d' alcuno altro Apostolo; chia-
  • mansi Romei in quanto vanno a Roma, là ove questi eh' io
  • 35 chiamo peregrini andavano.
  • Questo sonetto non si divide , però eh' assai il manifesta
  • la sua ragione.
  • SONETTO VIGESIMOQUARTO.
  • Deh peregrini, che pensosi andate
  • Forse di cosa che non v'è presente,
  • 40 Venite voi di sì lontana gente,
  • Come alla vista voi ne dimostrate?
  • Che non piangete, quando voi passate
  • Per lo suo mezzo la città dolente,
  • Come quelle persone, che neente
  • 45 Par che intendess'er la sua gravitate.
  • 30. N. pai/aeri quando vanno 36. W. Qu. son. non divido
  • N. oltramare, che molte volte N. però che il manifesta
  • 31. W. la palma appiccata al bor-
  • done loro.
  • 32. Le parole la sepoltura di santo 38 " Cod - Redi D*P, che st
  • Jacopo non si leggono nei codd. pensosi
  • 0. e N. 44 - neente leggono W. W. r. G.
  • 33. C. N. fu più di lungi ed Ubaldini nella Tavola: voce
  • 34. I codd. C. e N. omettono là « neente ». Gli altri niente
  • ove questi eh' io eh' io chiamo pere- 45. M. Par che sentisser
  • grini andavano
  • 30. «oltramare», cioè in Terra santa.
  • 31. Purg. XXXIII. 76. «Voglio . . . Che il te ne porti dentro a te, per
  • quello Che si reca il bordon di palma cinto ».
  • 33. « Bomeo » chiama 1' aut. quel pellegrino , che dopo di aver riordi-
  • nato gli affari di Raimondo Berengario IV., conte di Provenza, ne fu mal
  • guiderdonato. Par. VI. 135.
  • 45. Che nulla intendessero della sua mestizia, e della cagione di
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  • Vita nuova. Cap. 41. 42. (Son. 24.) 117
  • Se voi restate, per volerla udire,
  • Certo lo core uè' sospir mi dice,
  • Che lagrimando u' uscirete pui.
  • Ella ha perduta la sua Beatrice;
  • E le parole, eh' uom di lei può dire,.
  • Hanno virtù di far piangere altrui.
  • CAPITOLO XLII.
  • Poi mandaro due donne -gentili a me pregandomi che man-
  • dassi loro di queste mie parole rimate ; ond' io , pensando la
  • loro nobiltà, proposi di mandar loro e di fare una cosa nuova,
  • la quale io mandassi loro con esse, acciocché più onorevolmente
  • adempiessi li loro preghi. E dissi allora un sonetto, il quale
  • narra il mio stato, e mandailo loro col precedente sonetto ac-
  • 46. S. Se voi restaste 48. M. G. S. lagrimando rì usci-
  • vi, r. — W. G. e S. per volerlo reste
  • udire — B. per volere udire — N. 50. N. E le parole c/T or di lei
  • per voler, o udire può — M. t. E le parol che di lei si
  • 47. Tutti i testi da ine veduti, e può
  • con essi le edd. S. B. hanno lo
  • core de' sospir. Cosi pure le Rime Cap * XLII.
  • antiche. Negli «Errori nello stam- l. W. pregando eh' io mandassi
  • pare » che stanno in fondo del 2. N. di queste parole rimate
  • volume , il Giunta vi sostiuisce lo 4. N. più orrevolmente
  • core ne' sospir, e giudicando migliore 6. W. S. il quale narra del mìo
  • questa lezione, ho creduto dover a- stato — M. Tr. 2. il qu. narra parte
  • dottarla. del mio st.
  • C. Certo lo cuor de' sospiri mi Mart. W. e manda' lo a loro
  • dice sonetto non si legge nel cod. N.
  • 46. « per volerla udire » , questa gravitate.
  • 47. Con modo somigliante il poeta dice nell' Inf. Vili. 118. «Gli occhi
  • a terra, e le ciglia avea rase D'ogni baldanza, e dicea ne' sospiri: Chi
  • in' ha negate le dolenti case ? »
  • 49. «la sua Beatrice», la donna che, salutando altrui, o sorridendogli,
  • sapea farlo beato.
  • Gap. XLII.
  • 4. L' aut. mandò a queste donne gentili i sonetti 17. e. 24., accompa-
  • gnandole di uno nuovo, che chiude le poesie della Vita Nuova. Veramente
  • esse non gli avevano domandato una raccolta delle sue rime, ma solamente
  • (alcune) «di queste sue parole rimate».
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  • 118 Vita nuova. Gap. 42.
  • compagnato, e con un altro che comincia Venite a intender ecc.
  • Il sonetto, il quale io feci allora, è Oltre la spera ec.
  • Questo sonetto ha in sé cinque parti: nella prima dico là
  • 10 ove va il mio pensiero, nominandolo per nome di alcuno suo ef-
  • fetto. Nella seconda dico per che va lassù, cioè chi '1 fa così
  • andare. Nella terza dico quello che vide, cioè una donna ono-
  • rata. E chiamolo allora spirito peregrino, acciocché spiritual-
  • mente va lassù, e sì come peregrino, lo quale fuori della sua pa-
  • lò tria vi sta. Nella quarta dico com' egli la vede tale, cioè in tale
  • qualità, eh' io non lo posso intendere; cioè a dire, che il mio
  • pensiero sale nella qualità di costei in grado che il mio intel-
  • letto noi può comprendere; conciossiacosaché il nostro intel-
  • letto s' abbia a quelle benedette anime, come F occhio nostro
  • *20 debole al Sole : e ciò dice il Filosofo nel secondo della Metafisica.
  • Nella quinta dico che, avvegnaché io non possa vedere là ove il
  • pensiero mi trae, cioè alla sua mirabile qualità , almeno intendo
  • 7. N. e con altro patria — La lezione corretta non
  • 8. W. il quale io feci loro comin- fu data da nessuna edizione.
  • eia: Oltre la spera, lo quale ha 15. W. — N'. B. com' egli la vede,
  • in sé cinque parti. cioè - C. come la vede tale, cioè
  • 16. "W. — N. B. ch y io non la posso
  • 11. Mart. Tr. 1. W. - N. che va intendere
  • lassù, e chi 'l fa — B. che va lassù, 17. C. in quanto che il mio intdl.
  • chi 'l fa 19. N. il nostro intelletto abbia
  • 14. N. B. peregrino è fuori — W; come V occhio debole
  • Frat. peregrino, lo quale è fuori 21. N. dico dove, avvegna che
  • B. della sua patria vista — N. C. Mart. "W. io non possa in-
  • detta sua vista — Frat. della sua tendere
  • 10. Il sospiro è 1' effetto del pensiero, che, per ritrovar Beatrice
  • nell' Empireo, passa oltre al Primo mobile.
  • 11. Una nuova facoltà d' intelligenza; compartitagli dall'amore «gli
  • vesti le piume» a sì alto volo.
  • 13. Nella visione del Paradiso (II. 37.) 1' aut. — come San Paolo
  • (II. Corint. II. XII. 2.) — lo lascia indeciso, se sia rapito al cielo «spiritual-
  • mente», o col corpo.
  • 18. Nella Div. Commedia 1' aut. si lagna meno che '1 suo intelletto uou
  • possa comprendere le cose celestiali, che della memoria ohe non sa ritenere
  • quanto ci vide ed intese, e della lingua che non sa renderlo. Inf. XXVIII. 4.
  • Par. I. 4. XXXIII. 55.
  • 20. Aristotele Metaf. II. 1.
  • 22. Benché 1' aut. non intenda ancorale rivelazioni nascoste nell' aspetto
  • di Beatrice celeste , pur sente che sia 1' amore per essa , che lo trasportò
  • fino al sommo cielo. Tutto il capitolo 6 come una preparazione al Para-
  • diso della Commedia.
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  • Vita nuova. Cap. 42. (Son. 25.)
  • 119
  • questo, cioè che tutto è il cotal pensare della mia donna, peroc-
  • ché io sento spesso il suo nome nel mio pensiero. E nel fine di
  • questa quinta parte dico donne mie care, a dare ad intendere
  • che son donne coloro a cui io parlo. La seconda parte incomin-
  • cia: Intelligenza nuova; la terza; Quand' egli è giunto; la
  • quarta: Vedela tal; la quinta: So io eh 1 el 'parla. Potrebbesi più
  • sottilmente ancora dividere, e più fare intendere, ma' puossi pas-
  • sare con questa divisione, e però non mi trametto di più dividerlo.
  • 30
  • SONETTO VIGESIM0QUINT0.
  • Oltre la spera, che più larga gira,
  • Passa il sospiro eh' esce del mio core:
  • Intelligenza nuova, che P Amore
  • Piangendo mette in lui, pur su lo tira.
  • Quand' egli è giunto là, dov' el desira,
  • Vede una donna, che riceve onore,
  • E luce sì, che per lo suo splendore
  • Lo peregrino spirito la mira.
  • Vedela tal, che, quando il mi ridice,
  • Io non lo intendo, sì parla sottile
  • Al cor dolente , che lo fa parlare.
  • 35
  • 40
  • 23. W. B. — N. cioè che tal è il
  • pensare
  • 24. W. io penso Io suo nome spesso
  • 26. C. Mart. W. — B. che son
  • donne, quelle a cui — N. che son
  • donne cui
  • 29. B. e più sottilmente fare in-
  • tendere
  • 30. W. e però non m' intrometto
  • 31. M. che sì larga gira
  • 33. M- E intelligenza nuova
  • 34. M. t. in lui, in su lo tira —
  • W. r. in lui, in su la tira
  • 35. M. E quando è giunto
  • G-. S. ove 'l desira
  • 39. W. v. Vedeala tal
  • 31. «Il ciel che più alto festina» (Purg. XXXIII. 90.), «il ciel che
  • tutti gli altri avanza» (Paracl. XIII. 24.), «il ciel velocissimo.) (Par. XXVII.
  • 99.), «Lo real manto di tutti i volumi Del mondo» (Par. XXIII. 112.).
  • 33. Vedi la nota a lin. 11. della divisione.
  • 37. Beatrice beata luce in modo che la si vede anche in mezzo allo
  • splendore che la circonda «si come carbon che 'fiamma rende, E per vivo
  • candor quella soperchia SI, che la sua parvenza si difende » (Par. XIV. 52.).
  • 40. In senso simile dice il poeta del parlare di Cacciaguida ... « cose
  • Ch' io non intesi, sì parlò profondo».
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  • 120 Vita nuova. Cap. 43.
  • So io eli' el parla di quella gentile,
  • Perocché spesso ricorda Beatrice,
  • Siedi' io lo intendo ben, donne mie care.
  • CAPITOLO XLIII.
  • Appresso a questo sonetto apparve a me una miralnl visione,
  • nella quale vidi cose, che mi fecero proporre di non dir più di
  • , questa benedetta, infino a tanto che io non potessi più degna-
  • / mente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso,
  • 5 sì com' ella sa veracemente. Sicché , se piacere sarà di Colui,
  • per cui tutte le cose vivono , che la mia vita per alquanti anni
  • duri, spero di dire di lei quello che mai non fu detto d' alcuna.
  • E poi piaccia a Colui, eh' è Sire della cortesia, che la mia
  • anima se ne possa gire a vedere la gloria della sua donna.
  • 10 cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira
  • nella faccia di Colui, qui est #er omnia scecula benedictus.
  • 42. W. So io che parla — G. v. S. — W. che la mia vita duri
  • Se non che parla pure (in marg. per) alquanti anni —
  • 43. M. (t.v. Per cui sovente ricorda B. che la m. v. per alqu. anni perse-
  • ti. M. Sicché lo intendo ben donde veri — N. che la m. v. per alquanto
  • m' è caro perseveri
  • 7. N. spero dire di lei
  • Cap. XLIII. 8. N. Sire della cortesia, la mia
  • 1. N. una mira visione anima
  • 2. W. cose ì le quali mi fecero 9. N. se ne possa ire
  • N. proporre non dir più 10. N. cioè quella benedetta Bea.tr.
  • 3. Tr. 1, 2. che io potessi che gloriosam.
  • 5. N. ella sa veramente 11. N. nella faccia Colui
  • 6. W. S. di colui a cui W. saecula saeculorum bene-
  • N. tutte co*e vivono
  • Cap. XLIII.
  • 1. La *• mirabile visione * della Commedia, di cui si dice Par. XVH. 127.
  • «Eimossa ogni menzogna Tutta tua vision fa manifesta», e XXXIII. 61.
  • Quasi tutta cessa Mia visione, ed ancor mi distilla Nel cor lo dolce che
  • nacque da essa».
  • 7. a Spero di dire di lei quello che mai non fu detto d' alcuna ». E
  • cosi fece, chiamandola «donna di virtù, sola per cui L' umana specie
  • eccede ogni contento Da quel ciel, che ha minor li cerchi sui* (Inf. II. 76.),
  • «'luce r gloria della gente umana» (Purg. XXXIII. Ufi.) «amanza del primo
  • amante e diva o (Par. IV. lltf), ecc.
  • Fine dklla VITA NUOVA.
  • COI TIPI DI F. A. BBOCKHAUB, LEIPZIG.
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