- This is a digitai copy of a book that was preserved for generations on library shelves before it was carefully scanned by Google as part of a project
- to make the world's books discoverable online.
- It has survived long enough for the copyright to expire and the book to enter the public domain. A public domain book is one that was never subject
- to copyright or whose legai copyright term has expired. Whether a book is in the public domain may vary country to country. Public domain books
- are our gateways to the past, representing a wealth of history, culture and knowledge that's often difficult to discover.
- Marks, notations and other marginalia present in the originai volume will appear in this file - a reminder of this book's long journey from the
- publisher to a library and finally to you.
- Usage guidelines
- Google is proud to partner with libraries to digitize public domain materials and make them widely accessible. Public domain books belong to the
- public and we are merely their custodians. Nevertheless, this work is expensive, so in order to keep providing this resource, we have taken steps to
- prevent abuse by commercial parties, including placing technical restrictions on automated querying.
- We also ask that you:
- + Make non-commercial use of the file s We designed Google Book Search for use by individuals, and we request that you use these files for
- personal, non-commercial purposes.
- + Refrain from automated querying Do not send automated queries of any sort to Google's system: If you are conducting research on machine
- translation, optical character recognition or other areas where access to a large amount of text is helpful, please contact us. We encourage the
- use of public domain materials for these purposes and may be able to help.
- + Maintain attribution The Google "watermark" you see on each file is essential for informing people about this project and helping them find
- additional materials through Google Book Search. Please do not remove it.
- + Keep it legai Whatever your use, remember that you are responsible for ensuring that what you are doing is legai. Do not assume that just
- because we believe a book is in the public domain for users in the United States, that the work is also in the public domain for users in other
- countries. Whether a book is stili in copyright varies from country to country, and we can't offer guidance on whether any specific use of
- any specific book is allowed. Please do not assume that a book's appearance in Google Book Search means it can be used in any manner
- any where in the world. Copyright infringement liability can be quite severe.
- About Google Book Search
- Google's mission is to organize the world's information and to make it universally accessible and useful. Google Book Search helps readers
- discover the world's books while helping authors and publishers reach new audiences. You can search through the full text of this book on the web
- at |http : //books . qooqle . com/
- Mg
- • ---•■
- A
- —p& m io by Google
- Digitized by VjOOglC
- Digitized by VjOOglC
- Digitized by VjOOglC
- Digitized by VjOOglC
- LA VITA NUOVA.
- Digitized by VjOOQIC
- Digitized by VjOOglC
- LA VITA NUOVA
- DANTE ALLIGHIERI.
- BICOBBETTA COLL' AJUTO DI TESTI A PENNA
- ED ILLUSTBATA
- CARLO WITTE.
- ■° LEIPZIG:
- F. A. BROCKHAUS.
- 1876.
- Digitized by VjOOglC
- ^ DEC<3?iaft
- Proprietà letteraria*
- Digitized by VjOOglC
- AL CHIARISSIMO SIGNORE
- CARLO ELIOT NORTON
- A CAMBRIDGE, MASSACHUSETS , ST. UN.
- PROFONDO CONOSCITORE DI DANTE
- ED INGEGNOSISSIMO INTERPRETE DELLA VITA NUOVA '
- IN CARA E GRATA MEMORIA
- DEL GIORNO
- 12 APRILE 1872
- DALL' EDITORE.
- Digitized by VjOOglC
- Digitized by VjOOglC
- PROLEGOMENI.
- Soggetto del presente volumetto è la storia dell' amore
- di Dante per Beatrice dal primo incontro con essa in-
- fino alla «mirabil visione» che più anni dopo la di lei
- morte gli somministrò 1' argomento della Divina Com-
- media. «Una candida e melanconica storia di affetti
- profondi; una ingenua e piena confessione di ciò che
- v' era di più intimo e segreto nel cuore dell' amante»
- (D' Ancona).
- Già nelle prime righe dell' opuscolo 1' autore indica
- colle parole latine « Incipit Vita nova» il titolo che
- volle imporgli, e lo ripete in volgare tanto nel Con-
- vivio quanto nella Commedia (Purg. XXX, 115). Alcuni
- intendono «Vita nova» per ((adolescenza», la quale, al
- dire di Dante, dura infino al venticinquesimo anno; ma
- questa opinione è falsa a doppio riguardo. Il primo
- fatto ricordato dall' autore, e precisamente quello a cui
- si riferiscono le mentovate parole a incipit V. n.» accadde
- «quasi alla fine del suo nono anno». Ora nessuno di
- certo dirà: la mia adolescenza, cioè i primi venticinque
- anni della mia vita, cominciarono alla fine del mio nono
- anno. Eppure Dante non dice nemmeno che la sua
- vita, in quanto gliene sia rimasta memoria, cominci da
- quel fatto, ma solamente che dinanzi ad esso poco si
- Digitized by VjOOglC
- Vili PROLEGOMENI.
- potrebbe leggere nel libro della sua mente. Inoltre,
- benché non sia da negarsi che in italiano «nuovo»
- possa avere il senso di « giovenile » , la voce latina
- «novus» non occorre in questa significazione. Dall' altra
- parte gli avvenimenti riferiti nella V. N. non finiscono
- coir adolescenza dell' autore, ma giungono infino al
- «mezzo della sua vita». Impossibile dunque che Vita
- Nuova nel senso di Dante voglia dire vita giovenile,
- vita durante il periodò dell' adolescenza.
- L' « incipit Vita nova » s' intenda dunque : che col
- primo incontro 'con Beatrice una vita tutta nuova, vai' a
- dire differente ad ogni riguardo da quella sin' allora
- menata, abbia cominciato per 1' autore. Neil' istesso senso
- diciamo «rinascer a nuova vita», e non di rado i neo-
- fiti prendono nel fonte battesimale il nome «Neandro»,
- cioè «uomo nuovo».
- I colori non meno veri ed affettuosi che umili e
- casti, coi quali V autore dipinge il suo amore per Bea-
- trice non avrebbero dovuto permettere il menomo
- dubbio che si tratti deli' amore per una donna in carne
- ed ossa, per la figlia di Folco Portinaro Chi, non
- ammettendo questo, prende Beatrice per una mera alle-
- goria per qualunque , siasi astrazione, della Sapienza,
- della Teologia, dell' Intelligenza attiva, oppure dell' auto-
- rità Imperiale, dovrà trovar privi di senso non pochi
- passi del nostro libretto, che di necessità suppongono
- un individuo fisico. Bastine un esempio per molti: Nel
- capitolo 41 Dante chiama il Corso di Firenze «una
- via la quale è quasi mezzo della cittade, ove nacque,
- vivette e mono la gentilissima donna», alle quali parole
- il D'Ancona osserva benissimo: «Se la Beatrice di
- Dante fosse un simbolo, una astrazione, perchè farla
- nascere, vivere e morire in quella via del Corso, che è
- proprio in mezzo della cittade, anzi la taglia per tra-
- Digitized by VjOOglC
- PROLEGOMENI. IX
- verso da un capo all'altro, e dove appunto nacque e
- morì la figlia di Messer Folco Portinari e di Ma-
- donna Gilia Caponsacchi ». Del resto, oltre alle no-
- tizie che gli antichi commentatori della Commedia ci
- ilanno sul suo casato ed altre particolarità, non man-
- chiamo di documenti originali, come p. es. il testamento
- di Folco che e' informa anche del nome di Simone
- de' Bardi, almeno sin dal 1287 marito di Beatrice.
- Non è da negarsi che nella Commedia troviamo
- Beatrice quasi intieramente divinizzata. Il carattere
- simbolico del quale vi è rivestita non fa più vedere
- che per un velo 1' ombra della bella persona di cui in
- terra" Amore avea preso il Poeta. Ma questa apoteosi
- non è un cosa tutta propria alla sola Commedia; anzi
- la vediamo germogliare già nella Vita Nuova. Diciamo
- dunque che nell' una e neir altra opera del nostro autore
- Beatrice è nell' istesso tempo donna reale, e simbolo di
- alte virtù; ma che nella V. N. prevale la personalità
- fisica, e nella Commedia il carattere simbolico. Questa
- per così dire ambiguità nella figura di Beatrice spiega
- come sia stato possibile che uomini dotti, e profondi
- conoscitori di Dante si siano allontanati dal senso evi-
- dente dei racconti della V. N. a segno di negare l* esi-
- stenza reale della donna celebratavi dall' autore. Il
- più zelante di essi era nel secolo decorso il Canonico
- Anton Maria Biscioni. Frai moderni difesero V istessa
- opinione il Centofanti e '1 Pebez. Vi si accostò, dando
- però alla supposta allegoria una significazione ben diffe-
- rente, Gabbiele Rossetti. Il resto degli interpreti sta
- -dalla nostra parte, e dopo le convincenti disamine della
- questione, dateci dal Tbivulzio, dal Fraticelli, dai
- Torri, dal Giuliani, dal D'Ancona ecc. non occorre
- di sviluppare di nuovo gli argomenti che si oppongono
- all' opinione contraria.
- Digitized by VjOOglC
- X PROLEGOMENI.
- Dal capitolo 36 in poi vediamo entrare in scena
- un' altra « Donna gentile » , e Dante stesso ci dice nel
- Convivio (II, 2) eh* essa sia identica colla donna cele-
- brata in questi opera, composta neir età virile dell' autore.
- Per essa si ripete V istesso dubbio, fin dove vada V en-
- tità reale, e dove cominci V allegoria; colla differenza
- però, che qui non abbiamo due sette d' interpreti, ognuna
- delle quali si crede nel possesso esclusivo del vero senso,
- ma abbiamo Dante in contradizione, almeno apparente,
- con Dante. Quanto più si considera tutto queir epi-
- sodio della Donna gentile, quale lo leggiamo nella
- V. N. tanto più il lettore resta convinto, che vi si tratta
- di donna vera, di qualche bella Fiorentina, la di cui
- compassione commoveva, almeno di passaggio, V autore,,
- fino a far nascere in lui un nuovo amore, sottentrante
- in luogo di quello per la sua Beatrice, che da più di
- un anno era mancata ai vivi. Dissi « donna vera » , ed
- aggiungo anche più reale che Y istessa Beatrice. Se in
- questa il carattere allegorico che V era destinato per la
- Commedia, si fa presentire a più d' un riguardo nella
- V. N., la Donna gentile non vi presenta nessun tratta
- che additi una significazione più recondita.
- Invece leggiamo nel Convivio che le canzoni illustrate
- in quest' opera, come le altre che ancora vi si dovevano
- illustrare, quantunque relative a «quella gentil Donna*
- di cui V autore fece menzione nella fine della Vita Nuova»»
- non solamente non parlino di donna vivente, ma che
- Dante tema '< la infamia di tanta passione avere seguita,
- quanta concepe chi legge le soprannominate canzoni,
- in lui avere signoreggiato». Per fare cessare intera-
- mente questa infamia essersi risoluto a parlare di sé,
- mostrando che non passione, ma virtù sia stata la mo-
- vente cagione di quelle poesie. Per ciò fare si propone
- di svelare la vera sentenza di esse, che per alcuno, se
- Digitized by VjOOglC
- PROLEGOMENI. * XI
- lui non la contasse, veder non si potrebbe, perchè nascosa
- sptto figura d' allegoria. Là poi dove comincia a levar
- questo velo (Conv. II, 13) ci narra che cercando a con-
- solarsi della perdita di Beatrice-, egli si sia rivolto alla
- Consolazione filosofica di Boezio ed al trattato dell' Amistà
- di Cicerone, e che, avendo riconosciuto tanto in queste
- opere ed in altre consimili, quanto nelle scuole e di-
- sputazioni de' Filosofanti il sommo valore della Filosofia,
- egli se la sia immaginata fatta come una Donna gentile
- ed in atto misericordioso, per lo che il suo pensiero
- V abbia mirato volentieri in modo, da poter appena
- volgerlo da lei. Dopo qualche anno di studio avere
- sentito tanto della sua dolcezza, che '1 suo amore abbia
- cacciato e distrutto ogni altro pensiero. Sentendosi
- dunque levare dal pensiero del primo (di Beatrice) alla
- virtù di questo, esser prorotto nelle parole della can-
- zone: «Voi che intendendo il terzo ciel movete», mo-
- strando in essa la sua condizione sotto figura d' altre
- cose, perocché della donna, di cui s' era innamorato,
- non era degna Rima di Volgare alcuno palesemente
- parlare.
- Qui dunque non abbiamo né una realità capace di
- esser presa .secondariamente in un senso allegorico, nep-
- pure un' allegoria che di quando in quando fa trasparire
- il primitivo significato reale, ma ci troviamo in faccia
- a un' allegoria che non è altro che una mera astrazione;
- non ad una donna, divinizzata da chi l'amò mentrecchè
- stava in terra, perfino a farla simbolo della scienza
- divina, ma al simulacro di una donna, inventato per
- rivestirlo di qualità che non possono trovarsi mai in
- donna vivente.
- Ad onta dunque di quel che afferma 1' autore, diremo
- ben differenti di natura essere la Donna gentile della
- V. N. e quella del Convivio, dimodocchè non conven-
- Digitized by VjOOglC
- XII PROLEGOMENI.
- gono quasi che nell' unico punto che V amore tanto per
- la donna reale della V. N. quanto quello per la donna
- allegorica del Conv. è messo a carico deli* aut. come
- infedeltà verso Beatrice. Sotto questo riguardo 1' iden-
- tità dell' una coir altra ritorna chiaramente in vista
- negli ultimi canti dei Purgatorio, non essendo da dubi-
- tarsi che li rimproveri d' infedeltà, fatti da Beatrice ai
- Poeta si riferiscono non meno che all' amore più o
- meno fisico per la Donna gentile della V. N. (la pargo-
- letta?), anche ai traviamenti mentali in cui 1' aut. incorse
- sedotto dall' amore per Madonna Filosofia, la Donna
- gentile del Convivio.
- Vi è un' altra differenza che, a riguardo dello stesso
- episodio sussiste tra la narrazione della V. N. e quella
- dell' opera posteriore. In quella prima il nascente amore
- per la Donna gentile passa in poco tempo, prima di
- essersi pienamente impadronito del cuore di Dante.
- Dopo una visione in cui Beatrice gli appare giovanis-
- sima, come la vide per la prima volta, 1' autore con-
- tinua (Cap. 40). «Allora cominciai di pensare di lei;
- e ricordandomene ... lo mio core incominciò dolo-
- rosamente a pentirsi del desiderio, a cui così vilmente
- s' era lasciato possidere alquanti dì contro alia costanza
- della ragione: e discacciato questo cotal malvagio desi-
- derio, si rivolsero tutti i miei pensamenti alla loro genti-
- lissima Beatrice.» Di fatti, fra tutte le poesie della
- V. N. in numero di trent' una, non più di quattro
- sonetti parlano di queir amore per la Donna gentile.
- Invece, al dire del Convivio V aut. non cominciava a
- sentir pienamente la dolcezza della donna amata che
- dopo trenta mesi d' assidua applicazione , ed alla Can-
- zone allora da lui composta, altre tredici di simile argo-
- mento tennero dietro, nelle quali il Poeta dipinge tutte
- le peripezie di un amore, beatificante al principio, poi
- Digitized by VjOOglC
- PROLEGOMENI. XIII
- mal ricompensato, e finalmente, benché privo d' ogni
- speranza, rassegnato, contento di esser amore anche non
- corrisposto.
- Considerando poi che il Son. 18. della V. N. porta
- la data del 9. Giugno 1291, e che, per quanto ne rife-
- risce il Convivio (II, 2.), il fatto narrato nel capit. 36,
- accadde intorno al principio del mese di Maggio 1292,
- e ricordandoci che il cap. 41 allude ad avvenimenti
- del 1300, dovremo convenire col D' Ancona, trovarsi
- qui nella V. N. una lacuna da riempirsi colle rime filo-
- sofiche del Convivio, cominciando dalla Canzone «Voi
- che intendendo il terzo ciel movete», composta verso il
- Dicembre del 1294. *
- Neil' alternativa, alla quale ci vediamo ridotti: ov-
- vero di ammettere che già la Donna gentile della V. N.
- non sia altro che una figura allegorica senza entità
- reale, oppure di supporre che nella Donna gentile del
- Convivio 1' aut., benché ce ne dica il contrario, non ab-
- bia ritenuto che '1 nome di quella .dell' opera anteriore,
- credo oramai, dopo di aver difeso, per qualche tempo
- T opinione contraria, di dover decidermi per quest'ul-
- tima. Diremo dunque due essere le Donne gentili che
- distornarono il nostro Poeta dall' inalterabile fedeltà alla
- memoria di Beatrice: reale Y una, quella della Y. N.;
- tutta allegorica Y altra, celebrata sotto l' istesso nome
- nel Convivio. E così une ancora sarano state le cosi
- dette infedeltà, di cui Dante stesso s' incolpa: più o meno
- fisica V una, benché limitata al conforto che Y aut. pro-
- i Sodo trentatre anni che fissai per questa Canzone la data della fine
- del 1294, oppure del principio del 1295 (Annotazioni alle Poesie liriche
- di Dante II, 63, 64), e redo con piacere che le ricerche del Sign. Profes-
- sore Lubin T abbiano condotto air istesso risultato. (Intorno air epoca
- della V. N. Graz 1862, — opuscolo che non conosco che per citazioni.
- Vedi D'Ancoka nell'Ed. d. V. N. p. XLIV, No. 1.)
- Digitized by VjOOglC
- XIV PROLEGOMENI.
- vava a mirare le belle fattezze,* e gli atti compassionevoli
- di quella vaga giovane, alla quale, per quanto sembra
- non diresse mai una parola, infedeltà, in quanto si può
- dir tale, commessa verso la figlia di Folco Portinari;
- tutta intellettuale V altra, che senza far torto alcuno
- alla Beatrice reale, avviluppando il Poeta nelle dispute,
- nei dubbi e negli errori delia speculazione filosofica,
- T alienarono dalla Beatrice allegorizzata come figura
- della scienza divina.
- Questa doppiezza della Donna gentile ammette pur
- anche il dubbio, se vi sia coincidenza di tempo fra
- l'infedeltà a cui l'indusse 1' una, e quella commessa
- per amore dell' altra. Veramente nulla e' impedisce di
- prestar piena fede a quelle parole, nelle quali la V. N.
- ci accorta che 1' amore per quella vaga donzella non
- l'abbia posseduto che per «alquanti dì», mentrecchè
- sappiamo dal Convivio, e lo vediamo confermato per
- altre prove, che 1' amore di queir altra donna allego-
- rica, vai' a dire lo studio della Filosofia, sia stata per
- una serie d' auni 1' occupazione prediletta del Poeta.
- Non dubiteremo dunque, che, mentrecchè già nel capi-
- tolo 40 della V. N., cioè prima del trecento, 1' aut. si
- era distaccato dall' amore per la Donna gentile in carne
- ed ossa, gli studi filosofici gli siano rimasti cari a segno,
- da fargli comporre ancora nel 1308 il commento alle
- quattordici canzoni di argomento tutto filosofico.
- Yolendo precisare il tempo in cui la V. N. fu scritta,
- bisognerà distinguere la composizione delle Poesìe in
- essa raccolte, e quella del testo prosaico che le accom-
- pagna. Si può supporre che le Rime siano sincrone ai
- fatti in esse mentovati. Veramente il primo sonetto
- potrebbe far nascere un dubbio relativo a questa com-
- posizione contemporanea, se si riflette che V ultimo verso
- assai chiaramente allude alla morte precoce di Beatrice.
- Digitized by VjOOglC
- PROLEGOMENI. . XV
- Leggendo però le risposte che i poeti del tempo, come
- Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia, Dante da Maiano,
- Chiaro D avanzati, Guido Orlandi e più altri diedero a
- questo sonetto, resteremo convinti, che non si tratta di
- una profezia dopo 1' evento, come sono quelle della
- Commedia, ma di un vero presentimento, fondato per
- avventura sulla delicatezza della salute di Madonna
- Beatrice. Simili presentimenti ricorrono nelle due prime
- Canzoni.
- La Prosa sarà di data più recente. Non crederei
- però che sia scritta tutta di seguito. Si conosce dai
- cap. 5 e 6 che 1' aut. non raccolse le sue Rime, sceglien-
- done le une e rigettando le altre, che qualche tempo
- dopo che furono composte. Sembra probabile eh' egli
- abbia ripreso questo lavoro da tempo in tempo, aggiun-
- gendovi per volta la concernente parte del Commento.
- Ancora al tempo del cap. 42 la raccolta non era de-
- finitivamente terminata. In ogni modo però il cap. 31
- ci fa supporre che tutta F opera lo sia stata vivente
- Guido Cavalcanti, cioè nel 1300.
- Come nel Canzoniere del Petrarca, così anche nelle
- Rime di Dante due parti principali s' intendono senz' al-
- tro: cioè Poesie composte in vita di Beatrice, e quelle
- in morte di essa. Con finissimo accorgimento però fu
- dimostrato dal D' Ancona due periodi essenzialmente
- diversi dover distinguersi in quella prima parte : 1 V uno
- che comprende i primi sedici (o diciasette) capitoli, e
- V altro che dal cap. 17 (oppure 18) arriva fino al
- ventesimo ottavo. Ma rendiamo le proprie parole di
- quell'illustre editore: «D'ora innanzi vediamo la mente
- 1 Egli è vero che nelle già sopra citate «Annotazioni» pag. 5, avevo
- indovinato questa differenza; ma ben lungi dall' intenderne la somma
- importanza, non me n' era servito che per fondarvi sopra una divisione
- subordinata.
- Digitized by VjOOglC
- XVI PROLEGOMENI.
- di Dante e 1' affetto staccarsi dalla terra e innalzarsi
- alle cose eterne, e intanto la poesia diventare, con
- nuovo esempio contemplativa, ascendendo ai cielo a
- udirvi le preci degli Angeli a Dio, e discendendo all' In-
- ferno a udirvi le grida dei malnati. D' ora innanzi
- Dante non cerca più Beatrice, perch' ei ne ha ben fitta
- la immagine dentro 1' anima sua: alla contemplazione
- corporea degli occhi succede la segreta contemplazione
- dell' intelletto: ei non trema più, non piange più, perchè
- si sente beato in quella intima adorazione: il saluto
- che dianzi era intollerabile beatitudine la quale passava
- e redundava la sua capacità, diviene dolcezza onesta
- e soave: il fine dell' amore non è più la vista di Bea-
- trice, ma la lode Così incomincia nella V. N. . . .
- quella che Dante, quasi vergognando degli intendimenti
- contenuti nelle rime anteriori, chiama materia nova e •
- più nobile che la passata, e comincia insieme una
- maniera di poesia della quale egli sarà salutato inven-
- tore e maestro (Purgat. XXIV, 48). Nelle antecedenti
- rime troviamo, infatti, un misto non bene accordato di
- reminiscenze provenzali e sicule. D' ora innanzi, Dante
- procederà per la sua via, colle sue forze, collo stile
- suo, col fine suo da raggiungere: dirittamente, consape-
- volmente, innovando, e coir intento ben chiaro e deter-
- minato di innovare le vecchie forme della poesia erotica.»
- Le altre sottodivisioni s' intenderanno facilmente
- dalla nostra tavola. L' infima di esse non è indicata
- nei testi a penna che per capoversi. Il primo a distin-
- guerle per numeri apposti fu il Toebi. Applicandovi
- F ultimo detto della prima di queste sottodivisioni
- ( « quelle parole, le quali sono scritte nella mia memoria
- sotto maggiori paragrafi ») egli credè dover chiamarle
- «Paragrafi». Non mi sembra però che questo nome
- corrisponda alle intenzioni^ dell' autore. Nelle altre sue
- Digitized by VjOOglC
- PROLEGOMENI. XVII
- opere, come nella Monarchia, nel Convivio ecc. Dante
- stesso chiama «Capitoli» le sottodivisioni dei libri
- ossia dei trattati. Capitoli ancora da non pochi anti-
- chi sono detti li Canti della Commedia, e non si vede
- perchè V aut. dovesse aver scelto pel presente libretto,
- il più semplice di tutti -i suoi componimenti, un altro
- termine, termine che ricorda un po' troppo la pedanteria
- degli Scolastici. Questi «maggiori paragrafi», ossia
- rubriche, non vogliono dir altro, che: oggetti di mag-
- giore importanza a paragone delle altre che infino a
- quel punto si trovavano registrate nel libro della me-
- moria dell' autore. Si è dunque restituito il nome di
- «Capitoli» a quello tutto arbitrario di paragrafi. Con-
- siderando però che nel cap. 29, V autore dice: «ciò non
- è del presente proposito, se volemo guardare il Peoemio,
- che precede questo libello», non si è creduto dover far
- entrare questo proemio nella numerazione dei capitoli.
- Ma non volendo allontanarci troppo dai numeri, suir esem-
- pio del Torri, ricevuti in tutte le edizioni moderne, il
- paragrafo 3 di esse fu da noi diviso in due capitoli,
- talmente che il terzo comprende esclusivamente la prima
- visione. La differenza fra la nostra numerazione e la
- sin qui usitata si limita dunque ai così detti paragrafi
- 1 e 2, comprese le prime righe del §. 3, che nella
- presente stampa si chiamano: Proemio, e capit. 1 e 2.
- La «Serie delle edizioni» riferisce i modi ben dif-
- ferenti tenuti dagli editori a riguardo delle «divisioni».
- Ch* esse siano parto genuino di Dante, destinato a far
- parte integrante dell' opera, è cosa tanto certa che non
- avrebbe dovuto mai esser messa in dubbio. Questo
- modo di dividere un testo da commentarsi, massime un
- testo poetico, è nell'uso universale di tutti i commen-
- tatori del tempo. Lo troviamo nel proprio commento
- Dante, Opere minori. I. b
- Digitized by VjOOglC
- XVIII PROLEGOMENI.
- di Dante alle Canzoni del Convivio, come nelF epistola
- dedicatoria a Cangrande. Lo * adoperano gli antichi
- commentatori della Commedia, il Laneo, F Ottimo, l' Ano-
- nimo Fiorentino, Benvenuto da Imola e Francesco da
- Buti. Anche il contesto della Y. N. fa vedere che non
- solamente Dante stesso ne sia T autore, ma pure che le
- voleva innestate nel testo come parte di esso, di modo
- che, chi credeva dover rigettarle intieramente, oppure
- trasporle altrove, non poteva far a meno, di alterare
- arbitrariamente qualche parola del testo indubitato.
- Servino d' esempio la fine della Prosa che precede la
- prima Canzone (cap. 19) e tutto il cap. 39. Altre
- volte, come nel cap. 34, quegli stessi si videro nella
- necessità di esser infedeli al loro sistema, amettendo
- nel testo una parte della divisione. Si aggiunga che
- F aut. stesso, dicendo nel cap. 22. « Acciocché questa
- canzone paia rimanere vie più vedova dopo il suo fine,
- la dividerò prima eh' io la scriva: e cotal modo terrò
- da qui innanzi», indica chiaramente il posto che nella
- prima parte dell' opera aveva dato, e che nella* seconda
- voleva dare alle divisioni. I codici manoscritti non
- sono veramente concordi, ma i migliori e i più antichi
- hanno le divisioni ai rispettivi posti che F aut. aveva
- assegnato ad esse. Le notizie che abbiamo di sei testi
- a penna da noi enumerati, non bastano per accertarci,
- se le divisioni vi si trovino o nò. Degli altri sedici sette
- ne sono mancanti; ma nove, e tra esse i più antichi le
- danno ai luoghi dovuti. Ben grave è dunque F errore
- del Keil, se afferma che in tutti i manoscritti, eccettua-
- tone un solo, le divisioni manchino. Del resto non
- ignoriamo la cagione per cui alcuni amanuensi omisero
- quelle divisioni. Ecco quanto una nota contemporanea
- del cod. Laurenziano Plut. XC. sup. No. 136, pubbli-
- cata dal Biscioni, e più correttamente dal Mehus nella
- Digitized by VjOOglC
- PROLEGOMENI. XIX
- Yita di Ambrosio Camaldulense, p. CLXXV, ci dice a
- questo riguardo:
- «Scripto per lo modo chello scripse messere gio-
- uanni Boccaccio da certaldo però che Dante le
- chiose che ci sono mise nel testo, et messere gio-
- uanni nelle cauò et aconciolle come stanno la cagione
- assegna in una chiosa di questo libretto che dice:
- marauiglerannosi molti per quello che io auuisi
- perchè io le diuisioni de' sonetti non ho nel testo
- poste come F autore dei presente libretto le pose.
- Ma a ciò rispondo due essere state le cagioni. La
- prima perciocché le diuisioni de' sonetti manifesta-
- mente sono dichiarazioni di quegli, perchè piuttosto
- chiose appaiono douere essere che testo, e però
- chiosa F ho poste non testo, non stando 1' uno
- coli' altro bene mescolato. Se qui forse dicesse
- alcuno, e le teme de' sonetti e canzoni scritte da
- lui similmente si potrebbon dire chiosa conciossia
- cosa chesse sieno non minore dichiarazione di
- quelli che le diuisioni, dico che quantunque sieno
- dichiarazioni, non sono dichiarazioni per dichiarare,
- ma dimostrazioni delle cagioni che a fare lo adusse
- i sonetti e canzoni. E appare ancora queste di-
- mostrazioni essere dello intento principale, per che
- meritamente testo sono e non chiose. La seconda
- ragione è che secondo eh' io ho già più uolte
- udito ragionare a persone degne di fede auendo
- Dante nella sua giouanezza composto questo libretto,
- . e po' essendo col tempo nella scienza e nelle ope-
- razioni cresciuto, si uergognaua auer fatto questo
- parendogli opera troppo puerile, e tra F altre cose
- di che si dolea d' auerlo fatto si rammarioaua d' auere
- • inchiuse le diuisioni nel testo, forse per quella
- medesima ragione che muoue me. Laonde io non
- Digitized by VjOOglC
- XX PROLEGOMENI.
- potendolo negli altri emendare, in questo che ho
- scritto ho uoluto soddisfare V appetito dell' autore.»
- Quanto il Poeta sia stato lontano dal pentirsi della
- V. N. si conosce non meno che dal Convivio (I, 1)
- anche dal Purgatorio XXX, 115. E se questo penti-
- mento è fittizio, anche più fittizio sarà quello relativo
- alle divisioni, fittizio per avventura anche il nome del
- Boccaccio, colla di cui autorità quei chiosatore voleva
- dar credito alia sua innovazione. Gli argomenti poi
- che e' interdicono di omettere le divisioni, si oppongono
- ancora a chi vorrebbe rilegarle alla fine dell' opera (come
- fece il Keil), o a pie di pagina, oppure al margine delle
- rispettive poesie.
- Assai curiosa è la simmetria delle Poesie contenute
- nella Y. N. ingegnosamente avvertita dall' insigne Danto-
- filo Americano, il Sign. Cablo Eliot Nobton. Se
- prendiamo per centro dell' opera la Canzone seconda,
- composta in vita di Beatrice, ma ripiena di presenti-
- mento della vicina sua morte, troviamo ad ugual di-
- stanza di essa la prima e la terza Canzone, dirette
- tanto 1' una che 1' altra alle donne gentili, e strofe per
- strofe di argomenti consimili. Quattro sonetti occupano
- lo spazio intermedio della prima e della seconda Can-
- zone, e quattro ancora si frappongono fra quest' ultima
- e la terza Canzone. È vero che la quarta di queste
- poesie non è detta Sonetto, ma Frammento di canzone;
- osservando però attentamente i quattordici versi di cui
- questo frammento si compone, vi troviamo tutta la
- tessitura di un sonetto, colla sola eccezione che '1 verso
- undecimo è di sette sillabe, invece di esser endecasillabo.
- — La prima Canzone è' preceduta da dieci componi-
- menti, ed altrettanti seguono la terza. Nove dei dieci
- dall' uno e dall' altro lato sono sonetti. Il decimo trai
- precedenti è una ballata; trai susseguenti una canzone,
- Digitized by VjOOglC
- PROLEGOMENI. XXI
- che, limitata, com' è, a due strofe, e mancando della
- licenza, sì può dire canzone imperfetta. Così dunque
- alla ballata, cioè a un componimento più esteso che '1
- sonetto, e più breve della canzone perfetta, corrisponde
- un altro dell' istessa qualità. Sembra impossibile di
- supporre che una simmetria così compita sia casuale, e
- così diremo col nostro autore: «Forse per più sottil
- persona si vedrebbe in ciò sottil ragione».
- La stampa della presente edizione fu terminata nel-
- l'Aprile 1873. Diverse circostanze, in primo luogo lo stato
- della mia salute, m' impedirono per quasi tre anni di
- darci 1' ultima mano. In questo frattempo (nell' autunno
- 1873) F importantissimo lavoro dell' illustre Prof. D' An-
- cona pervenne alle mie mani. Senza fallo queste mie
- fatiche, quali che si siano, sarebbero riuscite meglio, se
- avessero potuto profittare del ricco materiale, delia vasta
- erudizione, e dei profondi accorgimenti riuniti in quel-
- F opera. Per avventura, dovendo limitarmi a un volu-
- metto di pochi fogli di stampa, mi sarei sentito come
- oppresso da tanta abbondanza. In ogni modo queste
- considerazioni non sono più in tempo. Il lavoro, non
- potendosi . rifare di pianta, deve restare quale anni sono
- fu compito. Il mio dispiacere di esser rimasto privo di
- un tanto aiuto si allevia però per aver trovato che
- forse nella maggior parte dei punti controversi le opi-
- nioni da me emesse vadino d' accordo con quelle
- dell' editore Pisano e del dotto Professore Carducci
- Digitized by VjOOglC
- XXII PROLEGOMENI.
- che gli fu socio per una parte del lavoro. Veramente
- i casi nei quali quanto dissi nelle note, ora mi sembra
- erroneo e da rivocarsi, non sono frequenti. Alcuni di
- essi sono indicati nelle a correzioni».
- La costituzione del testo non offre difficoltà che
- potessero star a paragone di quelle che s' incontrano
- nel Convivio, oppure nella Monarchia. L' intelligenza
- della V. N. essendo quasi da per tutto assai chiara, gli
- amanuensi non si vedevano nel caso di traviare in modo
- come pur troppo V hanno fatto dove tasteggiavano nel
- buio. Egli è per questo che anche le varie, lezioni
- sono, se non più scarse, certo di minor importanza che
- in queir altre opere. Non poche di esse non meritano
- nemmeno di esser registrate. Tali mi sembrano le dif-
- ferenze d' ortografia, e gli indubitati errori di penna.
- Ma certe altre ancora, che non alterano per niente, sia
- il senso, sia V intreccio del costrutto, non paiono degne
- di trovar luogo sui margine inferiore del libro. Se una
- lezione sia tale o nò, può essere dubbioso, e può darsi
- che una variante rigettata da me la prima volta, se ri-
- correva in un altro passo, questa volta non mi sia sem-
- brata indegna di esser registrata; ma ciò non ostante
- credo che il principio sia da mantenersi. Per" il resto
- delle varianti ho messo a profitto quanto mi sommini-
- strarono le stampe anteriori, aggiungendovi il confronto
- minuto del codice mio, che ora appartiene alla Biblio-
- teca di Strasburgo. L' edizione del Biscioni , che per
- quanto sembra riproduce testualmente il manoscritto di
- Luca della Robbia, equivale quasi a un codice, e tanto
- per questa ragione, quanto per esser rimasta fondamento
- Digitized by VjOOglC
- PROLEGOMENI. XXIII
- della lezione volgata, fu presa sempre in considerazione.
- Le stampe più recenti non furono citate, che dove si
- allontanano da quel testo volgato. Anche 1' edizione del
- Sermabtelli ossia principe, fu riscontrata da capo a
- fondo. Dove però vi ha ragione di supporre che quel-
- T editore abbia alterato arbitrariamente il testo, la vari-
- ante non si è sempre registrata.
- Benché la giusta intelligenza giovi moltissimo la
- critica, e viceversa, pure ho creduto dover seguire
- T esempio di non pochi editori recenti, separando le
- note critiche da quelle che cercano di facilitare V in-
- tendimento del testo. Chi prova il bisogno di un tale
- aiuto, non gradirà di andarne in cerca fra una farragine
- di varianti, mentrecchè il filologo, che dubitando della
- giusta costituzione del testo vorrebbe accertarsi se qual-
- che codice porga una lezione che gli possa sembrar più
- probabile, non si troverà che impedito, dovendo vagare fra
- spiegazioni che gli sono superflue. Chi vuol conoscere per
- propria sperienza Y incommodo di un tal mescolamento,
- si metta a studiare le note dell' edizione Torjiana.
- Ho creduto dover essere parco e succinto nelle anno-
- tazioni interpretative, però non ne ho apposte che dove
- mi sembrava vederne un vero bisogno per un lettore
- meno esperto. Non di rado trovai la spiegazione ri-
- chiesta già data così bene ed in termini così precisi dal
- Fbaticelli, e più ancora dal Giuliani, che volendo
- allontanarmene, non avrei potuto che far male, quel
- eh' era fatto bene. In casi tali il miglior avviso mi è
- sembrato di trascrivere semplicemente le parole di questi
- profondi conoscitori di Dante.
- Digitized by VjOOglC
- XXIV PROLEGOMENI.
- La presente edizione della Vita Nuova doveva uscire
- unita con quella del Convivio, ma in due volumi, che
- avrebbero portato il titolo comune di «Opere minori
- di D. A.», e così veramente si legge nelle «chiamate»
- dei fogli di stampa. Vedendo però restar troppo
- lenti i progressi di questo secondo lavoro, ho dovuto
- decidermi alla pubblicazione separata di quel primo.
- Se nel mio senio riuscirò a condurre a termine le mie
- fatiche sopra il Convivio, cominciate verso la fine delia
- mia adolescenza, sta nella volontà di Dio. Intanto il
- cortese lettore accolga con indulgenza, quanto attual-
- mente ho da offrirgli.
- Halle, 31 Dicembre 1875.
- Digitized by VjOOglC
- CODICI MANOSCRITTI DELLA
- VITA NUOVA.
- I. FIORENTINI.
- A. DELLA BIBLIOTECA LAURENZIANA.
- 1. Plut. XL. cod. 31.
- Cartaceo in quarto, della prima metà del secolo XV.
- La V. N. vi si legge dopo la prima Cantica della Commedia Divina,
- da carta 54 a 73.
- 2. Plut. XL. cod. 42.
- Cartaceo in quarto, del sec. XV.
- La V. N. occupa le prime 28 carte, dopo le quali si trovano le Can-
- zoni di Dante e le vite di Dante e del Petrarca di Leonardo Bruni Aretino.
- Consultato per qualche passo dal Giuliani.
- Quésti due codici furono riscontrati dal Biscioni per la sua edizione.
- 3. Bibliot. Qaddiana Plut. XC. sup. cod. 136 (anticamente 355).
- Cartaceo in foglio , del sec. XIV. di carte 23 , scritte a due colonne.
- Dopo la V. N. che è mancante delle «divisioni», seguono le Canzoni di
- Dante.
- Sembra fuori di dubbio che questo sia il testo a penna, citato dal
- Biscioni come in possesso di Giov. Gualberto Guicciardini.
- 4. Bibl. Qaddiana Plut. XC. sup. cod. 137 (anticamente 977).
- Cartaceo in ottavo di fogli 55, del sec. XVI. scritto con molta ele-
- ganza, e copiato, per quanto pare, dal testo precedente.
- B. BIBLIOTECA MAGLIABECCHIANA.
- 5. CI. VI. No. 143.
- Membranaceo in foglio del sec. XIV. La V. N. è contenuta nelle
- prime 15 delle 25 carte che compongono il codice.
- Fu, sotto il numero 259, di Carlo Strozzi.
- Ha le divisioni.
- Testo importantissimo, già consultato dal Biscioni, e poi dal Giuliani.
- Fra i codici confrontati per 1' edizione del D' Ancona è segnato col b.
- Digitized by VjOOglC
- XXVI CODICI MANOSCRITTI DELLA VITA NUOVA.
- 6. CI. VII. No. 187.
- Cartaceo, in ottavo, del sec. XV. di carte 76, le prime 46 delle quali
- esibiscono la V. N.
- Portava fra i codici Strozziani il No. 250.
- Omette le divisioni.
- Fu confrontato , come testo e per la nuova edizione del D' Anc.
- 7. No. 1267. B. 2.
- Cartaceo, in ottavo della prima metà del quattrocento. Le prime 34
- carte danno la V. N.
- Fu della SS. Annunziata.
- Non ha le divisioni.
- È segnato d fra i codici riscontrati per P edizione Pisana.
- 8. Ci. VII. No. 1103.
- Cartaceo in quarto del sec. XV. La V. N. vi si legge da carta 45 a 80.
- Ha le divisioni.
- È il cod. e del D' Ancona.
- C. BIBLIOTECA RICCARDIANA.
- 9. No. 1050.
- Cartaceo, in foglio, almeno per la parte che contiene la V. N. che
- vi sta da p. 25 a 42.
- E mancante delle divisioni.
- Sembra identico col testo Biccardiano 134. consultato dal Biscioni.
- Citato per qualche passo dal Giuliani, e confrontato come cod. a per
- T edizione del D' Ancona , il quale osservò una certa parentela fra questo
- cod. e'1 Magliab. VII. 187.
- D. BIBLIOTECA DI CASA MARTELLI.
- 10. Codice membranaceo in foglio min. del sec. XIV.
- È miscellaneo, e la V. N. ne forma l'ultima parte.
- Ha le divisioni.
- Fu consultato dal Fraticelli , e confrontato per 1' edizione del Torri
- dall' ab. Gius. Manuzzi. L' importanza del cod. fa desiderare che si ritorni
- con cura anche maggiore a questo confronto.
- 11. LA BIBLIOTECA DI NICCOLÒ CARDUCCI
- somministrò al Sermartelli il testo che servì di fondamento alla sua edi-
- zione del 1576. Bisogna supporre che sia stato mancante delle divisioni.
- Ancoraché non poche mutazioni del testo di Dante sembrino da riferirsi
- all' arbitrio del Sermartelli , pure non potrà dubitarsi, che il codice stesso
- sia stato sconcio di non poche lacune e ben molti errori.
- S' ignora se sia ancora in esistenza, e dove si trovi.
- L' i stesso è da dirsi del seguente testo consultato dal Biscioni:
- 12. DELLA LIBRERIA DEL SENATORE GIOVAN. BATISTA GUA-
- DAGNI, cod. 142.
- Digitized by VjOOglC
- CODICI MANOSCRITTI DELLA VITA NUOVA. XXVII
- II. VENETI.
- DELLA BIBLIOTECA DI S. MARCO.
- 13. Codd. Italici Ci. IX. No. 191.
- Cartaceo di fogli 142 in ottavo. Miscellaneo, che oltre alla V. N.
- contiene una raccolta di Bime antiche.
- Sul primo foglio si legge la seguente notizia.
- « Io Ant°. Isidoro Metzabarba veneto de l' una e 1' altra legge
- minimo de i scolari ho scritto tutto questo libro di mia propria
- mano nulla mutando overo aggiungendo di quello che io in
- antiqui8simi libri trovai scritto. Ad laudem Dei m(et? ) gloriosae
- Virginis. MDIX del mese di maggio.»
- Fu di Apostolo Zeno.
- Manca delle divisioni.
- Il Sign. Lodov. Pizzo diede in fine dell' edizione pubblicata dall' Anto-
- nelli lo spoglio delle varianti di questo codice.
- 14. Ci, X. Cod. 26.
- Cartaceo, in quarto, del sec. XV. Le prime 33 carte contengono la
- V. N., le seguenti 49 il Convivio.
- Ha le divisioni.
- Fu sul principio del cinquecento di Luca di Simone della Bobbia, poi
- nel settecento di Anton Maria Biscioni, che lo prese per fondamento
- essenziale della sua edizione. Finalmente passò dalla biblioteca Farsetti
- (Morelli, Biblioteca manoscritta Farsetti, T. I. face. 283 , 84. Cod. CVIII)
- nella Marciana.
- III. ROMANI.
- A. DELLA VATICANA.
- 15. Divisione Capponi. No. 262. del sec. XV,
- Il Prof. Torri, a cui a fu dato di poter esaminare» questo codice,
- aggiunge a questa secchissima notizia solamente che il nome di Beatrice
- vi sia scritto «Biatrice». Potrebbe darsi che questo codice fosse identico
- con quello confrontato da Salvator Betti per la prima canzone; ma non
- avendo a mano il Giornale Arcadico, non so decidere la questione.
- B. DELLA BIBLIOTECA CORSINI.
- 16. No. 1085. del sec. XV.
- Ha le divisioni.
- Fu confrontato nel 1836 da Francesco Cerroti.
- Dopo di aver ottenuto una copia di questo spoglio, il Torri ne pub-
- blicò le varianti nella sua edizione della V. N.
- E di lezione quasi identica con quella del codice Antaldino (qui
- sotto No. 21.).
- C. DELLA CHIGIANA.
- 17. Cod. L. V. No. 176.
- Membranaceo del sec. XV.
- La V. N. vi sta da carta 13 a 28.
- Ha le divisioni.
- Digitized by VjOOglC
- XXVIII CODICI MANOSCRITTI DELLA VITA NUOVA.
- Sulla risguardia anteriore è notato colla matita di mano di P. Ales-
- sandro VII:
- «Lassato per legato a Papa Alessandro VII. dal conte Federigo
- Ubaldino , et 1' acquistò da Parigi, ove 1' haveva portato seco
- Jacobo Corbinelli fiorentino, autore delle postille moderne, e
- come fuoruscito era andato in Francia a ricoverarsi dalla
- regina Caterina de* Medici. »
- Fu confrontato dal Prof. Gius. Cugnoni per 1' edizione Pisana , nella
- quale è segnato /.
- Il D' Ancona lo trova « in certe parti affine col codice Pesarese. »
- IV. MILANESI.
- A. DELLA BIBLIOTECA TBIVULZIANA.
- 18. Cod. segnato B.
- Cartaceo in foglio min. del sec. XV.
- Contiene oltre la V. N. molte Bime di Dante, del Petrarca e di altri
- Poeti antichi. Scritto assai scorrettamente.
- Alla fine si legge
- «Liber iste completus fuit anno Domini currente MCCCC.XXV.
- die vigesimo quinto Maij in Trevixio per me Niccolò Benioni
- de Crema.»
- Ha le divisioni. *
- Confrontato per V edizione Milanese del 1827, che ne adottò numerose
- lezioni.
- 19. Cod. segnato F.
- Cartaceo in quarto del sec. XV.
- Dopo la V. N. vi si leggono diverse Bime antiche.
- Sembra che non abbia le divisioni.
- Fu consultato dagli Editori Milanesi , li quali però me fecero minor
- conto che del testo precedente.
- B. DEL SIGN. AVVOC. MICH. CAVALIEBI.
- 20. Cartaceo, in ottavo picc.
- A carta I. si legge
- « Incomincia la Vita nova di Dante Aldigieri fiorentino per la
- sua Beatrice et scritta per la. Ant. Benalio trivigiano in Boma
- negli ann. dela. chris. sai. M.D.XIII. nel primo ann. del pont.
- di Leone X.»
- Il testo è ricorretto d' altra mano.
- Seguono le Canzoni di Dante; dopo le quali sono altre Bime di an-
- tichi Poeti.
- Notizia desunta dai Cataloghi dell' Esposizione Dantesca in
- Firenze. Maggio MDCCCLXV. No. 219.
- V. PESARESE.
- 21. Lello stampatore Annesto Nobili.
- Cartaceo in quarto scritto sull' incominciare del secolo XV.
- Ha le divisioni, ma sottolineate in rosso.
- Digitized by VjOOglC
- CODICI MANOSCRITTI DELLA VITA NUOVA. XXIX
- Fu di Casa Antaldi.
- L' edizione Pesarese del 1S29 lo riproduce letteralmente.
- VI. DI STRASBURGO IN ALSAZIA.
- BIBLIOTECA UNIVERSITARIA E TERRITORIALE.
- 22. Cartaceo, in quarto bislungo del sec. XV.
- I primi venticinque fogli contengono la V. N.
- Seguono le Canzoni di Dante, ed il « Convivium clarissimi viri Dantis
- Aligierij». Sulle ultime dódici carte si leggono le vite di Dante e del
- Petrarca di Leonardo Bruni ed una «Canzon morale» dello stesso autore.
- Fu della Casa Somaja di Firenze. Neil' Ottobre 1831 lo comprai dal
- libraio Piatti. Nel 1873 passò con tutta la mia collezione Dantesca nella
- proprietà della Biblioteca pubblica di Strasburgo.
- (Antologia di Firenze. Decennio secondo. T. III. Settembre
- 1831." pag. 88.).
- Ha le divisioni.
- Non è esente di errori e di qualche lacuna ; agli uni però ed alle altre
- fu rimediato per un antico correttore. Del, resto è di buona lezione,
- la quale si avvicina assai a quella de 1 codici Martelli e Magliabecchi 143.
- É ben ricco di varianti tanto marginali che interlinearie, notate coli' «alias»
- per quanto sembra dallo stesso amanuense che scrisse il testo. Fra le
- particolarità del codice è da notarsi la giunta al capit. 25. lin. 26, e la
- poscritta in fine dell'opera, che dice:
- a Qui finisce la uita noua di dante eoe che compuose dante
- alighieri gloriosissimo poeta fiorentino cuius anima per miseri-
- cordiam dei requiescat im pacem. amen. Et secondo alchuni
- questo librecto si uorrebbe scriuere dinanzi al chominciamento
- dellibro che tracta dellinferno.
- Laus tibi Christe. »
- jby Google
- TESTI DEL CANZONIERE DI DANTE.
- La maggior parte delle raccolte di Rime Dantesche, che esistono in
- gran numero, danno anche le poesie sparse nella Vita Nuova, o tutte, o
- almeno parte di esse. Egli è per questo che qualche editore dell' opera
- nostra consultò per le poesie che vi sono contenute anche testi a penna
- del Canzoniere. Ma invece di un lavoro sistematico, ciò non si fece che,
- per così dire , a caso , confrontando pei passi che più degli altri sembra-
- vano dubbiosi, ora 1' uno, ora 1' altro codice. Cosi il numero dei testi in
- tal modo riscontrati è grande, e sembra anche maggiore, perchè non
- senza ragione si può dubitare , se alcune di queste citazioni non siano
- errate. Il più importante di questi confronti è per avventura quello del
- codice Mortara, comprese le varianti in esso notate del testo Redi e di
- uno dei Riccardiani. Altri codici che in questo modo si dicono consul-
- tati si registrano nella notizia data qui sotto delle edizioni del Torri e
- del Giuliani.
- I testi, quanto si è potuto esattamente, confrontati per la presente
- edizione sonò i seguenti
- 1. Il Canzoniere del codice già Somaja, poi mio, ed ora di Stras-
- burgo. Esso contiene le quattro Canzoni, la Ballata, e i Sonetti 1, 2, 18,
- 24 e 25. Come per la V. N. cosi anche pel Canzoniere numerose varianti
- si leggono sui margini del codice.
- 2. Un Quinterno del Sign. Avvocato Scapucci di Firenze, che crederei
- del trecento. Vi si leggono i Sonetti 2, 5, 7, 8, 11, 12, 16, 19, 21 e 22.
- Questi fogli mi furono nel 1873 gentilmente communicati dal chiarissimo
- possessore.
- 3. Il Quinterno della Biblioteca Palatina a Firenze, che ai pretende
- scritto di propria mano dal Petrarca, come il Palermo lo pubblicò nel
- secondo volume del Catalogo della Palatina. Le poesie che vi si trovano
- sono la Ballata e le prime tre Canzoni. Ho giudicato opportuno di riferir
- le varianti di questo decantato Quinterno , perchè si conosca quanto sia
- il torto fatto alla memoria di Messer Francesco da chi vuole ascrivergli
- una scrittura piena zeppa di errori madornali.
- 4. La prima edizione del Cantoniere di Dante che occupa le ultime
- ventisette colonne della Divina Commedia col Contento del Landino « Im-
- Digitized by VjOOglC
- TESTI DEL CANZONIERE DI DANTE.. XXXI
- presso in Vinegia per Petro Cremonese dito Veronese: Adi Xvm. di no-
- nembrio Mcccc.Lxxxxi. emendato per me maestro piero da fighino
- dellordine de frati minori», foglio.
- Non ha ohe le Canzoni 1 e 2.
- Il testo è scorrettissimo ; astrazione fatta da questi errori, corrisponde
- quasi sempre alle varianti del mio codice sopra citato.
- +
- 5. Il primo libro delle *Rime antiche » , raccolte da Bernardo di Giunta,
- comprende tutte le poesie della V. N". alle quali in fine del volume si ag-
- giungono in forma di appendice alcune varianti che « fra le molte, più di
- alcuna importanza sembrarono all' editore >. Per registrare le lezioni, tanto
- del testo, che dell' appendice, mi sono servito della stampa originale : «in
- Firenze per li heredi di Philippo di Giunta nell' anno del Signore
- M.D.xxvii. Adi Vi. del mese di Luglio.»
- Digitized by VjOOglC
- EDIZIONI DELLA VITA NUOVA.
- I. Edizione del Seemaetelli.
- Il frontispizio dice:
- Vita Nuova di Dante ' Alighieri. Con XV. Canzoni del
- medesimo. E la vita di esso Dante scritta da Giovanni
- Boccaccio. In Firenze, Nella stamperia di Bartolomeo
- Sermartelli. MDLXXVI. in 8. min.
- La Vita Nuova non fa pubblicata per le stampe che oltre a un secolo
- dopo le tre prime edizioni della Divina Commedia. Le parole dello
- stampatore nella dedica a M. Bartolomeo Panciatichi . . .
- aHavendoci M. Niccolò Carducci .... accomodato d' un' operetta
- del famosissimo Poeta, e Teologo Dante Allighi eri, intitolata
- Vita nuoua, da esso Dante, e da altri riputata di non piccol
- valore : ho voluto per mezzo delle nostre stampe farne partecipi
- gli studiosi»
- ci lasciano in dubbio, se il Carducci non abbia somministrato che un suo
- testo a penna, oppure se tutto il lavoro che doveva precedere quello del
- compositore, come per es. la giunta delle rubriche marginali ecc. sia
- dovuto a lui. In ogni modo bisognerà supporre che 1' editore, quale dei
- due che si fosse, si sia servito di un codice mancante delle divisioni.
- Un' altra particolarità di questa edizione si è, che le lodi date dall' autore
- alla sua Beatrice in termini che, da Cristiani, siamo avvezzi di adoperare
- per cose sacre o divine, vi sono omesse, oppure cambiate con altre meno
- eccessive. Cosi , a cagion d' esempio 1' « Osanna in excelsis » del oap. 23.
- (lin. 35 della pres. ediz.) , e le citazioni dei Treni di Geremia nel cap. 29
- e 31. — Leggendosi nella dedica che la Vita Nuova sia una di quelle
- composizioni antiche , « le quali ne migliorare , ne pareggiare si possono»,
- si crederebbe che 1' editore non abbia avuto 1' ardire di riformare in tal
- modo 1' opera del sommo Allighieri. Considerando però che una scrupo-
- losità cosi meschina non era di certo sul fare del trecento, oppure del
- quattrocento, ma bensì su quello dei tempi che seguirono di presso il
- Concilio di Trento, mi sembra poco meno che certo, che oon queste mu-
- tazioni il Sermartelli abbia voluto difendere la povera Vita Nuova dalle
- censure del Santo Ufficio.
- Digitized by VjOOglC
- EDIZIOM DELLA VITA NUOVA. XXXIII
- II. Edizione del Biscioni.
- Piccone il titolo
- Prose di Dante Alighieri e di Messer Gio. Boccacci. In
- Firenze. M.DCC.XXIII. Per Gio. Gaetano Tartini, e Santi
- Franchi, in-4.
- La Vita Nuova abbraccia le prime 49 pagine.
- La prefazione di XXXVIII pagine non solamente non è segnata ool
- nome deJP editore , ma vi si parla in terza persona del «Dottore Anton
- Maria Biscioni. Le « Annotazioni » però , che per la V. N. non sono che
- di S pagine e mezza, portano in fronte il nome del Biscioni. Ciò non
- ostante tutta V edizione si attribuisce universalmente al solo Biscioni.
- Nel catalogo dei testi a penna si è mostrato che il cod. che fu di
- Luca della Robbia (ora della Bibl. di S. Marco CI. X. No. 26) abbia ser-
- vito di fondamento a questa edizione. A p. 411 1' editore ci dice di essersi
- servito ancora di sei altri codici Fiorentini, quattro dei quali furono rin-
- tracciati con certezza , un quinto con probabilità nel summentovato cata-
- logo. Benché due di essi al giorno d' oggi si reputino del sec. XIV,
- bisogna ammettere, che '1 Biscioni ne abbia giudicato altrimenti, leggen-
- dosi alla fine della prefazione: «Non è stato possibile qui in Firenze vederne
- alcuno esemplare del 300.» Considerando del resto lo scarsissimo numero
- di varie lezioni registrate come spoglio di sei testi a penna, converrà
- dire che '1 confronto di essi non sia stato troppo scrupoloso. — In ogni
- modo il Biscioni restituì le divisioni ecc. al loro posto, rimosse gli arbi-
- trarli cambiamenti del Sermartelli, e migliorò in non pochi luoghi il testo
- della prima edizione.
- Cosi il testo della Biscioniana fu materialmente ripctito dalle susseguenti
- stampe, che nel settecento, benché poco propenso allo studio delle opere
- minori di Dante, furono assai numerose. Sono tutte Venete, e basta
- registrarle colle date e coi nomi degli stampatori, che, oltre agli errori
- di stampa, che coir andar del tempo si moltiplicarono in modo da render
- illegibile 1' operetta, nessuno vi aggiunse o molto o poco del suo. L' unica
- differenza fra di esse e 1' originale si è, che, mentrecché tutte omettono
- la prefazione, inseriscono appiè di pagina le annotazioni, rilegate dal
- Tartini alla fine del volume. Sono dunque tre le stampe uscite dai torchi
- di Giambatt. Pasquali (degli anni 1741, 1751 e 1772 [Ilb— d]), a lle quali,
- come pessima di tutte, tiene dietro quella di Pietbo , quondam Giovanni
- Gatti dell' anno 1793 (II* 4 .)- Con più cura certamente furono fatte le due
- edizioni di Antonio Zatta (Ilf, k), assai splendida V una in quarto
- grande 1758, ed economica 1' altra in ottavo 1760.
- Anche il Keid, unico fino al giorno d' oggi, che stampò in Germania
- il testo originale della Vita Nuova (Chemnitz, Carlo Maucke, 1810, ot-
- tavo [II 11 ]), prese per fondamento materiale la Biscioniana. Supponendo
- però, erroneamente, che frai codici manoscritti uno solo inserisca le
- divisioni nel testo dell' opera, invece di darle al luogo dovuto, le aggiunse
- con altre note in fine del volume.
- L' anno 1827 segna una nuova epoca nella quale gli editori si rivolgono
- di nuovo e con istudio maggiore all' emendazione del testo della Vita
- Nuova, fondata soli' esame di buoni codioi , ed alla spiegazione dei passi
- più o meno oscuri. Il lavoro che fece strada in questa direzione è
- Danth, Opere minori. I. e
- Digitized by VjOOglC
- XXXIV EDIZIONI DELLA VITA NUOVA.
- III. P edizione Milanese:
- Vita Nuova di Dante Alighieri ridotta a lezione migliore.
- Milano dalla tipografia Pogliani MDCCCXXVIL in-8.
- Edizione non venale, di sole sessanta copie. Dopo le fatiche assai più.
- spinose che 1' incomparabile Marchese Gian Giacomo Tbivulzio di b. m.,
- assistito da condegni [amici , aveva consacrato al Convivio , egli si era
- dato V impegno di far altrettanto anche per 1' opera giovanile del sommo
- Allighieri , confrontando per questo scopo li due testi a penna della sua
- biblioteca, ed aiutandosi al bisogno di congetture sempre discrete e prò»
- babili. Le note interpretative aggiunte a quelle del Biscioni sono rare,
- ma succose , e ricche di bella erudizione. l
- Tenne dietro a questo eccellente lavoro
- IV. T edizione di Pesaro,
- che presenta sotto il titolo
- Vita Nuova di Dante Alighieri secondo la lezione di un co-
- dice inedito del secolo XV. Pesaro dalla tipografia
- Nobili 1820. in-8.
- la pubblicazione letterale di un testo a penna, che dal possesso di casa
- Antaldi era passato in quello del librajo Ant. Figna di Forlì, dal quale
- 1' aquistò lo stampatore Annesio Nobili di Pesaro. Sovrastettero all' opera
- il Conte Odoardo Machirelli e '1 celebre latinista Crisostomo Febbucci.
- Sono veramente due stampe sotto l' istesso frontispizio : la maggiore (IV a ),
- piuttosto di lusso, colle divisioni stampate in rosso, ma senza varianti;
- la minore (IV b ) colla giunta sul titolo :
- «colle varianti dell' edizioni più accreditate,»
- vale a dire di quelle del 1576, del 1723, e del 1827.* Benché non i scarso
- per avventura sia il numero di coloro , che non giudicheranno migliora-
- menti tutte quante le 850 varie lezioni somministrate dal testo Nobili,
- pure gli editori si acquistarono un bel merito, ponendo sotto gli occhi
- dello studioso non una scelta, più o meno arbitraria, di varianti, ma
- tutta quanta la lettera di un antico codice fedelmente ricopiata. Ciò non
- ostante essi si allontanarono da questo lodevole sistema, rilegando ai
- piedi delle pagine le divisioni, che nel manoscritto, frammesse al testo,
- non se ne distinguono che per esser sottolineate in color rosso. — Le
- 1 Non conosco che per citazioni 1' edizione della V. N. che fa parte
- delle Opere di Dante pubblicate da Lkokardo Ciabdetti. Firenze 1830.
- Voi. IV. Suppongo però che sia fatta sul modello della Milanese (III b ).
- Così fece, al proprio suo dire, anche Luigi Cabbsb nel piccolo volu-
- metto (III C ): «Autori che ragionano di sé. Venezia, co' tipi del Gondo-
- liere. MDCCCXL. • in-12.
- 2 Sembra che 1' edizione registrata dal Ferrazzi , Manuale Dantesco.
- Bibliografia p. 488, come pubblicata nel 1865 a Torino da Gal.l,o k
- Bbunktti (1V c ), sia identica colla Pesarese, agli esemplari della quale
- non si sarà cambiato che '1 frontispizio.
- Digitized by VjOOglC
- EDIZIONI DELLA VITA NUOVA. XXXV
- varie lezioni delle tre stampe summentovate, che si riferiscono sul margine
- dell' edizione minore , non sono troppo fedelmente rese.
- Col 1839 comincia la serie delle tre edizioni di Pietro Fraticelli,
- tanto bene merito di tutti gli studj relativi a Dante. Eccone i titoli
- consecutivi :
- v a .
- La Vita Nuova di Dante Alighieri a corretta lezione ri-
- dotta e con illustrazioni dichiarata da P. J. Fraticelli.
- Firenze dalla tip. di Leop. Allegrini e Gio. Mazzoni.
- Nella Badia Fiorentina 1839. in-16.
- V b .
- La Vita Nuova di Dante Alighieri i trattati de Vulgari
- Eloquio ecc. con . . . note e illustrazioni di Pietro Fra-
- ticelli. Firenze. Barbèra, Bianchi e Comp. Tipografi
- editori, Via Faenza, 4765. 1856. in-8. min.
- V«.
- L J istesso frontispizio colla giunta : ««Seconda edizione. Firenze.
- G. Barbèra, editore. 1861.» Sesto uguale alla precedente.
- Fondamento essenziale di queste tre stampe è 1' edizione Milanese,
- colla quale il Fraticelli, per quanto ci dice, confrontò con gran frutto il
- codice Martelli, quantunque nelle note esso non si trovi citato che una
- volta sola. La seconda edizione, del resto poco differente dalle due altre,
- adottò nel testo il maggior numero delle congetture proposte nel]' opuscolo
- che si cita appiè di questa pagina. l
- Le « divisioni • si trovano ai loro posti , ma stampate in carattere
- corsivo. Le note illustrative sono assai numerose, e ben sensate quasi
- tutte. La dissertazione preliminare che tratta principalmente della realtà
- fisica di Beatrice fu rifatta, ed alquanto ampliata nelP edizione seconda.' 2
- 1 Cento e più correzioni al testo delle Opere minori di Dante Allighieri,
- proposte agli ili. Signori Accademici della Crusca da un loro socio cor-
- rispondente. Halle 1853. in-4.
- 2 Ristampa materiale della prima Fraticelliana è quella di Raffaello
- Tbamater (V d .) compresa nel primo volume deUe «Opere di Dante Ali-
- ghieri ecc. Prima edizione napoletana. Napoli da' torchi del Tramater
- 183!).* in-4., sfigurata da ben molti errori di stampa. — Fu riprodotta a
- Napoli da Fkancksco Rossi, Romano, 1855, in-8. grande (V e ). Anche
- il testo italiano (V f )» stampato a riguardo della traduzione inglese di
- Gius. G arrow (The early life of Dante Alighieri. Together with the
- originai in parallel pages by Joseph Garrow, Esq. A. M. Florence. Printed
- by Felix Le Monnier. 1846. in- 12.) è quello del Fraticelli. Le poche
- annotazioni al testo inglese sono di nessuna importanza. — Consimili
- ancora sono le tre edizionelle (Vg— >) procurate da Aurelio G otti (Firenze,
- Le Monnier 1855, 1856 e 1859) come quella della Società editrice. Te rino,
- Digitized by VjOOglC
- XXX Vi edizioni della vita nuova.
- VI.
- Vita Nuova di Dante Alighieri Edizione XVI. a corretta
- lezione ridotta mediante il riscontro di codici inediti e
- con illustrazioni e note di diversi per cura di Alessandro
- Torri, Veronese. In Livorno coi tipi di Paolo Vannini
- MDCCCXLIII. in-8.
- Delle 2G6 pagine del volume sole 92 contengona la Vita Nuova colle
- rispettive note. Alle XXVI. dell'introduzione tengono dietro i Prelimi-
- nari ed in primo luogo le prefazioni di tutte le stampe anteriori, che
- occupano non meno di XXXIX pagine. Altre XXXV riproducono i
- passi di ventinove autori nei quali si parla della V. N. Alcune notarelle
- «li Romualdo Zotti alle Rime contenute nel libro si leggono ristampate
- nelle due pagine che seguono la V. N. .11 resto poi del volume , eh' è
- tutto miscellaneo , contiene in XXIV numeri un « Appendice di annota-
- tazioni e documenti » raccolti dalle opere di Filippo Scolabi e di alcuni
- altri autori, e finalmente sei cosi dette «tavole», delle quali la sola im-
- portante («Voci e maniere di dire cavate dalla V. N. non registrate nella
- quarta impressione del Vocabolario della Crusca») fu somministrata al
- Torri da Gius. Maniizzi.
- Il e riscontro di codici inediti » fu limitatissimo. Le varianti che un
- codice della Vaticana somministrò per la prima canzone furono estratte
- dal Giorn. Arcadico, dove da Salv. Betti erano state pubblicate. Altre,
- relative ai sonetti 11, 10, 18 e 20, dovute allo spoglio del cod. Sasvi-
- tali a Parma, fatto dal bibliotecario Ang. Pezzata, furono da esso
- comunicate al Torri. Né queste però, né quelle servirono per «ridurre il
- testo a miglior lezione», non trovandosi registrate che alla fine dell' Ap-
- pendice. D' importanza alquanto maggiore sono le varianti estratte da un
- testo a penna delle Rime di Dante , che si cita sotto il nome dell' attuai
- suo possessore, Conte Mortasa. -Esso non data che dal secolo scorso,
- essendo scritto di mano dello stampatore Moucke, che raccolse le lliuao
- in esso contenute da diversi codici Fiorentini, ma si dice copiato, almeno
- in parte , da un altro testo che il celebre raccoglitore Pier del Nero aveva
- trascritto da un esemplare che Vincenzo Borghini, a dir suo, aveva ri-
- copiato dal supposto originale di Dante. Sui margini dell' apografo fatto
- dal Moucke si leggono, per quanto ne riferisce il Torri, le varie lezioni
- di molti altri testi delle pubbliche e private librerie di Firenze. Lo spo-
- glio di questo manoscritto è dovuto al detto editore. Sembra però che
- 1' autorità di quell' apografo al Torri stesso sia sembrata minore di quel
- che si crederebbe , che per tutte lo Rime della Vita Nuova non trovo no-
- tate neppur dieci lezioni prese dal testo del codice Mortala. Delle va-
- rianti marginali raccolte dal Moucke da .molti altri testi», non si riferiscono
- che forse venticinque del codice Redi, più volte mentovato nelle Anno-
- tazioni al Bacco in Toscana, e cinque di un testo Riccardiano che si
- M. Guigoni 1858 (V k ), le quali mancano però delle divisioni. — L' ediziono*
- stampata a Napoli, Tipogr delle belle arti 1856 (V 1 ), che , per quanto
- ne dice il Pizzo, riproduce parimenti il testo del Fraticelli, ma «con
- giunta di note di Fbancesco Pruderano», non mi venne sott' occhio.
- Digitized by VjOOglC
- EDIZIONE DELLA NITA VITOVA. XXXVII
- cita senza iudicazione del numero. — Solamente al terzo verso del primo
- sonetto si trova una variante, rilevata da un codice della Maoliabecchiana
- (1108) e da un altro della Laurenziana (20. sic!), testi che nel resto
- dell' opera non sono più mentovati.
- Il primo dei due testi riscontrati per tutta V opera, ma non dal Torri,
- è quello della Coesiniana di Roma. Il diligente confronto di questo
- codice coli 1 edizione del Sermartelli, fatto per quanto sembra già da
- qualche tempo, fu regalato al Torri da Francesco Cekroti che V aveva
- intrapreso. Bisogna confessare che per la correzione del testo lo spoglio
- di pochi codici sarebbe stato di così piccolo profitto come quello del
- Gorsiniano. Esso è legato di sì stretta parentela coir Antaldino dell' edi-
- zione Pesarese, che si potrebbe dubitare se non siano identici* Confrontato
- dunque 1' uno di essi, il confronto dell' altro era poco meno che superfluo.
- Pia importante sarebbe stato lo spoglio del codice Martelli, che senza
- fallo è da riferirsi fra i migliori , se con maggior cura fosse fatto, oppure
- inesso in uso per 1' edizione del Torri. Le varie lezioni che ne troviamo
- registrate, e che non oltrepasseranno di gran fatto il numero di settanta,
- furono anch' esse raccolte non dal Torri, ma dall' ab. Gius. Manuzzi.
- Inflettendo però che al solo capitolo XI. il Cerroti trovò da notare trenta-
- due varianti del cod. CorBiniano, si dovrà sospettare che quella raccolta
- sia tutt' altro cbe perfetta.
- Il testo è distribuito in cosi detti «paragrafi» numerati, numerazione
- ritenuta da tutti li seguenti editori.
- Le di cisto ni stanno al giusto luogo, ma in carattere corsivo. Le note
- tanto critiche che illustrative sono in gran numero. L' indicazione delle
- varianti è qualche volta erronea.
- VII°»\
- Lo scopo preso di mira dall' ili. Prof. Giulliani nelle due edizioni
- da lui procurate
- La Vita Nuova e il Canzoniere di Dante Alligliieri commen-
- tati da G.-B.Giuliani. Firenze, G. Barbèra, editore. 18t>3.
- Stampa nitidissima in-32.
- La Vita Nuova e il Canzoniere di Dante Allighieri ridotti a
- miglior lezione e commentati da Giambattista Giuliani
- espositore della Divina Commedia nelP Istituto di studi
- superiori in Firenze. Successori Le Monnier. 1868.
- in-8. min.
- è meno quello di accumulare nuovi materiali per la critica del testo, che di
- rimuoverne per chi legge ogni oscurità, massimamente spiegando, come
- questo illustre editore è uso di fare in tutti i suoi lavori, Dante con Dante,
- e di rilevarne le bellezze tanto estetiche che morali. Ciò non ostante il
- Giuliani dice con tutta ragione « ridotto a miglior lezione » il testo della
- Vita Nuova, non solamente per aver esaminate di nuovo e con sana cri-
- tica bilanciate le lezioni già da altri registrate, sostituendone non di rad o
- a quelle che furono* prescelte dai suo predecessori delle altre da essi
- rigettate; ma non meno per aver consultato in certi passi, più degli altri
- dubbiosi , qualche codice degno di autorità. Tali sono il Laurenziano
- Digitized by VjOOglC
- XXXVIII EDIZIONI DELLA VITA NUOVA.
- PI. XL. cod. 42, il Riccardiano No. 1050, il Magliabecchiano 143. e '1
- Veneto della Bibl. di San Marco CI. IX. No. 191 1 , i quali contengono la
- Vita Nuova tutta intiera. Inoltre gli servirono per le poesie contenute
- nell' opera alcuni testi a penna delle Rime di Dante. Di tal novero sono
- i Ricoardiani 1034, 1054, 1094, 1140, 1340, e il Marciano 150. D codice
- Pogliani, più volte mentovato, è senza fallo identico col codice, già An-
- taldino, pubblicato a Pesaro. Una volta sola (XXVI. lin. 40) la citazione
- dev' esser intesa del primo dei codici Trivulziani.
- Il testo è diviso nelle sezioni numerate introdotte dal Torri, le quali
- però nella stampa del 1868 ben a ragione non si chiamano «paragrafi e Le
- «divisioni» sono restituite ai loro posti, ma stampate in caratteri corsivi.
- I commenti per profonda penetrazione dei pensieri dell' autore , per
- gusto squisito e per somma chiarezza rispondono talmente al proposito
- fine, obe l'editore della presente stampa ha creduto il miglior consiglio
- di trascrivere letteralmente non poche di quelle succose chiose.
- Le due edizioni differiscono poco. Le giunte della seconda non sono
- numerose; anzi vi si vede lo studio di ristringere anche più le note già
- assai concise della prima. Non pochi errori di stampa, massime nelle
- citazioni, furono corretti nella seconda. Pure ne rimasero alcuni, come
- quello che dà all' Iliade canti XXXI.
- Le due ultime edizioni che abbiamo a registrare sono adorne di gran
- lusso tipografico, ma non meno importanti per la critica e per la giusta
- intelligenza del testo. Della prima di esse, dedicata dall'editore Cav.
- Antonio Antonella come «edizione commemorativa » all' inclito Muni-
- cipio di Firenze nel sesto centenario natalizio dell'altissimo Poeta, col
- titolo :
- Vili.
- La Vita Nuova di Dante Alighieri. Venezia. Tipogr. Anto-
- nelli editrice. MDCCCLXV. in-4.
- prese cura Ludovico Pizzo , che V introdusse con dotta prefazione. —
- Il testo, nel quale le sezioni sono indicate con semplici numeri senza il
- segno di paragrafi, è con poche eccezioni quello del Fraticelli. Il Pizzo
- aggiunse però come appendice tutte le varie lezioni che un diligente con-
- fronto del cod. di S. Marco CI. IX. No. 191. — scritto nel 1509 da Isidoro
- Mezzabakba — gli aveva somministrato. Dove questo manoscritto indica
- coli' «aliai» una variante, ciò si nota sia nel contesto, oppure appio di pagina.
- Trentaquattro di queste lezioni , che 1' editore giudicò preferibili a quelle
- del Fraticelli, e perciò da lui introdotte nel testo, sono stampate in rosso,
- e giudiziosamente giustificate nelle note, le quali non tralasciano d'indi-
- care ancora le ragioni, per cui altre varianti , che a prima vista potreb-
- bero sembrare da anteporsi, siano rigettate. Il Pizzo perusò anche
- 1' altro testo a penna della Marciana (CI. X. No. 26.), detto codice Robbia,
- ma vedendolo già usufruttuato dal Biscioni, non credè eh' esso potesse
- venirgli in aiuto. A giudicare dalle sole sette lezioni riferite pel capi-
- tolo XV. sembra che questa supposizione sia veramente fondata. — Le
- ultime ventidue pagine contengono notizie bibliografiche : in primo luogo
- » La sola variante che ne trovo registrata nella seconda edizione sarà
- desunta dallo spoglio pubblicato dal Pizzo.
- Digitized by VjOOglC
- EDIZIONI DELLA VITA NUOVA. XXXIX
- la descrizione dei due testi Maroiani, in secondo la serie delle edizioni, e
- delle traduzioni in Inglese l , Tedesoo , Francese ed Ungarese.
- La più splendida, e senza dubbio la più importante di tutte le edizioni
- è 1' ultima che (per quel eh' io sappia) ride ìa luce. Eccone il titolo :
- IX.
- La Vita Nuova di Dante Alighieri riscontrata su codici e
- stampe preceduta da uno studio su Beatrice e seguita da
- illustrazioni per cura di Alessandro D 7 Ancona Professore
- di lettere Italiane nella R. Università di Pisa. Pisa Tipo-
- grafia dei fratelli Nistri 1872. in-4. mass.
- Al D' Ancona si associarono per questo insigne lavoro il Prof. Pio
- Rajna , che s' incaricò tanto di raccogliere e di disporre le varie lezioni,
- quanto di presceglierne quelle che gli sembrarono degne di esser intro-
- dotte nel testo, e il Prof. Giosuè Carducci, al quale si deve gran parte
- deUa ricchissima giunta d' annotazioni.
- Il testo è disposto in un modo tutto nuovo, essendo che le divisioni
- fiancheggiano in caratteri rossi le poesie alle quali si riferiscono. Del-
- l' iBtesso oolore, ed inchiuse in parentesi si leggono sui margini i numeri
- dei così detti paragrafi.
- L' apparato critico che accompagna il testo , e servi per migliorarne
- la lezione passa di gran lunga quanto sin' allora era intrapreso dagli
- editori. Otto sono le edizioni, e sei li testi a penna per tal fine confron-
- tati. Cinque di questi sono Fiorentini (il Riccardiano No. 1050. e i quattro
- della Magliabeochiana ohe nell' elenco dei codici furono da noi registrati)
- ed uno (il Chigiano , ohe fu del Corbinelli) E ornano. Le varianti notate
- da altri editori non sono prese in considerazione che per quanto questi
- editori le avevano introdotte nel testo. — Il più importante fra i codici
- riscontrati dal Rajna, come non poteva sfuggire al fino giudizio del
- D'Ancona, è senza fallo il Magliabecchiano No. 143 (a codice 6»), per
- non pochi passi già consultato dal Giuliani. Questa importanza mi sembra
- tale, che avrei creduto fatto bene di preferire in tutti i casi dubbi la
- lezione di questo codice a quelle degli altri più recenti, e generalmente
- parlando meno corretti. Non mancano però gli esempi di un agire con-
- trario. La strofe seconda della prima canzone comincia in tutte le stampe,
- meno quelle del Fraticelli: a Angelo chiama». Cosi pure giudica che sia
- da leggersi il Carducoi nella sua annotazione. «Chiama» si trova non
- solamente nel prelodato codice, ma di unanime consenso negli altri tre,
- che soli si citano dal Rajna ; ciò non ostante egli ha creduto dover rite-
- nere nel testo l'arcaismo «clama», introdotto senza veruna autorità dal
- 1 Delle Inglesi il Pizzo non poteva ancora conoscere V elegantissima,
- eseguita di là dell'Atlantico «The New Life of Dante Alighieri translated
- by ChabIìKS Eliot Norton. Boston, Ticknor and Fields, 1867.» in
- 4., accompagnata da dissertazioni e note non meno dotte che in-
- gegnose, già prima stampate: «The New Life of Dante. An essay with
- translations. Riverside Press: Printed by H. O. Houghton A Co. Cam-
- bridge 1859. >< in-8.
- Digitized by VjOOglC
- XL EDIZIONI DELLA VITA NUOVA.
- Fraticelli. — Conaimile è il caso del duodecimo sonetto. Esso dice nel
- testo che, seguendo il Fraticelli, fu dato nella presente edizione
- Bagnata il viso di pianto d' amore.
- Lezione che, fondata sulla combinazione di quanto si legge in differenti
- codici, sinora non aveva apoggio diretto di un testo a penna. Adesso
- troviamo nel Magliab. 143
- Bagnata nel viso di pianto d' amore ,
- verso che se dal «nel» non si levasse 1' n avrebbe una sillaba di troppo.
- Nulla dimeno troviamo nel contesto della nuova edizione
- Bagnar nel viso suo di pianto Amore.
- — «Soffersi per nove dio è nella terza riga del cap. XXIII. la lezione del
- cod. b. come del Trivulz. primo e del cod. Nobili, commendata dal Carducci,
- ma rigettata nel testo della nuova edizione. — Anche nell' ottavo -verso
- del sonetto XVII. lo stesso codice conferma la lezione « Ch' affogherieno
- '1 coro, che '1 Carducci giudica preferibile alle altra, mentrecchè nel testo
- si legge «Che sfogassi lo cor». Basti come ultimo esempio del modo
- alquanto arbitrario, tenuto dal Prof. Kajna il quarto verso del sesto
- sonetto. Tutte le edizioni, compresa la Giuntina delle Bime antiche (1527),
- leggono :
- Altro folle ragiona il suo valore,
- e nessuna di esse vi fa cenno di una variante. Il solo Giuliani sostituì
- al «folle » per congettura «forte». Non entro per ora nella quistione se
- questa mutazione migliori il testo ; ma certamente 1' obbligo di un' edizione
- critica, fondata sopra tanti confronti, era d' indicare V autorità sulla quale
- la nuova lezione si sia adottata. Invece il Sign. Bajna, lasciando privo
- quel verso di qualunque siasi nota, induce a crederei suoi lettori che
- «Altro forte» sia la lezione di tutti i testi tanto a penna quanto stampati.
- Se non ho creduto dover tacere alcuni scrupoli relativi al modo tenuto
- nella nuova edizione per metter in uso la gran copia di varianti con
- tanta diligenza raccolte , non posso far a meno di dire che i lavori con-
- tenuti nel resto del volume mi sembrano tali da render difficile il lodarli
- in modo condegno. L' a Avvertenza» del D'Ancona, e lo «Studio» del
- medesimo autore, intitolato «La Beatrice di Dante», già stampato in
- occasione del Centenario, sono ben ricchi di finissimi accorgimenti, che
- ci schiudono in maniera inaspettata 1' andamento dei pensieri nel nostro
- opuscolo, e '1 nesso che sussiste tra esso e le altre opere del Poeta.
- Le «Annotazioni», tanto quelle del D'Ancona ohe le altre contri-
- buite dal Carducci, fanno prova di ben vasta e rara erudizione. Nelle
- note del primo si ammira 1' intrinseca domestichezza coi relativi lavori
- non solamente italiani, ma non meno di letterature estere, ed in parti -
- colar grado dell' alemanna. Il Carducci , versatissimo nelle poesie dei
- verseggiatori del duecento e del trecento, illustra gran numero di passi
- della Vita Nuova, mettendo a riguardo di essi luoghi consimili, estratti
- dalle Bime antiche. Poche veramente saranno le opere degli autori
- classici, a cui toccò la sorte di esser commentati in un modo cosi distinto.
- Se dunque tutte le edizioni sopra registrate, anche quelle che non
- conosco di vista, esistono veramente, la stampa presente è la trigesima
- seconda.
- Digitized by VjOOglC
- TAVOLA DELLA VITA NUOVA.
- Pag.
- Prokmio • 3
- PARTE PRIMA.
- COMPONIMENTI IN VITA DI BEATRICE.
- PERIODO PRIMO.
- V AUTORE DESIDERA COME FINE DEL SUO AMORE IL SALUTO
- DI BEATRICE.
- SEZIONE PRIMA.
- INNAMORAMENTO DELL* AUTORE.
- Cap. 1. Primo incontro 3.
- Cap. 2. Primo saluto di Beatrice • 6
- Cap. 3. Prima visione 7
- Sonetto 1.: A ciascun' alma presa, e gentil core 9
- Cap. 4. L' aut. non vuol far sapere chi sia 1' oggetto del suo amore 10
- SEZIONE SECONDA.
- L' AUTORE TROVA UNA DIFESA.
- Cap. 5. Si comincia a credere che 1' aut. ami un' altra donna gentile 11
- Cap. 6. L' aut. compone un berventese in lode di sessanta beli? Fio-
- rentine 12
- Cap. 7. La donna che servi di difesa all' aut. parte da Firenze ... 13
- Son. 2.: voi, che per la via a" Amor passate 13
- Cap. 8. Morte d' un' amica di Beatrice . . . . • 14
- Son. 3. : Piangete, amanti, poiché piange Amore 15
- Son. 4. : Morte villana* di pietà nemica 16
- Cap. 9. Seconda visione 18
- Son. 5.: Cavalcando V altr' ier per un cammino 19
- Digitized by VjOOglC
- XLII TAVOLA DELLA VITA NUOVA.
- SEZIONE TEBZA.
- BEATRICE SI SENTE OFFESA.
- Pag.
- Cap. 10. Beatrice gli nega il suo saluto • 20
- Cap. 11. Effetti del saluto di Beatrice 21
- Cap. 12. Terza visione. L' aut. rinunzia alle difese 22
- Ball.: Ballata, io to' che tu ritrovi Amore 26
- Cap. 13. Dubbi dell 1 aut., se la signoria d' Amore sia buona, o no . 29
- Son. 6.: Tutti li miei pensier parlari d'Amore 30
- Cap. 14. Tremore dell' aut. trovandosi improvvisamente in presenza di
- Beatrice 31
- Son. 7. : Con V altre donne mia vista gabbate 34
- Cap. 15. L' aut. desidera, e teme neir istesso tempo, di veder Beatrice 36
- Son. 8. : Ciò, che m' incontra nella mente, more 37
- Cap. 16. La veduta di Beatrice, quantunque desiderata, sconfìgge
- 1' aut 39
- Son. 9. : Spesse fiate vengonmi alla mente 40
- PERIODO SECONDO.
- 1/ AUTORE, NON ASPIRANDO AD ALTRO GUIDERDONE CHE A
- POTER LODARE LA BELLEZZA SPIRITUALE DELLA SUA
- DONNA, MUTA LO STILE FIN ALLORA USATO.
- SEZIONE PRIMA.
- h J AUT. DIRIGE LE LODI DELLA SUA DONNA NON AD ESSA,
- MA AD ALTRE DONNE GENTILI.
- Cap. 17. L' aut. si propone di pigliare materia nuova 41
- Cap. 18. Ragionamenti dell' aut. con certe donne gentili 41
- Cap. 19. Lodi di Beatrice, dirette alle donne gentili 44
- Canzone 1. : Donne, eh' avete intelletto d'amor? 45
- Cap. 20. Natura dell' amore 52
- Son. 10. : Amore e 'l cor gentil sono una cosa 53
- Cap. 21. Effetti che Beatrice produce in altrui 55
- Son. 11.: Negli occhi porta la mia donna Amore 55
- SEZIONE SECONDA.
- PRESENTIMENTI DELLA MORTE DI BEATRICE.
- Cap. 22. Morte di Folco Portinari, padre di Beatrice 57
- Son. 12. : Voi, che portate la sembianza umile 60
- Son. 13. : Se' tu colui, & hai trattato sovente 61
- Cap. 23. Infermità dell' aut. e quarta visione 62
- Canz. 2. : Donna pietosa e di novella etate 66
- SEZIONE TERZA.
- L' AUT. RITORNA ALLE LODI DI BEATRICE.
- Cap. 24. Quinta visione, ed incontro con Primavera e Beatrice ... 7*2
- Son. 14.: Io mi sentii svegliar dentro allo core 73
- Digitized by VjOOglC
- TAVOLA DELLA VITA NUOVA. XLIII
- Pag.
- Cap. 25. Parlare figurato, permesso anche a' poeti volgari 75
- Cap. 26. Beatrice giudicata da tutti una meraviglia di bellezza e di
- onestà 79
- Son. 15.: Tanto gentile e tanto onesta pare 81
- Cap. 27. L' aspetto di Beatrice ingentilisce anche le sue compagne . 82
- Son. 16. : Vede perfettamente ogni salute 82
- Cap. 28. Effetti, che 1' amore di Beatrice produce nell' aut 83
- Frammento di canzone : Sì lungamente m' ha tenuto Amore . . 84
- • . • PARTK SECONDA.
- COMPONIMENTI IN MORTE DI BEATRICE.
- SEZIONE PRIMA.
- AFFLIZIONE ESTREMA DELL' AUT. SULLA MORTE DELLA
- SUA DONNA.
- Cap. 29. Trapassamene di Beatrice 84
- Cap. 30. Belazioni fra Beatrice e '1 numero nove 86
- Cap. 31. L' aut. dirige una lettera alle persone principali della sua
- città 89
- Cap. 32. Lamenti dell' aut 90
- Canz. 3. : Oli occhi dolenti per pietà del core 91
- Cap. 33. Sonetto composto dall' aut. a nome d' un fratello di Beatrice 95
- Son. 17. : Venite a intender li sospiri miei 96
- Cap. 34. Vi aggiunge una canzone, parte a nome dello stesso, parte
- a nome proprio • ... 97
- Canz. 4.: Quantunque volte, lasso! mi rimembra 98
- Cap. 35. Annovale della morte di Beatrice 99
- Son. 18.: Era venuta nella mente mia 100
- SEZIONE SECONDA.
- CONFORTI CHE l' AUT. COMINCIA A TROVARE NELLA
- VISTA D' UNA DONNA GENTILE.
- Cap. 36. Primo incontro colla donna gentile 102
- Son. 19.: Videro gli occhi miei quanta pietate 103
- Cap. 37. L 1 aspetto della donna gentile rende all' aut. la facoltà di
- piangere 104
- Son. 20. : Color d' amore, e di pietà sembianti 104
- . 38. L' aut. si riprende del troppo diletto eh' ei trova a riguardar
- la donna gentile 105
- Son. 21. : V amaro lagrimar che voi faceste 107
- Cap. 39. Battaglia del cuore coir anima 108
- Son. 22. Gentil pensiero , che parla di tui 110
- Digitized by VjOOglC
- XLIV TAVOLA DELLA VITA NUOVA.
- SEZIONE TERZA.
- L' AUT. RITORNA AL SOLO CULTO DELLA MEMORIA DI
- BEATRICE.
- Pag..
- Cap. 40. Sesta visione. L' aut. bì pente della sua incostanza . . . Ili
- Son. 23.: Lasso! per /orsa de' molti sospiri ' 113
- Cap. 41. Passaggio di peregrini che vanno a vedere il santo Sudario 114
- Son. 24.: Deh! peregrini c?ie pensosi andate 116
- Cap. 42. Settima visione che mostra all' aut. la sua donna onorata
- nell'Empireo 117
- Son. 25.: Oltre la spera che più larga gira 119
- Cap. 43. Conclusione: Ultima visione, che 1' aut. si propone di
- manifestare in altra opera più degna di Beatrice 120
- Digitized by VjOOglC
- INDICE ALFABETICO DELLE POESIE CONTENUTE NELLA
- VITA NUOVA.
- Pag.
- A ciascun' alma presa e gentil core (Son. 1.) 9
- Amore e '1 cor gentil sono una cosa ( Son. 10.) 53
- Ballata , io vo' che tu ritrovi Amore (Ballata) 26
- Cavalcando 1' altr' ier per un cammino (Son. 5.) 19
- Ciò che m' incontra, nella mente more (Son. 8.) 37
- Coli' altre donne mia vista gabbate (Son. 7.) 31
- Color d' amore, e di pietà sembianti (Son. '20.) 104
- Deh peregrini,' che pensosi andate (Son. 24.) 116
- Donna pietosa e di novella etate (Canzone 2.) 60
- Donne, ch'avete intelletto d'amore (Canz. 1.) 45
- Era venuta nella mente mia (Son. is.) 100
- Gentil pensiero, che parla di vui (Son. 22.) 110
- Gli occhi dolenti per pietà del core (Canz. 3.) 91
- Io mi sentii svegliar dentro allo core (Son. 14.) 73
- L' amaro lagrimar che voi faceste (Son. 21.) 107
- Lasso! per forza de' molti sospiri (Son. 23.) 117
- Morte villana , di pietà nemica (Son. 4.) 16
- Negli occhi porta la mia donna Amore (Son. 11) 55
- Oltre la spera che più larga gira (Son. 25.) 119
- O voi , che per la via d' Amor passate (Son. 2.) 13
- Piangete amanti, poiché piange Amore (Son. 3.) 15
- Quantunque volte , lasso , mi rimembra (Canz. 4.) 98
- Se' tu colui, e' hai trattato sovente (Son. 13) 61
- SI lungamente m' ha tenuto Amore (Frammento di canz.) 84
- Spesse nate vengonmi alla mente (Son. 9.) 40
- Tanto gentile e tanto onesta pare (Son. 15.) .... • 81
- Tutti li miei pensier parlan d' Amore (Son. 6.) : . . . 30
- Vede perfettamente ogni salute (Son. 16.) 82
- Venite a intender li sospiri miei (Son. 17) 96
- Videro gli occhi miei quanta pietate (Son. 19.) ' 103
- Voi che portate la sembianza umile (Son. 12.) 60
- Digitized by VjOOglC
- SPIEGAZIONE DE' SEGNI
- USATI NELLE NOTE CRITICHE.
- I. Per tutta la Vita Nuova.
- A. Codici manoscritti :
- C. — Cod. Corsini (No. 16. del nostro catalogo).
- M. — » del Mezzabarba . 13.).
- Mart. — » Martelli (No. 10.)-
- N. — » Nobili (No; 21.).
- Tr. 1. — » Trivulzio B. (No. 18.)
- Tr. 2. — » Trivulzio F. (No. 19.)
- W. - » di Strasburgo (No. 22.).
- B. Edizioni della V. N.
- S. — Edizione del Sermartelli.
- B. — » » Biscioni.
- Frat. — Edizioni » Fraticelli.
- T. — Edizione » Torri.
- Giul. — Edizioni » Giuliani.
- II. Per le poesie sole.
- A. Codici manoscritti. .
- Laur. — Codice della Biblioteca Laurenziana.
- Magi. — » » Magliabecchiana.
- Mort. — » del conte Mortara.
- PàL — Quinterno della Palatina (No. 3. del nostro catalogo).
- Kedi — Varianti estratte dal cod. di Francesco Bedi.
- Bice. — Cod. d. Bibl. Biccardiana.
- Sanvit. — » Sanvitali di Parma.
- Scap. — Quinterno dell Avv. Scapucci (No. 2. del nostro catalogo).
- Vat. — Cod. d. Bibl. Vaticana.
- W. r. — Il Canzoniere contenuto nel cod. di Strasburgo (No. 1. del
- nostro catalogo).
- Digitized by VjOOglC
- SPIEGAZIONE DE' SEGNI. XLVII
- B. Edizioni.
- Fr. — Prima ediz. del Canzoniere (No. 4. del nostro catalogo).
- G. — Le Rime antiche raccolte dal Giunta (No. 5. ivi).
- Il « v. » aggiunto al segno di un testo indica una variante data come
- tale nel rispettivo codice, oppure nella tale stampa. — In casi occorenti
- si distinguono allora lo testo stesso (per esempio «M. t. ») dalla variante
- («M. v.)>). Se dunque la nota esibisce una lezione col segno «M. t. »
- se ne conchiuda , che la variante data dal codice , va d' accordo colla
- nostra edizione.
- I segni di testi, che senza giunta d' una lezione si trovano in prin-
- cipio di una nota , mostrano che i testi cosi indicati vanno d' accordo
- colla lezione da noi adottata.
- II testo del Biscioni rappresenta la volgata; le stampe più recenti
- non si citano dunque che dove si allontanano dal Biscioni.
- Digitized by VjOOglC
- CORREZIONI.
- Pag. li. Xota alla lin. li'. — I Sonetti 2 e 4 sono e doppi», e non < riuter/.ati».
- » 1.'). Nota crit. alla lin. 24 — Dovrebbe dire: lin. 23. — Nella lin. 24
- il cod. Redi legge: « Che l' udì lam.»
- » 17. lin. .Vi. — Si metta un punto fermo alla fine del verso.
- » 18. Xota crit. alla lin. 60. — In vece di «Cod. Mortara» deve dire
- « Cod. Martelli». — Nella lin. (51 ristesso cod. le^'ue «/«
- di f finita ».
- » 19. Nota crit. alla lin. 12. — Dovrebbe dire: lin. 13.
- « 37. lin. 19. — Si distingua: «(•'//< rhc ni incontra, nella mente mo/v ,>
- » 61. Si aggiunga: Nota crit. alla lin. 73. «Cod. Redi Punto mutar».
- » 61. » » alla Nota crit. lin. 7.">. «Cod. Mortara Che fa ^r..v.»
- » 70. » » » N. cr. lin. 14."». «Cod. Redi Poi mi die.»
- » 101. » » » » » » 12. « Cod. Redi Color di perla »
- » io". » » » » lin 27. «Cod. Redi Per la pietà, siccome».
- Digitized by VjOOglC
- LA VITA NUOVA
- DI
- DANTE ALLIGHIEK1.
- Dante, Opere minori. I.
- Digitized by VjOOglC
- Digitized by VjOOglC
- PROEMIO.
- In quella parte del libro della mia memoria, dinanzi alla
- quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica, la quale
- dice: incipit Vita Nova. Sotto la quale rubrica io trovo
- scritte le parole , le quali è mio intendimento d' assemprare
- in questo libello, e se non tutte, almeno la loro sentenza.
- CAPITOLO i.
- Nove fiate già, appresso al mio nascimento, era tornato
- lo cielo della luce quasi ad un medesimo punto, quanto alla
- sua propria girazione, quando alli miei occhi apparve prima
- ANNOTAZIONE CBITICA.
- 4. N. scritte molte cose e le parole Cap. I.
- S. esemplare — B. assemplare 1. W. già quasi appresso
- CENNI PER L'INTERPRETAZIONE.
- 2. Perchè non sappiamo ricordarci delle cose accadute nella prima
- nostra fanciullezza.
- 4. «assemprare» cioè ritrarre, Inf. XXIV, 4; oppure riunire, mettere
- insieme , come nella Canz. « Quantunque volte » verso 4.
- 5. Anche nel Convivio II, 2 V autore chiama «libello» la presente
- operetta.
- Cap. I.
- 2 II Sole è detto «la gran luce» nel Purg. XXXII, 52: e «la lucerna
- del mondo» nel Par. I, 37. — Esso fu creduto girarsi col suo cielo in
- tempo di un anno intorno alla terra, la quale nel sistema del medio evo
- formava il centro dell' universo.
- 3. Come gli altri Pianeti, anche il Sole ha una girazione che non è sua
- propria, ma communicatagli dal Cielo Cristallino, ossia primo mobile.
- Par. XXVII, 106.
- 1*
- Digitized by VjOOglC
- 4 Vita nuova. Cap. 1.
- la gloriosa donna della mia mente, la quale fu chiamata da
- 5 molti Beatrice, i quali non sapeano che si chiamare.
- Ella era già in questa vita stata tanto, che nel suo tempo lo
- cielo stellato era mosso verso la parte d' oriente delle dodici
- parti 1' una d' un grado: sì che quasi dal principio del suo
- anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi alla fine del
- 10 mio nono. Apparvemi vestita d'un nobilissimo colore umile
- ed onesto, sanguigno, cinta ed ornata alla guisa che alla sua
- giovanissima etade si convenia. In quel punto dico vera-
- cemente che lo spirito della vita, lo quale dimora nella
- segretissima camera del core, cominciò a tremare sì forte-
- 4. S. graziosa donna 9. W. — N. dalla/, del mio anno
- 5. W. eh 1 essi chiamare — P. che nono — Gli altri alla fine del mio n. a.
- sì chiamare — Il Boshmkb prò- 10. W. — S. Ed apparvemi — N.Elia
- pone di leggere eh' essi chiamaro. — parvemi. — Frat. Ella apparvemi. —
- Fratic. corresse e quali non sap. che N. -— W. d' uno bellissimo. — Gli
- si chiamare, ma se ne ritrasse. altri di nobilissimo
- 6. M. in questo mondo stata 13. M. dico veramente
- 8. B. del grado 14. W. del cor mio
- 5. Il pensiero dell' aut. potrebb' essere, molti ebe la chiamavano «Bea-
- trice» non sapevano quanto questo nome le fosse proprio ed adatto. Si av-
- verta però che nel Sonetto « Io mi sentii svegliar dentro allo core » il Poeta
- fa dire ad Amore «quella (Beatrice) ha nome Amor si mi somiglia».
- 8. Vuol dire eh' ella avea d' età la dodicesima parte d' un secolo,
- cioè anni otto e un terzo. Convivio II, 6: «Tutto quel cielo si muove,
- seguendo il movimento della stellata spera, da occidente a oriente, in
- cento anni uno grado.» E cap. 15: «lo movimento quasi insensibile che
- (il cielo stellato) fa da occidente in oriente per un grado in cento anni. »
- Ondo se un grado si fa in cento anni , la dodicesima parte d' un grado
- si farà in anni otto e un terzo.
- 10. Poiché Dante era nato nei 1265, al dire del Boccaccio nel mene
- di Maggio, e poiché aveva nove anni quand' egli la prima volta s'incontrò
- in Beatrice, perciò il fatto qui accennato accadde nel maggio 1274. Non
- indegna di fede sembra dunque la narrazione del Certaldese, che questo
- primo incontro abbia avuto luogo nella festiva ricorrenza del giorno primo
- di Maggio. In un suo Sonetto indirizzato a M. Gino 1» aut. dice: «Io sono
- stato con Amore insieme Dalla circolazion del Sol mia nona», e nel Pur-
- gat. XXX. 41 : « L' alta virtù, che già m'avea trafitto Prima eh' io Juor di
- puerizia fosse.»
- 11. Versola fine di questa operetta nel capo 40. V aut. dice: «mi
- parea vedere questa gloriosa Beatrice con quelle vestimenta sanguigne,
- colle quali apparve prima agli occhi miei», e nel Purg. XXX. 33: «Vestita
- di color di fiamma viva.»
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 1. 5
- mente, che apparia ne' menomi polsi orribilmente; e tremando 15
- disse queste parole: Ecce Deus fortior me, qui veniens do-
- mi nabi tur mihi.
- In quel punto lo spirito animale, il quale dimora
- nelP alta camera , nella quale tutti li spiriti sensitivi portano
- . le loro percezioni , si cominciò a maravigliare molto , e par- 20
- landò spezialmente agli spiriti del viso, disse queste parole:
- Apparuit jam beatitudo vestra.
- In quel punto lo spirito naturale, il quale dimora in
- quella parte, ove si ministra lo nutrimento nostro, cominciò
- a piangere, e piangendo disse queste parole: Heu miseri quia 25
- frequenter impeditus ero deinceps. D' allora innanzi dico
- eh' Amore signoreggiò V anima mia, la quale fu sì tosto a lui
- disposata, e cominciò a prendere sopra me tanta sicurtade e
- tanta signoria, per la virtù che gli dava la mia imaginazione,
- che mi convenia fare tutti i suoi piaceri compiutamente. 30
- Egli mi comandava molte volte che io cercassi per vedere
- quest' Angiola giovanissima : ond' io nella mia puerizia molte
- fiate l'andai cercando; e vedeala di sì nobili e laudabili por-
- 16. W. tremando dissi prima lezione, perchè anche nel' XI.
- 18. S. fortior me, veniens capo si dice «Andate a onorare la
- 19. M. S. nella camera donna vostra».
- 20. W. le loro petitioni — N. le loro 25. W. qui frequenter
- protesionì 26. N. Da ind 1 inanii
- 21. Fr. ed altri allo spirito; ma vi 30. M. W. — Gli altri comp. tutti
- si oppongono i testi a penna, e '1 i suoi piac.
- passo parallelo del capo XI. 31. C. N. molte fiate
- 22. Tr. 1. C. N. W. e M. — Gli 33. W. e trovatola
- altri : beatitudo nostra. Preferisco la M. di sì nuovi e land.
- 15. Vedi Purg. XXX, 34: e la sesta Canzone di Dante «E' m' incresce
- di me sì malamente» Str. 5. «Lo giorno che costei nel mondo venne,
- Secondo che si trova Nel libro della mente che vien meno, La mia per-
- sona parvola sostenne Una passion nuova, Tal ch'io rimasi di paura
- pieno; Ch'a tutte mie virtù fu posto un freno Subitamente, si ch'io caddi
- in terra, Per una voce che nel cor percosse. E, se '1 libro non erra, Lo
- spirito maggior tremò si forte, Che parve ben che morte Per lui in questo
- mondo giunta fosse. »
- 19. Contrappone allo spirito della vita, che sta nel cuore, lo spirito ani-
- male, cioè V anima, che dimora nell' alta camera, vale a dire nel cervello.
- 24. Lo spirito vocale.
- 32. Vedi qui sotto cap. 35: «ricordandomi di lei, disegnava un Angelo
- sopra certe tavolette», e nella Canz. «Voi che, intendendo»: « un' Angiola
- che in cielo è coronata».
- Digitized by VjOOglC
- 6 Vita nuova. Cap. 1. 2.
- tamenti, che certo di lei si potea dire quella parola del poeta
- 35 Omero: «Ella non pareva figliuola d'uomo mortale, ma di
- Dio.» Ed avvegna che la sua immagine, la quale continua-
- mente meco stava, fosse baldanza d' Amore a signoreggiarmi,
- tuttavia era di sì nobile virtù, che nulla volta sofferse, che
- Amore mi reggesse senza il fedele consiglio della ragione in
- 40 quelle cose là dove cotal consiglio fosse utile a udire. E
- perocché soprastare alle passioni ed atti di tanta gioventudine
- pare alcuno parlare fabuloso, mi partirò da esse; e trapas-
- sando molte cose, le quali si potrebbero trarre dall' esemplo
- onde nascono queste, verrò a quelle parole, le quali sono
- 45 scritte nella mia memoria sotto maggiori paragrafi.
- CAPITOLO II.
- Poiché furono passati tanti dì, che appunto erano com-
- piuti li nove anni appresso 1' apparimento soprascritto di que-
- sta gentilissima, nell'ultimo di questi dì avvenne, che questa
- mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo,
- 5 in mezzo di due gentili donne, le quali erano di più lunga
- etade; e passando per una via, volse gli occhi verso quella
- parte ov' io era molto pauroso; e per la sua ineffabile cor-
- tesia, la quale è oggi meritata nel grande secolo, mi salutò
- 35. N. non par. fatta d' uomo mori. 41. W. perciò che
- ma da D. N. le passioni
- 39. N. Tr. i. nobilissima virtù 42 « Tr ' L *> arrà alc ' *"«'
- Tr. 1. che neuna ora Cap. II.
- 40. N. W. là ove tal — M. dove tal — 8. C. N. nelV altro secolo
- B. ove tal Tr. 1. salutò molto virtuos.
- 35. Iliade XXIV, 259. Verso relativo a Ettore, e riportato da Aristotele
- nell'Etica Nicom. VII, 1. e nell' Etica Eudem. VI, 1.
- 39. Nel Purgat. XXX. 133. dice Beatrice : «Meco il menava in dritta
- parte volto.»
- 43. Purg. XXX, 67: «Come pittor che con esemplo pinga Disegnerei
- com' io m' addormentai ».
- Cap. H.
- 5. Parad. XIX, 132.
- 8. «meritata» per rimeritata, rimunerata, premiata. In un Sonetto
- attribuito a Dante si dice «Lo re che morta i suoi servi.»
- «nel grande secolo». Inf. II. 14. «secolo immortale».
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 2. 3. 7
- virtuosamente tanto, che mi parve allora vedere tutti i termini
- della beatitudine. IO
- L' ora, che lo suo dolcissimo salutare mi giunse, era ferma-
- mente nona di quel giorno: e perocché quella fu la prima
- volta che le sue parole si mossero per venire a' miei orecchi,
- presi tanta dolcezza, che come inebbriato mi partii dalle genti,
- -e ricorsi al solingo luogo d'una mia camera, e posimi a pen- 15
- -sare di questa cortesissima.
- CAPITOLO III.
- E pensando di lei, mi sopraggiunse un soave sonno, nel
- •quale m' apparve una maravigliosa visione : che mi parea ve-
- dere nella mia camera una nebula di colore di fuoco, dentro
- -dalla quale io discernea una figura d 1 uno Signore, di pauroso
- aspetto a chi lo guardasse. E pareami con tanta letizia, 5
- ^quanto a sé, che mirabil cosa era: e nelle sue parole dicea
- molte cose, le quali io non intendea se non poche, tra le
- quali io intendea queste: Ego domintts tuus. 'Nelle sue
- braccia mi parea vedere una persona dormire nuda, salvo
- ^che involta mi parea in un drappo sanguigno leggiermente; 10
- •la quale io riguardando molto intentivamente, conobbi eh' era
- la donna delle salute, la quale m* avea lo giorno dinanzi
- degnato di salutare. E nelP una delle mani mi parea che
- 9. M. eh* egli mi parve N. nella quale — C. dentro alla qu.
- 10. S. della felicità M. disc, la figura
- 13. W. si volsero per venire — 5. C. N. a chi la guardasse —
- "N. vennero S. a chVl guardava
- 14. M. W. — N. dalle genti. Ri- 10. N. dr. sangu. Leggiermente
- — C. dalle g. E ricorso conobbi eh' era
- 15. M. — W. cam. posimi — P. 12. W. — Gli altri della salute —
- -cam.. e posemi II Boehmeiì corregge dello saluto ;
- ma gli esempi riportati dal Nan-
- Cap. III. nuoci (Teorica de' nomi p. 13. in
- 2. M. mirabile vis. nota) mi fanno preferir la lezione
- 3. Tr. 1. una nuvola del mio cod. — S. della quiete
- 4. M. — W. dentro la quale ~ 13. N. degnato salutare
- 9. Parad. XV, 35: «Pensai cogU occhi miei toccar lo fondo Bella mia
- (grazia b del mio Paradiso.»
- Cap. II.
- 4. «paurosa» per terribile. Inf. II, 90. — Questo Signore era Amore.
- Digitized by VjOOglC
- 8 Vita nuova. Cap. 3. (Son. 1.)
- questi tenesse una cosa, la quale ardesse tutta; e pareami
- 15 che mi dicesse queste parole: Vide cor tuum. E quando»
- egli era stato alquanto, pareami che disvegliasse questa che
- dormì a; e tanto si sforzava per suo ingegno, che le facea
- mangiare quella cosa che in mano gli ardeva, la quale ella
- mangiava dubitosamente. Appresso ciò, poco dimorava che
- 20 la sua letizia si convertìa in amarissimo pianto: e così pian-
- gendo si ricogliea questa donna nelle sue braccia, e con essa
- mi parea che se ne gisse verso il cielo , ond 7 io sostenea si
- grande angoscia, che lo mio deboletto sonno non potè so-
- stenere, anzi si ruppe, e fui disvegliato. Ed immantinente
- 25 cominciai a pensare; e trovai che Fora, nella quale m' era
- questa visione apparita, era stata la quarta della notte : sì che
- appare manifestamente , eh' ella fu la prima ora delle nove-
- ultime ore della notte.
- E pensando io a ciò che m' era apparito, proposi di farlo»
- SO sentire a molti, i quali erano famosi trovatori in quel tempo;
- e conciofossecosach , io avessi già veduto per me mede-
- simo T arte del dire parole per rima, proposi di fare un
- sonetto, nel quale io salutassi tutti i fedeli d 1 Amore, e
- pregandoli che giudicassero la mia visione, scrissi loro ciò-
- 35 eh' io avea nel mio sonno veduto; e cominciai allora questo»
- sonetto :
- 15. N. pareami eh' egli die. 25. N. che V ora, che m* era
- 17. M. con suo ing. — Nel cod. 28. M. della notte. Pensando
- N. mancano le parole per suo in- 34. W. scrivessi loro
- gegno. 35. Tr. 1. nel mio sogno
- 23. C. N. non mi potè sostenere —
- M. non sosteneva
- 16. L' allegoria del cuore mangiato dalla donna amata non ò rara ap-
- presso i poeti del medio evo.
- 17. «dubitosamente» per paurosamente. Vedi il seguente Sonetto : «Lei
- paventosa umilmente pascea.» e la Cuna, del cap. 23. Str. 4. v. 1. Inf.
- XXXIII, 45. «E per suo sogno ciascun dubitava.»
- 30. Gli antichi usano «trovare» e «dettare». per compor versi. Nan-
- succi, Voci ital. deriv. d. lingua provenz. p. 137.
- 31. Cioè senza l' altrui ammaestramento. — «Dire per rima in volgare
- tanto è quanto dire perversi in latino, secondo alcuna proporzione.» Vita
- nuova 25.
- Digitized by VjOOglC
- • '-■'; " Vita nuova. Cap. 3. 9
- SONETTO PRIMO.
- A ciascun' alma presa, e gentil core,
- Nel cui cospetto viene il dir presente,
- A ciò che mi riscrivan suo parvente, -40
- Salute in lor signor", cioè Amore. ...
- Già eran quasi eh* atterzate P ore
- Del tempo che ogni stella è più lucente,
- Quando m' apparve Amor subitamente ,
- Cui essenza membrar mi dà orrore.
- Allegro mi sembrava Amor, tenendo 45
- Mio core in mano, e nelle braccia avea
- * Madonna, involta in un drappo, dormendo.
- Poi la svegliava, e d' esto core ardendo
- Lei paventosa umilmente pascea:
- Appresso gir ne lo vedea piangendo. . 50
- Questo sonetto si divide in due parti: che nella prima
- parte saluto, e domando risponsione; nella seconda significo
- a che si dee rispondere. La seconda parte comincia quivi:
- Già eran.
- 39. Laur. e Magi, (citati dal Torri)— 47. W. in m. Una donna. — N
- Gli altri In ciò che Donna
- W. che mi riscriva 49. N. e W. in m. La paventosa
- 40. W. in marg. Saluto 50. M. N. gir lo ne
- 41. Tr. 1. quasi che a terza
- 42. G. v. è nel lucente — Tr. 1. è 51. B. due parti: nella
- rilucente — N. n' è lucente 52. Tr. 1. e nella seconda
- 37. Gli antichi non solamente dissero preso d' amore , ma giunsero
- per ellissi a dire solamente preso in significazione d' innamorato.
- 39. «suo parvente», il loro parere.
- 41. Le prime quattro ore formano il terzo della notte, l'atterzano.
- 42. Cioè della notte.
- 44. «Cui essenza», l'essenza del quale.
- 47. «dormendo» per dormente, che dormiva essendo involta in un drappo.
- 48. «ardendo» per ardente.
- 49. «Lei paventosa», che avea ribrezzo di mangiar il cuore.
- 53. Fra gli altri poeti, i quali Borissero a Dante il loro parere intorno *
- questa sua visione , fu 1' uno Cino da Pistoia col sonetto Naturalmente
- chere ogni amadore , ed un altro Dante da Maiano con quello Di ciò che
- stato sei dimandatore.
- Digitized by VjOOglC
- 10 Vita nuova. Cap. 3. 4.
- éò A questo sonetto fu risposto da molti e di diverse sen-
- tenze, tra li quali fu risponditore quegli, cui io chiamo
- primo de' miei amici ; e disse allora un sonetto lo quale
- comincia :
- Vedesti al mio parere ogni valore.
- «60 E questo fu quasi il principio deir amistà tra lui e me,
- quando egli seppe eh' io era quegli che gli avea ciò mandato.
- « Lo verace giudizio del detto sogno non fu veduto allora
- per alcuno, ma ora è manifesto alli più sempiici.
- CAPITOLO IV.
- Da questa visione innanzi cominciò il mio spirito naturale
- ad essere impedito nella sua operazione , perocché 1' anima
- era tutta data nel pensare di questa gentilissima; ond' io di-
- venni in picciolo tempo poi di sì frale e debole condizione,
- £ che a molti amici pesava della mia vista: e molti pieni d'in-
- vidia già si procacciavano di sapere di me quello eh' io vo-
- leva del tutto celare ad altrui. Ed io accorgendomi del mal-
- vagio domandare che mi faceano, per la volontà d'Amore, il
- quale mi comandava secondo il consiglio della ragione, rispon-
- 10 dea loro, che Amore era quegli che così m' avea governato:
- dicea d' Amore, perocché io portava nel viso tante delle sue
- 55. W. per molti
- 56. W. — N. M. che io chiamo Cap - iv -
- 61. N. quanjJo seppe 4. C. picc. spazio
- N. che ciò atea mandato 6. N. d' ine. si procace.
- 62. N. del detto segno. — S. del d. 7. M. W. ad altri
- onetto 10. M. W. w*' aveva così gover-
- 63. C. N. manifestissimo ai semplici nato
- 55. Questi, che Dante chiama primo de' suoi amici, è Guido Cavalcanti,
- -del quale l'aut. ritorna a parlare nel cap. 24.
- 59. La vera interpretazione, il vero senso.
- Cap. IV.
- • 1. Vedi sopra cap. 1. « frequentar impeditus ero deinctpt.»
- 5. Del mio aspetto.
- 6. „invidia", per malignità.
- 10. «governato», cioè concio, fatto di me un tal governo. Purg. XXIII. 35.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 4. 5. 11
- insegne, che questo non si potea ricoprire. E quando mi do-
- mandavano : Per cui t' ha così distrutto questo Amore ? ed
- io sorridendo li guardava, e nulla dicea loro.
- capitolo v. \
- Un giorno avvenne, che questa gentilissima sedea in parte,
- ove s' udiano parole della Kegina della gloria , ed io era in
- luogo, dal quale vedea la mia beatitudine: e nel mezzo di
- lei e di me, per la retta linea, sedea una gentile donna di
- molto piacevole aspetto, la quale mi mirava spesse volte, 5
- maravigliandosi del mio sguardare, che parea che sopra lei
- terminasse ; onde molti s' accorsero del suo mirare. Ed in
- tanto vi fu posto mente, che, partendomi da questo luogo,
- mi sentii dire appresso: Vedi come la cotale donna distrugge
- la persona di costui. E nominandola, intesi che diceano di IO
- colei, che in mezzo era stata nella linea retta che movea dalla
- gentilissima Beatrice, e terminava negli occhi miei. Allora
- mi confortai molto, assicurandomi che il mio segreto non era
- comunicato, lo giorno, altrui per mia vista.
- Ed immantinente pensai di fare di questa gentile donna 15
- schermo della veritade, e tanto ne mostrai in poco di tempo,
- «che il mio segreto fu creduto sapere dalle più persone che
- 13. C. N. W. — Altri disfatto; ma 9. C. N. appresso a me— M. dritto
- nel cap. sega, si dice: „Vedi come a me (Vedi cap. 7. lin. 21.)
- cotale donna distrugge la persona N. — W. vedi la cotal d. —
- -di costui". M. vedi come questa coi. d. — Altri
- 14. N. sorrid. guardava — Tr. 1. come cot. d.
- *t ridendo li gu. 11. M. che mezza era st. — Tr. 1.
- ch'era stata nel mezzo
- Cap. V. Tr. 1. della dritta linea la quale.
- 6. "W. del mio guardare — C. N. 13. N. mi raccon/ortai
- del m. riguardare 17. C. fu saputo dalle
- 8. M. partendomi di questo W. dalla più gente
- Cap. V.
- 2. Vita n. cap. 29. «quella Regina benedetta, Maria, lo cui nome fu in
- -grandissima riverenza nelle parole di questa Beatrice beata.»
- 14. (do giorno», cioè quello giorno, ilio die. — «mia vista», il mio
- sguardare mentovato di sopra.
- 16. Di farmene difesa per celare la mia volontà, il mio tanto amore
- per Beatrice. — Tali o difese» ricorrono assai di spesso nelle poesie del
- medio evo. Balbo , Vita di Dante cap. 3. p. 68 della prima edis.
- Digitized by VjOOglC
- 12 Vita Nuova. Cap. 5. 6.
- di me ragionavano. Con questa donna mi celai alquanti mesi
- ed anni; e per più fare credente altrui, feci per lei certe
- 20 cosette per rima, le quali non è mio intendimento di scrivere
- qui, se non in quanto facessero a trattare di quella gentilis-
- sima Beatrice; e però le lascerò tutte, salvo che alcuna cosa
- ne scriverò, che pare che sia lode di lei.
- capitolo vi.
- Dico che in questo tempo, che questa donna era schermo
- di tanto amore, quanto dalla mia parte, mi venne una vo-
- lontà di voler ricordare il nome di quella gentilissima, ed
- accompagnarlo di molti nomi di donne, e specialmente del
- 5 nome di questa gentildonna. E presi i nomi di sessanta le
- più belle donne della cittade ove la mia donna fu posta
- dall' altissimo Sire, composi una epistola sotto forma di
- serventese , la quale io non iscriverò : e non n' avrei fatto
- menzione se non per dire quello che, componendola', mara-
- 10 vigliosamente addivenne, cioè che in alcuno altro numero non
- sofferse il nome della mia donna stare, s«f non in sul nove,
- tra' nomi di queste donne.
- 21. M. in guanto facesse 6. N. W. — Gli altri le più belle
- 22. Tr. 1. salvo ale. cosa ne — S. della
- talco che ale. ne — B. se non che 7. N. altiss. Signore
- ale. ne W* — Gli altri e composi,
- 23. M. scriverò, che sia Tr. 1. 2. sotto modo di servent. —
- Cap. VI.
- M. in modo di servent.
- 9. B. se non per quello
- 3. W. volontà di ricordare — M. m. che ponendola
- Tr. 2. voi. di voler dir lu M . C . in sul nono
- 4. B. e specialm. di questa
- 5. N. e W. in marg. i nomi di
- quaranta
- 20. uin quanto facessero a, cioò in quanto a ciò servissero.
- Cap. VI.
- 6. Firenze, vedi Vita n. e. 41.
- 7. «altissimo Sire», vedi Inf. XXIX, 56.
- 8. «Serventesi» dicevano i Provenzali i componimenti che non erano>
- di amore, ma di oggetti più gravi, come di divozione, di affari di Stato,
- oppure che inveivano contra i soprusi del tempo.» (Galvani, Poesia de'
- Trovatori.) — Potrebbe darsi che le terze rime pubblicate dal Makki, Ist.
- del Decam. 143, 44, fossero un frammento di questo serventese. Vedi la
- nota al cap. 24. lin. 12.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 7. (Son. 2.) 13
- CAPITOLO VII.
- La donna, con la quale io avea tanto tempo celata la mia
- volontà, convenne che si partisse della sopradetta cittade, e
- andasse in paese molto lontano: per che io, quasi sbigottito
- della bella difesa che mi era venuta meno, assai me ne
- disconfortai più che io medesimo non avrei creduto dinanzi. 5
- E pensando che, se della sua partita io non parlassi alquanto
- dolorosamente, le persone sarebbero accorte più tosto del mio
- nascondere, proposi di farne alcuna lamentanza in un sonetto,
- il quale io scriverò, perciocché la mia donna fu immediata
- cagione di certe parole, che nel sonetto sono, siccome appare 10
- a chi lo intende: e allora dissi questo sonetto:
- SONETTO SECONDO.
- voi, che per la via d'Amor passate,
- Attendete, e guardate
- S* egli è dolore alcun, quanto il mio, grave:
- E prego sol, eh' udir mi sofferiate ;-
- E poi immaginate 15
- S' io son d' ogni tormento ostello e chiave.
- Amor, non già per mia poca bontate,
- Ma per sua nobiltate,
- Cap. VII. 9. n. io scrivo
- 1. N. 10 avea celiato — W. io N. Tr. 1. acciocché
- avea qu. donna ta/ito tempo celata
- 3. B. in paese lontano 15. B. eh' a udirmi soffriate— Cod.
- 5. M. me ne sconfortai Scap. che
odir mi soffr.
- 8. M. proposi adunque di far 17. Bice. 1054 e S. d'ogni dolore ost.
- 7. «Sarebbero», tralasciata la particella si, come di frequente s* incon-
- tra negli antichi.
- 12. «Gli antichi chiamano sonetti «rinterzati» i componimenti che hanno
- quattordici Tersi condotti a legge di sonetto, se vi sono intarsiati doi versi
- eptasillabi, due in ciascuna quartina, ed uno in oiascun terzetto, che rimano
- colle desinenze dei versi del sonetto semplice.» (Ubaldiki tavola v. «Sonet-
- to». Basi, Annotaz. al Bacco in Toso. Opp. III. 153. Cbxscimbxni,
- Volg. poesia I. 17.) Erronea è dunque l'opinione dei non pochi, che
- invece di Sonetto chiamano questo componimento «Ballata», ovvero «Can-
- zonetta». — Quei che «passano per la via d' Amore » sono i suoi fedeli.
- 17. Nel Purg. VI. 76. 1' aut. dice «Italia, di dolore ostello».
- 18. Per mio merito, che ò poco e scarso.
- Digitized by VjOOglC
- 14 Vita nuova. Cap. 7. 8.
- 20 -Mi pose in vita sì dolce e soave,
- Ch' io mi sentia dir dietro spesse fiate :
- Deh! per qual dignitate
- Così leggiadro questi lo cor bave!
- Ora ho perduta tutta mia baldanza,
- 25 Che si movea d* amoroso tesoro ;
- Ond' io pover dimoro
- In guisa, che di dir mi vien dottanza.
- Sicché, volendo far come coloro,
- Che per vergogna celan lor mancanza,
- 30 Di fuor mostro allegranza,
- E dentro dallo cor mi struggo e ploro.
- Questo sonetto ha due parti principali: che nella prima
- intendo chiamare i fedeli d' Amore per quelle parole di Ge-
- remia profeta: vos omnes, qui transitis per viam, attendile
- 35 et videte, si est dolor sicut dolor meus, e pregare che mi
- soffermo d' udire. Nella seconda narro là ove Amore m' avea
- posto, con altro intendimento che V estreme parti del sonetto
- non mostrano: e dico ciò che io ho perduto. La seconda
- parte comincia quivi: Amor non già.
- CAPITOLO Vili.
- Appresso il partire di questa gentildonna, fu piacere dei
- Signore degli angeli di chiamare alla sua gloria una donna
- giovane e di gentile aspetto molto, la quale fu assai graziosa
- 21. Pai. e P. assai fiate. — Cod. 31. N. mi stringo e ploro — Cod.
- Redi mille fiate Mort. E dentro al core mi distruggo
- 22. C.Scap. e G. var. Dio per qu. dign. e pi.
- 27. Cod. Mortara. In guisa tal che
- dir 36. N. che mi sofferissero
- 28. C. Scap. Ma io volendo 83. W. e di ciò che io ho ciò penU
- 23. «leggiadro») cioè gentile, fatto perciò all'amore.
- 26. « pover dimoro », rimango misero, mi sto disconfortando.
- 27. «dottanza», da t dubitanza», equivale a timore.
- 33. Lamentaz. di Geremia 1. v. 12.
- Cap. VHI.
- 2. Nel Parad. X. 53. l' aut. chiama Iddio «il Sole degli Angeli».
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 8. (Son. 3.) " 15
- in questa sopradetta cittade; lo cui corpo io vidi giacere
- senza l'anima in mezzo di molte donne, le quali piange- &
- vano assai pietosamente. Allora, ricordandomi che già V avea
- veduta fare compagnia a quella gentilissima, non potei soste-
- nere alquante lagrime; anzi piangendo mi proposi di dire al-
- quante parole della sua morte in guiderdone di ciò, che al-
- cuna fiata P avea veduta con la mia donna. E di ciò toccai io
- alcuna cosa nelP ultima parte delle parole che io ne dissi,
- siccome appare manifestamente a chi lo intende: e dissi al-
- lora questi due sonetti, dei quali comincia il primo Piangete
- amanti; il secondo Morte villana.
- SONETTO TERZO.
- Piangete, amanti, poiché, piange Amore, 15-
- Udendo qual cagion lui fa plorare :
- Amor sente a pietà donne chiamare ,
- Mostrando amaro duol per gli occhi fuore; **£** ' (
- Perchè villana morte in gentil core "*"*
- Ha messo il suo crudele adoperare, 20
- Guastando ciò che al mondo è da lodare
- In gentil donna, fuora dell' onore.
- Udite quant'Amor le fece orranga : iL,.*«^
- Ch' io '1 vidi lamentare intarma vera r ^' A .
- Sovra la morta immagine avvenente; 2f>
- Cap. Vili. 12. B. a citi le intende
- A. Tr. 2. graz. nella soprad. città
- 5. S. senza anima 16. W. in m. e '1 e. Redi lui fa pari.
- 6. M. piang. pietosamente 22. M. soora del su' onore — B,
- 8. M. piangendo proposi sovra dello onore. — W. fra le righe
- 9. Il Zatta e le edizioni che lo suora dell' onore, e cosi volle cor-
- seguono hanno nella sua morte reggere il Dionisi (Anedd. V, 24).
- 10. M. alcuna volta 24. C. Redi fece ornama
- 17. Piangendo e dolendosi queste donne eccitano la pietà anche in altrui.
- 20. Morte ha messo in opera la sua crudeltà, che la sua mano è di
- pietà nimica.
- 22. «Fuora dell' onore», che non è soggetto ai colpi della morte (e fuori
- della cortesia), in gentil donna sono da lodarsi al mondo le qualità che si
- enumerano nel sonetto seguente, cioè bellezza e leggiadria.
- 23. Sembra che l'aut. sotto il nome di Amore accenni Beatrice, ve-
- nuta per dolersi della morte di si cara compagna. Vedi cap. 24. — «or-
- ranza» è usitatissima contrazione di onoranza.
- Digitized by VjOOglC
- 16
- Vita nuova. Cap. 8. (Son. 4.)
- 30
- 35
- E riguardava invèr lo ciel sovente,
- Ove 1' alma gentil già locata era,
- Che donna fu di sì gaia sembianza.
- Questo primo sonetto si divide in tre parti. Nella prima
- chiamo e sollecito i fedeli d' Amore a piangere, e dico che
- lo signore loro piange, e dico «udendo la cagione perch' e'
- piange», acciocché si acconcino più ad ascoltarmi; nella se-
- conda narro la cagione, nella terza j parlo d' alcuno onore,
- che Amore fece a questa donna. La seconda parte comincia
- quivi: Amor sente; la terza quivi: Udite,
- 40
- SONETTO QUAKTO.
- Morte villana, di pietà nemica,
- Di dolor madre antica,
- Giudizio incontrastabile, gravoso,
- Poich' hai data materia al cor doglioso ,
- ._- Ond' io vada pensoso ,
- Di te biasmar la lingua s' affatica.
- £ se di grazia ti vuoi far mendica,
- Convenesi eh' io dica
- 26. M. N. E risguardava ver. —
- B. E poi riguarda ver
- 29. B. Questo sonetto ha tre p. —
- Tr. 1. Q«. son. si divide in tre p.
- 30. N. sollec. tutti i fedeli
- 31. Tr. 1. e dico del Signor loro
- che piange. — N. e dico che udendo
- la cagione perch' e' piange, si accon-
- cino. — "W. e di ciò udendo la cag.
- perchè piange acciocché s' acconc. —
- La lezione adottata nel testo sup-
- pone che 1' autore abbia voluto
- render ragione del secondo verso
- del sonetto, rapportandolo con picco-
- lissima variazione.
- 36. G. S. ecc. vili, e di pietà
- M. di pietà amica
- 38. Pai. inconstabile
- 40. W. e G. — Gli altri ond' io vado
- 42. W. in m. ti vuol far mend. —
- Il to' (voglio) e vuo' (vuoi) non si
- distingue con precisione ne* codici.
- La prima di queste lezioni è così
- spiegata dal Dionisi (Anedd. IT,
- 108) : se voglio farti priva d' ogni
- grazia, cioè renderti odiosa e abo-
- minevole, non basta che la mia lin-
- gua s' affatichi a dirti villana , di
- pietà nemica ec, ma bisogna eh' io
- palesi V enorme fallo da te commesso
- col far morire quella donzella, non
- perette la gente non sappia il mis-
- fatto tuo , che ben lo sa, ma perchè
- «' adiri contro di te chiunque da qui
- innansi sarà seguace a" Amore, » Il
- Giuliani, che preferisce la secon-
- da, ne rende il senso in questo mo-
- do: «Dante presuppone che la Morte,
- non ostante i vitupèri contro a lei
- 42. Vedi 1' annotazione critica a questo verso.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 8. 17
- Lo tuo fallir, ogni torto tortoso; 45
- Non però che alla gente sia nascoso, •'
- Ma per farne cruccioso '--^^
- Chi d' Amor per innalzi si nutrica. ke,^ K € t '' xv ~*"'
- Dal secolo hai partita cortesia, *>
- E, ciò che 'n donna è da pregiar, virtute 50
- In gaia gioventute ;
- Distrutta hai P amorosa leggiadria.
- Più non vo' discovrir qual donna siaJk* j « j , x
- Ghe per le proprietà sue conosciute: ' *" K -
- Chi non merta salute, J °°
- Non speri mai d* aver sua compagnia.
- Questo sonetto si divide in quattro parti; nella prima
- chiamo la Morte per certi suoi nomi propri; nella seconda
- parlando a lei , dico la ragione perch' io mi muovo a biasi-
- gittati, voglia ancora mendicar gra- 49. Seguo nell' interpunzione la
- z fa. E però il poeta soggiunge, stampa Pesarese. Gli altri distin-
- •che gli conviene vituperarla, di- guono così: E, ciò che in donna è
- •cendo come il fallo di lei, per aver da pregiar, virtute: In gaia giove n-
- messo la crudele opera in sì gentil tute Distrutta ecc.
- •cuore, sia tortoso t iniquo, sopra ogni 53. M. che le sue proprietà son
- torto, iniquiasimo al maggior segno.» conosciute — W. nel testo Che prò»
- .Adottando questa interpretazione, prietadi sue sian conosc.
- lio preferito di metter col Biscioni
- vuoi, acciocché ogni equivoco resti 56. N. e W. in marg. Qu. son, che
- impossibile. comincia Morte villana si divìde
- 43. Pai. B. Conviensi che io 58. B. parlando di lei
- 45. B. Non perchè alla g. W. e B. dico la cagione
- 46. Per renderne pensoso ogni fedele d'Amore, tanto che non cessi
- -dal rinfacciarti la spietata opera tua.
- 48. Da questo mondo.
- 52. Non occorre eh' io nomini questa donna rapitaci dalla morte. Per
- indicarla bastano le proprietadi sue, testò nominate, che da tutti si
- ■conoscono essere state sue.
- 54. Ai due ultimi versi del sonetto si riferiscono le parole del testo
- a lin. 9. sg.) «alcuna fiata l'avea veduta con la mia donna. E di
- ciò toccai alcuna cosa nell' ultima parte delle parole che io ne dissi,
- siccome appare manifestamente a chi lo intende», e quelle altre della
- Divisione: «nella quarta parte (che comincia quivi: chi non merta salute)
- mi volgo a parlare a indiffìnita persona, avvegnaché quanto al mio in-
- tendimento sia diffinita.»
- 55. «sua compagnia» cioè la compagnia di Beatrice. Si confronti il
- sonetto XVI. a Vede perfettamente ogni salute, Chi la mia donna fra le
- clonne vede.»
- Dante, Opere minori. I. 2
- Digitized by VjOOglC
- 18 Vita nuova. Cap. 9.
- maria; nella terza la vitupero; nella quarta mi volgo a.
- 60 parlare a indiffinita persona, avvegnaché quanto al mio*
- intendimento sia diffinita. La seconda parte comincia quivi :
- Poich* hai data; la terza quivi: E se di grazia; la quarta
- quivi: Chi non merta salute.
- CAPITOLO IX.
- Appresso la morte di questa donna alquanti dì, avvenne
- cosa, per la quale mi convenne partire della sopradetta
- cittade, ed ire verso quelle parti, ov' era la gentil donna
- eh' era stata mia difesa, avvegnaché non tanto lontano fosse
- 5 lo termine del mio andare, quanto ella era. E tuttoché io
- fossi alla compagnia di molti, quanto alla vista, 1' andare
- mi dispiacea sì, che quasi li sospiri non poteano disfogare
- V angoscia che il core sentia, però eh' io mi dilungava
- dalla mia beatitudine. E però lo dolcissimo Signore, il quale
- 10 mi signoreggiava per la virtù della gentilissima donna, nella
- mia immaginazione apparve come peregrino leggermente.
- 59. N. nella quarta mi movo Nel cod. M. mancano le parole al-
- 60. Così col cod. Guicciardini ci- quanti d\
- tato dal Biscioni. — Cod. Mortara 2. N. cosa, che a me convenne
- indi/finiti oa — Gli altri testi'hanno 3. M. andare verso
- , Q.\\ v ad infinita persona 6. N. a compagnia
- s 8. W. perciò c/t' io m* alungJiaccz
- Gap. IX. 9 . W . e poi lo dolc.
- 1. W. Appr. alla morte 10. B. mi signoreggia per virtù
- !
- Cap. IX.
- 2. Abbiamo dal testo che V aut. partiva da Firenze 1. mal suo grado,
- 2. in compagnia di molti, 3. a cavallo, 4. che nel corso del suo viaggio lo
- accompagnavono le acque limpide di un fiume- corrente. Ora sappiamo
- che Dante in Giugno del 1289 andiede a cavallo coli' oste dei Fiorentini
- a combattere in Casentino 1» oste dei Ghibellini di Arezzo. Passando per-
- la Consuma l'armata dei Guelfi doveva lungar l'Arno, chiaro o di coreo
- assai rapido in quella valle superiore, per scendere verso Campaldino
- dove ruppe gli Aretini. Se poi fosse vero che Dante già nella sua gio-
- ventù sia stato propenso al Ghibellinismo, s' intenderebbe benissimo perchè
- l'andare gli sia dispiaciuto tanto. — Se si trattasse della «gita, fatta da
- Dante per istudio a Bologna», come conghietturò il Balbo (Vita di D.
- cap. 3. p. 68), la menzione del fiume chiarissimo, e della compagnia di
- molti sarebbe fuori di luogo.
- aL' altr' ier» non è solamente il giorno che precedette immediatamente
- quello d' ieri , ma in senso più. esteso qualunque altro giorno , passato da
- poco. Purg. XXIII. 119. Salv. Betti, Prose, Mil. 1827. p. 181.
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 9. 19
- vestito, e di vili drappi. Egli mi parca sbigottito, e guar-
- dava la terra, salvo che tale volta mi parea, che li suoi
- occhi si volgessero ad uno fiume bello, corrente e chiarissimo,
- il quale sen già lungo questo cammino là ove io era. nmA 15
- A me parve che Amore mi chiamasse, e dicessemi queste
- parole: Io vengo da quella donna, la quale è stata lunga
- tua difesa, e so che il suo rivenire non sarà; e però quel core
- eh' io ti facea avere da lei, io V ho meco, e portolo a donna
- la quale sarà tua difensione come questa era (e nomollami, 20
- sì eh' io la conobbi bene). Ma tuttavia di queste parole,
- eh' io t'. ho ragionate, se alcuna cosa ne dicessi, dilla in h ^
- modo che per loro non si disccrnesse lo simulato amore che
- hai mostrato a questa, e che ti converrà mostrare ad altrui.
- E, dette queste parole, disparve questa mia immaginazione 25
- tutta subitamente, per la grandissima parte, che mi parve
- eh' Amore mi desse di sé ; e quasi cambiato nella vista mia, / « *
- cavalcai quel giorno pensoso molto, ed accompagnato da
- molti sospiri. Appresso lo giorno cominciai questo sonetto: ' "
- SONETTO QUINTO.
- Cavalcando 1' altr' ier per un cammino , 30
- Pensoso dell' andar, che mi sgradia, <*• \t~ ■
- 11. N. sguardava la terra 20. B. come costei , e noni.
- 12. Cod. Mart. e W. — C. N. W. S. e nominollami
- Tr. 1. talora — S. taV otta 22. N. W, — Tr. 2. se alcuna ne
- TX. W. gli occhi suoi mi parea die. — Frat. se alcune ne die. , dille
- 15. S. il guale seguia "W. — M. N. S. nel modo —
- 19. W. ti facea av. allei Kitiro B. per modo
- la congettura, anni Bono da me prò- 24. N. — 31. Tr. 2. a quesl' altra
- posta, che sia da leggersi avere a — S. ad altri
- lei , conformandomi al parere del 25. M. disparce. Qu. mia im~
- Giuliani, il quale ritrova in queste mag. tutto subit. mi commosse —
- parole il pensiero espresso nell' un- N. disp. tutta questa mia imm. sub.
- decimo verso del sonetto. Sembra 27. S. per la vista mia
- però che questo pensiero richieda 29. S. com. di ciò qu. son.
- un «ti fo», oppure «ti farò» riavere, M. W. (qui ed altrove) qu. son.
- in vece del «ti facea avere». che comincia Cavale, ecc.
- 12. Inf. Vili. 118. «Gli occhi alla terra, e lo ciglia avea rase d' ogni
- baldanza. »
- 21. A giudicare da quel che si riferisce nei capitoli 10—12, il consiglio
- che Amore diede all' autore non sembra essere stato troppo savio.
- 29. Ciò è «il giorno appresso».
- o*
- Digitized by VjOOglC
- 20 Vita nuova. Cap. 9. 10. (Son. 5.)
- Trovai Amor in mezzo della via,
- In abito leggier di peregrino.
- Nella sembianza mi parea meschino J>« /,
- 35 ~ Come avesse perduto signoria;
- E sospirando pensoso venia,
- Per non veder la gente, a capo chino.
- Quando mi vide, mi chiamò per nome,
- E disse: Io vegno di lontana parte,
- 40 Ov' era lo tuo cor per mio volere, , j
- E recolo a servir nuovo piacere. v u^'^^. ^ **' '
- Allora presi di lui sì gran parte, ^
- Ch' egli*clisparve, e non m'accorsi come, v- ' - -
- Questo sonetto ha tre parti : nella prima parte dico siccome
- 45 io trovai Amore, e qual mi parea; nella seconda dico quello
- eh' egli mi disse , avvegnaché non compiutamente , per tema t
- eh' io avea di non iscovrire lo mio segreto ; nella terza dico
- com' egli mi disparve. La seconda comincia quivi: quando
- mi vide-, la terza quivi: Allora x^esi.
- capitolo x.
- Appresso la mia tornata, mi misi a cercare di questa
- donna, che lo mio signore m' avea nominata nel cammino
- 32. Scap. G. S. Am. nel mezzo 47. Mart. e W. di scovrire^ lezione
- 42. C. N. presi da lui — Il che , quantunque priva della nega*
- Fratic. vorrebbe leggere: persi di zione, non altera il senso.
- lui sì gran parte, cioè, lo persi di 48. B. corri' egli mi dispone
- vista.
- 43. B. eh' egli disparse Cap « X.
- 1. Tr. 2. — Gli altri ritornata
- 34. «Meschino» è il contrario di «signore», dunque, come lo spiega
- il verso seguente, chi ha perduto signoria.
- 41. Fraticelli e Giuliani spiegano: lo porto ad altra donna (nuovo
- piacere), la quale sarà tua difensione, come questa era.
- 42. Nel testo prosaico Amore è l'agente («mi parve eh' Amore mi
- desse»); qui invece 1' aut. («presi di lui»).
- Cap. X.
- 2. « Il cammino de' sospiri» , ov' egli incontrò Amore che a sospirando
- pensoso venia».
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 10. 11. 21
- de' sospiri. Ed acciocché il mio parlare sia più breve, dico /: '
- che in poco tempo la feci mia difesa tanto, che troppa gente
- ne ragionava oltre alli termini della cortesia; onde molte 5
- fiate mi pesava duramente. E per questa cagione (cioè di
- questa soverchievole voce, che parea che m' infamasse viziosa-
- mente) quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti
- i vizii e regina delle virtù, passando per alcuna parte mi
- negò il suo dolcissimo salutare, nel quale stava tutta la mia IO
- beatitudine. Ed uscendo alquanto del proposito presente,
- voglio dare ad intendere quello che il suo salutare in me
- virtuosamente operava.
- CAPITOLO XI.
- Dico che quando ella apparia da parte alcuna, per la
- speranza dell' ammirabile salute nullo nemico mi rimanea,
- anzi mi giungea una fiamma di caritade, la quale mi facea
- perdonare a chiunque m' avesse offeso : e chi allora m' avesse
- domandato di cosa alcuna, la mia risponsione sarebbe stata 5
- solamente, Amore y con viso vestito d' umiltà. E quando ella
- fosse alquanto propinqua al salutare, uno spirito d' Amore,
- distruggendo tutti gli altri spiriti sensitivi, pingea fuori i
- deboletti spiriti del viso, e dicea loro: «Andate ad onorare
- la donna vostra;» ed egli si rimanea nel loco loro. E chi 10
- 5. B. oltre a' termini V annotaz. crit. al cap. 3. (Un. 12)
- 8. di cortesia 8. mir. dolcezza nullo.
- 6. C. N. cioè per questa 4. G. N. qualunque m' avesse
- 7. W. che pare 5. B. addimandato
- N. m* infiammasse M. Tr. 2. la mia risposta
- 8. W. questa gentiliss. donna 7. S. fusse al manco
- 9. C. N. per alcune parti M. prossimana al sai. «Prossi-
- 11. S. tutta la mia quiete mana» vale piuttosto: congiunta
- di sangue (Lod. Pizzo). Vedi però
- n APj xi. *1 cap * ^T^" : «Amor veggendosi in
- tanta propinquità alla gentilissima
- 2. M. N. W. della mirabile: Vedi donna».
- Cap. XI.
- 2—4. Nella Canz. del cap. 19. 1' aut. dice: «Quando trova alcun che
- degno sia Di veder lei ... . si 1' umilia, che ogni offesa obblia».
- 9. «gli spiriti degli occhi miei» Convivio II. 2.
- Digitized by VjOOglC
- .J *
- 22 Vita nuova. Cap. 11. 12.
- avesse voluto conoscere Amore, far lo potea mirando lo
- tremore degli occhi miei. E quando questa gentilissima
- donna salutava, non che Amore fosse tal mezzo che potesse
- obumbrare a me la intollerabile beatitudine, ma egli quasi
- 15 per soperchio di dolcezza divenia tale, che lo mio corpo, lo
- quale era tutto allora sotto il suo reggimento, molte volte
- si movea come cosa grave inanimata. Sicché appare mani-
- festamente che nelle sue salute abitava la mia beatitudine, la
- quale molte volte passava e redundava la mia capacitade.
- CAPITOLO XII.
- Ora, tornando al proposito, dico che, poiché la mia beati-
- tudine mi fu negata, mi giunse tanto dolore, che partitomi
- dalle genti, in solinga parte andai a bagnare la terra
- d' amarissime lagrime: e poiché alquanto mi fu sollevato
- questo lagrimare, misimi nella mia camera là ove potea
- lamentarmi senza essere udito. E quivi chiamando miseri-
- cordia alla donna della cortesia, e dicendo: «Amore, aiuta
- Cap. XII.
- 12. W. S. il tremare 19. S. la mia quiete
- 13. W. B. — N. S. gent. donna
- salutava
- 14. S. intoll. chiarezza
- 16. B. era tutto sotto 1. S. la mia allegrezza
- 17. S. cosa greve 3. N. dalla gente
- B. grave ed inanim. 4. C. N. alquanto fu
- 18. "W. B. — C. N. S. P. nella sua 6. C. N. lamentare senza
- salute. Vedi sopra cap. 3. lin." 12.
- 13. Si potrebbe supporre che , gli spiriti visivi essendo pinti fuori , ed
- Amore rimasto nel loco loro, 1' autore non abbia potuto sentire la beati-
- tudine del saluto della sua donna, ma tutto '1 contrario ne avveniva.
- 19. «redundava-) (ridondava), cioè soperchiava, sopravvanzava le mie
- forze.
- Cap. XII.
- 1. «il suo dolcissimo salutare, nel quale stava tutta lamia beatitudine».
- Sopra cap. 10.
- 7. Se 1' aut. avesse detto «donna di cortesia» reggerebbe 1' esempio di
- «donna di virtù» (Inf. II. 76.) addotto dal Torri; ma trovandosi «donna
- della virtù», coli' articolo , bisogna spiegare col Giuliani «regina, ossia
- posseditrice d' ogni virtù ».
- 8. tuo fedele» Inf. II. 98. Purg.XXXI. 135.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 12. 23
- il tuo fedele» m' addormentai come un pargoletto battuto
- lagrimando. *
- Avvenne quasi/nel mezzo del mio dormire, che mi parea IO
- vedere nella mia camera lungo me sedere un giovane vestito
- ili bianchissime vestimenta, e pensando molto ; quanto alla
- vista sua. Mi riguardava là ov' io giacea, e quando m' avea
- guardato alquanto, pareami che sospirando mi chiamasse, e
- ^licessemi queste parole: Fili mi, tempus est ut praeter- 15
- mittantur simulacra nostra. Allora mi parea eh' io '1 cono-
- scessi, perocché mi chiamava così, come assai fiate nelli miei
- sonni m' avea già chiamato.
- E riguardandolo pareami che piangesse pietosamente, e
- parea che attendesse da me alcuna parola : ond* io assicurali- 20
- 'domi, 'cominciai a parlare così con esso: Signore della nobil-
- tade, perchè piangi tu? E quegli mi dicea queste parole:
- 10. C. N. — W. S. che mi parve 18. Tr. 1. W. — Gli altri nelli
- C. T. parea di vedere mìei sospiri, le quali parole nel cod.
- 11. W. in. m. una giov. vestita N. sono aggiunte in va.
- 12. W. molto alla vista — in m. 19 w B __ g parc€mi __ C . N .
- molto quando alla v. — B. e tutte m i p area
- le edd. recenti, meno quella del _ . . ,
- ^ _ ,. n m i, Tr. 2. ptetosam. ed attendesse
- Giuliani, molto. Quanto alla v. ■»»•!«
- ,- n -vt itt o j- • — M. ptetos. che ait.
- lo. C. N. W. S. e diceamt. J
- 16. Cod. Martelli e Frat. simulata 21. C. N. assic. così nel sonno com.
- nostra; ma Virgilio ed altri dicono C. N. a pari, con esso — M.
- « belli simulacra » per una guerra « pari, così con lui
- .fittizia. 22. B. E que' mi die.
- Z.L--1 -'
- 11. «lungo me», accanto a me. Par XXXII. 130 (S. Giovanni Ev.)
- «Siede lungh' esso») (San Pietro), oe lungo l'altro» (Adamo), «posa quel
- Duca ecc.» (Moisè).
- 12. Purg. XII. 88. «la creatura bella Bianco vestita».
- 16. «simulacra nostra», gli amori fittizi.
- 17. Sembra che Amore in quei sogni abbia chiamato 1' aut. « fili ini»,
- -ma non se ne fece menzione.
- 19. Pare che pianga dell' incostanza di Dante.
- 21. «Signore della nobiltà», vedi sopra a lin. 7.
- 23. Un unico amore manda i suoi raggi ugualmente a tutte le parti
- -della circonferenza, cioè si manifesta ugualmente in tutte le azioni dell' a-
- mante; ma le tue azioni hanno più di un 'centro. Non so se più giusta,
- ma in ogni modo più profonda è l' interpretazione data a questo passo dal
- Dottore Notter : «Amando Beatrice mortale, oppure quel che in lei è mortale,
- non Iddio, tu non sei ancora nel vero centro del tuo essere, cioè in me,
- che sono Iddio».
- V
- Digitized by VjOOglC
- 24 Vita nuova. Cap. 12.
- Ego tamquam centrimi circuii, cui simili modo se hdbent
- circumferenticB partes; tu autem non sic. Allora pensando
- 25 alle sue parole, mi parea che mi avesse parlato molto oscura-
- mente, sì che io mi sforzava di parlare, e diceagli queste
- parole: Ch' è ciò, signore, che mi parli con tanta oscuri-
- tade? Ed egli mi dicear in parole volgari: Non domandar-
- più che utile ti sia.
- 30 E però cominciai con lui a ragionare della salute, la.
- quale mi fu negata, e domandailo della cagione; onde in
- questa guisa da lui mi fu risposto: Quella nostra Beatrice
- udìo da certe persone, di te ragionando, che la donna, la.
- quale io ti nominai nel cammino de' sospiri, ricevea da te al-
- 35 cuna noia. E però questa gentilissima, la quale è contraria-
- di tutte le noie, non degnò salutare la tua persona, temendo
- non fosse noiosa. Onde conciossiacosaché veracemente sia.
- conosciuto per lei alquanto lo tuo segreto per lunga consue-
- tudine, voglio che tu dichi certe parole per rima, nelle quali
- 23. M. ad centr. circuii, simili 30. C. N. E poi cornine.
- 24. N. circumf. prò tex. tu aut. Mart. e W. cominciai allora
- 25. Mart. pens. le su par. con lui
- M. che egli mi avesse 31. C. negata, domandandolo — S-
- C. N. molto oscuro neg. E domandando
- 26. C. N. W. — M. S. di par- 33. W. in m. pers. dire ragionando-
- largii W. donna che io
- M. W. e dicea 34. B. rie. di te
- 27. C. Tr. 1. "W. — Tr. 2. che tu 36. N. non degnò di salut.
- parli — N. che tu mi parli — S. che 39. M. W. — Gli altri che tu
- parli dica
- N. — Gli altri E quegli W. nel testo , S. parole prima
- 27. Furg. XXXIII. 82. «perchè tanto sopra mia veduta Vostra parola-
- disiata vola » ?
- 30. Da ora innanzi Amore lascia il parlare latino, e, forse per
- evitare il rimprovero di troppa oscurità, non si serve più che della lingua,
- volgare.
- 33. La seconda delle due che doveano servire di difesa aU' aut. Tedi
- sopra cap. 9. e 10.
- 36. « contraria di tutte le noie » , di tutti i dispiaceri. Inf. XXX. 100^
- «l'un di lor, che si recò a noia Forse d'esser nomato sì oscuro». In.
- modo simile Lucia è detta a nimica di ciascun crudele» Inf. II. 100.
- 37. a che non fosse noiosa», che non dasse noia ad altrui.
- 38. Il segreto, che da molto tempo, a per lunga consuetudine « , hai
- chiuso nel tuo cuore.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 12. 25
- tu comprendi la forza eh' io tengo sopra te per lei, e come 40
- tu fosti suo tostamente dalla tua puerizia. E di ciò chiama
- testimonio colui che lo sa, e come tu preghi lui che gliele '-~\ v '
- dica: ed io, che sono quelli, volontieri le ne ragionerò; e per ^
- questo sentirà ella la tua volontade, la quale sentendo,
- conoscerà le parole degP ingannati. Queste parole fa che I 45. M
- sieno quasi uno mezzo, sì che tu non parli a lei immediata-
- mente, che none degno. E non le mandare in parte alcuna
- senza me, ove potessero essere intese da lei, ma falle ador-
- nare di soave armonia, nella quale io sarò tutte le volte che
- farà mestieri. . / 50
- E dette queste parole, disparve, e lo mio sonno fu rotto.
- Ond' io ricordandomi, trovai che questa visione m' era ap-
- parita nella nona ora del dì; ed anzi che io uscissi di
- questa camera, proposi di fare una ballata, nella quale
- seguitassi ciò che '1 mio signore m' avea imposto, e feci 55-
- questa ballata:
- 40. M. W. — N. tu comprenderai 47. alcuna manca nei codd.N. e W.
- — gli altri tu comprenda 48. N. W.~ Gli altri onde potessero
- S. la fortezza N. traspone il senza me fra
- 41. N. S. dalla sua puerizia intese e da lei
- 42. S. testimone 49. M. S. tutte le fiate
- 43. W. ed io sono qu. che volent. 52. W. nel testo ricord, di questa
- — Scrivo quelli coi testi C. N. W. visione che m'era appar. ; m' apparve
- — Gli altri quello nella nona — In marg. come sopra.
- "W. che per questo 53. S. Et innanzi che io
- 46. N. B. quasi in mezzo 55. 8. B. E feci poi qu. ball.
- N. sì che non parli
- 40. La forza che Amore tiene sopra 1' aut. gli viene da Beatrice.
- 41. Purg. XXX. 41. «L' alta virtù, che già m' avea trafitto Prima
- eh' io fuor di puerizia fosse ».
- 44. Il mio ragionare le manifesterà la vera tua volontà, che, ben
- lungi dall' esser variabile, è di celare V immutato tuo amore per lei.
- 46. «un mezzo», un modo indiretto.
- 47. Se le parlassi direttamente, potresti muoverla a sdegno.
- 49. Amore accompagnerà i versi del poeta in forma di «soave armonia»,
- aggiuntavi dal Casella, o di qualchedun altro. Altri intendono la soave
- armonia della sola dolcezza dei versi rimati.
- 55. « seguitassi ciò » , tenessi dietro a ciò , ubbidissi ad Amore.
- Digitized by VjOOglC
- 26 Vita nuova. Cap. 12. (Ball. 1.)
- BALLATA PRIMA.
- I. Ballata, io vo' che tu ritrovi Amore,
- E con lui radi a Madonna davanti,
- Sicché la scusa mia, la qual tu canti,
- <50 — Ragioni poi con lei lo mio Signore.
- IL Tu vai, ballata, sì cortesemente,
- Che senza compagnia
- Dovresti avere in tutte parti ardire: y <"
- Ma, se tu vuoli andar sicuramente,
- 65 Ritrova V Amor pria; \ ,*)
- Che forse non è buon senza lui gire:
- Perocché quella, che ti deve udire,
- Se, com' io credo, è inver di me adirata,
- E tu di lui non fussi accompagnata,
- 70 Leggieramente ti faria disnore.
- III. Con dolce suono, quando se' con lui,
- Comincia este parole
- Appresso eh' averai chiesta pietate :
- Madonna, quelli, che mi manda a vui,
- 75 Quando vi piaccia, vuole,
- Sed egli ha scusa, che la m' intendiate.
- Amore è quei, che per vostra beltate
- 61. C. N. W. Tu va, ball. 70. Cod. Rice. Ti faria leggierm.
- 63. C. N. TV. Dovr. in tutte parti disonore
- ae. ardire — Tr. 2. Aver dovr. in 73. C. N. che tu avrai — Pai. che
- tutte p. ard. — M. E av. dovr. ecc. aerai
- 64. C. N. — W. Ma se tu vuoi — Pai. M. questa piet. — W. nel
- G. S. Ma se tu vuogli — M. Ma se teBto està piet. — W. r. chiesto piet.
- vuoi più 75. M. "W. Qu. vi piace
- W. r. ardir sicuramente 76. Cod. Mart. Pai. G. S. — W.
- 66. Pai. Che forse non è senza lui W. r. B. Se elli ha — N. S' egli ha
- M. e variante del G. non è ben — M. Che s' egli ha
- 68. N. Pai. W. Siccome io credo M. che voi V intend.
- <• ine. — G. S. B. S' è, com 1 io cr. inv. 77. Pai. — Tutti gli altri : Amore
- M. inver di me è ria è qui. La giusta lezione per sagace
- C9. N. W. W. r. G. S. Se tu di congettura fu introdotta nel testo
- lui — M. Se tu da lui dal Frat.
- 69. «Non mandare queste parole senza me», disse Amore qui sopra
- a lin. 46.
- 71. «falle adornare di soave armonia», ivi lin. 48.
- 77. «Voglio che tu |dichi certe parole, nelle quali tu comprendi la
- forza eli' io tengo sopra te per lei» ivi lin. 39. Nel Sonetto 6. 1' aut. dice :
- Digitized by VjOOglC
- /,
- Vita nuova. Cap. 12 (Ball. 1.) 27
- Lo face, come vuol, vista cangiare:
- Dunque, perchè gli fece altra guardare,
- Pensatel voi, dacch' e' non mutò '1 core. * u *> C §o
- IV. Dille: Madonna, lo suo core è stato
- Con sì fermata fede,
- Ch' a voi servir lo pronta ogni pensiero :
- Tosto fu vostro, e mai non s' è smagato. ?J-
- Sed ella non tei crede,- "85
- Di', che domandi Amore, s' egli è vero.
- Ed alla fine falle umil preghiero: . A -
- Lo perdonare se le fosse a noia, k. >.' ,v -
- Che mi comandi per messo eh' io muoia ;
- E vedrassi ubbidir buon servitore. \, '■ 90
- V. E di' a colui eh' è d' ogni pietà chiave ,
- Avanti che sdonnei,
- 78. N. Li face B. P. — N. Pai. W. e W. r.
- W. r. come 'l vuole non ti crede
- 79. M. percK egli faccia altrui gu. 86. C. N. Fr. che 'n domandi
- — Pai. perchè il fece altra gu. Pai. W. e "W. r. G. S. Amor
- 80. M. Pensate che però non muta sed egli è vero — Il Frat. da per var.
- 7 l e. — Pai. da che mutò il colore Amor che ne sa 'l vero, lezione che
- 83. W. in in. e W. r., var. del G-. preferirei, come pia conforme al testo
- un Cod. di Boveredo e tre Biccard. prosaico (« chiama testimonio colui
- — M. Tr. 2. ha pronto — G. S. gli che lo sa»), se la trovassi appoggiata
- ha pronto — B. V ha pronto — C. a qualche buon codice.
- N. Pai. V ha '» pronto — I primi 87. M. alla f. le fa.
- a giustificare la nostra lezione furono 90. Pai. M. Tr. 1. G. S. e var. del
- a Deputati al Decamerone p. 78. B. — W. r. B. jubb. al servidore —
- Vedi anche '1 Dionisi Anedd. V. 142. N. W. E vedrà bene ubbidir servidore
- 8j. S. P. — N. W. e W. r. Se 91. W. B. E di' a colei
- -ella 92. W. che 'l donnei
- « Amor, quando sì presso a voi mi trova , Prende baldanza . . . Ond' io mi
- cangio in figura d'altrui».
- 79, 80. Accertatevi della cagione, per cui Amore gli impose di riguardare
- tale e tal altra donna, mentre il suo cuore rimaneva vostro.
- 83. «lo pronta», lo incita e sprona, gli impone la necessità.
- 84. Purg. XXVII. 104. amia suora Bachel mai non si smaga Dal suo
- miraglio».
- 87. «preghiero». Fra Guittone Bime, ed. Valeriani II. No. 52. «Mastro
- Bandino amico, il mio pregherò» , e Brunetto Latini nel Tesoretto X. 88.
- «faccio a Dio pregherò».
- 91. «colui», cioè Amore. V. sopra lin. 41. «di ciò chiama testimonio
- colui che lo sa: ed io «(Amore)» che sono quelli, volontieri le ne ra-
- gionerò o.
- 9*2. Prima che tu, Ballata, ti parti dalla mia donna. — a Donneare» e
- Digitized by VjOOglC
- 28 Vita nuova. Gap. 12. (Ball. 1.)
- Che le saprà contar mia ragion buona:
- Per grazia della mia nota soave
- 95 ^ Riman tu qui con lei,
- E del tuo servo, ciò che vuoi, ragiona;
- E s' ella per tuo prego gli perdona,
- Fa' che gli annunzi in bel sembiante pace.
- Gentil ballata mia, quando ti piace,
- 100 Muovi in quel punto, che tu n' aggi onore.
- Questa ballata in tre parti si divide: nella prima dico a
- lei ov' ella vada, e confortola però che vada più sicura; e
- dico nella cui compagnia si metta, se vuole sicuramente an-
- dare senza pericolo alcuno; nella seconda dico quello che
- 105 a lei s' appartiene di fare intendere ; nella terza la licenzio
- del gire quando vuole, raccomandando lo suo dolce movimento
- nelle braccia della fortuna. La seconda parte comincia quivi :
- Con dolce mono; la terza quivi: Gentil ballata.
- Potrebbe già V uomo oppore contro a me e dire, che non
- 110 sapesse a cui fosse il mio parlare in seconda persona pe-
- rocché la ballata non è altro, che queste parole eh' io parlo ;
- 93. M. Che le sappia 103. B. sicura andare
- 95. C. N. Rimanti qui 104. N. W. — B. and. e sema
- 96. M. E di tuo serto 105. B. «' appart. fare
- C. M. N. W. ciò che vuol 106. B. di gire
- 97. M. mi perdona 0. N. W. — Gli altri io suo
- 98. Pai. Fa eh' ella movimento
- W. r. t. G. S. un bel sembiante 107. B. della sua fortuna
- 99. M. Però ballata 109. M. Potr. già alcuno
- 100. C. N. in tal punto N. V uomo dire ed opp. contro-
- me che non — W. V u. apporre cori'
- tro a me e dicere che non
- conversar con donne , far la corte : V. la Canz. « Poscia eh' Amor del
- tutto m' ha lasciato » III. 13. « Non moverieno il piede , Per donneare &
- guisa di leggiadro».
- 94. Con questo verso cominciano le parole che per volontà del poeta
- la Ballata deve dire ad Amore, che finiscono colla lin. 98.
- 99. «licenzio la ballata del gire quando vuole, raccommandando lo suo
- dolce movimento nelle braccia della fortuna», dice 1' aut. a lin. 105.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 13. 29
- e però dico che questo dubbio io lo intendo solvere e dichia-
- rare in questo libello ancora in parte più dubbiosa: ed allora
- intenderà chi qui dubbia, o chi qui volesse opporre in,
- quello modo. 115
- CAPITOLO XTTT.
- Appresso questa soprascritta visione, avendo già dette le
- parole, che Amore m' avea imposte , m' incominciarono molli
- e diversi pensamenti a combattere e a tentare, ciascuno quasi
- indef edibilmente: tra' quali pensamenti quattro mi pareva
- che ingombrassero più il riposo della vita. U uno dei quali 5
- era questo: buona è la signoria d' Amore, perocché trae lo
- intendimento del suo fedele da tutte le vili cose. 1? altro
- era questo: non buona è la signoria d' Amore, perocché
- quanto lo suo fedele più' fede gli porta, tanto più gravi e
- dolorosi punti gli conviene passare. 1? altro era questo: lo IO
- nome d' Amore è sì dolce a udire, che impossibile mi pare,
- che la sua operazione sia nelle più cose altro che dolce,
- conciossiacosaché i nomi seguitino le nominate cose, siccome
- 112. N. lo intendo sciogliere C. N. ricominciaro a venire
- 113. Torri in parte dubbiosa molti
- Seguo col Giuliani l' autorità 3. G. combattere ed attendere
- del cod. Magliab. 143. — Gli altri N. ciascuno indifens.
- ed allora intenda 5. Mart. e W. — C. N. mi pesava
- Tr. 1. 2. qui chi più dub. e che ingombrassero — gli altri m' im-
- chi voi. — S. qui chi più dubita che g ombravano
- qui voi. 7. M. S. tutte le rie cose
- 115. Anche qui si sostituisce la 10. C. N. W. dolorosi pianti
- lez. del cod. Magi, alla volgata: 11. Le parole a udire che impos-
- ta questo modo sibile mi pare, che la sua operazione
- sia nelle più cose altro che dolce
- Cap. XIII. mancano nei codd. C. N. W. (testo).
- 1. 8. Appresso di questa 12. M. W. (marg.) nella sua prò-
- 2. "W. — C. N. m' ha imposto — pria operazione
- S. m' aveva imposte a dire — Frat. 13. W. segnino — C. N. segui-
- rti' avea imposto di dire tano
- 112. L' aut. « solve e dichiara » questo dubbio nel cap. 25.
- Cap. XIII.
- 4. « indefensibilmente* , senza che me ne potessi difendere.
- 7. Beatrice nel Purg. XXX. 122. «Mostrando gli occhi giovinetti a
- lui, Meco il menava in dritta parte volto».
- Digitized by VjOOglC
- 30 Vita nuova. Gap. 13. (Son. 6.)
- è scritto: Nomina sunt consequentia rerum. Lo quarto era
- 15 questo: la donna per cui Amore ti stringe così, non è come
- le altre donne, che leggermente si mova del suo core. E
- ciascuno mi combattea tanto, che mi facea stare come colui,,
- che non sa per qual via pigli il suo cammino, e che vuole
- andare, e non sa onde si vada. E se io pensava di voler
- 20 cercare una comune via di costoro, cioè là ove tutti si ac-
- cordassero, questa era via molto inimica verso di me, cioè
- di chiamare e mettermi nelle braccia della pietà. Ed in
- questo stato dimorando, mi giunse volontà di scriverne parole
- rimate; e dissine allora questo sonetto:
- SONETTO SESTO.
- 25 Tutti li miei pensier parlan d' Amore,
- Ed hanno in lor sì gran varietate,
- Ch' altro mi fa voler sua potestate,
- Altro folle ragiona il suo valore ; • f .
- Altro sperando m' apporta dolzore ; ' - ' ' -
- 30 Altro pianger mi fa spesse fiate;
- 16. N. Ciascuno mi comò. 23. Nel cod. N. manca la parola
- 17. W. S. — C. N. mifaceano sfare dimorando
- come coluti— Frat - mi facea stare e. e. 24. M. S. di scrivere parole
- 18. C. N. (testo) non sa qual via n. e feci questo son.
- pigli, e che vuole
- 19. Tr. 1. N. — M. W. ove si vada ~
- Tr. 2. voler trovare 28. Il Giuliani corregge Altro*
- 21. C. N. W. — Tr. 2. M. S. questa forte ragiona , ma vedi la nota del
- era molto — B. e qu. era molto — commento.
- Mart. Frat. questa via era m.
- 14. Detto, che non so da qual fonte derivi.
- 17. Purg. II. 122. «Come uom che va, né sa dove riesca*.
- 22. Non s' intende troppo bene perchè 1' ant. chiami sua nemica fa
- pietà. Sarebbe che, invece di esser compatito, desiderava di esser amato?
- Gabr. Rossetti nel fantastico suo sistema spiega «Pietà» per la parte
- Guelfa ossia Papalina, nemica al poeta Ghibellino.
- 27. Mi muove a desiderare di pormi sotto la signoria d' Amore.
- 28. Altro pensiero mi ragiona, mi da ad intendere che voler sottoporsi
- al buo valore, cioè alla sua forza, sia folle, «perocché quanto lo suo fedele
- più fede gli porta, tanto più gravi e dolorosi punti gli conviene passare»-
- 29. Facendomi sperare che tosto o tardi il mio amore sarà corrisposto.
- 30. Volendo troncar questa speranza.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 13. 14. (Son. 6.) 31
- E sol s' accordano in chieder pietate , *• ' ( •
- Tremando di paura eh' è nel core.
- Ond' io non so da qual materia prenda ;
- E vorrei dire, e non so eh' io mi dica:
- Così mi trovo in amorosa erranza. ' 3i>
- E se con tutti vo' fare accordanza,
- Convenemi chiamar la mia nemica,
- Madonna la pietà, che mi difenda.
- Questo sonetto in quattro parti si può dividere: nella prima
- dico e propongo, che tutti i miei pensieri sono d'Amore; 40
- nella seconda dico che sono diversi, e narro la loro diversi-
- tade; nella terza dico in che tutti pare che s' accordino;
- nella quarta dico che, volendo dire d' Amore, non so da
- quale pigli materia; e se la voglio pigliare da tutti, conviene
- che io chiami la mia nemica, madonna la pietà. Dico «ma- 45
- donna», quasi per disdegnoso modo di parlare. La seconda
- comincia quivi: Ed hanno in lor; la terza: E sol s' accordati;
- la quarta : Ond 1 io.
- CAPITOLO XIV.
- Appresso la battaglia delli diversi pensieri, avvenne che
- questa gentilissima venne in parte, ove molte donne gentili
- erano adunate; alla qual parte io fui condotto per amica
- persona, credendosi fare a me gran piacere in quanto mi
- 31. M. E se «' accordano — Tr. 2. 40. Tr. 1. parlano d' Amore
- E *' accordano 44. B. da qual parte piyliar ma'
- 32. M. Tr. 2. G. v. Tremano feria
- W. mrg. Tr. di partir che è
- W. t. eh' è nel lor core Cap. XIV.
- 34. M. non so che mi dica
- 4. M. B. grandissimo piacere
- 31. Vedendo nella pietà sua nemica, il poeta suppone che non vorrà
- condiscendere alle sue inchieste, e però trema. « Che più mi trema il cor,
- qualora io pensi Di lei • dice 1' aut. nella canz. « Cosi nel mio parlar».
- 33. «Volendo dire d'Amore, non so da quale» (di questi quattro pen-
- sieri) «pigli materia", cercando, non trovo la via.
- 45. «Madonna» si dice della donna amata, e non della nemica.
- Digitized by VjOOglC
- 32 Vita nuova. Cap. 14.
- ò menava là ove tante donne mostravano le loro bellezze.
- Ond' io quasi non sapendo a che fossi menato, e fidandomi
- nella persona, la quale un suo amico all' estremità della vita
- condotto avea, dissi: Perchè semo noi venuti a queste donne ?
- Allora quegli mi disse : Per fare sì eh' elle sieno degnamente
- 10 servite.
- E lo- vero è, che adunate quivi erano alla compagnia
- d' una gentildonna, che disposata era lo giorno ; e però secondo
- 1' usanza della sopradetta cittade, conveniva che le facessero
- compagnia nel primo sedere alla mensa che facea nella ma-
- lo gione del suo novello sposo. Sì che io, credendomi far il
- piacere di questo amico, proposi di stare al servizio delle
- donne nella sua compagnia. E nel ime del mio proponimento
- mi parve sentire un mirabile tremore incominciare nel mio
- petto dalla sinistra parte, e distendersi di subito per tutte
- 6. C. N. ove fossi men. 14. M. Tr. 2. sedere che* ella faceva
- C. N. affidandomi alla mensa in casa
- 7. M. della persona 15 L , articolo 4t7))) che Raggiunto
- W. S. alle stremtta ^ daU , edjz> p n(m gi troya nei ^
- a penna.
- 8. W. dissi a lui: Perchè
- M. semo venuti
- 9. M. Per fare che sieno 19- M. S. — C. N. W. stendersi
- 11. S. // vero è — P. E vero è B. di stendersi sì di sub.
- quivi manca nei codd. C. N.
- Cap. XIV.
- 7. L' autore, sapendo che per 1' addietro la persona che ora lo menava
- alla festa delle donne, forse in simile occasione, per 1* inavvedutezza d' un
- suo amico sia stata vicina a morirsi di passione, non poteva supporre che
- da esBa fosse condotto all' istesso pericolo.
- 12. Le nozze si erano celebrate in quel medesimo giorno. Tali com-
- pagnie non si usavano alle spose novelle, se non dalle maritate, «e quindi è
- da credere, che in questo mezzo, cresciuta la Beatrice Portinari, già fosse
- allora disposata, come si sa che fu a Messer Simone de' Bardi cavaliero.
- Quando precisamente si facessero tali nozze non ci è detto dai biografi ;
- ma il più diligente di tutti» (il Pelli) «trovò che già erano fatte a mezzo
- gennaio 1287, in che la giovane doveva avere intorno ai 21. anni*. Balbo
- vita di Dante e. 3. p. 70.
- 18. « un mirabile tremore » — «Lo spirito mio . . . alla sua presenza . . .
- era di stupor, tremando, affranto» Purg. XXX. 34.
- 19. a dalla sinistra parte» — «quella parte, onde il core ha la gente»
- Purg. X. 48.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 14. 33
- le parti del mìo corpo. Allora dico che poggiai la mia per- 20
- sona simulatamente ad una pintura, la quale circondava questa
- magione ; e temendo non altri si fosse accorto del mio tremare,
- levai gli occhi, e mirando le donne, vidi tra loro la genti-
- lissima Beatrice. Allora furono sì distrutti li miei spiriti per
- la forza che Amore prese, veggendosi in tanta propinquitade 25
- alia gentilissima donna, che non mi rimasero in vita più che
- gli spiriti del viso ; ed ancor questi rimasero fuori de 7 loro
- strumenti, perocché Amore volea stare nel loro nobilissimo
- luogo per vedere la tramirabile donna: e avvegna eh' io fossi
- altro che prima, molto mi dolea di questi spiritelli, che si 30
- lamentavano forte, e diceano: Se questi non ci sfolgorasse
- così fuori del nostro luogo, noi potremmo stare a vedere la
- meraviglia di questa donna, così come stanno gli altri no-
- stri pari.
- Io dico che molte di queste donne, accorgendosi della 35
- mia trasfigurazione, si cominciaro a maravigliare ; e ragionando
- si gabbavano di me con questa gentilissima : onde Y ingannato
- amico di buona fede mi prese per la mano, e traendoni fuori
- >v««
- 21. simulatamente manca nel cod. W. Mart. S. — C. N. B. rimase
- M. i» vita
- M. S. pittura 29. C. N. — W. V altra mirabile
- 22. M. altri si /ussero — Gli altri la mirabile
- 23. M. Tr. 2. mirando tra le donne 31. N. non ci infolgorasse — B.
- ridi la gent. non ci s/olgorassono
- 25. M. veggendomi 33. N. W. S. — B. siccome stanno
- 26. W. alla nobilissima donna 37. C. N. W. — S. B. onde V ani.
- C. N. W. — Mart. S. non ne di b. /. — Tr. 1*. onde t di ciò accor-
- rivi, gendosiy V amico mio di b. f.
- 21. ^Pintura' è quadro; pittura è piuttosto 1' arte del pingere». Pizzo.
- — Nel sonetto ottavo 1' aut. dice « il core , tramortendo , ovunque può
- »' appoia*.
- 24. Sopra a cap. 11. «uno spirito d' Amore , distruggendo tutti gli altri
- spiriti sensitivi, pingea fuori i deboletti spiriti del viso, e dicea loro:
- Andate ad onorare la donna vostra; ed egli si rimanea nel loco loro*.
- Qui nella divisione : « Amore uccide tutti i miei spirati , e li visivi riman-
- gono in vita, salvo che fuori degli strumenti loro».
- 30. «altro che prima • ; nel sonetto 1' aut. dice che rassembrava «figura
- nuova ».
- 31. « Se non ci sfolgorasse cosi fuori del nostro luogo ». Nel sonetto :
- « Amor . . . fiere tra' miei spiriti paurosi ... e qual caccia di fuora ».
- 37. « si gabbavano », si ridevano di me e della mia vista trasfigurata.
- 38. L' amica persona che aveva condotto 1' autore là dove tante donne
- mostravano le loro bellezze, s' era ingannato, non credendo che 1' aspetto
- Dante, Opere minori. 3
- Digitized by VjOOglC
- 34 Vita nuova. Cap. 14.
- della veduta dì queste donne, mi domandò che io avessi.
- 40 Allora riposato alquanto, e risurti li morti spiriti miei, e li
- discacciati rivenuti alle loro possessioni, dissi a questo mio
- amico queste parole: Io tenni i piedi in quella parte della
- vita, di là dalla quale non si può ire più per intendimento
- di ritornare.
- 45 E partitomi da lui, mi ritornai nella camera delle lagrime,
- nella quale, piangendo e vergognandomi, fra me stesso dicea :
- Se questa donna sapesse la mia condizione, io non credo
- che così gabbasse la mia persona, anzi credo che molta pietà
- le ne verrebbe/; E in questo pianto stando, proposi di dir
- 50 parole, nelle quali, parlando a lei significassi la cagione del
- mio trasfiguramento , e dicessi che io so bene eh' ella non è
- saputa, e che se fosse saputa, io credo che pietà ne giunge-
- rebbe altrui: e proposi di dirle, desiderando che venissero
- per avventura nella sua audienza; e allora dissi questo
- 55 sonetto :
- SONETTO SETTIMO.
- Coli' altre donne mia vista gabbate,
- E non pensate, donna, onde si mova
- 40. N. — W. S. et resuressiti li 50. M. W. — N. S. a lei parlando
- morti 52. C. N. W. e se /osse saputa
- 42. C. N. W. — S. io ho tenuti 53. C. N. W. e proposile di dire
- 45. M. B. ini tornai nella cani. per avventura manca nel cod.N-
- 48. S. ami certo che molta
- 49. B. ne le verrebbe 57. B. t. E non pensate, donne
- di Beatrice lo farebbe divenir tale, e molto meno che quelle donne di lui
- si riderebbero.
- 40. Gli spiriti discacciati sono i visivi, li morti sono tutti gli altri
- spiriti sensitivi.
- 42. Siccome tu fosti già da un tuo amico condotto all' estremità della
- vita, così, da te menato , anch' io giunsi all' ultimo termine della vita , di
- là dal quale, cioè dalla morte, non si ritorna più a questo mondo.
- 45. * nella camera delle lagrime». Sopra cap. 12. «misimi nella mia
- camera, là ove potea lamentarmi senza essere udito. E quivi . . . m' ad-
- dormentai . . . lagrimando ».
- 48. «credo che molta pietà le ne verrebbe». Nel sonetto: «Se lo sa-
- veste, non potria pietate Tener più contra me 1' usata prova».
- 52. «ella», cioè la cagione del mio trasfiguramento, «non è saputa»,
- conosciuta, nò da Beatrice, nò da quelle donne che con lei se ne gab-
- bavano.
- 54. Che quelle parole per rima fossero da lei lette, o sentite leggere.
- 57. a onde si mova *, quale sia la cagione.
- Digitized by VjOOglC
- Vita, nuova. Cap. 14. (Son. 7.) 35
- Ch' io vi rassembri sì figura nuova,
- Quando riguardo la vostra beliate.
- Se lo saveste, non potria pietate^ — 60
- Tener più contra me 1' usata prova ;
- Ch' Amor, quando sì presso a voi mi trova,
- Prende baldanza e tanta sicurtate,
- Che fiere tra' miei spirti paurosi
- E quale ancidc, e qual caccia di fuora, _ 65
- Sicch' ei solo rimane a veder vui:
- Ond' io mi cangio in figura d' altrui,
- Ma non sì, eh' io non senta bene allora
- Gli guai degli scacciati tormentosi.
- Questo sonetto non divido in parti, perchè la divisione non 70
- si fa, se non per aprire la sentenzia della cosa divisa: onde,
- conciossiacosaché per la su ragionata cagione assai sia
- manifesto, non ha mestieri di divisione.
- Vero è che tra le parole, ove si manifesta la cagione di
- questo sonetto, si trovano dubbiose parole ; cioè quando dico, 75
- 58. M. Che ne rassembro 69. C. N. W. — Gli altri de' dis-
- 61. M. Più ver di me tener cacciati
- 62. G. S. Che quando Amor sì pr.
- M. ** trova
- 63. M. Prende baldetza 72. Mart. "W. per la sua ragionata
- 64. Tr. 1. W. — N. Che fier — cag. lezione che si corregge come
- G. S. Che 'l fiere nel testo. — N. per la sovraggiunta
- N. spiriti e. — B. per la sua ragione
- 65. N. E quali anc. e quai — M. 74. "W. sia manifesta (in. m. mani-
- Li quali anc. e i qual festata) la cagione di questo sonetto,
- M. N. Tr. 1 "W. pinge di fora non
- 66. Sicch' io solo rimango , catti- W. non è mestieri
- vissima variante del Biscioni. 75. W. si scrivono dubbiose
- 58. < rassembri », l' istesso che « sembri ».
- 61. Pietà finora non fu accordata al poeta, non gli si arrese, ma tenne
- prora contra le sue istanze, gli si mostrò nemica (cap. 13.).
- 64. «fiere», cioè ferisce, percuote. «Un vento .... Che fier la selva».
- Inf. IX. 69.
- 67. Mi cangio in figura tanto diversa dalla mia usata, che non sembro
- più desso , ma un altro.
- 69. Vedi sopra: «molto mi dolea di questi spiritelli» (visivi), «che si
- lamentavano forte», per essere «discacciati» (lin. 38.).
- 72. In fine della prosa precedente, espónendo «la cagione del suo
- trasfiguramento » , 1' aut. aveva pienamente indicato l'intrecciatura, ossia
- la divisione del sonetto.
- 3*
- Digitized by VjOOQlC
- 36 Vita nuova. Cap. 14. 15.
- eh' Amore uccide tutti i miei spiriti, e li visivi rimangono in
- vita, salvo che fuori degli strumenti loro. E questo dubbio
- è impossibile a solvere a chi non fosse in simil grado fedele
- d' Amore; ed a coloro che vi sono, è manifesto ciò che
- 80 solverebbe le dubbiose parole: e però non è bene a me
- dichiarare cotale dubitazione, acciocché lo mio parlare sarebbe
- indarno, ovvero di soperchio.
- CAPITOLO xv.
- Appresso la nuova trasfigurazione mi giunse un pensa-
- mento forte, il quale poco si partia da me; anzi continua-
- mente mi riprendea, ed era di cotale ragionamento meco:
- Posciachè tu pervieni a così schernevole vista quando tu se'
- 5 presso di questa donna, perchè pur cerchi di vederla? Ecco,
- che se tu fossi domandato da lei, che avresti tu da rispondere?
- ponendo che tu avessi libera ciascuna tua virtude, in quanto
- tu le rispondessi. Ed a questo rispondea un altro umile pen-
- siero, e dicea: Se io non perdessi le mie virtudi, e fossi libero
- 80. Mart. W. dubitose parole 6. B. avrestu da rìsp. — Torri
- 81. W. lo mio parlare dichiarando avresti da risp.
- sarebbe 7. W. libertade in oiasc.
- Cap. XV. 8. "W. in quanto che tu. Preferirei
- 1. B. la mia trasfigurazione. in tanto che tu.
- 3. M. Bobbia, S. saltando il passo M. S. Ed a costui
- mi riprendea, ed era di cotal ragiona- 9. Le parole Se io non perdessi
- mento non ne ritengono che la pa- le miei virtudi, e fossi libero tanto
- rola era — Tr. 1. mi riprendea di eh' io le potessi rispondere mancano
- cotale ragionarli. nel cod. M. e nelle stampe anteriori
- 4. Mart. W. così discernevole alla Milanese. — C. N. e fossero
- 5. M. S. di veder lei libere
- 81. «acciocché» nel significato di a perciocché». Sarebbe indarno per
- chi non fu in simil grado fedele d' Amore ; di soperchio per chi lo fu.
- Cap. XV.
- 3. Sembra che Amore tenga all' aut. questo ragionamento, perché nel
- sonetto ò Amore che dice: «fuggi, se '1 perir t' è noia».
- 4. «così schernevole vista», da eccitare quelle donne a ridersi di te.
- L' aspetto tuo diventa tale che «lo viso mostra lo color del core» tramortito.
- 5. «perchè pur cerchi di vederla?» — «A che fine ami tu questa tua
- donna, poiché tu non puoi la sua presenza sostenere?» dicono le donne
- del cap. 18.
- 7. Veramente, trovandoti^ nel suo cospetto, tu non hai libere le tue
- virtudi, perchè, come si disse nel cap. 11. «per soverchio di dolcezza di-
- veniva tale, che '1 mio corpo molte volte si movea come cosa grave,
- inanimata ».
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 15. (Son. 8.) 37
- tanto eh' io le potessi rispondere, io le direi, che sì tosto com' io io
- immagino la sua mirabil bellezza, sì tosto mi ghigne un desi-
- derio di vederla, il quale è di tanta virtude, che uccide e di-
- strugge nella mia memoria ciò che conira lui si potesse levare ;
- e però non mi ritraggono le passate passioni da cercare la /' ' ^«*r
- veduta di costei. Ond' io, mosso da cotali pensamenti, proposi 15
- di dire certe parole, nelle quali, scusandomi a lei di cotal ri-
- prensione, ponessi anche quello che mi addiviene presso di
- lei; e dissi questo sonetto:
- Sonetto ottavo.
- Ciò, che m' incontra nella mente, more */ t
- Quando vegno a veder voi, bella gioia^ -^ 20
- E quand' io vi son presso, sento Amore,
- Che dice : Fuggi , se '1 perir t' è noia.
- Lo viso mostra lo color del core ,
- Che, tramortendo, ovunque può s' appoia ;
- E per V ebrietà del gran tremore ""~~ 25
- Le pietre par che gridin: Moia , moia.
- 10. Tr. 1. eh' io potessi 22. M. Scap. se 'l morir V è noia
- 14. M. non mi traggono — C. N. se 'l partir V è noia
- B. di cercare 24. Gr. S. CK è tramortendo
- 16. M. S. di cotal passione C.N. M. v. 1. Scap. ovunqtie poi
- 17. W. che mi divenne - S. che mi 9 [ a ™ oia " <*■ S ; M ' v ' 2 ' d ° vun ^ ue
- ... s appoia — M. la ovunque s app.
- distene _f ,_ „ „....,,„ A
- 25. M. Per V ebrxetate dello gr. tr.
- 26. M. Scap. W. par che dican
- 14. « Le passate passioni » , i sofferti affanni , essendo uccisi e distrutti
- nella memoria dell' aut. dal desiderio di rivederla, non possono ritenerlo
- dall' esporsi di nuovo all' istesso cimento.
- 17. *di cotal riprensione», dei rimproveri fattigli da Amore.
- 19. o Ciò che m' incontra » , ogni opposto pensiero che sorga , « nella
- niente», nella mia memoria, a muore», resta distrutto dal mio desiderio, e
- vengo «a veder voi».
- 23. Il colore del viso mostra lo stato tramortito in cui il cuore si ri-
- trova, a La tramortita sua virtù ravviva». Purg. XXXIII. 129. Nella
- divisione si legge «manifesto lo stato del core per esemplo del viso».
- 24. « s' appoia » , si appoggia , per non venir meno , come di fatti nel
- cap. 14. vedemmo il poeta appoggiarsi al mitro della sala.
- 25. Invece di sorregger 1» aut. , le pietre di quel muro , commosse dal
- suo tremore, vogliono vederlo morto. « Ogni sicurtade mi vien meno».
- Digitized by VjOOglC
- 38 Vita nuova. Cap. 15. (Son. 8.)
- Peccato face chi allor mi vide,
- Se T alma sbigottita non conforta,
- Sol dimostrando che di me gli doglia 1{
- 30- ,^ — Per la pietà, che '1 vostro gabbo uccide,
- La qual si cria nella vista morta
- Degli occhi, e' hanno di lor morte voglia.
- Questo sonetto si divide in due parti : nella prima dico la
- cagione, per che non mi tengo di gire presso a questa donna ;
- 35 nella seconda dico quello che m' addiviene per andare presso
- di lei; e comincia questa parte quivi: E quando vi son presso,
- E anche questa seconda parte si divide in cinque, secondo cin-
- que diverse narrazioni: che nella prima dico quello che Amore,
- consigliato dalla ragione, mi dice quando le son presso ; nella
- 40 seconda manifesto lo stato del core per esemplo del viso;
- nella terza dico, siccome ogni sicurtade mi vien meno; nella
- quarta dico che pecca quegli che non mostra pietà di me, ac-
- ciocché mi sarebbe alcun conforto ; nell' ultima dico perchè
- altri dovrebbe aver pietà, cioè per la pietosa vista, che ne&li
- 45 occhi mi giunge; la qual vista pietosa è distratta, cioè non
- pare altrui, per lo gabbare di questa donna, la quale trae a
- 27. G. S. Pece, fa chi all' hora — 34. B. non to' attento
- I testi che leggono face e ritengono 35. Mart. — C. N. quello che di-
- (colle edd. di Milano e di Pesaro) viene — W. qu. che mi divenne —
- 1' allora, danno una sillaba di troppo B. che m' avviene
- al verso. 37. W. v. B. — C. N. W. t. si di-
- N. mi vede vide qu. sec. parte in cinque diverte
- 29. e 32. N. di me gli doia , e di 38. B. divise
- lor morte voi a ; cosi veramente vuole C. N. W. v. div. variazioni
- il Naottuccx Manuale , prima 40. B. nella sec. dico
- ediz. II. XXXI. che si legga. 42. B. che non ha pietà
- 30. M. Mart. Scap. ancide — N. che 43. acciocché mi sarebbe alcun con-
- 'l vostro g. avvede forto manca nei codd. C. N. Nel
- 31. G-. S. Lo qual si cria primo di essi la lacuna continua
- Il Frat. — senza appoggiarsi fino a pietosa vista
- ad autorità di codd. — vista smorta 45. N. la qual vista mi giunge e
- non pare altrui
- 27. e sg. «La vista morta», 1' aspetto tramortito della mia persona,
- « cria >, cioè crea, fa nascere, ovvero dovrebbe farlo, pietà in altrui. Anzi,
- il non sentirne e il non manifestarla, non confortando «1' alma sbigottita»
- del poeta, o non dimostrando almeno qualche compassione p$l suo stato,
- sarebbe peccato. Ma questa pietà, benché nata in altrui, è uccisa dal
- gabbo, dal beffarsi che Beatrice ne fa colle sue compagne.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 16. 39
- sua simile operazione coloro, che forse vedrebbono questa pietà.
- La seconda parte comincia quivi: Lo viso mostra; la terza:
- E per V ebrietà; la quarta: Peccato face; la quinta: Perla
- jrietà. 50
- CAPITOLO XVI.
- Appresso ciò che io dissi questo sonetto, mi mosse una
- Tolontà di dire anche parole, nelle quali dicessi quattro cose
- ancora sopra il mio stato, le quali non mi parea che fossero
- manifestate ancora per me. La prima delle quali si è , che
- molte volte io mi dolea, quando la mia memoria movesse la 5
- fantasia ad immaginare quale Amore mi facea: la seconda si è,
- che Amore spesse volte di subito m' assalia sì forte, che in me
- non rimanea altro di vita se non un pensiero? che parlava di
- questa donna: la terza si è, che quando questa battaglia d'Amore
- m' impugnava così, io mi movea, quasi discolorito tutto, per 10
- veder questa donna, credendo che mi difendesse la sua veduta
- da questa battaglia, dimenticando quello che per appropin-
- quarmi a tanta gentilezza m' addivenia : la quarta si è, come
- cotal veduta non solamente non mi difendea, ma finalmente
- disconfiggea la mia poca vita; e però dissi questo sonetto: 15
- 47. N. forse chiuderebbero 8. B. parlava deella mia donna
- 10. Tr. 1. mi pugnava così
- Cap. XVI. 13 . M , S . _ C . N. W. per appro-
- m 4. S. manifeste ancora pinquare a tanta gent.
- 5. M. che io me dolea spesse volte W. mi divenia — S. to' avventa
- 7. W. sì spesse volte di sub. — 14. N. solamente non mi difendea
- C N. di subito spessamente — B. non solamente mi difendea
- C. N. che a me non rim.
- Cap. XVI.
- 6. «quale Amore mi facea», lo misero stato, esposto nei precedenti
- •capitoli.
- 10. L' aut. già «discolorito» dal «pensiero, che parlava di questa donna»,
- «he in conseguenza del subito assalto di Amore solo gli era rimasto, spera
- di riaversi da questa battaglia nell' aspetto di Beatrice. Il « desiderio di
- vederla» aveva uccise nella sua memoria «le passate passioni» (cap. 15.).
- Sono gli stessi pensieri che formano il sonetto ottavo, e non si vede troppo
- bene, perchè 1' aut. ascriva al presente capitolo «quattro cose, le quali non
- mi parea che fossero manifestate ancora per me ».
- 15. Abbatteva e distruggeva anche quel po' di vita che ancora gli ersi
- rimasto.
- Digitized by VjOOglC
- 40 Vita nuova. Cap. 16. (Son. 9.)
- SONETTO NONO.
- Spesse fiate vengonmi alla mente
- L' oscure qualità ch'Amor mi dona;
- E vienmene pietà sì, che sovente
- Io dico : ahi lasso ! avvien egli a persona ?
- 20- — — Ch' Amor m' assale subitanamente
- Sì, che la vita quasi m' abbandona:
- Campami un spirto vivo solamente,
- E quei riman, perchè di voi ragiona.
- Poscia mi sforzo, che mi voglio aitare;
- 25 , . — -E così smorto, e d' ogni valor vóto,
- Vegno a vedervi, credendo guarire:
- E se io levo gli occhi per guardare,
- Nel cor mi si comincia un terremoto,
- Che fa da' polsi V anima partire.
- 16. M. N. vennemi alla mente,, 21. M. Sì che mia vita — W. r. B.
- lezione mutata dal Fraticelli in Che la mia vita
- venemi — Tutti gli altri testi a 22. M. Scampami un sp. — *r.
- penna, seguiti anche dal G. e dal Campi uno spirto
- S. vengonmi alla m, 28. Tr. 1 , seguito dalla Milanese
- 17. M. N. V oscura qual. — Vedi e dalle successive edd. uno tremuoto ;
- il commento. l' istessa lezione si trova nel cod
- 20. C. N. M. v. G. S. — M. W. W. r.
- W. r. B. m' assale sì subitamente 29. C. N. W. r. S. Che fa de' polsi
- 17. «L' oscure qualità » : il tremore del cuore, la pallidezza del viso il
- venir meno degli spiriti sensitivi, e generalmente la schernevole sua vista-
- — «Dona* in senso di «dao, che si dice anche delle cose spiacevoli.
- 19. Sottintendi: ciò che avviene a me.
- 20. L' aut. ripete in versi quanto aveva detto sopra nella prosa : «Amore
- spesse volte di subito m' a b salia si forte, che in me non rimanea (Cam-
- pami) altro di vita, se non un pensiero (un spirto) che parlava di questa
- donna ».
- 24. Benché vicino alla morte, «cosi smorto», o come dice la prosa
- «quasi discolorito tutto*», fa come un'ultima prova, «mi sforzo», sperando
- trovar conforto, ajuto, nell'aspetto della sua donna, «che mi voglio-
- aitare, credendo guarire».
- 28. Un' agitazione di tanta violenza che somiglia a un terremoto.
- Ancoraché si leggesse «uno tremoto», quest' ultima voce non sarebbe
- identica con «tremito», Inf. XXXI. 106.
- 29. « il sangue , in sul qual io sedea » , dice Iacopo del Cassero. Pure
- T. 74.
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 16. 17. 18. 41
- Questo sonetto si divide in quattro parti, secondo che 30
- quattro cose sono in esso narrate : e perocché ' sono esse
- ragionate di sopra, non m' intrametto se non di distinguere
- le parti per li loro cominciamenti : onde dico che la seconda
- parte comincia quivi: Ch 9 Amor; la terza quivi: Poscia mi
- sforzo; la quarta: E se io levo. 35
- CAPITOLO XVII.
- Poiché io dissi questi tre sonetti, ne' quali parlai a questa
- donna, però che furo narratorii di tutto quasi lo mio stato,
- credeimi tacere, perocché mi parea avere di me assai mani-
- festato. Avvegnaché sempre poi tacessi di dire a lei, a me
- convenne ripigliare materia nuova e più nobile che la passata. h
- E perocché la cagione della nuova materia è dilettevole a
- udirc, la dirò quanto potrò più brevemente.
- CAPITOLO XVIII.
- Conciossiacosaché per la vista mia molte persone avessero
- compreso lo segreto del mio core, certe donne, le quali
- 31. N. Mart. — W. sono di sopra 3. Mart. assai detto
- ragionate — B. sono di sopra nar- 4. sempre non si legge nel cod. M.
- rate 5* N. convenne di ripigliare
- 32. B. non mi trametto M. più nobile della passata
- 7. N. quanto potrò brevemente
- Cap. XVII.
- 1. B. parlai eli questa donna CAp. XVIII.
- 2. M. S. furono quasi narratori !• Per conformarmi alla numerà-
- ri* tutto lo mio stato. aione delle edizioni recenti, fo nuovo
- 3. N. — W. S. credendomi tacere capitolo, benché non se ne trovi
- e non dir più, perocché — M. creden- segno nei testi a penna e nell' ediz. S.
- domi tacere, taceva, per. — C creden- M. per la veduta delta vista
- domi tacere, per. »»'"«
- aoere manca nel cod. N. 2. S. lo segreto del mio operare
- 32. «non m' intrametto», non mi travaglio , non mi do pensiero. Cosi
- pure nel cap. 22. ed in fine della divisione del cap. 43.
- Cap. XVII.
- 2. afuro narratorii di tutto quasi lo mio stato», notificarono presso che
- tutta la mia condizione.
- 4. Il sonetto nono è 1' ultima poesia della Vita Nuova diretta a Beatrice.
- 6. «la cagione della nuova materia è dilettevole a udire»», cioè il ragiona-
- mento che 1' aut. ebbe con « certe donne » , del quale tratta il capitoh»
- seguente.
- Cap. XVIII.
- 1. «per la vista mia», dal mio aspetto.
- Digitized by VjOOglC
- 42 Vita nuova* Cap. 18.
- adunate s' erano, dilettandosi l' una nella compagnia dell' altra,
- sapeano bene lo mio core , perchè ciascuna di loro era stata
- 5 a molte mie sconfitte. Ed io passando presso di loro, sic-
- come dalla fortuna menato, fui chiamato da una di queste
- gentili donne; e quella, che m' avea chiamato, era donna di
- molto leggiadro parlare. Sicché quando io fui giunto dinanzi
- da loro, e vidi bene che la mia gentilissima donna non era tra
- 10 esse, rassicurandomi le salutai, e domandai che piacesse loro.
- Le donne erano molte, tra le quali n' avea certe che si ri-
- deano tra loro. Altre v' erano, che guardavanmi aspettando
- che io dovessi dire. Altre v' erano che parlavano tra loro, delle
- quali una volgendo gli occhi verso me, e chiamandomi per
- 15 nome, disse queste parole: A che fine ami tu questa tua donna,
- poiché tu non puoi la sua presenza sostenere? Dilloci, che
- certo il fine di cotale amore conviene che sia novissimo^
- E poiché m' ebbe dette queste parole, non solamente ella,
- ma tutte le altre cominciaro ad attendere in vista la mia rispon-
- 20 sione. Allora dissi loro queste parole: Madonne, lo fine del
- 6. M. dalla fortuna guidato temente, che — 8. Altre ve n' erano,
- N. menato fui, fui chiara. che
- 7. C. N. W. La donna che m' area 13. N. che io volessi dire
- chiam. 14. M. Mart. delle quali V una
- C. N. W. Tr. 1. era di molto C. N. W. volgendo i suoi occhi
- 8. Tr. 1. gentile parlare W. ver di me, chiamandomi
- 9. W. non era con esse — C (?) 16. M. "W. sostenere la sua pre-
- N. non era con loro senta
- 10. S. raffigurandomi le salutai N. W. v. sostenere degli occhi,
- 11. "W. — S. ve »' avea certe che Che certo
- si rid. — M. ve ne avean certe 17. B. dilloci; perocché 'l fine
- che si rid. — C. N. v' avea che si M. di tale amore
- rid. — "W. di prima mano n' erano B. conviene essere nov.
- certe che si r. 18. C. N. W. detto questo, non
- 12. Tr. 1. Altre v' erano simigliane 20. N. Madonna
- S. la fine del mio am.
- 5. «era stata a molte mie sconfitte» presente, allora che il veder
- Beatrice aveva disconfitto la poca sua vita (cap. 16.).
- 17. a novissimo», insolito, assai diverso dal fine di altri amori.
- 19. «cominciaro ad attendere in vista la mia risponsioneo, 1' espressione
- dei loro visi faceva conoscere che aspettassero la risposta dell' aut.
- «Marzia tua ... in vista ancor ti prega . . . che per tua la tegni ». Purg.
- I. 79.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 18. 43
- mio amore fu già il saluto di questa donna, forse di cui voi
- intendete; ed in quello dimorava la beatitudine e il fine di
- tutti i miei desiderii. Ma poiché le piacque di negarlo a me,
- lo mio signore Amore, la sua mercè, ha posta tutta la mia
- beatitudine in quello, che non mi puote venir meno. 2S
- Allora queste donne cominciaro a parlare tra loro ; e sic-
- come talor vedemo cader 1' acqua mischiata di bella neve,
- così mi parea vedere le loro parole uscire mischiate di sospiri.
- E poiché alquanto ebbero parlato tra loro, mi disse anche
- questa donna, che mi avea prima parlato, queste parole : Noi 30
- ti preghiamo, che tu ne dica ove sta questa tua beatitudine.
- Ed io rispondendole, dissi cotanto: In quelle parole che lo-
- dano la donna mia. Ed ella rispose.* Se tu ne dicessi vero,
- quelle parole che tu n' hai dette, notificando la tua condi-
- zione, avresti tu operate con altro intendimento. 35
- 21. W. fa già lo salute S. così mi farce
- N. forse di che voi — Frat. di 28. C. N. — M. W. S. udire le loro
- cui voi forse parole. Gli argomenti che militano
- 22. M. — S. la felicità del fine — per 1' una e per 1' altra lezione mi
- B. la beat, del fine — N. la beat. sembrano di forza quasi uguale.
- che era fine — W. la 'beat, che è fine. Vedi Inf. XXXIII. 9.
- 23. N. tutti i miei buoni desiderii M. W. S. — N. seguito dal
- — C. tutti i miei beni e desid. Frat. salta V uscire
- S. Ma poiché le piace 30. M. W. S. — N. prima m' avea
- 24. M. S. — Frat. la sua mercede. parlato
- «Mercede è compenso del lavoro, è 31. M. S. dove è questa
- prezzo di opera prestata. La sua 33. M. W. S. Allora mi rispose
- ■mercè vale : per sua misericordia ». questa che mi parlava : Se tu
- (LiOD. Pizzo.) M. S. Se tu mi dicessi
- 26. S: parlare fra loro 34. M. "W. che tu hai dette — S.
- 27. M. e S. tralasciano la parola che tu mi hai dette
- cader 35. M. S. con altra intenzione
- 21. «forse» ; 1' aut. non vuol concedere direttamente, che queste donne
- abbiano « compreso lo segreto del suo cuore ».
- 23. Vedi sopra cap. 10.
- 28. « mi parea vedere le loro parole » — « Se si avverta che le donne
- parlano intra loro, e che Dante non dice di che esse parlassero, può dirsi
- con verità di vedere alcuni parlar tra loro , quando non se ne oda il di-
- scorso». Machibelli. — «Ed ancorché le donne avessero parlato coli' aut.,
- -non sarebbe inconveniente il dire, che gli parea vedere le loro parole
- mischiate di sospiri, come il conte Ugolino disse : Parlar e lagrimar vedrai
- insieme». Giuliani.
- 33. Se fosse vero, che, come dici, tutta la tua beatitudine consista nelle
- parole che lodano la donna tua, non avresti detto che il pensiero eh' esalta
- Digitized by VjOOglC
- 44 Vita nuova. Cap. 18. 19.
- Ond' io pensando a queste parole, quasi vergognoso mi
- partii da loro; e venia dicendo tra me medesimo: Poiché è
- tanta beatitudine in quelle parole che lodano la mia donna,
- perchè altro parlare è stato il mio ? E però proposi di pren-
- 40 dere per materia del mio parlare sempre mai quello che
- fosse loda di questa gentilissima; e pensando a ciò molto,
- pareami avere impresa troppo alta materia quanto a me,
- sicché non ardia di cominciare; e così dimorai alquanti dì
- con desiderio di dire e con paura di cominciare.
- CAPITOLO XIX.
- Avvenne poi che, passando per un cammino, lungo il quale
- sen giva un rio chiaro molto, giunse a me tanta volontà di
- dire, che cominciai a pensare il modo eh' io tenessi ; e pensai
- 36. Frat. , non so donde , quasi capo verso , come sogliono per in-
- vergognandomi dicare un nuovo capitolo.
- 37. S. tra me atesso 2. N. seguito dal Frat. correa un.
- 39. C. N. E proposi rio molto chiaro a" onde, giunse a
- 40. M. di prendere materia, lezione me — S. seguiva un rivo chiaro
- seguita dal Giuliani nei suoi com- molto, a me giunse — Tutti gli altri
- menti, non però nel testo. come il testo; si osservi però che
- 41. molto manca nel cod. M. dalle note del Pizzo non risulta con
- 42. B. avere presa certezza, se il cod. M. abbia, o non
- abbia il d' onde. Vedi anche cap. 9.
- Cap. XIX. u n . 18 .
- 1. I testi a penna non fanno
- il valore dell' Amore sia folle , e non ti saresti lagnato di chi , vedendoti
- impallidire, non ti conforta.
- 40. Da ora innanzi 1' aut. non si lagna mai più delle durezze di Bea-
- trioe, e del rimanergli ricusato quel «dolzore» al quale nel sonetto sesto
- sperava arrivare: Anzi, nel Purg. (XXXI. 22.) si fa rinfacciare da lei:
- Per entro i miei disiri ,
- Che ti menavano ad amar lo bene,
- Di là dal qual non è a che si aspiri,
- Quai fossi attraversati, o quai catene
- Trovasti, per che del passare innanzi
- Do vessiti così spogliar la spene.
- Tutto al contrario le poesie del Convivio, e quelle che appartengono
- all' istessa epoca si dolgono continuamente della severità di quella «donna
- gentile», che sul principio si era mostrata tanto pietosa verso 1' autore.
- Cap. XIX.
- 2. Si direbbe che la scena sia identica con quella descritta nel cap. 9.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 19. (Canz. 1.) 45
- che parlare di lei non si conveniva, se non che io parlassi
- a donne in seconda persona; e non ad ogni donna, ma sola- 5
- mente a coloro, che sono gentili, e non sono pur femmine.
- Allora dico che la mia lingua parlò quasi come per sé stessa
- mossa , e disse : Donne, cK avete intelletto d* amore. Queste
- parole io riposi nella mente con grande letizia, pensando di
- prenderle per mio cominciamento : onde poi ritornato alla 10
- sopraddetta cittade, e pensando alquanti dì, cominciai una
- canzone con questo cominciamento, ordinata nel modo che
- si vedrà di sotto nella sua divisione.
- CANZONE PRIMA.
- I. Donne, eh' avete intelletto d' amore,
- Io vo' con voi della mia donna dire; 15
- Non perch' io creda sue laude finire,
- Ma ragionar per isfogar la mente.
- 4. N. che 'l parlare di lei 10. N. onde poi ritornai
- N. W. non ti conveniva che io 11. S. cominciai la cant. ordinata
- facessi 12. M. S. ord. come ti vedrà ap-
- N. "W. te non parlotti a donne pretto
- 6. M. a quelle che sono geni. C. N. aggiungono: La canzone
- 8. motta manca nel cod. N. comincia coti — W. La cant. com.
- M. S. e ditti allora una can- Donne eh' av. int. d' am.
- zone la quale comincia
- M. Donne ecc. — come appretto 16. G. S. tua lode fin.
- 5. Dacché Beatrice gli negò il suo saluto , 1' aut. supponendo eh' ella
- non gradisca che le sue rime direttamente si rivolgano a lei, dirizza le di
- lei lodi ad altrui, vale a dire ad altre donne. E non gli basta che siano
- •pur femmine*, donne semplicemente ; non vuol parlare che a donne , che
- sono gentili. Nella canz. in vece di «gentili», dice «che hanno intelletto
- d' amore » ; ma è 1' istesso pensiero , perchè • Amore e '1 cor gentil sono
- una cosa» (Son. 10.).
- 7. «la mia lingua parlò quasi come per sé stessa mossa», cioè per in-
- spirazione d' Amore. Purg. XXIV. 52.
- 14. «In un luogo del Purg. (XXIV. 15.) pare accennato che questa
- non solo fu la prima canzone, ma ancora o la prima poesia pubblicata , o
- al meno la prima che diventasse famosa, o che desse gran nome al
- Poeta » . . . . « Si deduce chiaramente dai versi citati che quella canzone a
- Beatrice fu la prima posta da Dante nella prima publicazione, or diremmo
- edizione , delle proprie poesie , e che egli n' ebbe fin d' allora nome di
- uno fra gli ottimi, se non forse di ottimo poeta di sua età». Balbo, Vita
- di Dante cap. 3, 4.
- « eh' avete intelletto d' amore » , amorose , che in cuore vostro com-
- prendete che è amore.
- Digitized by VjOOglC
- %t.'~ r « ■ivi*» m fi li «ci??.
- •' !•*. *" vt all«:ra a: a per£**$èi at5t*.
- ¥*r+i. pirLànt£>_ iBsisKrar Là irre-
- tii *> *•« t>" p**rìar a aliia-m?*.
- •_£•? •ì:t^-ì-3 p*?r :«■*"» tl^:
- >L* tratterà «ri si* C**tl>
- I*"cz£ e an*>r»:-M?. e a ttì. - —
- «-1- -"" è cesi «Lt pariira* altnL
- IL Ar. .r-:I .- ciiAz^a ia lira» ir^H^o,
- Mrravizlfa a*IT ano. ci* pr»:c*vl»
- I** :zi" arTiJ. cL* tu quassù rèp^rade.
- L»> ci-I«>. ci* *:a aai* altro iif-etto
- «.=.«? -i" arer Iti. ai suo Sitaor la ciird»;
- I*. Pr. /"» irw'i #^: wz'^r* — B. tsi>tVm — T. wì iTr. £«£. (.Tedi il
- S'TM'Z.i'i'' -a *w: rsy» c*aun>*»t •-•
- 27. X. <*"* s»*rvsr* «."•/-*• — PaL -/à" 3 . M. Mzrzrii ■* d~ bob *£~o
- 9*'S-+rr ?.* *-T"*» — M. te r*ia Zi. M. i* «■« *vr*«t«
- .' **«" X- ri' ì*.t~* — B» rie "a fm
- 2*. Tat. e Frat. JV*** .--*"** 32. IL r*-? *•* ** prà «'*/t> —
- 3C. Pai- Pr. G. ▼- ed aie-sai y. Pr. rf* »■.* f-rr« «rftr» — B- eie
- alrri ". i'?i+. *«.*«'. J>**c- Lezzcze cent- *. « t* x."*">
- =>;=siaZA ìaì BaIòo tì» è D. c. J. fi. M. m w.- S'j*v§r
- X. K. e «a! ó: — Tat. d '*'&>
- 5»v Se. invasato dalla dolcezza di Amore, «bob per dessi artiif», e a»
- 1 k» tarsio bastasse a fané le lodi della Baia denna. la «carte die sen-
- tisse le saie parole •* innamorarebbe di lei. beawfeè bob xednta. Ma il
- j«o bbìo iaceono bob an pezaaette di stirar a cosi alto «ne: bob parlerà
- «rznqie che «per infocar la ante» « « Sì e** io sfreni il dolor che il cor
- m" impregna* Ini. rXXEQ. 113. i. e quanto diro per esporri la «bb genti-
- lezza, sarà tannerò, imperfetto, a parasroae d«l vero. — «L*aBÌBaa dice:
- o sae lassa . ek" io bob soa possente di dir quel ea* odo deBa doBBa Baia*.
- Canz. «Asaor. che ntlla Bacate*.
- j^. Le utaaxe deli' aaceio si rxrolcoao a Pio : asa sarebbe saperUno,
- se Tolesae formarle ia parole e profferirle ad alta voce. Iddìo (« lo spegli»
- In che, prima che pesisi, il pensaer pandi • [Par. XT. tó.] I conoscerà quel
- pensiero anche prisaa che Y angelo r aresse concepito. Qoelle istauro
- dnnqne non perrenjeono a Dio di fnori, nta si BBanifestano Bella divina
- Bsente stessa . nel • diTino intelletto ».
- 3i>. « Meraritflia nell* atto » . non solamente in potenza , na smeraTtglin
- de/lotta in atto, cioè effettrra, che nell' istesso tempo prodnee Biiracoli
- in attrai.
- 35. Al cielo non manca altro che di posseder lei.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 19. (Canz. 1.) 47
- E ciascun santo ne grida mercede.
- Sola pietà nostra parte difende^ — " 35
- ^ Che parla Iddio, che di madonna intende:
- Diletti miei, or sofferite in pace.
- Che vostra speme sia quanto mi piace
- Là , ov' è alcun che perder lei s' attende^
- E che dirà nell' Inferno a' malnati: - 40
- Io vidi la speranza de' beati.
- III. Madonna è desiata in sommo cielo:
- 35. W. e W. r. nel testo Sella • ed allora parimente deve dire
- pietà, cioè Se la pietà come ai trova nottra *.
- nella Pr. Lezione, che potrebbe di- 36. Vat. che di mia donna int.
- fendersi, mettendo un segno d' in- 38. G. v. Che vostra speme si è —
- terrogazione in fine del verso se- W. Che nostra spene sia
- guente: Che cosa risponde Iddio Pai. quando mi piace — M.
- alla pietà , cosa intende far di quanà" a me p.
- madonna? 39. Nel cod. M. i tre ultimi versi
- B. segue nel testo la nostra della strofe si leggono cosi:
- lezione, ma nelle note la dà per È nel mondo uno che perdendo lei
- variante, e riferisce l'altra: pietà intende,
- vostra parte di/. , come se fosse del D' andare nello Inferno agli malnati,
- suo testo. Vi aggiunge : « se questo E veder la speranza dei beati
- verso è della prima parte della Pai. perderla s' attende
- Strofe , nella quale parlano gli 40. W. r. Pr. che diran nelV In-
- Angeli, dee dire nostra; ma se è ferno i malnati
- della seconda parte , nella quale M. Vat. e Pai. o malnati
- risponde Iddio agli Angioli mede- 42. B. in V alto cielo — Tutti i
- simi , dee dire vostra. Può essere testi a penna, e le edd. G. e S. stanno
- ancora che sia come un detto asso- con noi. — I soli W. r. e Pr. leggono
- luto del Poeta» (e lo è senza fallo) : in altro cielo
- 34. Ne implora la grazia.
- 36. Vedi 1' annotazione critica. — La misericordia divina difende la
- parte dei viventi in terra, e per questo («che») Iddio parla, rispondendo
- all' angelo ed ai santi.
- 38. Dicendo «vostra speme», Iddio «intende di madonna*.
- 39. Il presentimento della morte di Beatrice era già venuto al poeta.
- 40. «È chiaro qui, che quando scrisse Dante questa sua canzone, egli
- avea già concepita qualche idea, almen della prima cantica del poema» . . .
- «In qual anno precisamente venisse a Dante quest'idea, non è possibile
- determinarlo; bensì può dirsi, che non fu posteriore al 1289, essendo di
- tal anno al più tardi la citata canzone*. Balbo dove sopra. — È da osser-
- varsi del resto che varcata la porta oscura dell' Inferno Dante non sola-
- mente non parla di Beatrice , ma non 1' accenna nemmeno , come Virgilio
- veramente lo fa (Inf. XII. 88.). — «Neil' Inferno a' malnati». Vedi
- Inf. XXXII. 13. « O . . . mal creata plebe . . . Me' foste state qui pecore
- o zebe».
- 42. Nella terza canz. (cap. 32.) si dice «Ita n' è Beatrice in 1' alto
- Digitized by VjOOglC
- 48 Vita nuova. Cap. 19. (Canz. 1.)
- Or vo' di sua virtù farvi sapere.
- Dico: qual vuol gentil donna parere
- 45 Vada con lei; che quando va per via, ^k
- Gjtta ne' cor villani Amore un gelo , w\
- Per che ogni lor pensiero agghiaccia e pére.
- %E qual soffrisse di starla a vedere
- Diverria nobil cosa, o sLniorria: > A
- 50 E quando trova alcun che degno sia
- Di veder lei, quei prova sua virtute;
- \- Che gli avvien ciò che gli dona salute,
- E sì P umilia, che ogni offesa obblia.
- Ancor le ha Dio per maggior grazia dato,
- 55 Che non può mal finir chi le ha parlato.
- IV. Dice di lei Amor: Cosa mortale
- Come esser può sì adorna e sì pura ?
- Poi la riguarda, e fra sé stesso giura
- 44. M. Che qual vuol donna gentil 51. W. che prova — W. r. Pr. per
- apparere provar — M. e provar
- 45. N. e W. con lei quando 52. G. Che gli addivien ciò che gli
- 46. "W. r. e Pr. nel chor uìllano dà, lezione che sembra trovarsi
- M. villan d? amor — W. t. hu- anche nel cod. M.
- mani amore 53. M. Così umilia eh* ogni cosa
- 47. Vat. Sì eh' ogni oblia — W. r. e Pr. G. v. E sì V uni.
- Il cod. Pai. attribuito al Pe- eh' ogni cosa oblia
- trarca ( t ! ) ogni buon pensiero — Pr. 57. M. Gr. Coni' esser puote
- ogni suo pensiero M. così ad. epura — ' G. sì ad.
- 49. W. v. over morria — W. r. e pura — Tr. 1. sì ad. cosa e pura
- Zatta ecc. e si morria
- cielo». — In questa strofe il poeta dice della sua donna «quanto dalla
- parte della nobiltà della sua animto, narrando alquanto delle sue virtudi
- effettive, che dalla sua anima procedono».
- 44. «E qual donna gentil questo non crede, Vada con lei, e miri gli
- atti suoi». Canz. • Amor dacché convien ».
- 47. I pensieri dei villani sono villani, ma 1» aspetto di Beatrice fa ag-
- ghiacciare e perire ogni tal pensiero.
- 49. Guido Cavalcanti ballata 8. « Ed io , s' i' la guardassi , ne morria ».
- 51. «quei prova sua virtute», sente gli effetti dalla virtù di Beatrice
- in lui prodotti. «Ogni abito destro Fatto a-verebbe in lui mirabil prova».
- Purg. XXX. 117.
- 53. Vedi sopra cap. 11. lin. 4. — «1 -umilia», in senso favorevole, gli
- compartisse la virtù dell' umiltà. «La vista sua fa ogni cosa umile». Son.
- del cap. 27. Un pensiero analogo, ma in senso contrario, ricorre nella
- canz. «Amor, che nella mente»: «Quest'è colei, che umilia ogni per-
- verso ».
- Digitized by VjOOglC
- Yita nuova. Cap. 19. (Canz. 1.) 49
- Che Dio ne intende di far cosa nuova.
- Color di perla quasi informa, quale r—~ . 60
- Conviene a donna aver, non fuor misura:
- Ella è quanto di ben può far natura;
- Per esempio di lei beltà si prova.
- Degli occhi suoi, come eh' ella gli muova,
- Escono spirti d' amore infiammati, 65
- Che fieron gli occhi a qual, che allor gli guati,
- E passan sì che '1 cor ciascun ritrova.
- Voi le vedete Amor pinto nel riso,
- Ove non puote alcun mirarla fiso.
- 59. Vat. Che Dio ne 'Menda 67. W. r. e Pr. sostituiscono a
- 60. Pai. W. di perle ha quasi in questo verso l' altro : E va chiamando
- Jorma Amor ciascuno a prova, che appar-
- si. M. A donna si convien tiene alla canz. «Amor, che nella
- 62. M. Ella è di ben quanto può mente» str. 3.
- Jar natura 68. M. Voi gli vedrete — Pai. Voi
- 65. Pai. N'escono " la vedete — Tr. 1. A lei vedete
- Vat. sp. a" am. a/fiammati Tutti i testi leggono malamente
- 66. Vat. E feron gli occhi pinto nel viso
- M. e Pai. a qual che allor la 69. N. W. r. Pr. — M. Pai. Vat.
- guati — Ce. y. a qual hor che gli Là 've non puote — G. Là u' non
- guati puote — W. Nel qual non p.
- 59. « cosa nuova» , di bellezza giammai veduta. «Ah Dio ! così novella
- Puote a erto mondo dimorar figura, Ghed è sovra natura?» Guittone
- •d' Arezzo Canz. 25.
- 60. «Color di perla informa»: nelle fattezze di Beatrice il color di
- perla, cioè di un pallido temperato (a non fuor misura») ha preso forma
- umana. — Nel cap. 37. 1' aut. dice della «donna gentile » : * dovunque
- questa donna mi vedea, si facea d' una vista pietosa, e d' un color pallido,
- quasi come d' amore ; onde molte volte mi ricordava della mia nobilissima
- donna, che di simile colore si mostrava tuttavia*. «Un pallor di viola e
- d' amor tinto». Petrarca Son. 189.
- 63. Canz. «Amor dacché convien» Str. 3. «Gentile è in donna ciò che
- in lei si trova, e bella è tanto, quanto lei somiglia».
- 66. «a qual», a qualsiasi.
- 67. e E passan sì» , vanno sì oltre che giungono tutti al cuore, e se ne
- insignoriscono.
- 68. «L'anima... dimostrasi nella bocca, quasi siccome colore dopo
- vetro. E che è ridere, se non una corruscazione della dilettazione dell' anima,
- cioè un lume apparente di fuori secondo che sta dentro ? . . Ahi mirabile
- riso della mia donna, di cui io parlo». Convivio III. 8.
- 69. Canz. «Amor, dacché convien» Str. 4. «Cose appariscon nello
- suo aspetto , . . . Dico . . . nel suo dolce riso. . . . Elle soverchian lo nostro-
- intelletto , Come raggio di sole un fragil viso : E perch' io non le posso
- mirar fiso , Mi convien contentar di dirne poco ».
- Dante, Opere minori. 4
- Digitized by VjOOglC
- 50 Vita suota. Cap. 19. (Canz. 1.)
- 70 V- Canzone, io so che tu girai parlando
- À donne assai, quando t ? ara» aranzata:
- Or t' ammonisco, perch' io t ? ho alterata
- Per figlinola d' Amor fiorane e piana,
- Che là ore giugni, tu dichi pregando:
- 75 Insegnatemi gir; eh' io son mandata
- A quella, di cui loda io sono ornata.
- £ se non rogli andar, siccome rana,
- Non ristare ore sia gente villana:
- Ingegnati, se puoi, d T esser palese •----• -
- 80 Solo con donna o con uomo cortese,
- Che ti merranno per la ria tostana.
- Tu troverai Amor con esso lei;
- Raccomandami a lui come tu dèi.
- Questa canzone, acciocché sia meglio intesa, la diraderò
- 35 più artificiosamente che le altre cose di sopra, e però ne fo
- tre parti. La prima parte è proemio delle seguenti parole ;
- la seconda è lo intento trattato ; la terza è quasi una ser-
- 71. M. Pai. Con donne 81. Tr. 2. Vat. Che te merranno là
- Pai. poi eh' io V avrò per via tostana .
- 74. Tutti i testi a penna, meno 83. Tr. 2. Raccomandati
- W. r. che legge colle edd. Pr. G. S. C. N. a lor — Tutti gli altri
- Che doee giugni a lui
- 76. M. N. Pai. W. e W. r. so' a- Pai. sì come dèi
- domata. — Pr. sto adornata
- 77. Pai. E se non vuoti gir. 85. B. che V altre di sopra, e però
- 78. Vat. Non ristar là 've sia ne farò
- 80. W. B. Solo con donne 87. W. — N. lo intento tratto —
- B. con uontin B. il trattato intero
- 71. et' avrò avanzata», messa innanzi, inviata.
- 73. «piana», lieve, agevole ad intendersi.
- 76. A quella, della cui lode sono ornata.
- 77. «vana», forse in senso d'intimidita per vane apprensioni.
- 79. Nella divisione 1' aut. dice « io temo d' avere a troppi comunicato
- l'intendimento dì questa canzone».
- 81. « la via tostana » , la più breve , che si passa più presto.
- 83. Il poeta non ardisce a farsi raccomandare alla sua donna, sperando
- ohe Amore, sulle istanze della canzone, intercederà per lui.
- 87. «intento», partecipio abbreviato del verbo «intentare*, tutto il
- trattato ohe intentai fare.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 19. (Canz. 1.) 51
- vigiale delle precedenti parole. La seconda comincia quivi:
- Angelo chiama; la terza quivi: Canzone, io so. La prima
- parte si divide in quattro : nella prima dico a cui dir voglio 90
- della mia donna, e perchè io voglio dire; nella seconda dico
- quale mi pare a me stesso quand' io penso lo suo valore, e
- come io direi se non perdessi 1' ardimento; nella terza dico
- come credo- dire, acciocché io non sia impedito da viltà;
- nella quarta ridicendo ancora a cui intendo di dire, dico la 95
- ragione per che dico a loro. La seconda comincia quivi:
- Io dico; la terza quivi: Ed io non vo y parlar ; la quarta
- quivi: Donne e donzelle.
- Poi quando dico Angelo chiama, comincio a trattare di
- questa donna; e dividesi questa parte in due. Nella prima 100
- dico, che di lei si comprende in cielo; nella seconda dico,
- che di lei si comprende in terra, quivi: Madonna è desiata.
- Questa seconda parte si divide in due; che nella prima
- dico di lei quanto dalla parte della nobiltà della sua anima,
- narrando alquanto delle sue virtudi effettive, che dalla sua 105
- anima procedono: nella seconda dico di lei quanto dalla parte
- della nobiltà del suo corpo, narrando alquanto delle sue
- bellezze, quivi: Dice di lei Amor.
- Questa seconda parte si divide in due ; che nella prima
- dico d'alquante bellezze, che sono secondo tutta la persona; HO
- 91. B. e che io voglio dire, lezione C. N. W. y. — W. t. virtudi
- errata, dicendosi nel testo della effezioni, che dalla — gU altri vir~
- canz. o Io to' . . . ragionar , per tudi t che dalla. — Il mio cod. spiega
- isfogar la niente ». virtudi effettive «hoc est in alio», che
- 92. B. dico che mi pare producono effetti salutiferi in altrui,
- W. — B. ti suo valore — Torri e ciò corrisponde a quanto si dice
- al tuo valore, male. nella Strofe terza.
- 94. N. - W. B. dire di lei, ac~ 106. B. dalla sua anima procede-
- ciocché vano
- 95. W. a cui ne 'ntendo dire — B. 107. N. W. — gli altri narrando
- a cui io intenda dire alquante
- 96. N. W. dico la cagione * B. delle sue belle bellezze
- B. perchè dica loro 110. Tr. 1. W. — N. W. v. bellezze
- 101. C. N. eh' è di lei a comprendere. secondo tutta la gloria — Torri beli.
- 104. dalla parte manca nei codd. che sono secondo la sua pers. — B.
- C. N. W. salta dall' uno che sono (lin. 110.)
- 105. N. W. — gli altri narrando all' altro (Un. 111.).
- alquante
- 105. « yirtudi effettive » , vedi 1' annotazione critica.
- Digitized by VjOOglC
- 52 Vita nuova. Cap. 19. 20.
- nella seconda dico alquante bellezze, che sono secondo
- determinata parte della persona, quivi: Begli occhi suoi.
- Questa seconda parte si divide in due ; che nelF una dico
- degli occhi, che sono principio di Amore; nella seconda dico
- 115 della bocca eh' è fine d' Amore. Ed acciocché quinci si levi
- ogni vizioso pensiero, ricordisi chi legge, che di sopra è
- scritto che il saluto di questa donna, lo quale era delle
- operazioni della sua bocca , fu fine de' miei desiderii, mentre
- che io lo potei ricevere.
- 120 Poscia quando dico: Canzone, io so, aggiungo una stanza
- quasi come ancella delle altre, nella quale dico quello, che
- da questa mia canzone desidero. E perocché quest' ultima
- parte è lieve ad intendere , non mi travaglio di più divisioni.
- Dico bene, che a più aprire lo intendimento di questa can-
- 125 zone si converrebbe usare più minute divisioni; ma tuttavia chi
- non è di tanto ingegno, che per queste òhe son fatte la possa
- intendere , a me non dispiace se la mi lascia stare : che certo
- io temo d' avere a troppi comunicato il "suo intendimento,
- pur per queste divisioni che fatte sono, s' egli avvenisse che
- 130 molti la potessero udire.
- CAPITOLO xx.
- Appresso che questa canzone fu alquanto divolgata fra
- le genti, conciofossecosaché alcuno amico V udisse, volontà
- \
- 111. Nel cod. N. manca d'alquante 123. B. è òrieve ad intendere
- bellezze Mart. di più minute divisioni
- 112. Il cod. N. seguito dal Torri 124. B. la 'menzione
- Degli occhi suoi li quali sono di questa canzone manca nel
- principio d' Amore. Ed acciocché ecc. cod N.
- 115. B. Amore, acciocché 130. B. le potessino
- 117. Tr. 1. — C. N. W. era dell' ope-
- razione della sua bocca — Gli altri Cap. XX.
- era operazione d. s. b. Vedi il com- 2. S. uno amico V udisse
- mento.
- 116. Dicendo la bocca [di Beatrice fine del suo amore, teme che
- a viziosi pensieri» possano supporre eh' egli aspiri ad averne un bacio.
- 117. Due sono e le operazioni » , ossia gli atti, della bocca di Beatrice :
- e uno de' quali è il suo dolcissimo parlare* (che comprende in so «il
- saluto»), e al' altro lo suo mirabile riso».
- 121. «aome ancella», sopra lin. 88. la chiamò a servigiale ».
- 123. «non mi travaglio», altrove dice «non mi trametto».
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 20. (Son. 10.)
- 53
- lo mosse a pregarmi eh' io gli dovessi dire che è Amore,
- avendo forse, per le udite parole, speranza di me oltreché de-
- gna. Ond' io pensando che appresso di cotal trattato, bello
- era trattare alquanto d' Amore , e pensando che 1' amico era
- da servire, proposi di dire parole, nelle quali trattassi d' Amore ;
- e dissi allora questo sonetto:
- /.
- SONETTO DECIMO.
- Amore e '1 cor gentil sono una cosa,
- Siccom' il Saggio in suo dittato pone ;
- E così esser V un senza V altro osa,
- Com' alma razionai senza ragione.'
- Fagli natura, quando è amorosa,
- Amor per sire, e '1 cor per sua magione,
- 10
- 3. C. N. volontà gli mosse
- N. eh' io gli dicessi
- 5. M. Tr. 2. Ond' io conoscendo
- 6. C. M. N. Tr. 1. W. S. — B.
- trattare alcuna cosa d' Am.
- 8. C. N. e dissi questo son.
- 9. Frat. Amore e cor gent. —
- Tutti i testi a penna, meno W. r.,
- e tutte le edd. anteriori hanno 1' ar-
- ticolo.
- 11. W. W. r. G. S. — M. esser un
- sema V altro — C. N. senza l' un
- V altro esser
- 14. G. t. Amor pregiare il core
- W. W. r. per sua ragione
- Cap. XX.
- 10. »Saggi», o «Savi» dice Dante i poeti degni di parti colar considera-
- zione. Tale è il titolo dato da lui in numerosi passi della Commedia a
- Virgilio , tale dice Stazio (Purg. XXIII. 8., XXVII. 67., XXXIII. 15.), per
- l' i stesso nome accenna Giovenale (Conv. IV. 13.), e tale è il carattere col-
- lettivo da lui dato ad Omero , Virgilio, Orazio, Ovidio e Lucano (Inf. IV.
- 110.). I poeti provenzali, benché si vantino del loro «Bavere» (Forchetto
- da Marsiglia «Tan mou de corteza razo ». Rochegude Parnasse Occitan.
- 62.), per quanto io sappia, non si dicono «savi», ma «dictayres» , dicitori.
- « dittato » « dictatz » è il solito termine degli antichi , tanto provenzali,
- quanto italiani, per componimento poetico.
- ' Il «dittato» a cui allude il nostro poeta è la celebre canzone di Guido
- GuinioeIìLI, Bolognese («Maximus Guido», Purg. XXVI. 97.), e part colar-
- mente il principio di essa: «Al cor gentil ripara sempre Amore, Come
- 1' augello in selva alla verdura. Né fé' Amor anti che gentil core , Nò
- gentil cor anti che Amor , Natura». — « Amor . . al cor gentil ratto s' ap-
- prende » Inf. V. 100.
- 12. « . . Non pur le nature provvedute Son nella mente eh' è da sé per-
- fetta, Ma esse insieme con la lor salute». Parad. VIII. 100.
- Digitized by VjOOglC
- 54 Vita nuova. Cap. 20. (Son. 10.)
- 15 ""Dentro alla qual dormendo si riposa
- Talvolta poca, e tal lunga stagione.
- Beltate appare in saggia donna pui,
- Che piace agli occhi si, che dentro al core
- Nasce un desio della cosa piacente:
- 20 E tanto dura talora in costui, ■ * . • * - -
- Che fa svegliar lo spirito d' amore;
- E simil face in donna uomo valente.
- Questo sonetto si divide in due parti. Nella prima dico di
- lui in quanto è in potenza ; nella seconda dico di lui in quanto
- 25 di potenza si riduce in atto. La seconda comincia quivi : Bei-
- tate appare. La prima si divide in due : nella prima dico in
- che soggetto sia questa potenza; nella seconda dico come questo
- soggetto e questa potenza sieno prodotti in essere, e come 1' uno
- guarda V altro, come forma materia. La seconda comincia
- 30 quivi: Fagli natura. Poi quando dico: Beìtatfi appare, dico
- come questa potenza si riduce in atto; e prima come si ri-
- duce in uomo, poi come si riduce in donna, quivi: E simil
- face in donna.
- 15. G. B. v. Dentro allo qual in che sogg., intercalazione notata
- N. quale dormendo si posa in marg. dal cod. W.
- 16. N. Talvolta poco — G. Tal- 28. N. W. t. — W. v. prod. ad
- tolta bri ève essere e come — B. prodotti insieme,
- e come — Giuliani, combinando le
- due lezioni , prod. insieme in essere ;
- 24. N. è a potenza. e come, lezione ohe approverei, se
- 26. N. dico , in quanto di potenza, fosse validata da testi a penna.
- 29. C. N. come la forma materia
- 15. «alla qual» magione. — «dormendo», cioè in potenza, non ancora
- in atto.
- 17. Purg. XVIII. 19. «L' animo, eh' è creato ad amar presto, Ad ogni
- cosa è mobile che piace, Tosto che dal piacere in atto è desto. Vostra
- apprensiva da esser verace Tragge intenzione, e dentro a voi la spiega,
- Sì che 1» animo ad essa volger face. E se , rivolto , inver di lei si piega]
- Quel piegar è amor, quello è natura, Che per piacer di nuovo in voi si
- lega. Poi . . . . T animo preso entra, in disire ... e mai non posa Finché
- la cosa amata il fa gioire.
- 22. Beltà e saggezza dalla parte della donna riducono in atto l' amore
- nel cuore dell' uomo, e così valore della parte dell' uomo nel cuore di
- donna.
- 23. «dico di lui » , cioè di Amore.
- 27. «dico in che soggetto » : nel cuor gentile.
- 29. Il cuore ò la materia, Amore la forma.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuòva. Cap. 21. (Son. 11.) 55
- CAPITOLO XXI.
- Posciache trattai Amore nella soprascritta rima, ven-
- nemi volontà di dire anche in lode di questa gentilissima pa-
- role, per le quali io mostrassi come si sveglia per lei quest' amore,
- e .come non solamente si sveglia là ove dorme , ma là ove
- non è in potenza, ella mirabilmente operando lo fa venire. 5
- E dissi allora questo Sonetto:
- SONETTO UNDECIMO.
- ^ Negli occhi porta la mia donna Amore;
- Per che si fa gentil ciò eh' ella mira:
- Ov' ella passa, ogni uom ver lei si gira,
- E cui saluta fa tremar lo core. . --—' IO
- Sicché, bassando il viso, tutto smuore,
- E d 7 ogni suo difetto allor sospira:
- 1. N. Poiché trattai
- * 5. I testi M. e W. non hanno
- Cap. XXI. V ella — S. gli sostituisce e là
- B. mìrabìlm. il fa venire ope-
- », — « ~ », ~ rando — operando manca nei codd.
- M. W. B. — C. N. S. sopra- m N".
- detta rima. Dante udisse» il sonetto, * *
- componendolo; dopo composto non 9 u.Làdovepassa-Sctp.Làovep.
- poteva che «scrivere», o recitarlo. Torri oonun
- 2. B. vennemi voglia H. M . W . Sicché, abbassando
- M. S. volontà di voler dire 12, G. S. Ed ogni suo difetto. Il
- 3. M. W. per lei si sveglia primo a corregger 1' errore fu il
- 4. Frat. non solamente lo sveglia Fraticelli.
- Cap. XXI.
- 4. Che beltà e saggezza di donna sveglino amore, lo reducano in atto
- nel cuore in cui esso amore già dorme, esiste in potenza, corrisponde alla
- legge universale; ma che Beatrice lo faccia venire, o nascere nei cuori,
- che non vi sembravano qualificati, nei quali amore non dormiva in po-
- tenza, è un miracolo, un' operazione mirabile.
- 7. Farad. XXVIII. 11. «i begli occhi, Onde a pigliarmi fece Amor
- la corda».
- 8. Per poter ricevere Amore, bisogna che prima il cuore sia in-
- gentilito.
- 10. Sopra cap. 14. «mi parve sentire un mirabile tremore cominciar
- nel mio petto», e son. 9. «s'io levo gli occhi per guardare, Nel cor mi
- «' incomincia uno tremuoto».
- 11. Sopra canz. 1. str. 3. « Gitta ne' cor villani Amore un gelo, Perchè
- ogni lor pensiero agghiaccia e pere».
- Digitized by VjOOglC
- 56 Vita nuova. Cap. 21. (Son. 11.)
- il Fugge dinanzi a lei superbia ed ira:
- Aiutatemi, donne, a farle onore.
- 15 *~ Ogni dolcezza , ogni pensiero umile
- Nasce nel core a chi parlar la sente;
- Ond' e beato chi prima la vide.
- Quel eh' ella par quand' un poco sorride ,
- Non si può dicer, né tener a mente,
- 20 Sì è nuovo miracolo gentile-
- Questo sonetto ha tre parti. Nella prima dico siccome
- questa donna riduce in atto questa potenza, secondo la nobilis-
- sima parte degli occhi suoi: e nella terza dico questo mede-
- simo secondo la nobilissima parte della sua bocca. E intra
- 25 queste due parti ha una particella, eh' é quasi domandatrice
- d' aiuto alla parte precedente ed alla seguente, e comincia quivi :
- Aiutatemi donne. La terza comincia quivi: Ogni dolcezza.
- La prima si divide in tre; che nella prima dico siccome
- virtuosamente fa gentile tutto ciò eh' ella vede ; e questo è
- 13. Frat. Fuggon 25. Tr. 1. W. due parti è una —
- Scap. Or. S. dinanzi a tei B. due p. ha una
- / 14. N. Aitatemi voi, donne 26. Mart. — "W. alle precedenti
- 17. Scap. G-. S. Ond' è laudato parti — N. alle procedenti parti —
- M. cìd 'nprìma la vide B. alla parte dinanzi
- 18. Vat. Quel eh' ella pare qu. un ed alla seguente manca nel
- po' sorride cod. N.
- 20. Bice. Vat. e Scap. Tanto è nuovo 28. N. e nella prima
- M. miracolo e gentile N. come virtuosamente
- 29. N. fa gentile ciò
- 13. Canz. (Amor, che nella mente» Str. 4. «Sua beltà piove fiammelle
- di fuoco. ... E rompon come tuono GÌ' innati vizi, che fanno altrui vile».
- 17. «chi prima la vide», deve stimarsi beato chi prima la vide, chi, avendo
- principiato per vederla, in seguito sentì la virtuosa potenza di Amore. — Sup-
- ponendo che «vide» stia per «vede», tempo presente, sarebbe da intendersi :
- chi da prima la vede, chi appena 1' ha vista.
- 19. «Non si può dicer.» Canz. «Amor, dacché convien» str. 1. «se le
- mie rime avran difetto , Di ciò si biasmi ... il parlar nostro , che non ha
- valore. Di ritrar tutto ciò che dice Amore». — «né tener a mente».
- Parad. I. 8. «Nostro intelletto si profonda tanto, Che retro la memoria
- non può ire».
- 23. Convivio III. 8. «Perocché nella faccia massimamente in due luoghi
- adopera V anima, cioè negli occhi e nella bocca, quelli massimamente a-
- dorna, e quivi pone lo 'ntento tutto a far bello, se puote».
- 29. «virtuosamente», per le sue doti ingenite.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 21. 22. 57
- tanto a dire, quanto inducere Amore in potenza là ove non è. 30
- Nella seconda dico, come riduce in atto Amore ne' cori di
- tutti coloro cui vede. Nella terza à^ico quello che poi virtuosa-
- mente adopera ne' lor cori. La seconda comincia: Ov' ella
- passa: la terza: E cui saluta.
- Quando poscia dico: Aiutatemi, donne , do ad intendere 3&..
- a cui la mia intenzione è di parlare, chiamando le donne
- che m' aiutino ad onorare costei.
- Poi quando dico: Ogni dolcezza, dico quel medesimo che
- detto è nella prima parte, secondo due atti della sua bocca;
- uno de' quali è il suo dolcissimo parlare , e 1' altro lo suo 40
- mirabile riso; salvo che non dico di questo ultimo come
- adoperi ne' cori altrui, perchè la memoria non puote ritener
- lui, né sue operazioni.
- CAPITOLO XXII.
- Appresso ciò non molti dì passati (siccome piacque al
- glorioso Sire, lo quale non negò la morte a sé), colui eh' era
- stato genitore di tanta meraviglia, quanta si vedeva eh' era
- questa nobilissima Beatrice, di questa vita uscendo alla
- gloria eternale se ne glo veracemente. Onde, concios- &
- siaché cotale partire sia doloroso a coloro che rimangono, e
- sono stati amici di colui che se ne va , e nulla sia così intima
- amistà, come quella da buon padre a buon figliuolo, e da buon
- 30. N. W. — B. quanto adducere Cap. XXII.
- ^ m ' 1. M. Appretso a questo — S. Aj>-
- 31. C. N. "W. — B. come induce. presso questo
- S* induce la cosa là ove non esiste, 2. S. piacque a quel vivace amore,
- nò in potenza , nò in atto. Lo il quale impresse questo affetto in me,
- svegliar quella ebe già yi era dor- colui che
- miente, cioè in potenza, si dice ri- 3. S. — gli altri quanto si vedeva
- durla in atto 4. Frat. quella mobilissima
- 32. B. non ha virtuosamente
- 5. N. veramente
- 7. N. e niuna sia
- 37. W. B. m' aiutino onorare g M Q s 8aUano da padre (lin 9)
- 39. B. che è detto, e nella a padre (u n . 9.), leggendo del buon
- 42. Mart. non puote ricever lui padre
- 31. Vedi 1' annotazione critica.
- Cap. XXII.
- 4. Folco Fortinari , padre di Beatrice , morì 1' ultimo giorno dell' anno
- 1289.
- Digitized by VjOOglC
- 58 Vita nuova. Cap. 29.
- figliuolo a buon padre ; e questa donna fosse in altissimo grado
- 10 di bontade, e lo suo padre (siccome da molti si crede, e vero è)
- fosse buono in alto grado; manifesto é, che questa donna fu
- amarissimamente piena di dolore.
- E conciossiacosaché, secondo 1' usanza della sopradetta
- cittade, donne con donne, e uomini con uomini si adunino a
- . 15 cotale tristizia, molte donne s' adunaro colà, ove questa Bea-
- trice piangea pietosamente : ond' io veggendo ritornare alquante
- donne da lei, udii lor dire parole di questa gentilissima com' ella
- si lamentava. Tra le quali parole udii che dicevano: Certo
- ella piange sì che qual la mirasse dovrebbe morire di pietade.
- 20 Allora trapassarono queste donne; ed io rimasi in tanta tri-
- j»--|i stizia, che alcuna lagrima talor bagnava la mia faccia, ond' io !
- tJX mi ricopria con pormi spesse volte le mani agli occhi. E se I
- non fosse eh' io attendea anche udire di lei (perocché io era '
- in luogo onde ne giva la maggior parte di quelle donne che
- 25 da lei si partiano), io men sarei nascoso incontanente che le
- lagrime m' aveano assalito.
- 9. W. e questa donna fu in alti»». 19. M. piangeva così — S. piangea sì.
- 11. C. N. W. che questa donna W. che chi la mirasse
- foste N. t. dovrebbe pianger di ptet.
- 12. Torri massimamente piena 20. M. passarono queste — N. tra-
- 13. M. S. secondo che è V usanza passaro quelle
- 14. N. — W. si adunano — S. si M. tanta mestìzia
- adunarono 22. N. — W. con porre spesso alli
- Le parole a cotale tristizia^ miei occhi — M. S. col porre spesso
- molte donne «' adunaro non si leg- agli occhi miei
- gono nei testi M. e S. 23. M. S. eh' io intendeva
- 16. N. piangea duramente e pielo- 24. M. S. — N. onde ne giano
- samente: ond' io — C. piang. dura- W. sec. mano e S. — N. delle
- mente: ond' io — M. piangea: donne — W. pr. m. di queste donne
- ond' io 25. W. io mi sarei
- 15. Frat. udii come dicevano N. perchè le lagrime
- 13. Non solamente usanza di Firenze , ma di quasi tutta 1* Italia. Un
- esempio ne reca il Boccaccio Nov. 36. « Messer Negro . . . disse : Fi-
- gliuola . • . . quello che . . . vivendo egli » (Gabriotto) «volentieri gli avrei
- fatto, cioè onore sì come a mio genero, facciaglisi alla morte. — E vòlto
- a' figliuoli ed a' suo* parenti , comandò loro ohe le esequie s' apparecchias-
- sero a Gabriotto grandi ed onorevoli. Eranvi in questo mezzo concorsi i
- parenti e le parenti del giovane ... e quasi donne ed uomini quanti nella
- città» (Brescia) «n' erano. Per che, posto nel mezzo della corte il corpo
- sopra il drappo della Andreuola e con tutte le sue rose, quivi non sola-
- mente da lei e dalle parenti di lui fu pianto, ma publicamente quasi da
- tutte le donne della città e da assai uomini».
- 25. Mi sarei nascoso, appena che dalle lagrime fui sopraifatto. —
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 22. 59
- E però dimorando ancora nel medesimo luogo, donne anche
- passaro presso di me, le quali andavano ragionando tra loro
- •queste parole: Chi dee mai esser lieta di noi, che avemo
- udito parlare questa donna così pietosamente? Appresso co- 30
- storo passarono altre, che veniano dicendo: Questi che quivi
- è, piange né più né meno come se 1' avesse veduta, come noi
- 1' avemo. Altre poi diceano di me: Vedi questo che non i
- pare desj^. tal e divenuto. E così passando queste donne, ^tf,<
- udii parole di lei e di me in questo modo che detto è. 35
- Ond' io poi pensando , proposi di dire parole , acciocché
- degnamente avea cagione di dire, nelle quali parole io con-
- ■chiudessi tutto ciò che inteso avea da queste donne. E però
- che volentieri le avrei domandate, se non mi fosse stata ri- -—•
- prensione, presi materia di dire, come se io le avessi doman- 40
- date, ed elle m' avessero risposto.
- E feci, due Sonetti; che nel primo domando in quel modo
- che voglia mi giunse di domandare; nell' altro dico la loro
- risposta, pigliando ciò eh' io udii da loro, siccome lo m 7 aves-
- sero detto rispondendo. E comincia il primo: Voi, che por- 45
- tate; il secondo : Se 1 tu colui.
- 28. C. e Torri ragionando e dicendo M. parlar di lei
- tra loro manca nel cod. N. N. che detto ho
- 29. M. di noi, poi che avemo 37. M. W. S. — N. nelle qu. con-
- 31. M. B. Appr. costoro venivano chiudessi
- altre , che venivano die. — S. Appr. 38. tutto manca nel cod. M.
- cost. venivano altre die. Tr. 1. W. — C. N. inteso avessi
- M. W. Questi che è qui — gli altri udito avea
- 33. M. 8. come noi vedemmo 39. Tr. 1. mi fosse fatta riprens.
- M. Vedesti, che non pare — S. 41. N. "W. esse m' avessero
- Vedresti che non p. — N. Vedi 43. M. voglia mi venne
- ■questi, che non p. 44. M. W. la loro responsione
- 34. M. Tr. 2. P. «Desso vale : esso C. N. W. — gli altri come se
- stesso , propriamente esso ; ha più lo m' avess.
- efficacia che esso*. Pizzo. — Gli 45. N. W. P. — gli altri e comin-
- altri non pare esso ciai il primo
- 35. C. N. udiva 46. Mart. W. V altro: Se' tu
- Mettendo 1' accento a a che», si potrebbe intendere: ami sarei nascoso
- subito » , perchè le lagrime m' aveano assalito.
- 34. «non pare desso», 1' aut. si «cangiò in figura d' altrui». Son. 7.
- 36. «acciocché» qui, come di spesso, equivale a perciocché, essen-
- do che.
- Digitized by VjOOglC
- 60 Vita nuova. Cap. 22. (Son. 12.)
- SONETTO DUODECIMO.
- Voi, che portate la sembianza umile,
- Cogli occhi bassi mostrando dolore,
- Onde venite, che '1 vostro colore
- 50 - -• JPar divenuto di pietà simile?
- Vedeste voi nostra donna gentile
- Bagnata il viso di pianto d' amore ?
- Ditelmi, donne, che mei dice il core,
- Perch' io vi veggio andar senz' atto vile.
- 55 - E se venite da tanta pietate,
- Piacciavi di restar qui meco alquanto,
- E quel che sia di lei, noi mi celate:
- Io veggio gli occhi vostri e' hanno pianto,
- E veggiovi tornar sì sfigurate,
- 60 Che 1 cor mi trema di vederne tanto.
- 48. Scap. Negli occhi 53. M. Ditemei
- 50. Bice. Par diventato N. B. che 'l mi dice
- W. G. v. S. — C. N. di pietà 54. Cod. Bedi Veggendovi andar
- sì umile — M. Tr. 2. G. t. di pietra sì con atto vile. Male !
- simile. « Quando diciamo color di 56. Scap. G. S. di ristar
- pietra intendiamo dire bianco» 57. C. N. Scap. Tr.2. — Tr. 1. "W. E
- Pizzo (?). qual che sia — M. E ciò che sia —
- 52. N. Bagnata il viso di pietà G. S. E che che sia
- d'amore — Scap.W. G. S. Bagnar nel B. non mi celate — M. Scap. e
- viso suo di pianto Amore — iti. Bagnar C. Bedi non me 'l celate
- lo viso suo di p. Am. — La lezione 58. N. Ch' io veggio
- da noi prescelta è quella che il 59. C. M. N. Tr. 1. W. — G. S.
- Fraticelli combinò dalle lezioni date veggiovi venir
- qui sopra.
- 47. Grandissima è 1' analogia fra questo sonetto, e quello che nelle
- raccolte delle Bime è dato per terzo, e che principia «Onde venite voi
- così pensose?»
- 50. «di pietà simile», una vista così pietosa (cap. 37.).
- 52. «di pianto d' amore », pianto amoroso , di pietà filiale.
- 54. « senz' atto vile » , umili in sembianza , vestite di gentilezza , « quasi
- ingentilite», giacché ingentilisce chi vede la mia donna. — Nel sonetto
- citato si legge : «Ditemei, s' a voi piace, in cortesia ; Ch' i' ho dottanza che
- la donna mia Non vi faccia tornar così dogliose».
- 55. «da tanta pietate», da scena cotanto compassionevole».
- 56. Sonetto citato: «Deh, gentil donne, non siate sdegnose, Né di
- ristare alquanto in questa via, E dire al doloroso che disia Udir della Bua
- donna alcuna cosa».
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 22. (Son. 13.) 61
- Questo sonetto si divide in due parti. Nella prima chiamo e
- dimando queste donne se vengono da lei, dicendo loro eh' io
- il credo, perchè tornano quasi ingentilite. Nella seconda le
- prego che mi dicano di lei; e la seconda comincia quivi: E
- se venite. 65
- SONETTO DECIMOTEKZO.
- Se' tu colui, c' hai trattato sovente
- Di nostra donna, sol parlando a nui?
- Tu rassomigli alla voce ben lui,
- Ma la figura ne par d J altra gente.
- Deh, perchè piangi tu sì coralmente, 70
- Che fai di te pietà venir altrui? ìtfi
- Vedestù pianger lei, che tu non pur
- Punto celar la dolorosa mente? (,,/ *,s tai ■*■'' '•
- Lascia piangere a noi, e triste andare,
- (E' fa peccato chi mai ne conforta), 75
- Che nel suo pianto V udimmo parlare.
- Ella ha nel viso la pietà sì scorta,
- Che qual 1' avesse voluta mirare,
- Sarebbe innanzi lei piangendo morta.
- Questo sonetto ha quattro parti, secondo che quattro modi 80
- di parlare ebbero in loro le donne per cui rispondo. E pe-
- rocché di sopra sono assai manifesti, non mi trametto di nar-
- 63. N. Nella seconda prego 75. M. ci conforta /^
- 65. Tr. 1. aggiunge in fine Qui 78. C. Redi Che cìnT avesse
- appresso è V altro sonetto, siccome N. voluto mirare.
- dinanzi avemo narrato 79. e. N. Tr. 1. W. — M. t. Sar.
- avanti lei piang. morta — M. v. Sar.
- 66. M. W. colui, e* ha trattato av , a le i caduta morta — G. S. Saria
- 68. Tr. 1. alla voce pur lui dinanzi a IH cad. m.
- 69. C. M. N. W. y. la figura ci par
- 70. M. G. S. — C. N. W. E perchè
- piangi 81. in loro manca nei cod. G. N.
- M. sì crudelmente 82. C. Mart. N. — W. non mi vi
- -v^Jl. M. Che fai venir di te pretate intrometterò — B, non mi trametterò
- y 74. C. M. N. W. Or lascia p. noi C. N. di variare la sent.
- 67. « sol parlando a nni », parlando solamente a donne gentili, quando
- ci dirigesti la canzone a Donne, eh' avete intelletto di Amore ».
- 72. « pui » per «puoi » , come « nui » per e noi ».
- 76. «nel suo pianto l'udimmo parlare». Inf. Vili. 119: (Virgilio)
- «Dicea nei sospiri».
- 77. «si scorta», sì visibile, dipinta.
- Digitized by VjOOglC
- 62 Vita nuova. Cap. 23.
- rare la sentenzia delle parti, e però le distinguo solamente.
- La seconda comincia quivi: Deh perchè piangi tu; la terza:
- 85 Lascia piangere a noi; la quarta: ElV ha nel viso.
- capitolo xxni.
- Appresso ciò pochi dì, avvenne che in alcuna parte della,
- mia persona mi giunse una dolorosa infermitade, ond' io con-
- tinuamente soffersi per molti dì amarissima pena; la quale
- mi condusse a tanta debolezza, che mi convenia stare come
- 5 coloro, i quali non si possono movere. Io dico che nel nono
- giorno sentendomi dolore quasi intollerabile, giunsemi un
- pensiero, il '($&&& era della mia donna. E quando ebbi pen-
- sato alquanto di lei, io ritornai pensando alla mia deboletta
- vita, e veggendo come leggiero era lo suo durare, ancora che
- 10 sana fosse, cominciai a piangere fra me stesso di tanta miseria.
- Onde sospirando forte, fra me medesimo dicea: Di necessità
- conviene, che la gentilissima Beatrice alcuna volta si muoia.
- E però mi giunse uno sì forte smarrimento , eh' io chiusi
- gli occhi e cominciai a travagliare come farnetica persona,
- 83. B. le distinguerò — Mart. la C. N. — Tr. 1. W. a me giunse
- distinguo uno pens. — gli altri a me venne
- 84. B. — N. W. E perchè piangi uno pens.
- 85. W. Lascia piangere, quantun- 8. G. e N. non hanno pensando
- que nel sonetto legga Or lascia piang. M. N. W. v. S. — Tr. 1, 2.
- r tyttt aWa mia debile vita — Mart. "W. t-
- ™f!:. v n . „ .. allam. debilitata vita
- 1. N. - Tutti gli altri Appr. co 10 c N w _ M ^^
- P'rpochtdt ches.no/os»
- 7' ^ \~~ ». T £ 11. medesimo non si legge nel
- grandemente soff. per rnoltt dì — M. d M
- onde io soff. per m. dì continuamente ^ Tr t 2 m necessità conv€rrà ,
- - Tr 1. ondexo o. toffer» per ^ variante g . neUa ^
- nove dì — N. ond' io soffersi per g tr 3 ^ 113
- nov * dì . JJ „ Tr. 2. per oorrez. una volta
- 6 quasi manca nei codd. N. e 13 Tr 3 rf }aUQ amarrimento
- Mart.
- Tr. 1. M sentendo to' io dolere
- quasi intollerabilmente
- N. cAe, chiusi gli occhi , co-
- minciai
- Gap. XXIII.
- 8. «io ritornai pensando», rivolsi i pensieri alla fragilità della vita umana,
- 9. Leggiero è il durare della vita anche in persona sana ; molto più in
- un infermo, come lo era l' aut.
- 14. -a travagliare-, ad alterarmi. Par. XXXIII. 113. «una sola par-
- venza, Mutandone io, a me si travagliava».
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 23. 63
- ed imaginare in questo modo: che nel cominciamento dell' er- 15
- rare che fece la mia fantasia, apparvero a me certi visi di
- donne scapigliate, che mi diceano: Tu pur morrai. E dopo
- queste donne, m' apparvero certi visi diversi ed orribili a
- vedere, i quali mi diceano : Tu se' morto.
- Così cominciando ad errare la mia fantasia, venni a quello, 20
- che non sapea dove io fossi ; e veder mi parea donne andare
- scapigliate piangendo per via, maravigliosamente tristi, e pa-
- reami vedere il sole oscurare sì, che le stelle si mostravano
- di colore, che mi facea giudicare che piangessero , e parevami
- che gli uccelli volando per V aria cadessero morti, e che 25
- fossero grandissimi terremoti. E maravigliandomi in cotale
- fantasia, e paventando assai, imaginai alcuno amico, che mi
- venisse a dire: Or non sai? la tua mirabile donna è partita
- di questo secolo. Allora incominciai a piangere molto pietosa-
- mente; e non solamente piangea nella imaginazione, ma 30
- piangea con gli occhi bagnandoli di vere lagrime.
- Io imaginava di guardare verso il cielo, e pareami vedere
- moltitudine di angeli, i quali tornassero in suso ed avessero
- 16. M. S. B. — N. la mia /ani. Str. 4. lin. 134. mancano nel cod.
- mi apparvero N. — Nel cod. M. e nell' ed. 8. la
- 18. B. certi visi di donne, diversi, lacuna abbraccia di più le parole
- lezione che sembra trovarsi anche morti e che fossero. — Il supple-
- nel Tr. 1. mento ò dovuto ai codd. Tr. 1. Mart.
- 21. W. non sapea ove mi fosse — e W.
- N. non sapea là ove io fossi 25. Mart. e W. non hanno per
- 24. Frat. si mostravano d 1 un colore V aria
- W. — N. che 'l mi facea — S. e grandiss. terrem.
- M. S. che mi faceano 28. N. non ha Or non sai
- Le parole e parevami che gli 30. Mart. e W. nella mia imagi-
- uccelli volando per l' aria cadessero, nazione
- che corrispondono al testo poetico
- 16. del mio vaneggiare.
- 17. «donne scapigliate», nella canz. 4. le dice «disciolte».
- 18. Non qui, ma nella canz. str. 3. dice anche questi visi di donne
- ( crucciati ).
- 22. «piangendo, maravigliosamente tristi»: nella canz. str. 4.» Qual
- lagrimando, qual traendo guai, che di tristizia saettavan foco».
- 23. «le stelle» equivalgono a «la stella» del testo poetico, cioè tutto
- il cielo stellato. Oscurandosi il sole, le stelle diventano visibili.
- 28. Vedi sopra cap. 8. son. 4. « Dal secolo hai partita cortesia ».
- 30. L' aut. non solamente imaginava di piangere, ma piangeva con
- vere lagrime. La sua imaginazione gli faceva provare «del non ver vera
- rancura». Purg. X. 133., eppure i suoi erano «non falsi errori». Ivi XV. 117.
- Digitized by VjOOglC
- )
- 64 Vita nuova. Cap. 23.
- dinanzi loro una nubiletta bianchissima : e pareami che questi
- 35 angeli cantassero gloriosamente, e le parole del loro canto
- mi parea che fossero queste: Osanna in excelsis; ed altro non
- mi parea udire. Allora mi parea che il core,, ov' era tanto
- amore, mi dicesse,: Vero è che morta giace la nostra donna.
- E per questo mi parea andare per vedere lo corpo, nel quale
- 40 era stata quella nobilissima e beata anima. E fu sì forte la
- errante fantasia, che mi mostrò questa donna morta: e pa-
- reami che donne le coprissero la testa con un bianco velo : e
- pareami che la sua faccia avesse tanto aspetto d' umiltade,
- che parea che dicesse : Io sono a vedere lo principio della pace.
- 45 In questa imaginazione mi giunse tanta umiltade per veder
- lei, che io chiamava la Morte, e dicea: Dolcissima Morte, vieni
- a me, e non m' esser villana ; perocché tu dèi esser fatta gen-
- ,' tile , in tal parte se' stata ! or vieni a me che molto ti desidero :
- e tu lo vedi, che porto già lo tuo colore. E quando io avea
- 50 veduto compiere tutti i dolorosi mestieri, che alli corpi de' morti
- 34. Col S. si è scritto nubiletta, 47. fatta , che non si legge negli
- per avvicinarsi più al nuvoletta della altri testi, si è supplito col cod. M.
- canz.— Tutti gli altri hanno nebuletta La canzone Str. 6. lin. 153. dice
- 85. C. N. cantassero graziosamente «Tu dei ornai esser cosa gentile».
- C. N. le parole che diceano 49. M. W. S. — N. e tu vedi
- 36. mi parea che manca nel cod. M. S. — gli altri eh' io porto
- 38. W. t. che morta è già la vostra già manca nel cod. N.
- donna 50. mestieri, oppure mistieri, ohe
- 41. C. N. Tr. 2. — tutti gli altri vale l' istesso, hanno tutti i testi, e
- la erronea fantasia, lezione preferita così si legga, e non mai misteri, o
- dal Giuliani o perocché questo im- mister ti che si trova in qualche
- maginare era faUace, e tutto fuori edizione. Non sì tratta di mysteria,
- di conoscenza e di verità*. ma bensì di ministeria (dalla qual
- 42. C. N. — M. le coprissero la voce deriva mestiere) cioè dei servizi
- sua testa — gli altri la copriss., funebri. Del resto non manchiamo
- cioè la sua t. di esempi che provano, che «mestiere»
- 46. Tutto il passo Dolciss. Morte, sia stato in uso presso gli antichi
- vieni a me, e non m'esser villana; per o servizio funebre».
- perocché tu dei esser fatta gent. , in W. — C. N. a' corpi morti —
- tal parte se' stata ! or manca nel cod. N. S. alle corpora de' morti
- 34. Gli artisti del trecento volendo rappresentare il passaggio d' un' anima
- beata a vita migliore, ce la mostrano in figura di un fanciullo rinchiuso
- in una nuvoletta ed accompagnata da un numero d' angeli.
- 36. «La virtù, eh' a ragion discorso ammanna, . . . apprese . . . nelle
- voci del cantare: Osanna*. Purg. XXIX. 49.
- 44. La volontà di Dio « è nostra pace*. Parad. III. 85 «la crea-
- tura . . solo in Lui vedere ha la sua pace ». Ivi XXX. 101.
- 50. Vedi 1' annotai, critica.
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 23. 65
- s' usano di fare, mi parea tornare nella mia camera, e quivi mi
- parea guardare verso il cielo: e sì forte era la mia imaginazione,
- che, piangendo, cominciai a dire con voce vera: anima "bel-
- lissima, com' è beato colui che ti vede! E dicendo queste
- parole con doloroso singulto di pianto, e chiamando la Morte 55
- che venisse a me, una donna giovane e gentile, la quale era
- lungo il mio letto, credendo che il mio piangere e le mie pa-
- role fossero solamente per lo dolore della mia infermità, con
- grande paura cominciò a piangere. Onde altre donne, che
- per la camera erano, s* accorsero di me che piangeva per lo 60
- pianto che vedeano fare a questa: onde facendo lèi partire
- da me, la quale era meco di propinquissima sanguinità con-
- giunta, elle si trassero verso me per isvegliarmi, credendo che
- io sognassi, e diceanmi : Non dormir più, e non ti sconfortare.
- E parlandomi così, cessò la forte fantasia entro quel punto 65
- eh' io volea dire: Beatrice, benedetta sii tu. E già detto
- avea : Beatrice .... quando riscuotendomi apersi gli occhi,
- e vidi eh' io era ingannato; e con tutto eh' io chiamassi questo
- nome, la mia voce era sì rotta dal singulto del piangere,
- che queste donne non mi poterono intendere. *>*<'- 70
- 51. M. si usa di fare, e' mi Str. 1. lin. 86: «Ed altre donne, che
- parea si furo accorte Di me per quella che
- 53. N. — B. con vera voce — W. meco piangìa*
- S. con verace voce — M. con viva 62. C. N. di propinquissima con-
- voce sanguinità
- C. N. W. v. — S. o anima bella 65. C. N. e chiamandomi così
- - W. t. o an. beatissima M< N g< fl||ora eenò
- 56. e gentile manca nel cod. N. „„„«„. . , „
- 58. N. fossero lamento per lo dol. *?' M ° Beatr,ce > n e morta - E
- 60. M. W. B. — S. erano, avendo
- già
- compassione di me che piangevo, e 67, M - s * ° & eatr « rìscuo-
- del pianto — N. er. s' accorsero che tendomi
- io piangea per lo pianto, lezione che 70. M. S. intendere, secondo che io
- non corrisponde al testo poetico credo
- 56. Si è sospettato che questa «donna giovane e gentile», congiunta
- coli' autore « di propinquissima sanguinità » , fosse la sua sorella , che fu
- maritata a Leon Poggi. Boccaccio, Commento sopra V Inf. Vili. 1.
- 62. « sanguinità » per consanguinità , parentela.
- 65. «All' alta fantasia qui mancò possa» Parad. XXXIII. 142.
- 70. Queste donne, benché sentissero il grido dell' aut. , pure non inte-
- sero il nome di Beatrice, da lui pronunziato, per essere la sua voce tutta
- rotta dal singulto.
- Dante, Opere minori. I. 5
- Digitized by VjOOglC
- H^J
- 66 Vita nuova. Cap. 23. (Canz. 2.)
- Ed avvegnaché io mi vergognassi molto, tuttavia per alcuno
- ammonimento ÒV amore mi rivolsi a loro. E quando mi videro,
- cominciaro a dire; Questi par morto; e a dir fra loro: procu-
- riam di confortarlo. Onde molte parole mi diceano da con-
- 75 fortarmi; ed allora mi domandavano di che io avessi avuto
- paura. Ond' io, essendo alquanto riconfortato, e conosciuto
- il falso imaginare, risposi loro : Io vi dirò quello e' ho avuto,
- Allora, cominciandomi dal principio, fino alla fine dissi loro
- ciò che veduto avea, tacendo il nome dì questa gentilissima.
- 80 Onde poi, sanato di questa infermità, proposi di dir parole
- di questo che m' era avvenuto / perocché mi parea che fosse
- amorosa cosa a udire; e però ne dissi questa canzone:
- CANZONE SECONDA.
- >v
- Donna pietosa e di novella etate,
- Adorna assai di gentilezze umane,
- 85 Ch' era dov' io chiamava spesso Morte,
- Veggendo gli occhi mei pien di pietate,
- 71. S. Ed a dire che io canz. str. 5. lin. 147: con oimaginar
- N. W. io vergognassi molto — fallace») — S. il malvagio imag.
- M. S. io mi svegliassi e (S. frammette 78. Mart. W. — M. S. Allora co-
- mi) verg. molto minciai dal principio sino — N.
- tuttavia manca nel cod. N. Allora dal princ. fino
- 72. W. mi rivolsi verso loro — N. S. alla fine, e dissi
- mi rio. loro 80. N. onde io sanato — Frat. onde
- 73. Tutto il passo e a dir fra io poi san.
- loro: procuriamo di confortarlo. 81. S. mi parea fosse
- Onde molte parole mi diceano da 82. W. t. amor, cosa da dire —
- confortarmi manca nel cod. N. Tr. 1. am. cosa da dire e da udire.
- 75. W. — tutti gli altri e talora M. S. — W. e perciò ne dissi
- mi domand. — N". Si ne dissi
- 77. N. W. — Tr. 1. lo fallace S. in questa canzone
- imaginare (lezione commendata dal
- Giuliani per trovarsi resa «la er- 85. C. N. W. v. — Gli altri Era.
- xante fantasia» della lin. 41. nella "W. e W. r. Pr. — G. S. là
- u* io — Gli altri là ov' io
- 71. L' aut. si vergognava di aver profferito il nome della Bua donna;
- ma senza ragione, che al dire della canz. str. 2. lui solo aveva inteso quel
- nome nel suo cuore.
- 83. «Donna pietosa», quella stessa, in cui, come si notò alla lin. 56,
- si è creduto riconoscere la sorella del poeta.
- 85. Presso al letto, ov' io giaceva malato, invocando per al* amatissima
- pena che sofferivo», spesso la morte, che venisse a me (lin. 55.)
- 86. «pien di pietate», pianger si pietosamente.
- Digitized by VjOOQlC
- X
- Vita nuova. Cap. 23. (Canz. 2.) 67
- Ed ascoltando le parole vane,
- Si mosse con paura a pianger forte;
- Ed altre donne, che si furo accorte
- Di me per quella che meco piangia, - 90
- Fecer lei partir via, r
- Ed appressarsi per farmi sentire.
- Qual dicea: Non dormire;
- E qual dicea: Perchè sì ti sconforte?
- AH or lasciai la nuova fantasia? - 95
- Chiamando il nome della donna mia.
- II. Era la voce mia sì dolorosa,
- E rotta sì dall' angoscia e dal pianto,
- Ch' io^olo intesi il nome nel mio core;
- E con tutta la vista vergognosa, 10 °
- Ch' era nel viso mio giunta cotanto,
- Mi fece verso lor volgere Amore.
- Egli era tale a veder mio colore,
- Che facea ragionar di morte altrui:
- Deh confortiam costui, , *0*>
- Pregava V una V altra umilemente ;
- E dicevan sovente:
- 89. G. S. E l' altre donne 102. Pai. mi fece verso lei (!)
- 92. Tr. 1. E approssimarsi M. giungere amore
- N. per farsi sentire. — Si 103. C. N. Ed era tale
- rifletta che la prosa dice, «ri tras- m M ^ . Q faCm
- sero verso me per isveyliarmi».
- W. r. Pr. G. S. Q.ual dice. E 105 ' C ' M ' N * Pal \ W « e W ' r ' Pr «
- cosi pure nel verso seguente. Deh, consoliam costui
- 98. Pai. M. B. t. daW angoscia del 10G - c - N - W. v. e W. r. Pr. Di-
- pianto* ceva V una all' altra
- 99. Pr. Che solo intesi al nome — 107. W. r. e Pr. Poi dicevan
- W. r. Che solo attesi al nome
- 87. «le parole vane», vaneggianti, perchè farneticava.
- 92. «per farmi sentire», cioè risentire, riprender l'uso de' miei sensi,
- eh' erano legati dalla fantasia febbrile.
- 95. «la nuova fantasia», singolare, non mai veduta la simiglianté ;
- vedi la nota a cap. 19. lin. 59.
- 98. Nella prosa (lin. 69.) il poeta diceva «la mia voce era sì rotta dal
- singulto del piangere».
- 100. «la vista vergognosa», la vergogna appariva nel volto del poeta,
- ala dove appar vergogna». Inf. XXXII. 34.
- 104. Vedi sopra la prosa lin. 73.: (queste donne) «quando mi videro,
- cominciaro a dire: Questi par morto».
- 5*
- Digitized by VjOOglC
- 68 Vita nuova. Cap. 23. (Canz. 2.)
- Che vedestù, che tu non hai valore?
- E quando un poco confortato fui,
- 110 — - - - Io dissi : Donne, dicerollo a vui.
- III. Mentre io pensava la mia frale vita,
- E vedea '1 suo durar com' è leggiero,
- Piansemi Amor nel core, ove dimora;
- Per che V anima mia fu sì smarrita,
- 115 - -- -^ Che sospirando dicea nel pensiero:
- Ben converrà che la mia donna mora.
- Io presi tanto smarrimento allora,
- Ch' io chiusi gli occhi vilmente gravati;
- Ed eran sì smagati
- 120 Gli spirti miei, che ciascun giva eyando.
- E poscia imaginando,
- Di conoscenza e di verità fuora,
- Visi di donne m' apparver crucciati,
- Che mi dicean pur: Morra'ti, morra'ti.
- 109. W. r. e Pr. E come un poco 119. C. N. W. v. — W. r. Furonsi
- — M. Allora quando n sì smag. — Pr. Furon sì ismag. —
- 111. B. la mia frati — W. r. la Gli altri E furon sì smag.
- mia fragil — M. alla mia frale 121. N". W. v. W. r. e Pr. E poi
- 112. Cod. Mortara W. r. Pr. quanto imag.
- è legg. — M. eh' è sì legg. 122. M. Di veritate e conoscenza
- 115. Pai. Che spirando diceva (!) fuora
- — W. r. Pr. Che fra me stesso dicea, 123. N. mi parver
- variante da prendersi in considera- W. r. e Pr. turbati
- zione per la sua concordanza col 124. B., non so su qual fonda-
- testo prosaico «Onde sospirando mento: se* morto; pur morra' ti, e
- forte, fra me medesimo dicea». nelle annotazioni vorrebbe leggere
- 116. Cod. Bedi Pur converrà — se' mori' oppur morra 1 ti. Il Frati-
- W. r. Pr. E' pur convien. Vedi sopra celli corregge Morra' ti pur, mor-
- la nota critica alla lin. 12. ra' ti. I testi da me conosciuti danno
- 118. Tr. 1. gli occhi umilmente unanimamentrf la lesione da noi
- grav, ritenuta.
- 108. «Mi domandavano di che io avessi avuto paura» (sopra Un. 75.).
- — «Io ti fiammeggio. ... SI che degli oochi tuoi vinco il valore». Par. V. 1.
- 112. Vedi la nota alla lin. 9.
- 113. « Mi parca che il core , ov } era tanto amore , mi dicesse : Vero è
- che morta giace la nostra donna» (sopra lin. 37.).
- 118. «vilmente gravati», per abbattimento d' animo.
- 119. «smagati», discoraggiti: «Non vo\ . . che tu ti smaghi di buon
- proponimento, per udire Come Dio vuol ohe il debito si paghi». Purg. X. 106.
- 124. Vedi la prosa lin. 17—19.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 23. {Canz. 2.) 69
- IV. Poi vidi cose dubitose molte 125
- Nel vano immaginare , ov' io entrai ;
- Ed esser mi parea non so in qual loco,
- E veder donne andar per via disciolte,
- Qual lagrimando, e qual traendo guai,
- Che di tristizia saettavan foco. 130
- Poi mi parve vedere appoco appoco
- Turbar lo Sole ed apparir la stella,
- E pianger egli ed ella;
- Cader gli augelli volando per V a' re,
- E la terra tremare; 135
- Ed uom m' apparve scolorito, e fioco,
- Dicendomi: Che fai? non sai novella?
- Morta è la donna tua, eh' era sì bella.
- V. Levava gli occhi miei bagnati in pianti,
- E vedea (che parean pioggia di manna), 140
- Gli angeli che torna van suso in cielo,
- 125. B., e quanti lo seguono, con e nel verso seguente egli ed elle,
- manifesto errore dubitose molto lezione che non può ammettersi,
- 127. W. r. e Pr. Ch' essere mi parea chiedendo l' intrecciatura delle rime
- N. non so in che loco che i versi 8 e 9 di ogni strofa ab-
- 128. W. r. Pr. E veder donne per biano l' istessa desinenza coi due
- la via ultimi.
- 129. W. r. Pr. Quali piangendo. 136. Pai. W. Ed homo apparve —
- 131. M. "W. r. Pr. Poi mi parea "W. r. Pr. Homo m' app.
- veder 140. W. t. W. r. Pr. E vidi che
- 132. W. e W. r. apparir le stelle, parea
- 125. « cose dubitose » , spaventevoli , che fanno nascer paura. Anche il
- verbo «dubbiare» si usa in senso simile: Purg. XX. 135. Parad. XXVI. 1.
- 127. «Venni a quello, che non sapea dove io fossi » (sopra lin. 20.).
- 130. «Lamenti saettaron me diversi, Che di pietà ferrati avean gli
- strali». Inf. XXIX. 43.
- 132. Vedi la nota alla lin. 23.
- 136. «fioco», non già roco , ma debole, travagliato, come in più passi
- della Div. Comm. Inf. XXXIV. 22. Parad. XXXIII. 121.
- 137. «novella», notizia, avviso. «Il Bonno che sovente, Anzi che il
- fatto sia, sa le novelle». Purg. XXVII. 92.
- 140. «SI come di vapor gelati fiocca In giuso 1' aer nostro, quando il
- corno Della capra del ciel col sol si tocca : In su vid' io così 1' etere
- adorno Farsi , e fioccar di vapor trionfanti ». Parad. XXVII. 67.
- 141. Vedi la canz. «Morte, poich' io non trovo» str. 4. «... Mi par già
- veder lo cielo aprire, E gli angeli di Dio quaggiù venire, Per volerne
- portar 1' anima santa Di questa, in cui onor lassù si canta».
- Digitized by VjOOglC
- s^
- 70 Vita nuova. Cap. 23. (Canz. 2.)
- Ed una nuvoletta avean davanti,
- Dopo la qual cantavan tutti: Osanna;
- E s 7 altro avesser detto, a voi dire' lo.
- 145 _ . Allor diceva Amor: Più non ti celo;
- Vieni a veder nostra donna che giace.
- L' imaginar fallace
- Mi condusse a veder mia donna morta;
- E quando V ebbi scorta,
- 150 Vedea che donne la covrian d' un velo;
- Ed ave a seco umiltà sì verace,
- Che parea che dicesse: Io sono in pace.
- VI. Io diveniva nel % dolor sì umile,
- Veggendo in lei tanta umiltà formata,
- 155 Ch'io dicea: Morte, assai dolce ti tegno;
- Tu dèi ornai esser cosa gentile,
- Poiché tu se' nella mia donna stata,
- E dèi aver pietate, e non disdegno.
- Vedi che sì desideroso vegno
- 160 D' esser de' tuoi, eh 7 io ti somiglio in fede.
- Vieni, che '1 cor ti chiede. —
- Poi mi partia, consumato ogni duolo;
- 143. M. — tutti gli altri gridavan 149. M. E poi eh' io V ebbi scorta
- tutti: Osanna. La lezione del cod. 150. M. W. r. Pr. Vidi che donne
- Mezzabarba fa da noi adottata non 151. N. Pai. Ed atea seco umilità
- pure per esser più nobile dell' altra, ver. — M. Ed atea umiltà seco ter.
- ma particolarmente per corrisponder W. r. Pr. CK ave a con seco una
- meglio al testo prosaico: «pareami umiltà ver.
- che questi angeli cantassero gloriosa- 153. W. t. W. r. Pr. Io diventa
- mente; e le parole del loro canto nel cor.
- mi parea che fossero queste : O- 156. M. W. corr. W. r. Pr. Tu dèi
- sanna ecc.». esser ornai
- ^145. Pai. più noi ti celo 161. W. r. Pr. Hor vien, che V cor.
- XÌ48. Pai. Tr. 1. W. t. W. r. Pr. 162. C. N. W. v. Poi mi partii —
- G. S. a veder madonna morta W. r. Pr. Poi rimarrà
- 142. «E qual colui che si vengiò cogli orsi» (Eliseo) «Vide il carro
- d' Elia. ... Sì come una nuvoletta in su salire ». Inf. XXVI. 34.
- 152. Vedi la nota a lin. 44.
- 157. o Morte bella parea nel suo bel viso». Petrarca Tr. d. morte.
- 160. Il desiderio d'esser de' tuoi, «in fede», veracemente, già m'ha
- fatto somigliare a te, «che porto già lo tuo colore» (lin. 49.)
- 162. < consumato ogni duolo » , cioè « quando io aveva veduto compiere
- tutti i dolorosi mestieri, che alli corpi de' morti s' usano di fare».
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 23. (Canz. 2.) 71
- £ quando io era solo,
- Dicea, guardando verso P alto regno:
- Beato, anima bella, chi ti vedel. - 165
- Voi mi chiamaste allor, vostra mercede.
- Questa canzone ha due parti: nella prima dico, parlando
- a indiffinita persona, com' io fui levato d' una vana fantasia
- da certe donne, e come promisi loro di dirla: nella seconda
- dico, com' io dissi a loro. La seconda comincia quivi: Mentr'io no
- pensava. La prima parte si divide in due : nella prima dico
- quello che certe donne, e che una sola dissero e fecero per
- la mia fantasia, quanto è dinanzi eh' io fossi tornato in verace |
- cognizione; nella seconda dico quello che queste donne mi
- dissero, poich' io lasciai questa farneticare; e comincia questa 175
- parte quivi: Era la voce mia. Poscia quando dico: Mentr 1 io
- pensava, dico com' io dissi loro questa mia imaginazione; e
- intorno a ciò fo due parti. Nella prima dico per ordine
- questa imaginazione ; nella seconda, dicendo a che ora mi
- chiamaro, le ringrazio chiusamente; e questa parte comincia 180
- quivi: Voi mi chiamaste.
- 164. C. N. verso V altro regno N. una fantasia — W. una
- 166. M. Voi mi destaste , lezione nova fant.
- che per la • divisione» si conosce m B C(m manife8to errore La
- erronea. seconda parte si div.
- ■ma a«»v«^.,4 -w,~« «~ „„ „«.« o 173. N. t» vera condizione
- 168. Anche qui, come sopra cap. S.
- lin. 60. i testi a penna leggono in- 17 5- questa parte manca nel ood.
- finita persona. L' unico cod. Mart. ^- e nelle edd - Fratic.
- ha indiffinitiva per*. 177. Il cod. K". omette le parole
- C. N". W. — gli altri levato dico coni' io
- in una
- 163. Vedi la prosa lin. 50, 51. Veramente il poeta non era ancor tor-
- nato , ma nel suo vaneggiare , che continuava , gli parca di tornare nella
- sua camera.
- 166. «mi chiamaste», mi svegliaste, «rompestemi l'alto sonno nella
- testa» (Inf. IV. 1.), e ve ne sono grato.
- 168. * levato da una vana fantasia » , svegliato e riscosso dal mio va-
- neggiare.
- 173. Durante il tratto di tempo eh' io vaneggiai , prima dunque che
- 1' anima mit. tornasse a di fuori Alle cose , che son fuor di lei vere ».
- Purg. XV. 115.
- Digitized by VjOOglC
- 72 Viva nuova. Cap. 24.
- CAPITOLO XXIV.
- / Appresso questa mìa vana imaginazione, avvenne un dì,
- che sedendo io pensoso in alcuna parte, ed io mi sentii co-
- minciare un tremito nel core, così come s' io fossi stato pre-
- sente a questa donna. Allora dico che mi giunse una imagi-
- 5 nazione d 7 Amore: che mi parve vederlo venire da quella
- parte ove la mia donna stava ; e pareami che lietamente mi
- dicesse nel cor mio: Pensa di benedire lo dì eh 7 io ti presi,,
- perocché tu lo dèi fare. E certo mi parea avere lo core sì
- lieto, che non mi parea che fosse lo core mio, per la sua
- 10 nuova condizione.
- I E poco dopo queste parole, che '1 core mi disse con la
- lingua d' Amore, io vidi venire verso me una gentil donna,
- la quale era di famosa beltade, e fu già molto donna di
- questo mio primo amico. E lo nome di questa donna era
- Cap. XXIV.
- 4. S. mi vinse' una imag. — C. N.
- mi venne una im.
- 1. M. W. — B. questa vana 5. N. in quella parte
- imagin. — C. N. questa imag. ^ 8. N. lo core così lieto
- 2. N. W. che essendo io pensoso 9. N. che mi parea che non fosse
- C. N. in alcun luogo il mio core
- 8. in ale. p. , mi sentì cornine. . 12. C. N. una gentilissima donna
- C. N. mi sentii venire 13. N. fu già molte volte donna —
- 3. C. S N. nel core com' io fossi W. fu già donna
- Cap. XXIV.
- 4. Una vìBione: Amore 8' appresentò alla mia fantasia.
- 7. « Ch' io ti presi » , eh' io ti feci innamorare di lei.
- 8. «tu lo dèi fare», ne hai tutta ragione.
- 11. Parole che Amore inspirò al cuore.
- 13. Si rileva da questo passo che Guido Cavalcanti, prima d'inna-
- morarsi della bella Màndetta di Tolosa, era stato acceso nella sua patria
- dai vezzi d' una gentil donna di famosa bellezza, chiamata Giovanna,
- ossia Vanna. La ritroviamo come «Monna Vanna» in un sonetto del
- nostro poeta, diretto a Guido, che comincia «Guido, vorrei, che tu, e
- Lappo, ed io». Le « Memorie della vita di Guido» del Cicctaporci non ci
- danno verun cenno, chi sia stata questa Giovanna. Se però fosse fondata
- la congettura, di cui si fece cenno nella nota al cap. 6. lin. 8, il suo padre
- avrebbe avuto nome Filippo: «La Vanna di Filippo, Primavera Da
- tal, conosci tu,, degna chiamata, Vedendola seguir nostra bandiera». In
- ogni modo si vede che, anche prima di andar in Francia, Guido non le
- sia rimasto fedele; che '1 nostro aut. dice, a che fu già molto donna di
- questo mio primo amico», e più avanti lin. 32. «credendo io che ancora
- il suo core mirasse la beltà di questa Primavera gentile». — «Molto
- donna» vuol dire che Guido ne era stato molto invaghito.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 24. (Son. 14.)
- 73
- Giovanna, salvo che per la sua beltade, secondo eh' altri 15
- crede, imposto 1' era nome Pbimaveba: e così era chiamata.
- E appresso leuguardando , vidi venire la mirabile Beatrice.
- Queste donne andaro presso di me così 1' una appresso 1' altra,
- e parvenu che Amore mi parlasse nel core, e dicesse : Quella
- prima è nominata Primavera solo per questa venuta d' oggi ; 20
- che io mossi lo impositore del nome a chiamarla così: «Pbima-
- veba», cioè «prima verrà», lo dì che Beatrice si mostrerà
- dopo 1' imaginazione del suo fedele. E se anco- vuoli con-
- siderare lo primo nome suo, tanto è quanto dire Primavera, ^
- perchè lo suo nome Giovanna è da quel Giovanni, lo quale 25
- precedette la verace luce, dicendo: Ego vox clamantis in
- deserto: parate viam Domini. Ed anche mi parve che mi
- dicesse, dopo queste, altre parole, cioè: Chi volesse sottil-
- mente considerare, quella Beatrice chiamerebbe Amobe, per
- molta simiglianza che ha meco. Ond' io poi ripensando, prò- 30
- posi di scriverne per rima al primo mio amico (tacendomi
- certe parole le quali pareano da tacere), credendo io che
- ancora il suo core mirasse la beltà di questa Primavera gen-
- tile. E dissi questo sonetto:
- SONETTO DECIM0QUABT0.
- Io mi sentii svegliar dentro allo core
- Un spirito amoroso che dormia:
- 35
- 16. Le parole e così era chiamata
- mancano nel testo del cod. "W.
- 17. M. V ammirabile Beatr.
- 18. C. N. Queste andaro
- 19. C. N. mi parlasse, e dicesse
- 20. N. è chiamata Prim.
- 21. così non si legge nel cod. N.
- e nel testo primitivo del cod. W.
- 22. Il cod. M. salta da prima verrà
- a Primavera (lin. 24.)
- 23. S. se anche voglio consid.
- 25. S. omette tutto il passo da
- perchè lo suo nome fino a viam Do-
- ni ini
- 27. S. Et anco mi pare
- 28. M. B. dopo queste parole altre
- cose — Neil' ed. S. manca dopo
- queste
- 28. cioè fu sostituito per conget-
- tura al cose e, che presentano i testi
- a penna e le edizz. anteriori alla
- Fratic.
- 30. N. per molte simigliarne
- N. Ond' io ripensando — W.
- Ond' io poi pensando
- 31. N. — M. di scriver per rima
- — gli altri di scrivere in rima
- N. tacendo certe parole
- 32. N. le quali pajono
- 35. M. G. S. dentro dal core
- 36. W. v. S. Uno spirto amoroso
- 28. Vedi sopra capit. 1. lin. 5.
- Digitized by VjOOglC
- 74 Vita nuova. Cap. 24. (Son. 14.)
- E poi vidi venir da lungi Amore
- Allegro sì, che appena il conoscia;
- Dicendo: Or pensa pur di farmi onor^;
- 40 E 'n ciascuna parola sua ridia.
- E, poco stando meco il mio signore,
- Guardando in quella parte, ond' ei venia,
- Io vidi monna Vanna e monna Bice
- Venire inverso il loco là ov' i' era ,
- 45 L' una appresso dell' altra meraviglia:
- «• E sì come la mente mi ridice ,
- Amor mi disse: Questa è Primavera,
- E quella ha nome Amor, sì mi somiglia.
- Questo sonetto ha molte parti: la prima delle quali dice,
- 60 come io mi sentii svegliare lo tremore usato nel core, e come
- parve che Amore m' apparisse allegro da lunga parte ; la se-
- conda dice, come mi parve che Amore mi dicesse nel mio
- core, e quale mi parea; la terza dice come, poi che questo
- fu alquanto stato meco cotale, io vidi ed udii certe cose. La
- 55 seconda parte comincia quivi: Dicendo: Or pensa pur; la
- terza quivi: E poco stando. La terza parte si 'divide in due:
- nella prima dico quello eh' io vidi ; nella seconda dico quello
- eh' io udii; e comincia quivi: Amor mi disse.
- 37. N. venir di lungi 49. B. delle quali è come
- 40. N. B. E ciascuna parola 51> w . B> allegro nel mio core rfa
- 42. N. W. t. quetla parte ove venia lunga parte
- 44. C. N. W. — gli altri invcr lo
- loco
- 52. N. nù dicesse nel core
- 48. M. QueW altra ha nome 54. N. cotali io vidi
- 40. a in ciascuna parola sua ridia», era un riso in ciascuna sua pa-
- rola : tutte erano liete le parole eh' ei mi dicea nel cuore.
- 43. «monna», accorciamento frequentissimo di «madonna». — a Bice»
- per «Beatrice» ricorre nel sonetto mentovato a lin. 13. e Farad. VII. 14.
- 45. L' una e 1' altra di maravigliosa bellezza.
- 51. « da lunga parte » — * da lontana parte » disse 1' aut. nel son. 5.
- (cap. 9.)
- 54. « stato meco cotale » , così allegro e ridente.
- Digitized by {jOOQÌ£
- Vita nuova. Cap. 25. f 75
- capitolo xxv.
- Potrebbe qui dubitar persona degna di dichiararle ogni
- dubitazione , é dubitar potrebbe di ciò eh' io dico" d' Amore,
- come se fosse una~cosa per sé, e non solamente- sostanza in-
- telligente, ma sì come fosse sostanza corporale. La qual cosa,
- secondo verità, è falsa; che -Amore non è per sé siccome 5
- sostanza, ma è un accidente in sostanza. E che io dica di
- lui "come se fosse corpo, ed ancora come se fosse uomo, ap-
- pare per tre cose "che io dico di lui. Dico che '1 vidi di
- lungi venire; onde, conciossiacosaché «venire» dica moto locale
- (e localmente mobile per sé, secondo il Filosofo, sia solamente 10
- corpo),^appare che io ponga Amore esserefeorpo. Dico anche
- di lui che Tideva, ed anche che parlava ; le quali cose paiono
- esser proprie dell' uomo, e specialmente esser risibile ; e però
- appare eh' io pongo lui esser uomo.
- Cap. XXV. 5. N. S. secondo la verità
- 1. M. B. degna da dichiararli 8. di lungi manca nel cod. M. e
- 4. N. W. non solamente sostanza nelle edd. S. ecc., ma vedi il son.
- intelligenza 14. lin. 3.
- M. ma sì come fosse una cosa 9. M. venire sia moto loc.
- corp. — N. ma come sostanza corp. 12. S. le quali cose pare esser
- Cap. XXV.
- 1. Qui 1' aut. scioglie il dubbio, già proposto alla fine del caj>. 12.
- 3. Amore non è un essere da so, individuo, una sostanza, ma qualità
- di un individuo, accidente in sostanza. La sostanza può essere tutta cor-
- porale, cioè materia, pura potenza, oppure è intelligente. La sostanza in-
- telligente è senza corpo, pura forma, puro atto, come sono gli angeli, o in-
- telligenza e corpo uniti insieme, sostanza intelligente corporale, com'è
- 1* nomo. Parad. XXIX. 22. « Forma e materia congiunte e purette Uscirò
- ad esser, che non avea fallo , Come d' arco tricorde tre saette. . . . Con-
- creato fu ordine e costrutto Alle sustanzie, e quelle furon cima Nel mondo,
- in che puro atto fu produtto. Pura potenza tenne la parte ima; Nel
- mezzo strinse potenza con atto Tal vime, che giammai non si divima».
- Vedi Convivio ni. 3, 7.
- 10. « il Filosofo » , Aristotele.
- 12. Le due qualità oorporali, che distinguono 1* uomo da tutti gli altri
- animali sono la loquela e '1 riso. Il riso però anche più della loquela ;
- perchè alcuni uccelli sanno imitare in qualche parola la loquela umana,
- onde si dice del papagallo, dello stornello, oppure del corvo che parlano.
- Il solo riso è tutto proprio all' uomo solo , e però si dice che 1' uomo sia
- un' animale risibile. Vedi la Dedicatoria dell' aut. a Cangrande §. 26.
- aPerhanc suppositionem tenet argumentum ratione ìnateriae; et similis modus
- arguendi est, ac si dicerem: homo est risibilis». Boéthtus in Porphyr.
- Dial, 1: alta rationale, quod est differenza, praedicatur ad risibile, id est pro-
- prium. Dicitur enim id esse risibile y quod rationale. Nam si homo rationale^
- et homo risibile , constai id quod risibile etiam rationale posse nominari ».
- Digitized by VjOOglC
- 76 Vita, nuova. Cap. 25.
- 15 A cotal cosa dichiarare, secondo eh' è buono al presente,
- prima è da intendere, che anticamente non erano dicitori
- d' Minore in lingua volgare, anzi erano dicitori'd' Amore certi
- poeti in lingua latina: Ira noi, dico, avvegna forse che trsTaì-
- traT gente addivenisse, e avvegna ancora, che, siccome in Gj*e-
- 20 eia, non volgari ma litteratf'poeti queste cose trattavano. E
- non è molto numero d' anni passato, che apparirono prima
- questi poeti volgari ; _ch è dire per rima in volgare tanto è
- quanto dire per versi in latino, secondo alcuna proporzione.
- E segno che sia picciol tempo è, che, se volemo cercare in
- 25 lingua d' oco e in lingua di sì , noi non 'troviamo cose dette
- anzi lo presente tempo per centocinquanta anni. E la cagione,
- 15. Il cod. N. non ha la parola S. che apparirono questi poeti
- secondo 23. "W. secondo alcuna appropria-
- 17. B. non erano dicitori d'Amore zione
- certi poeti in lingua volgare — lingua 24. B. è segno che sia picc. tempo j
- manca nel cod. N. e se voi.
- Nel cod. M. le parole a" Amore C. N. W. — gli altri guardare
- certi poeti non si leggono. — Il cod. in lingua
- N. tralascia il secondo dicitori 25. C. N. noi non troveremo
- d' Amore. 26. M. anzi lo nostro tempo
- 18. M. salta dal primo al secondo W. lo presente tempo, che siamo
- avvegna i nella 'ndizione del 1300 , o poco ne
- 19. M. ancora, siccome falla, che da CXL. anni in là s' usas-
- 21. N. W. S. numero d' anni pas- sotto
- tati — Il B. dà per variante la B. pres. tempo centocinquanta
- nostra lezione. anni.
- 23. I poeti che compongono in volgare, cioè in una deUe lingue mo-
- derne, si servono della rima, come i poeti antichi, litterati, del verso,
- regolato «secondo alcuna proporzione", cioè di metro, oppure, come 1' aut.
- dice nel Convivio I. 7. per legame musaico armonizzato.
- 25. La lingua d' oco è la provenzale. Vedi la Volgare Eloquenza
- dell' aut. I. 8: aProferentes Oc, meridionalis Europae tenent partem occi-
- dentalem, a lanuensium finibus incipientemi». — Non occorre dire che la
- lingua del sì sia quella « delle genti Del hel paese là, dove il sì suona».
- Inf. XXXIII. 80.
- 26. Guglielmo, conte di Poitiers, uno dei più antichi trovatori che
- conosciamo, nacque nel 1071. e mori intorno al 1126. Avendo preso parte
- alla crociata del 1101, bisogna dire eh' ei fiorisse, non cencinquanta , ma
- duecento anni prima di Dante. Sembra però che il nostro aut. non abbia
- conosciuto poeti provenzali anteriori di molto a Pietro della Vergna il
- quale cominciò a fiorire intorno il 1150. Vulg. Eloquentia I. 10. «Pro se
- vero argumentatur alia lingua, scilicet oc, quod vulgares eloquente $ in ea
- primitus poetati sunt, tanquam in perfectiori dulciorique loquela, ut puf a
- Petrus de Alvernta, et alii antiquiores doctores ».
- Il più antico per avventura fra i poeti italiani da Dante citati sarà Ciullo
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 26. 77
- per che alquanti grossi ebbero fama di saper dire, è che
- quasi furono i primi, che dissero in lingua di sì. E lo primo,
- che cominciò a dire siccome poeta volgare , si mosse però che
- volle fare intendere le sue parole a donna, alla quale era 30
- malagevole ad intendere i versi latini. E questo è contro a
- coloro, che rimano sopra altra materia che amorosa; con-
- ciossiacosaché cotal modo di parlare fosse dal principio tro-
- vato per dire d' Amore.
- Onde, conciossiacosaché a' poeti sia conceduta maggior 35
- licenza di parlare che alli prosaici dicitori, e questi dicitori
- per rima non sieno altro che poeti volgari, è degno e ragione-
- vole, che a loro sia maggior licenza largita di parlare, che
- agli altri parlatori volgari: onde, se alcuna figura o colore
- rettorico è conceduto alli poeti, conceduto è a' rimatori. Dun- 40
- que se noi vedemo, che li poeti hanno parlato alle cose inani-
- mate come se avessero senso e ragione, e fattole parlare in-
- sieme; e non solamente cose vere, ma cose non vere (cioè
- che detto hanno, di cose le quali non sono, che parlano, e
- detto che molti accidenti parlano, siccome fossero sostanze 45
- 28. N. W. — C. * primi che dices- 37. W. degna e ragionevole cosa è
- sero — Nel cod. M. e nelle stampe 40. N. figura o colore poetico
- che precedettero la Pesarese manca B. Onde se noi
- che dissero . 41. N. dicemo che li poeti — C.
- 30. N. volle dare ad intendere a udimo che li p.
- donna, alla qu. M. W. S. — N. delle cose inanim.
- 31. S. E questa è — M. E questi è 42. N. siccome avessero
- 36. M. B. olii prosaici dittatori
- d' Alcamo (Vulg. Eloqu. I. 12) ; ma si sa quanto sia incerta 1' epoca di
- questo rozzo rimatore. In ogni modo, volendo creder autentiche le poesie
- di Gherardo da Firenze, il quale, per quanto se ne dice, fiorì intorno al
- 1100, di Aldobrando da Siena (nato nel 1112.), e degli altri autori di rime
- antichissime che dobbiamo alle carte di Arborea, bisogna supporre che
- Dante, scrivendo questo passo, non ne abbia avuto alcuna notizia.
- 27. « O vanagloria dell' umane posse , Com' poco \erde in sulla cima
- dura, Se non è giunta dall' etati grosse!» Purg. XI. 91. Si veda quanto
- 1' aut. nel medesimo senso scrisse di Guittone d' Arezzo , di Bonaggiunta
- da Lucca , e d' alcuni altri 'nel cap. 13. lib. I. della Volg. Eloquenza.
- 31. Ben altrimenti ne giudicò 1' aut. nel più volte citato libro de Vulg. El.
- II. 2. •Haectria: Salus videlicet, Venus, Virtus apparent esse illa magnalia,
- quae» (poetis) asint maxime pertractanda , hoc est ea quae maxime sunt ad
- ista : ut armorum probitas , amoris accensio , et directio voluntatis. Circa
- quae sola, si bene recolimus , illustres viros invenimus vulgariter poetasse;
- scilicìt Cinum Pistoriensem , amorem, amicum ejust (Dantem) urectitudinem.
- Arma vero nullum Italum adhuc inverno poetasse».
- Digitized by VjOOglC
- 78 Vita kuova. Cap. 25.
- ed nomini); degno è lo dicitore per rima fare lo simigliarne,
- ma non senza ragione alcuna, ma con ragione, la quale poscia
- sia possibile d' aprire per prosa. Che li poeti abbiano così
- parlato, come detto è, appare per Virgilio; il quale dice che
- 50 Giuno, cioè una Dea nemica dei Troiani, parlò ad Eolo signore
- dell! venti, quivi nel primo dell' Eneida:
- JEole, namque Ubi etc,
- e che questo signore le rispose quivi:
- Tuns, o regina, quid optes
- 55 Expìorare labor; mihi jussa capessere fas est.
- Per questo medesimo poeta parla la cosa, che non è animata,.
- alla cosa animata nel terzo dell' Eneida, quivi:
- Dardanida duri etc.
- Per Lucano parla la cosa animata alla cosa inanimata, quivi :
- 60 Muìtum, Roma, tamen debes civilibus armis.
- Per Orazio parla P uomo alla sua scienza medesima, siccome
- ad altra persona ; e non solamente sono parole d' Orazio, ma
- dicele quasi recitando le parole del buono Omero, quivi
- nella sua Poetria:
- 46. ed uomini manca nel cod. M. 55. Il secondo verso della citazione
- W. dicitore in rima non si legge nel cod. N.
- M. fare la simiglianza 57. I testi a penna hanno per
- 47. Il cod. Mart. tralascia il ma isbaglio nel secondo dell' En.
- (non sema) , che si trova in tutti 63. C. N. W. — Mart. quasi reci-
- gli altri testi. tando lo modo — W. v. qu. retinendo
- N. cagione alcuna ' lo modo — Tr. 2. quasi in emulo
- N. poi sia possib. ad apr. — modo — tntti gli altri quasi medio
- Torri poesia sia poss. ecc. 64. S. nella sua Poètica
- 53. B. le rispondesse
- 51. Aen. I. 65.
- 53. Ivi vers. 76.
- 57. Aen. III. 94.
- 60. Pharsalia I. 44.
- 61. «la scienza» alla quale Orazio, oppure Omero, parla, è la Musa, cioè
- la poesia, e '1 nostro aut. segue 1' esempio eli' essi gli diedero, invocando ora
- la Musa, ora Calliope, ed ora Apollo. Inf. II. 7. Purg. I. 7, 8. Parad. I. 13.
- 63. Dante non conosceva Omero che per le relazioni di altri autori
- antichi, massimamente di Aristotele. Vedi sopra la nota al cap. 1. lin. 35.
- Come qui Orazio, cosi altrove il Filosofo è la fonte dalla quale attinge
- qualche brano di «quel Greco, che le Muse lattar più eh' altro mai».
- Purg. XXII. 100. — Monarchia II. 3. « Comparationem faciens» (Virgilius)
- «(/«• Amen ad lìrctorent ì quem prae omnibus Homerus glorificati ut re/ert
- Pf,i,\-J in iis qua? de moribtis fugiendis ad Nicomachum» (Eth. Ni-
- com. VII. l.ì.
- 64. Ad Pitone» vere. 141.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 25. 26. 79
- Die mihi, Musa, virum etc. 6!>
- Per Ovidio parla Amore, come se fosse persona umana, nel
- principio del libro che ha nome Rimedio d' Amore, quivi :
- Bella mihi, video, bella parantur, ait.
- E per questo puote essere manifesto a chi dubita in alcuna
- parte di questo mio libello. 70
- E acciocché non ne pigli alcuna baldanza persona grossa,
- dico che né li poeti parlavano così senza ragione, né que' che
- rimano deono parlare così, non avendo alcuno ragionamento
- in loro di quello che dicono; perocché grande vergogna
- sarebbe a colui, che rimasse cosa sotto veste di figura o di 75
- colore rettorico, e poscia domandato non sapesse dinudare le
- sue parole da cotal vesta , in guisa eh' avessero verace inten-
- dimento. E questo mio primo amico ed io ne sapemo bene
- di quelli che così rimano stoltamente.
- CAPITOLO XXVI.
- Questa gentilissima donna, di cui ragionato è nelle prece-
- denti parole, venne in tanta grazia delle genti, che quando
- passava per via, le persone correano per vederla; onde mirabile
- letizia me ne giungea. E quando ella fosse presso ad alcuno,
- tanta onestà venia nel core di quello, eh' egli non ardia di le-
- vare gli occhi, né di rispondere al suo saluto ; e di questo molti,
- siccome esperti, mi potrebbero testimoniare a chi noi credesse.
- Ella coronata e vestita d' umiltà s' andava , nulla gloria mo-
- 67. N. nel libro che ha nome Ri- Tr. 1. dinodare le sue par.
- medio — W. nel princ. del libro che 78. M. questo mio amico
- ha nome Ovidio del Rita. — Frat. "W. ne sapemo di quelli
- nel pr. del libro di Rimedio
- 69. M. chi dubita in questo mio Caf. XXVI.
- libello 1. B. donna, di cui detto è
- 72. N. W. — gli altri li poeti par- 3. N. W. per vedere lei
- lano così 5. C. N. W. tanta onestà giugnea
- 76. N. e poi domand. non sap. — 8. Ed ella coron. — W. Ella
- S. e domand. non sap. inccr.
- 67. Remed. ara. vers. 2.
- 72. Vedi sopra lin. 47.
- Digitized by VjOOglC
- 80 Vita nuova. Cap. 26.
- strando di ciò eh' ella vedeva ed udiva. Dicevano molti, poiché
- 10 passata era: Questa non è femmina, anzi è uno de' bellissimi
- angeli del cielo. Ed altri dicevano : Questa è una meraviglia ;
- che benedetto sia lo Signore che sì mirabilmente sa operare!
- Io dico eh' ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti i piaceri,
- che quelli che la miravano comprendevano in loro una dolcezza
- 15 onesta, e soave tanto che ridire non la sapevano; né alcuno
- era lo quale potesse mirar lei, che nel principio non gli con-
- venisse sospirare. Queste e più mirabili cose da lei proce-
- deano virtuosamente. Ond' io pensando a ciò , volendo ripi-
- gliare lo stile della sua loda , proposi di dire parole , nelle
- 20 quali dessi ad intendere delle sue mirabili ed eccellenti
- operazioni; acciocché non pure coloro che la poteano sensibil-
- mente vedere, ma gli altri sapessino di lei quello che le pa-
- role ne possono fare intendere. Allora dissi questo sonetto:
- 9. S. eh' ella vedeva o udiva 18. C. N. W. — gli altri mirabil-
- 10. C. N. anzi è de' belliss. — S. mente e virtuosamente
- anzi è simile a uno de' beli. 19. Tr. 1. lo studio della sua loda
- U n ' *' è V Z* m€ra °!? lia J 21. S. visibilmente vedere
- 22. C. N. W. sappiano di lei
- 12. Tr. 1 W. mirabilm. sa adope-
- rare
- 14. S. una bellezza h onesta S. che per le parole ne posso
- 15. N. ridire noi sapevano — B. — M. che per le par. non posso
- rid. non lo sapeano
- Cap. XXVI.
- 19. «ripigliare lo stile della sua loda » , che in tutto il capitolo prece-
- dente non aveva parlato di Beatrice, benché nel cap. 18. avesse detto «pro-
- posi di prendere per materia del mio parlare Bempre mai quello che fosse
- loda di questa gentilissima».
- 20. « le sue mirabili ed eccellenti operazioni » , gli effetti dalla sua
- beltà, gentilezza ed umiltà prodotti in altrui, dei quali 1' aut. parla già
- nel son. 15. ma più ancora nel 16, che dovrebbe far parte del presente ca-
- pitolo (vedi 1' annotaz. crit. a cap. 27. lin. 1).
- 22. «sensibilmente vedere», cioè guardando «pur con 1» occhio, ohe non
- vede, Quando disanimato il corpo giace». Purg. XV. 134.
- 23. «quello che le parole ne possono fare intendere». Canz. «Amor
- che nella mente» str. 1. «Il parlar nostro, che non ha valore Di ritrar
- tutto ciò che dice Amore». Inf. XXVIII. 4. «Ogni lingua per certo verria
- meno, Per lo nostro sermone, e per la mente, Ch' hanno a tanto com-
- prender poco seno».
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 26. (Son. 15.) 81
- SONETTO DECIMO QUINTO.
- Tanto gentile e tanto onesta jpare
- La donna mia, quand' ella altrui saluta, 25
- Ch' ogni lingua divien tremando muta,
- E gli occhi non 1' ardiscon di guardare.
- Ella sen va, sentendosi laudare,
- Benignamente d' umiltà vestuta ;
- E par che sia una cosa venuta 30
- Di cielo in terra a miracol mostrare.
- Mostrasi sì piacente a chi la mira,
- Che dà per gli occhi una dolcezza al core,
- Che intender non la può chi non la prova.
- E par che della sua labbia si muova 35
- Un spirito soave e pien d' amore,
- Che va dicendo all' anima : sospira.
- Questo sonetto è sì piano ad intendere, per quello che
- narrato è dinanzi,- che non ha bisogno d' alcuna divisione; e
- però lasciando lui, 40
- 24. Cod. Redi Tanto è gentile M. fiero e pien d' ardore
- 27. G. gli occhi non ardiscon
- 29. B. Umilementé d' onestà test. 38 ' B ' ^ uest0 sonetto non si di ° ide >
- Vedi sopra cap. 11. «con viso vestito perciocché per se medesimo e assai
- umiltà ». chiaro. — In vece di questo i codici
- o A -ir s«' ., i c - Mart - N - Tr - !• e w ' hanno
- 30. M. Credo che na quant0 g . legge nel nogtro ^^
- 33. M. Che fier per gli occhi co n e go i e differenze che Tr. 1. ha
- 36. C. M. N. W. G. — S. Uno però lasciandola, e che nel cod. N.
- S2>irto le ultime quattro parole mancano.
- 26. Sopra cap. 11. «Quando ella fosse alquanto propinqua al salu-
- tare chi avesse voluto conoscere Amore, far lo potea mirando lo tre-
- more degli occhi miei».
- 29. «Nulla gloria mostrando di ciò che ella vedeva ed udiva» (sopra lin. 8.).
- 31. Sopra lin. 11. «Altri dicevano: Questa è una meraviglia; che bene-
- detto sia il Signore che sì mirabilmente sa operare».
- 35. «della sua labbia », cioè del suo viso, del suo aspetto. Purg. XXE3.
- 46. : « Questa favilla tutta mi raccese Mia conoscenza alla cambiata labbia,
- E ravvisai la faccia di Forese».
- 37. Sopra lin. 15. «Né alcuno era lo quale potesse mirar lei, che nel
- principio non gli convenisse sospirare».
- 38. «piano ad intendere» Purg. VI. 34. «La mia scrittura è piana».
- 40. «lasciando lui», cioè lasciando il sonetto senza divisione, di cui
- non ha bisogno. Chi preferisce col Giuliani la lezione del Tr. 1. «la-
- sciandola», spiega: tralasciando di aggiungere la divisione, del sonetto.
- Dante, Opere minori. I. 6
- Digitized by VjOOglC
- 82 Vita nuova. Cap. 27. (Son. 16.)
- CAPITOLO XXVII.
- Dico che questa mia donna venne in tanta grazia, che non
- solamente ella era onorata e laudata, ma per lei erano onorate
- e laudate molte. Ond' io veggendo ciò , e volendolo mani-
- festare a chi ciò non vedea, proposi anche di dire parole , nelle
- 5 quali ciò fosse significato : e dissi allora questo altro sonetto,
- che comincia Vede perfettamente, lo* quale narra di lei come
- la sua virtù adoperava nelle altre, siccome appare nella sua
- divisione.
- SONETTO DECIMOSESTO.
- Vede perfettamente ogni salute
- 10 Chi la mia donna tra le donne vede:
- Quelle, che van con lei, sono tenute '
- Di bella grazia a Dio render mercede,
- E sua beltate è di tanta virtute,
- Che nulla invidia all' altre ne procede ,
- 15 Anzi le face andar seco vestute
- Di gentilezza, d' amore e di fede.
- 5. 6. Le parole a ^ro e che com. Vede
- Gap. XXVII. per/., che si devono ai codd. Triv. 1.
- 1. Da quanto si è esposto in fine e "W. non si leggono nel cod. N. e-
- del cap. precedente, si vede che i nell' ed. S.
- testi a penna qui non indicano un 6. 7. Anche dì lei, e siccome app. ecc.
- nuovo capitolo, non facendo nem- fu aggiunto coi detti due testi.
- meno capoverso. Ma per non al-
- terare la solita numerazione, si è
- creduto dover tener dietro alle 10. Vat. /ralle donne
- stampe anteriori. 11. N. G. 8. Q.uell€ y che vanno con
- 2. N. non solarti, fra onor. lei, son tenute — W. E qu. ohe con
- 3. N. M. — W. 8. volendo mani- con lei son ten.
- /estare 13. B. E sua biltà è di — M. e Scap.
- 5. M. W. S. — allora manca nel Che sua beltate è di
- cod. N. 14. Vat. all' altra ne proc.
- Cap. XXVII.
- 2. Sopra cap. 19. canz. 1. str. 3. uqual vuol gentil donna parere, Vada
- con lei ».
- 12. Rendendo a Dio le grazie che sanno maggiori, lo rimunerano in
- qualche modo di tanto favore.
- 14. Cino da Pistoia canz. 11. str. 3. . . . Non dà invidia quel eh' è mara-
- viglia, Lo quale vizio regna ov' è paraggio».
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 27. 28. (Son. 16.) 83
- La vista sua face ogni cosa umile,
- E non fa sola sé parer piacente,
- Ma ciascuna per lei riceve onore.
- Ed è negli atti suoi tanto gentile, 20
- Che nessun la si può recare a mente,
- Che non sospiri in dolcezza d' amore.
- Questo sonetto ha tre parti : nella prima dico tra che genti
- questa donna più mirabile parea; nella seconda dico come era
- graziosa la sua compagnia; nella terza dico di quelle cose 25
- eh' ella virtuosamente operava in altrui. La seconda comincia
- quivi: Quelle che van; la terza quivi: E sua beltate. Quest' ul-
- tima parte si ^Ride in tre: nella prima dico quello che ope-
- rava nelle donne, cioè per loro medesime ; nella seconda dico
- quello che operava in loro per altrui; nella terza dico come 30
- non solamente nelle donne, ma in tutte le persone, e non
- solamente nella sua presenza, ma, ricordandosi di lei, mirabil-
- mente operava. La seconda comincia quivi: La vista; la
- terza quivi: Ed è negli atti.
- CAPITOLO XXVIJI.
- Appresso ciò , cominciai a pensare un giorno sopra quello
- che % detto avea della mia donna, cioè in questi due sonetti
- precedenti ; e veggendo nel mio pensiero eh' io non avea detto
- di quello che al presente tempo adoperava in me, ^parvenu
- 17. N. W. B. fa ogni cosa umile 30. B. in loro per alcuni
- 18. Scap. fa sola lei B. che non solamente
- 31. B. nelle donne operava, ma in
- 23. B. che tra gente tutte
- Cap. XXVIII.
- 25. C. N. Tr. 1 . — B. com' era gioiosa
- B. dico quelle cose
- 26. Tr. 1. W. che vertudiosamente 4. M. che al presente adop.
- oper. — B. le quali oper. C. N. "W. pareami
- 22. L' ultimo verso di ognuno de' due sonetti esprime lo stesso pen-
- siero.
- 23. «tra che genti», vale a dire, tra le donne. «Beatrice .... Sotto
- suo velo, ed oltre la riviera Vincer pareami più sé stessa antica, Che vincea
- 1' altre qui, quand' ella e' era». Purg. XXXI. 82.
- 31. «ricordandosi di lei», anche chi «se la reca a mente, sospira in
- dolcezza d' amore ». *
- 6*
- Digitized by VjOOglC
- 84 Vita nuova. Cap. 28. (Frammento di Oanz.)
- 5 difettivamente aver parlato; e però proposi di dire parole,
- nelle quali io dicessi come mi parea esser disposto alla sua
- operazione, e come operava in me la sua virtude. E non
- credendo ciò poter narrare in brevità di sonetto, cominciai
- allora una canzone, la quale comincia:
- FRAMMENTO DI CANZONE.
- 10 Sì lungamente m 7 ha tenuto Amore ,
- £ costumato alla sua signoria,
- Che sì com' egli m' era forte in pria,
- Così mi sta soave ora nel core.
- Però quando mi toglie sì '1 valoref »
- 15 | Che gli spiriti par che fuggan via,
- Allor sente la frale anima mia
- Tanta dolcezza, che '1 viso ne smuore.
- | Poi prende Amore in me tanta virtute,
- Che fa li miei sospiri gir parlando;
- 20 Ed escon fuor chiamando
- La donila mia, per darmi più salute.
- Questo m' avviene ovunque ella mi vede,
- E sì è cosa umil, che noi si crede.
- 6. S. salta dal primo al secondo 12. N. cod. Redi. W. M. G. 8.
- coflEft~ _ . ^ Che così come 7 tu' era
- 7. W. E non potendo credere ciò 19. N. W. — M. G. S. Che fm. gli
- narrare spirti miei andar
- 8. M. S. cominciai questa canzone 23. C. M. N. che non si crede
- Gap. XXVIII.
- 6. Il poeta voleva esporre nella canzone come dall' un de' lati la
- lunga signoria d' Amore 1' aveva disposto a ricever degnamente i benefici
- influssi che procedeano dalla sua donna, aveva dunque condotto in lui a
- maggior perfezione la potenza ; dall' altro lato come quegli influssi virtuosi
- operavano in lui, riducevano in atto quella potenza.
- • _ _
- 10. Questa strofa, ossia stanza di canzone, per V intrecciatura deUe
- rime sarebbe /sonetto , se 1' undecimo verso (lin. 20.) non fosse settenario.
- 12. «forte», difficile, duro a sopportarsi.
- 14. Ganz. 2. str. 2. (cap. 23.) «Ghe vedestù, che tu non hai valore?»
- 17. « il viso ne smuore » , smarrisce , divien d' un color pallido.
- 21. «per darmi più salute», a maggiormente confortarmi, inebbriandomi
- di dolcezza.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 29. 85
- CAPITOLO XXIX.
- Quomo do sedet sola civitas piena populo ! facta est quasi
- vidua domina gentium.
- Io era nel proponimento ancora di questa canzone, e com-
- piata n' avea questa sovrascritta stanza, quando lo Signore
- della giustizia chiamò questa gentilissima a gloriare sotto 5
- l' insegna di quella reina benedetta Maria, lo cui nome fu in
- grandissima reverenza nelle parole di questa Beatrice beata.
- Ed avvegnaché forse piacerebbe al presente trattare al-
- quanto della sua partita da noi, non è mio intendimento di
- trattarne qui per tre ragioni: la prima si è, che ciò non è IO
- del presente proposito, se volemo guardare il proemio, che
- precede questo libello; la seconda si è che, posto che fosse
- del presente proposito, ancora non sarebbe sufficiente la mia
- penna a trattare,, come si converrebbe, di ciò; la terza si è
- 7. N. di questa beata Beatrice —
- Cap. XXIX. S. di qu. Beatrice
- . r , , , . ,. 8 - Mart. W. t. appresente trattare
- 1. Le paro e del testo biblico non 10 c _ ^ u ^ rf . , rfl „ flr
- si leggono nell' ed. S. .
- 4. C. N. lo Sign. di questa genti- \\. n. W. se volemo guardare nel
- lissima, cioè io Sign. della giust. proemio
- 5. C. N. chiamò questa nobile 12. e. Mart. W. S. — N. B. posto
- 6. C. N. e W. (agg. fra le righe) che sia
- benedetta virgo Maria 14. W. S. sufficiente la mia lingua
- Cap. XXIX.
- I. Thrvai I. 1. Nel cap. 31. 1' aut. dice d' aver messo qui il vcrsicolo
- di Geremia «quasi come entrata della nuova materia che appresso viene».
- 6. ««Quivi è la rosa in che il Verbo Divino [Carne si fece» dice della
- santa Vergine Beatrice nel Parad. XXIII. 73. , e poco appresso (vers. 88.)
- il poeta la chiama «il bel fior, ch'io sempre invoco E mane e sera». La
- dice » reina», come nel Far. XXXII. 104 e 119 le dà l' istesso nome
- («regina»), e quello di «Augusta». — L' aut. dice «sotto l'insegna», e
- non immediatamente sotto. Nella rosa dell' Empireo si succedono in linea
- retta sotto Maria: Eva, Rachel, Sara, Rebecca, Judit e Ruth, tutte Ebree.
- Accanto a Rachel e sotto a S. Pietro siede Beatrice «Nel trono che i suoi
- merti le sortirò». Par. XXXI. 69.
- II. Vedi sopra pag. 3.: «le parole», che 1' aut. trovava scritte «nel libro
- della sua memoria sotto la rubrica, la quale dice: incipit Vita Nova*.
- 14. « a trattare di ciò » , intendi quanto fu bella la morte di Beatrice,
- che in mezzo agli spasimi dell' agonia non solamente rimaneva rassegnata
- nella volontà divina, ma sembrava già trionfare colle glorie del Paradiso.
- Digitized by VjOOglC
- 86 Vita nuova. Cap. 29. 30.
- 15 che, posto che fosse Y uno e 1' altro, non è convenevole a
- me trattare di ciò, per quello che, trattando, mi converrebbe
- essere lodatore di me medesimo (la qual cosa è al postutto
- sconvenevole e biasimevole a chi '1 fa) , e però lascio cotale
- ) trattato ad altro chiosatore.
- Tuttavia, perchè molte volte il. numero del nove ha preso
- luogo tra le parole dinanzi, onde pare che sia non senza
- ragione, e nella sua partita cotale numero pare che avesse
- molto luogo, conviensi qui dire alcuna cosa, acciocché pare
- al proposito convenirsi. Onde prima dirò come ebbe luogo
- 25 nella sua partita, e poi ne assegnerò alcuna ragione, perchè
- questo numero fu a lei cotanto amico.
- capitolo xxx.
- Io dico che, secondo 1' usanza d' Italia, 1' anima sua nobilis-
- sima si partì nella prima ora del nono giorno del mese ; e se-
- condo 1' usanza di Siria, ella si partì nel nono mese dell' anno ;
- perchè il primo mese è ivi Tisrin, il quale a noi è. Ottobre.
- E secondo 1' usanza nostra, ella si partì in quello anno della
- 16. N. perchè trattando Cap. XXX.
- W. S. conterrebbe essere me 1. Anche qui li testi a penna non
- laudatore — M. avverrebbe me ess. fanno capoverso.
- lodai. N. t. W. secondo V usanza
- 18. 0. N. W. — gli altri omettono d ' Arabia
- sconcenecole e 2 * nobilissima manca nel cod. M.
- lin „ , , , e presso il S.
- 22. M. pare che cotal numero avesse *\ _. , . . ,.„....
- * 4. Trovando nel mio codice Thtsir,
- 23. S. che avesse molto, con*. ho cre duto dover restituire con leg-
- Mart. — M. però conviensi dire ^ t9k correzione il vero nome del
- quivi — S. converriesi dire quindi prim0 me8e siriaco ( Scalici» de
- 25. N. ne segnerò emendat. temporum p. 96.) — N. t.
- 26. N. perchè cotal numero Sirim — tutti gli altri Tismin
- è
- 17. « Lodare sé . . . è loda nella punta delle parole , è vituperio chi
- cerca loro nel ventre». Conv. I. 2. — Quale sia la ragione, per cui l'aut.
- non abbia potuto trattare della partita di Beatrice senza essere lodatore
- di sé medesimo, non saprei indovinare, né trovo che. altri sia stato più
- felice.
- Cap. XXX.
- 4. L'anno Siro-greco cominciava coi due mesi Tisrin, e il suo nono
- mese era detto Haziran.
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 30. 87
- nostra indizione, cioè degli anni Domini, in cui il perfetto
- numero nove volte era compiuto in quel centinaio, nel quale
- in questo mondo ella fu posta: ed ella fu de' Cristiani del
- terzodecimo centinaio. Perchè questo numero le fosse tanto
- amico, questa potrebb' essere una ragione ; conciossiacosaché, IO
- secondo Tolomeo e secondo la Cristiana verità, nove siano
- li cieli che si muovono, e secondo comune opinione astrologa
- li detti cieli adoperino quaggiù secondo la loro abitudine
- insieme; questo numero fu amico di lei per dare ad inten-
- dere, che nella sua generazione tutti e nove li mobili cieli 15
- 9. C. N. W. — Tr. 1. Mart. è che nove , lezione preferita dal
- •Perchè questo numero Jfisse in tanto . Giuliani.
- amico di lei — Il cod. M. e le edi- 12. N. W. — Tr. 1, 2. sec. com.
- zioni anteriori alla Milanese non op. astrologica — M. S. secondo
- ritengono di questo passo che le comunione Astrologia — B. sec.
- due ultime parole. » comunione astrologa
- 10. M. qu. potrebbe essere mia 13. S. adoprano quaggiù
- ragione secondo manca nel cod. N.
- lì. X. secondo li Cristiani ver it ade li. C. N. abitudine in cielo
- 6. a indizione » equivale ad « era » , la nostra indizione è 1' era Cri-
- stiana.
- 7. L' aut. chiama il dieci il numero perfetto , forse perchè a dal dieci
- in su non si va, se non esso dieci alterando cogli altri nove e con so «tesso»
- Convivio II. 15. Del resto anche i Pitagorici dicevano numero perfetto
- il dieci.
- 9. Beatrice morì dunque la prima ora del 9. Giugno 1290.
- 11. Già Tolommeo attribuì una sfera, ossia un cielo ad ognuno dei sette
- pianeti (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno). Di là di esse
- suppose come ottavo cielo quello delle stelle fisse, e come nono il cielo cristal-
- lino, ossia primo mobile, cagione, come si credeva, dell'apparente circo-
- lazione quotidiana di tutti i corpi celesti. Gli scolastici, dunque Cristiani,
- adottando questo sistema , aggiunsero ai nove cieli un decimo , 1* empireo,
- di perpetua quiete, e per ciò immobile. Questa configurazione celeste,
- dimostrata falsa da oramai tre secoli, fu creduta da Dante verità incon-
- trastabile (Convivio II. 3. « Del numero de' cieli , e del sito diversamente
- è sentito da molti ; avvegnaché la verità all' ultimo sia trovata»), e questa
- supposta verità, essendo combinata dalla teologia del medio evo colle
- gerarchie celesti, ben poteva dirsi dall' autore « verità Cristiana ». I nove
- cieli mobili agiscono secondo la rispettiva- loro posizione sulle cose
- terrene.
- 13. Furg. XXX. 109. ... «le rote magne . . drizzan ciasoun seme ad
- alcun fine, Secondo che le steUe son compagne». «Secondo la loro abi-
- tudine» Parad. XXIX. 52. «L'altra» (parte degli Angeli, cioè quelli che
- non caddero con Lucifero , e furono fatte intelligenze motrici de' cieli)
- « rimase , e cominciò quest' arte , Che tu discerni , con tanto diletto Che
- mai da circuir non si diparte».
- Digitized by VjOOglC
- 88 Vita nuova. Cap. 30.
- perfettissimamente s' aveano insieme. Questa è una ragione
- di ciò; ma più sottilmente pensando, e secondo la infallibile
- verità, questo numero fu ella medesima ; per similitudine dico, !
- e ciò intendo così: Lo numero del tre è la radice del nove, |
- 20 perocché senza numero altro, per sé medesimo moltiplicato,
- fa nove, siccome vedemo manifestamente che tre via tre fa
- nove. Dunque se il tre è fattore per sé medesimo del nove, !
- e lo fattore dei miracoli per sé medesimo è tre, cioè Padre, ,
- Figliuolo e Spirito santo, li quali sono tre ed uno, questa '
- 25 donna fu accompagnata dal numero del nove a dare ad in- I
- tendere, che ella era un nove, cioè un miracolo, la cui radice
- è solamente la mirabile Trinitade. Forse ancora per più sottil
- persona si vedrebbe in ciò più sottil ragione; ma questa è
- quella eh' io ne veggio, e che più mi piace.
- 16. N. sapeano insieme 21. Le parole siccome vedemo mani-
- li. S. secondo to ineffabile verità, festam. che tre via tre fa nove mancano
- lezione, per quanto mi pare sosti- nel testo del cod. W. ma sono sup-
- tuita dal Sennart. a quella degli plite in marg. eolla variazione di
- altri col solito suo modo di non fanno in vece di fa — N. siccome è
- ammettere in relazione a Beatrice manif. ecc.
- termini consacrati per cose di fede 25. M. "W. S. accompagnata da
- Cristiana. questo numero
- 20. M. N. W. B. — S. senza nu- 26. M. W. S. la cui radice , ciò*
- mero alcuno, per sé — Prat. senz 1 al- del miracolo, è solam.
- tro numero per sé 27. C. N. per più sottili ragioni
- "W. t. per sé medesimo, molti- ciò è\ ma questa è quella che più mi
- plicandolo, fanno nove — N. "W*. v. piace, e che io ne veggio
- per sé medesimo fa nove
- 16. o s' aveano insieme», erano nella posizione più favorevole, dimodo-
- ché ognuno di questi cieli poteva far agire i benefici suoi influssi in per-
- fetta armonia cogli altri. Farad. XIII. 79. . . . use il caldo amor la chiara
- vista Della prima virtù dispone e segna, Tutta la perfezion quivi s'ac-
- quista.
- 22. Farad. XIII. 55. . . . «quella viva luce che sì mea Dal suo lucente,
- che non si disuna Da lui , nò dall' amor che a lor s' intrea , Per sua bon-
- tate il suo raggiare aduna, Quasi specchiato, in nove sussistenze».
- I
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 31. 89
- capitolo XXXI.
- Poiché la gentilissima donna fu partita da questo secolo,
- rimase tutta la sopradetta cittade quasi vedova, dispogliata
- di ogni dignitade, ond' io, ancora lagrimando in questa deso-
- lata cittade , scrissi a' principi della terra alquanto della sua
- condizione, pigliando quello cominciamento di Geremia profeta: 5
- Quomodo sedet sola civitas! E questo dico, acciocché altri
- non si meravigli, perchè io V abbia allegato di sopra, quasi
- come entrata della nuova materia che appresso viene. E se ^-
- alcuno volesse me riprendere di ciò, che non~scrivo qui le
- parole che seguitano' a quelle allegate, scusomene, perocché lo IO
- intendimento mio non fu da principio di scrivere altro che per
- volgare: onde, conciossiacosaché le parole, che seguitano a
- quelle che sono allegate, sieno tutte latine, sarebbe fuori del
- mio intendimento se io le scrivessi; e simile intenzione so che
- 3. Tr. 1. in questa disconsolata
- Cap. XXXI. città
- 5. Tatto il passo da pigliando
- 1. la gentilissima donna manca fin0 so viene (lin . 8<) manca
- nei oodd. C. N. W. nell , Jf g
- M. W. S. partita di questo B. non ha profeta
- secolo 8. M. B. Se alcuno
- 2. M. la soprascritta città — S. 13. M. a quelle allegate
- questa città 14. Le parole e simile intenz. fino
- quasi non si legge nel cod. N. in volgare non si leggono nel cod. M.
- Cap. XXXI.
- 1. «da questo secolo», dal mondo dei viventi, nel quale si parte «lo
- tempo per calendi». — «Nell'eterno die» dei trapassati a vita migliore
- non si conta né per giorni e notti, né per anni o secoli. Purg. XXX. 103,
- 4. u della terra», cioè della città di Firenze, che 1' aut. anche
- nell' Inf. XXIII. 105. dice la «sua terra». I principi della terra sono
- dunque i personaggi principali e più auterevoli. ,
- 6. L' isteBao principio diede 1' aut. all' epistola che diresse nel 1314 ai
- Cardinali Italiani del Conclave di Carpentrasso. — Gahr. Kossetti (La
- Beatrice di Dante p. 69, 73.) credendo identiche le due lettere, suppone
- che tutta la Vita Nuova non sia scritta che dopo la morte di Clemente V
- e che i «principi della terra» siano gli stessi Cardinali, detti nell' epistola
- « nomine solo Archimandrìtae per orbem».
- 7. «di sopra», cap. 29.
- 10. Nella lettera « a' principi della terra ».
- 13. «quelle che sono allegate», cioè quelle di Geremia.
- Digitized by VjOOglC
- 90 Vita nuova. Cap. 32.
- 15 ebbe questo primo mio amico, a cui ciò scrivo, cioè eh' io
- gli scrivessi solamente in volgare. _ |7 ., t / . ^ -
- ' CAPITOLO XXXII.
- Poiché gii occhi miei ebbero per alquanto tempo lagrimato,
- e tanto affaticati erano eh' io non potea disfogare la mia
- tristizia, pensai di voler disfogarla con alquante parole dolo-
- rose; e però proposi di fare una canzone, nella quale pian-
- gendo ragionassi di lei, per cui tanto dolore era fatto distrug-
- gitore deli' anima mia; e cominciai allora: Gli occhi dolenti ec.
- Acciocché questa canzone paia rimanere viepiù vedova dopo
- il suo fine, la dividerò prima eh' io la scriva: e cotal modo
- terrò da qui innanzi. Io dico che questa cattivella canzone ha
- 15. N. questo mio amico 3. M. pensai dì volerla sfogare
- N. a cui io scrivo — W. a cui — C. N. pens. di sfogarla
- io ciò scrivo 4. C. N. e pensai di fare una
- canz.
- Cap. XXXII.
- 6. allora ecc. manca nel cod. M.
- 2. 8. B. — C. N. W. che non 7. C. N. W. qu. canz. rimanga
- poteano sfogare la loro trist. viepiù vedova
- 15. Gli editori Milanesi annotano: «Da queste parole apparisce che
- Guido Cavalcanti , chiamato da Dante suo primo amico , non amava la
- lingua latina, cui fors' anche ignorava», ed in questo fatto trovano 1' «aper-
- tissima ragione del suo probabile contraggenio per uno scrittore latino,
- quale si è Virgilio», accennato da Dante Inf. X. 63. Quest'osservazione,
- che mi pare giudiziosissima, non fu adottata che dal Fraticelli e dallo
- Scartazzini fra i moderni commentatori della Commedia.
- Cap. XXXII.
- 3. A forza di piangere gli occhi dell'autore erano «rimasi per vinti»,
- che non ne potevano più; il fonte delle lagrime gli era prosciugato in
- modo che non poteva più «disfogar la sua tristizia » ; eppur anche un pec-
- catore della Tolomea desidera di sfogar uil dolor che il cor gli impregna».
- Inf. XXXIII. 113.
- 4. « piangendo » , ma non « lagrimando », rompendo in lamenti, traendo
- guai. — Il lagrimare si vede, ma il piangere si ode, e però dice bene
- 1' aut. « Ed ecco piangere e cantar s' udìe ». Purg. XXIII. 10.
- y. «cattivella canzone», cioè misera pietosa, e cosi 1' aut. nella licenza
- (lin. 96.) la chiama «Pietosa mia canzone».
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 32. (Canz. 3.) 91
- tre parti: la prima è proemio; nella seconda ragiono di lei; IO
- nella terza parlo alla canzone pietosamente. La seconda co-
- mincia quivi: Ita n' è Beatrice; la terza quivi: Pietosa mia
- canzone. La prima si divide in tre : nella prima dico per che
- mi muovo a dire; nella seconda dico, a cui voglio dire; nella
- tersenico, di cui voglio dire. La seconda comincia quivi : E 15
- perche mi ricorda; la terza quivi: E dicerò. Poscia quando
- dico : Ita n* è Beatrice, ragiono di lei, e intorno a ciò fo due
- parti. Prima dico la cagione perchè tolta ne fu ; appresso dico
- come altri piange della sua partita, e comincia questa parte
- quivi: Partissi della sua. Questa parte si divide in tre: nella 20
- prima dico chi non la piange; nella seconda dico chi la piange;'
- nella terza dico della mia condizione. La seconda comincia
- quivi: Ma n' ha tristizia e doglia; la terza: Datinomi angoscia.
- Poscia quando dico: Pietosa mia canzone, parlo a questa mia
- canzone designandole a quali donne sen vada, e steasi con loro. 25
- CANZONE TEEZA.
- Gli occhi dolenti per pietà del core
- Hanno di lagrimar sofferta pena,
- Sì che per vinti son rimasi ornai.
- Ora s' io voglio sfogar lo dolore ,
- Che appoco appoco alla morte mi mena, 30
- Convenemi parlar traendo guai.
- E perchè mi ricorda eh' io parlai
- Della mia donna , mentre che vivia,
- Donne gentili, volentier con vui,
- Non vo' parlare altrui, 35
- 12. N. Ita se n' è Beatrice 27. Pai. W. r. sofferto pena
- 14. B. che mi muove a dire 31. M. Convienimene parlar — G.
- 15. W. t. dico ciò che voglio dire ti. conviemmi di parl n
- 17. Come a lin. 12. 32. Pai. perch' et mi rie. — Gh S.
- 22. B. dico la mia condizione perchè 7 mi rie.
- 23. Nella canz. lin. 63. Ma vien trist. 34. Pai. W. W. r. Donne gentil,
- 25. N. W. B. disegnandole volentieri con vui
- 35. Prat. parlarne altrui
- 31. alo sentia da ogni parte traer guai ». Inf. XIII. 22.
- 34. Vedi sopra cap. 19. «Pensai ohe parlar di lei non si convenia, se
- non che io parlassi a donne in seconda persona».
- Digitized by VjOOglC
- 92 Vita nuova. Cap. 32. (Canz. 3.)
- Se non a cor gentil che 'n donna sia;
- E dicerò di lei piangendo, pui
- Che se n 7 è gita in ciel subitamente,
- Ed ha lasciato Amor meco dolente.
- 40 II. Ita n' è Beatrice in V alto cielo,
- Nel reame ove gli angeli hanno pace,
- E sta con loro; e voi, donne, ha lasciate.
- Non la ci tolse qualità di gelo,
- Né di calor, sipcome 1' altre face;
- 45 Ma sola fu sua gran benigniate.
- Che luce della sua umilitate
- Passò li cieli con tanta virtute,
- Che fé maravigliar 1' eterno Sire ,
- Sì che dolce desire
- 50 Lo giunse di chiamar tanta salute,
- E fella di quaggiuso a sé venire;
- Perchè vedea eh' està vita noiosa
- Non era degna di sì gentil cosa.
- III. Partissi della sua bella persona
- 55 Piena di grazia 1' anima gentile,
- Ed èssi gloriosa in loco degno.
- 37. W. r. E sì dirò di lei 51. N. di quaggiù a sé
- 38. C N. Pai. — gli altri Se rì è ita 54. M. della sua gentil persona
- 40. M. N. Ita se n' è Beatr. 56. Tr. 2. E andossi gloriosa
- Pai. in alto cielo. Vedi sopra Pai. in degno loco, altra « cor-
- cap. 19. canz. 1. str. 3. rezione» fatta, al dire del Palermo,
- 44. N. Pai. Né di calore, come da Messer Francesco per vindicar
- V altre le rime di Dante dalle ingiurie di
- 45. N. Pai. W. r. Ma solo fu chi ne guastò il testo — ma cor-
- 46. G. M. della sua umanitate rezione che distrugge la rima.
- 43. Il non poter trattare Dante della partita di Beatrice senza essere
- laudatore di sé medesimo (cap. 29.) , la di lei morte non accaduta come
- quella delle altre, per gelo o per calore, ma «subitamente» («com' ella
- n' è tolta » lin. 67.) , sono tutti punti che rendono buia la narrazione di
- quel tristo caso, e forte a solvere questo enigma.
- 48. Già nella prima canzone P eterno Sire aveva detto agli angeli : «Diletti
- miei, or sofferite in pace, Che vostra speme» (Beatrice) «sia,, quanto mi
- piace , Là ov' è alcun che perder lei s' attende ». Ora dunque quel tempo
- era passato, e Iddio si era arreso alle istanze degli angeli.
- 52. «Lo cielo non atea altro difetto, Che d' aver lei* (ivi), e la vita di
- questo mondo non era degna di si gentil cosa.
- 54. «... la bella persona Che mi fu tolta, e '1 modo ancor m' offende»
- dice Francesca da Rimini.
- 56. «Nel ciel dell' umiltate , ov' è Maria o (Son. 18. cap. 35.).
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Gap. 32. (Canz. 3.)
- Chi non la piange, quando ne ragiona,
- Core ha di pietra sì malvagio e vile,
- Ch 7 entrar non vi può spirito benegno.
- Non è di cor villan sì alto ingegno,
- Che possa imaginar di lei alquanto,
- E però non gli vien di pianger voglia:
- Ma vien tristizia e doglia
- Di sospirare e di morir di pianto,
- E (V ogni consolar V anima spoglia,
- Chi vede nel pensiero alcuna volta
- Qual ella fu, e com' ella n' è tolta.
- IV. Dannomi angoscia li sospiri forte,
- Quando il pensiero nella mente grave
- Mi reca quella che m' ha il cor diviso :
- E spesse fiate pensando alla morte,
- Me ne viene un desio tanto soave,
- Che mi tramuta lo color nel viso.
- Quando l' imaginar mi tien ben fiso,
- Giugnemi tanta pena d' ogni parte,
- Ch' i' mi riscuoto per dolor eh' io sento ;
- E sì fatto divento,
- Che dalle genti vergogna mi parte.
- 60
- 65
- 70
- 75
- 59. M. Che non vi puote entrar
- spirto ben. — G-. Ch' entrare non vi
- può spirto ben. — N. Ch' entrar no' i
- potè spìrito ben. — Anche peggio il
- preteso Petrarca (Pai.) Ch' entr. non
- i potè spirto ben.
- 60. M. t. Non ha cor di villan
- 62. Pai. di pianger doglia
- 63. Frat. Ma n' ha trist. Vedi sopra
- Un. 23.
- Pai. e M. v. tristizia e voglia
- 66. N. Chi vide, nel pena.
- 67. N. W. Gr. S. — M. PaL W. r.
- e qual ella n' è tolta
- 68. W. r. Or. S. Donanmi angoscia.
- Vedi sopra Cap. 16. Son. 9.
- 71. C. N. pensando la morte
- 72. C. N. Vienemene un desio — •
- M. Vienemi un desio — Pai. Mi viene
- un desio
- 74. C. M. N. E quand' il maginar
- — W. e W. r. E quando lo in-
- maginar
- C. N. — W. e W. r. ft. S. mi
- vien ben
- 73. «Me ne viene un desio tanto soave, Che mi tramuta lo color nel
- viso». Nella seconda canz. il poeta disse alla morte : «si desideroso vegno
- D' esser de tuoi, eh' io ti somiglio in fede ».
- 74. Dal semplice «pensiero» che nella mente gli reca quella che gli
- divise il core, pensiero, che gli fa nascere un desio della morte, il poeta
- distingue 1' internarsi talmente in quell' imaginare doloroso, che ne
- cade come in ismarrimento , dal quale 1' eccesso di pena finalmente lo
- riscuote.
- Digitized by VjOOglC
- 94 Vita nuova. Cap. 32. (Canz. 3.)
- Poscia piangendo, sol nel mio lamento
- 80 Chiamo Beatrice; e dico: Or se' tu morta!
- E mentre eh' io la chiamo, mi conforta.
- V. Pianger di doglia e sospirar d' angoscia
- Mi strugge il core ovunque sol mi trovo,
- Sì che ne increscerehbe a chi '1 vedesse :
- 85 E qual è stata la mia vita, poscia
- Che la mia donna andò nel secol nuovo,
- Lingua non è che dicer lo sapesse:
- E però, donne mie , pur eh' io volesse ,
- Non vi saprei dir bene quel eh' io sono ;
- 90 Sì mi fa travagliar 1' acerba vita,
- La quale è sì invilita,
- Ch' ogni uom par che mi dica: Io t' abbandono,.
- Vedendo la mia labbia tramortita.
- Ma qual eh' io sia, la mia donna sei vede,
- 95 Ed io ne spero ancor da lei mercede.
- VI. Pietosa mia canzone, or va piangendo,
- E ritrova le donne e le donzelle,
- 79. Pai. E poi piangendo — N. eh' io volesse (!) — W. G. B. perch* io-
- Po' V piangendo volesse
- 83. C. N. Pai. Mi stringe il core 89. G. S. Non vi saprei ben dicer
- M. il cor dovunque M. ben dir quello eh' io sono
- 84. C. N. Pai. W. e W. r. a chi 92. C. N. \Pal. W. — G. S. Che
- m* udisse; leggi, oppure pronunzia ogni uom par mi dica
- m' ledesse. Vedi il commento alla 94. N. Ma quel eh' io sia
- lin. 4. di questo capitolo. M. il si vede
- 86. Pai. Che V anima mandò (!) 95. M. Onde ne spero
- 87. M. t. che dicer lo potesse 97. M. E ritrova la donna
- 88. C. M. N. W. r. S. — Pai. più
- 79. Piangendo e lamentandosi nella solitudine, non sa persuadersi che
- Beatrice sia veramente morta, e chiamandola gli sembra che gli risponda
- e lo conforti.
- 86. Il « secol nuovo » nel quale andò Beatrice è la « seconda sua etade
- e la mutata vita » del Purg. XXX. 125. A dir vero , la vita eterna non
- conosce «secoli»; ma 1' uso improprio di quel termine ricorre anche
- nell' Inf. II. 13. : « di Silvio lo parente .... ad immortale Secolo andò ».
- Vedi son. 17. lin. 28.
- 90. «mi fa travagliar». Inf. XXXIV. 91. «s'io divenni allora trava-
- gliato, La gente grossa il pensi».
- 93. Il colore e 1' espressione del mio viso, che sembrano d' uomo-
- morto.
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 33. 95
- A cui le tue sorelle
- Erano usate di portar letizia;
- E tu, che sei figliuola di tristizia, 100
- Yatten disconsolata a star con elle.
- capitolo xxxhi. Nh -
- Poichè detta fu questa canzone^ si venne a me uno, il
- quale, secondo li gradi dell' amistade, è amico a me immediata-
- mente dopo il primo : e questi fu tanto distretto di sanguinità
- con questa gloriosa, che nullo più presso 1' era. E poiché
- fu meco a ragionare, mi pregò che io gli dovessi dire alcuna 5
- cosa per una donna che s' era morta ; e simulava sue parole,
- acciocché paresse che dicesse d' un' altra, la quale morta era
- cortamente : ond' io accorgendomi che questi dicea solo per
- questa benedetta, dissi di fare ciò che mi domandava lo suo
- prego. Onde poi pensando a ciò, proposi di fare un sonetto, 10
- nel quale mi lamentassi alquanto, e di darlo a questo mio
- 101. Mart. Mortara. W. e W. r. 3. C.W.— gli altri e questo futanto
- — N. Pai. (t. S. Vattene scanso- 7. W. un' altra che morta era
- lata- S. S. morta era certamente
- In fine della licenza il Ser- Mart. W. dicea solamente per
- martelli aggiunge questi tre versi: qu. — N. dicea per qu.
- Dì Beatrice più che V altre beile, 9. Mart. W. S. — N. quella bene-
- N'è ita a' pie d'Iddio immantenente, detta
- E ha lasciato Amor meco dolente. N. ciò che mi commandava
- 10. W. B. — N. ond' io poi pen-
- Cap. XXXIII. sando a ciò, prop. — . Onde acciò
- 1. W. questa mia canzone pensando prop.
- 2. W. S. — C. N. era amico
- 98. « le tue sorelle » , le rime composte dal poeta in lode di Beatrice
- vivente. La canz. «Amor, che nella mente » chiama sua sorella la ballata
- «Voi che sapete ragionar».
- Cap. XXXIII.
- 2. Il secondo amico dell' aut. per ragione di tempo era Cino da Pistoia
- Qui ai parla di uno che per gradi d' amicizia — dopo Guido Cavalcanti —
- gli era secondo, cioè di Manetto Portinari, fratello di Beatrice (Vedi
- cap. 34. lin. 17.). Per quanto io sappia questo passo è l'unico ricordo,
- rimastoci di tale amicizia.
- 3. a distretto di sanguinità», di prossima, di stretta parentela.
- 8. «cortamente», da poco tempo.
- 11. In questo sonetto 1' aut. non si lamenta che «alquanto», acciocché
- paresse che non per sé stesso, ma per Manetto 1' avesse fatto.
- Digitized by VjOOglC
- 96 Vita nitova. Cap. 33. (Son. 17.
- amico, acciocché paresse, che per lui 1' avessi fatto; e
- dissi allora questo sonetto: Venite a intendere ecc. lo
- quale ha due parti: nella prima chiamo li- fedeli d' Amore
- 15 che m' intendano; nella seconda narro della mia misera
- condizione. La seconda comincia quivi: Li quali scon-
- solati.
- SONETTO DECIMOSETTIMO.
- Venite a intender li sospiri miei,
- cor gentili, che pietà il desia;
- 20 -" Li quali sconsolati vanno via,
- E s' e' non fosser, di dolor morrei.
- Perocché gli occhi mi sarehbon rei
- Molte fiate più eh' io non vorria,
- Lasso! di pianger sì la donna mia,
- 25 Che sfogassi lo cor, piangendo lei.
- Voi udirete lor chiamar sovente
- La mia donna gentil, che se n- è gita
- Al seco! degno della sua virtute;
- 15. Le parole feconda narro della fiate più che non vorrei, lascio di
- mancano nel cod. N. piangere la donna mia, e di sfogare
- nel pianto il mio dolore».
- 20. B. Li qua' disconsolati 25. W. — M. Che sfogasser lo cor
- 21. M. t. Se ciò non fosse — C. N". Che sfogherei lo cor — B.
- 24. In luogo di Lasso! di pianger 67*' i' sfogherei lo cor — Cod. Kedi
- U GIULIANI legge Lascio di pianger, G. S. Ch' affogherieno il cor
- e spiega oGli occhi mi sarebber rei, 26. N. udirete lo chiamar
- crudi , rifiutandomi le lagrime a 27. M. t. La nostra donna la guai
- sfogo del mio dolore; e per questa se n' / ; ita
- loro crudeltà, durezza, io molte
- 21. Non sapendo più lagrimare, il poeta non ha altro sfogo pel suo do-
- lore che i sospiri ; se gli mancassero anche questi , 1» angoscia del dolore
- 1' ucciderebbe.
- 22. « Beo » è il debitore che non paga il suo debito. Gli occhi dovreb-
- bero sparger lagrime quante bastassero per isfogare gli affanni del cuore;
- ma pur troppo spesso (a Molte fiate più eh' io non vorria » ) ne rimangono
- rei, non fanno quel loro dovere si che il poeta vi sfogasse lo suo cuore.
- — Per 1» interpretazione del Giuliani vedi la nota critica alla lin. 24.
- 27. Invece di rimaner fedele alla Azione che -'1 sonetto sia fatto iu
- nome del fratello, il poeta chiama Beatrice «La mia donna gentil». Dun-
- que »il velo è ora ben tanto sottile, Certo, che il trapassar dentro è leg-
- giero». Purg. Vili. 20.
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 34. 97
- E dispregiar talora questa vita
- In persona dell' anima dolente, 30
- Abbandonata dalla sua salute.
- CAPITOLO xxxiv.
- Poiché detto ebbi questo sonetto, pensandomi chi questi
- era, cui lo intendeva dare quasi come per lui fatto, vidi che
- povero mi pareva lo servigio e nudo a così distretta persona
- di questa gloriosa. E però innanzi eh' io gli dessi il sopra- j
- scritto sonetto , dissi due stanze di una canzone ; 1' una pert 5
- costui veracemente, e F altra per me, avvegnaché paia 1' una
- e F altra per una persona detta, a chi non guarda sottilmente.
- Ma chi sottilmente le mira vede bene che diverse persone par-
- lano ; in ciò che F una non chiama sua donna costei, e F altra
- sì, come appare manifestamente. Questa canzone e questo 10
- sonetto gli diedi , dicendo io che per lui solo fatto F avea.
- La canzone comincia: Quantunque volte, ed ha due parti:
- nelF una, cioè nella prima stanza, si lamenta questo mio caro
- e distretto a lei; nella seconda mi lamento io, cioè nelF al-
- tra stanza che comincia: E' si raccoglie. E così appare 15
- che in questa canzone si lamentano due persone, F una delle
- quali si lamenta come fratello, F altra come servitore.
- 29. "W. G. S. E dispregiare talor 10. M. W. qu. soprascritto son.
- VVVT „ 11. S. dicendo io a lui
- Cap. XXXIV.
- 1. M. W. S. — N. pensando chi 12. Le parole ed ha due parti;
- B. — N. chi questo — W. chi nelV una , cioè mancano nei codd.
- costui — S. che questo M. N. e nelF ed. S.
- 2. M. lo intendeva mandare — S. 13. M. N. W. S. — B. mio amico
- lo intendea di mandare caro
- 4. B. E però anzi 14. N. caro distretto
- N. eh' io le dessi— W. elicili dessi 16. N. si rammarichino — B. si
- "W. 8. questo soprascritto son. rammaricano
- — N. questo son. C» N. V uno si lamenta
- 6. Tr. 1. V una e V altra paja 17. e. N. W. si lant. come frate
- fatta per una i> a it,o come servo
- 9. N. W. acciocché V una
- 29. I sospiri del poeta chiamano sovente la trapassata, e dispregiano
- talora, in persona dell' anima dolente, la vita terrena.
- 31. La salute dell' anima la rende beata, è la sua «beatrice».
- Cap. XXXIV.
- '16. Nella prosa il poeta parla di «due stanze di una canzone», ma più
- sotto di aquesta canzone ». Bilevando da quanto ne dice Dante , eh' egli
- Dante, Opere minori. I. „ 7
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 34. (Canz. 4.)
- CANZONE QUARTA.
- I. Quantunque volte, lasso! mi rimembra
- Ch' io non debbo giammai
- 20 Veder la donna , ond' io vo sì dolente,
- Tanto dolore intorno al cor m' assembra
- La dolorosa mente,
- Ch' io dico : Anima mia, che non ten vai ?
- Che li tormenti, che tu porterai
- 25 Nel secol che t' è già tanto noioso,
- Mi fan pensoso di paura forte;
- Ond' io chiamo la Morte,
- Come soave e dolce mio riposo;
- • E dico: «Vieni a me», con tanto amore, , e ^
- 80 Ch' io sono astioso di chiunque muore. --**■**
- II. E' si raccoglie negli miei sospiri
- Un suono di pietate,
- Che va chiamando Morte tuttavia.
- A lei si volser tutti i miei desiri, ^
- 35 Quando la donna mia
- Fu giunta dalla sua crudelitate:
- t Perchè il piacere della sua beltate
- Partendo sé dalla nostra veduta,
- Divenne spiritai bellezza grande,
- 40 Che per lo cielo spande
- I
- . |
- 24. M. che tu patirai 39. S. bellezza e grande
- 30. "W. r. Ch' io sono aschìoso — 40. Mart. W. t. e W. r. G-. 8. —
- N. Ch' io sono afflitto M. B. Che per lo del si spande —
- M. W. r. di qualunque muort C. N. W. v. Però che il cielo spande
- non abbia avuto intenzione di comporre più di queste due strofe, le ab-
- biamo dato nome di canzone, e non frammento di canzone.
- 20. « la donna* , mia sorella ; non « la donna mia » , come nella strofa
- seguente lin. 35.
- 21. ' assembra», vedi la nota al Proemio lin. 4.
- 25. Nel «secol selvaggio» (Purg. XVI. 135.), nell'età insalvatichita, o
- partita dal virtuoso vivere, come dice Frane, da Buti.
- 29. ttVieni , che '1 cor ti chiede » disse il poeta alla Morte nell' ultima
- strofa della seconda canzone.
- 39. Beatrice stessa lo dice all' autore : « Quando di carne a spirto era
- salita , E bellezza e virtù cresciuta m' era ». Purg. XXX. 127.
- Digitized by VjOOQlC
- Vita nuova. Cap. 35. 99
- Luce (P amor, che gli angeli saluta ,
- E lo intelletto loro alto e sottile
- Face maravigliar; tanto è gentile!
- capitolo xxxv.
- In quel giorno; nel quale si compiva 1' anno, che questa
- donna era fatta de' cittadini di vita eterna , io mi * sedea in /
- parte, nella quale ricordandomi di lei, disegnava un angelo
- sopra certe tavolette: e mentre io '1 disegnava, volsi gli oc-
- chi, e vidi lungo me uomini a' quali si convenia di fare onore. 5
- E' riguardavano quello eh' io facea; e secondo che mi fu detto
- poi, egli erano stati già alquanto^ anzi che io me n' accorgessi.
- Quando li vidi, mi levai, e salutando loro dissi : Altri era testé
- meco, e perciò pensava. Onde partiti costoro, ritornaimi alla
- mia opera, cioè del disegnare figure d' angeli: facendo ciò, mi IO
- 42. N. W. alto sottila — Mart. 5. lungo me. manca nei codd. C.
- tanto sottile e N.
- 43. G. 8. — M. B. W. r. sì n' è 6. N. secondo quello che
- gentile — Mart. W. sì v' è gentile — 7 - C. N. egli erano stati innanzi
- C. N. sì vien gentile cA' io m* accorgessi
- 9. Tr. 1. era testé meco, però pen-
- Cjlv. XXXV.
- sando. Onde — C. N. W. era* testé
- meco. Onde
- 1. Torri In quel primo giorno 8. ritornato alla mia op. —
- 2. 0. N. — W. delti cittadini — M. e ritornato alla mia op.
- M. 8. delle cittadine 10. figure d' angeli manca nel cod.
- 4. N. mentre io disegnava M. e nelle edd. ant.
- 41. Il saluto di Beatrice, nel quale il poeta aveva trovata la sua
- beatudine, faceva lieti anche gli angeli nel cielo.
- 43. L'angelo della prima canzone dice: anel mondo si vede Maraviglia
- nell' atto, che procede D' un' anima che 'nfin quassù risplende ».
- Cap. XXXV.
- 1. Siamo dunque al 9. Giugno 1291.
- 2. «O frate mio, ciascuna è cittadina D' una vera città». Purg. XIII. 94.
- 3. Leonardo Bruni Aretino dice di Dante, che «di sua mano egregiamente
- disegnava». L'amicizia che l'univa con Giotto è conosciuta da tutti.
- Il Baldinucci sentì per fama che Giotto, dipingendo nelle capello di Santa
- Chiara di Napoli alcune storie dell' Apocalisse ecc., 1' abbia fatto «con in-
- venzione e ooncetto statogli mandato dallo stesso Dante».
- 5. «a costor si vuol esser cortese». Inf. XVI. 15.
- 7. L' aut., tutto assorto nel pensiero di Beatrice, che è quell' («altri eh' era
- testò seco», non s'era accorto di quegli uomini; la sua potenza era stata
- « quasi legata» Purg. IV. 12.
- Digitized by VjOOglC
- 100 Vita nuova. Cap. 35. (Son. 18.)
- venne un pensiero di dire parole per rima, quasi per annovali»
- di lei, e scrivere a costoro, li quali erano venuti a me : e dissi
- allora questo sonetto, che comincia lùra venuta, lo quale ha due
- cominciamenti; e però lo dividerò secondo 1' uno e V altro.
- 15 Dico che secondo il primo, questo sonetto ha tre parti: nella
- prima dico, che questa donna era già nella mia memoria:
- nella seconda dico quello che Amore però mi facea; nella
- terza dico degli effetti d' Amore. La seconda comincia quivi :
- Amor che; la terza quivi: Piangendo uscivan. Questa parte
- 20 si divide in due: nell' una dico che tutti i miei sospiri uscivan
- parlando ; nella seconda dico come alquanti diceano certe parole
- Riverse dagli altri. La seconda comincia quivi: Ma quelli. Per
- questo medesimo modo si divide secondo V altro comincia-
- mento, salvo che nella prima parte dico quando questa donna
- 25 era così venuta nella mia memoria, e ciò non dico nell' altro.
- SONETTO DECIMOOTTAVO.
- Primo cominciamento.
- Era venuta nella mente mia
- La gentil donna, che per suo valore
- Fu posta dall' altissimo signore
- Nel ciel dell' umiltate, ov' è Maria.
- 11. M. mi venne un pensare 20. B. nella prima dico
- W. di dire parole quasi 21. N. neW altra dico
- M. quasi annotale 25. C. N. nella mia mente
- 12. di lei non si legge nel cod. W
- M. scrivere di costoro
- 14. B. e però si dividerà '&• B - d* 11 ' umiltà dot)' è Maria
- 11. «Annovale», o annuale per anniversario.
- 12. Come era stato avezzo di diriggere i suoi componimenti in lode di
- Beatrice a donne gentili, cosi ne manda un altro, fatto in memoria della
- trapassata, ad uomini, a' quali si convenia di fare onore.
- 13. Il Palermo, trovando questo sonetto coi due cominciamenti nel
- suo cod. Palatino, e non ricordandosi, per quanto pare, che provenga
- dalla Vita Nuova, vi appose la nota seguente: «Cosi parrebbe esserla
- quartina stata rifatta dall' aut. , e che alcune copie ne rimasero nel primo
- modo, altre in seguito nel secondo» (MSti della Palat. I. 345.).
- 27. «per suo valore», per le alte sue qualità.
- 29. Par. XXXI. 127. u. . quella pacifica oriafiamma» (la Santa Vergine)
- «Nel mezzo s'avvivava. . . Ed a quel mezzo, con le penne sparte, Vidi
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 35. (Son. 18.)
- 101
- Secondo cominciamento.
- Era venuta nella mente mia
- Quella donna gentil, cui piange Amore,
- Entro quel punto, che lo suo valore
- Vi trasse a riguardar quel eh' io facia.
- Amor, che nella mente la sentia,
- S' era svegliato nel distrutto core,
- E diceva a' sospiri : Andate fuore ;
- Per che ciascun dolente sen partia.
- Piangendo usciano fuori del mio petto
- Con una voce, che sovente mena
- Le lagrime dogliose agli occhi tristi.
- Ma quelli , che n' uscian con maggior pena,
- Venien dicendo: nobile intelletto,
- Oggi fa T anno che nel ciel salisti.
- 30
- 35
- 40
- 32. C. Entro lo punto — G. Entro
- a quel punto — S. Entrò 'n quel
- punto
- 35. Cod. Sanvitali nel distretto core
- 36. M. t. Dicendo: voi sospiri
- 37. Sanvit. Perciò ciascun
- Sanvit. Mart. e Redi dolente
- si partia — N. dolente s' in/artia
- 38. M. v. Piangendo usciva —
- Sanvit. E partendo uscta — M. t.
- Parlando si partia
- C. N. fuor de lo mio petto —
- Sanvit. Fuor del grave p.
- 39. Sanvit. Una pia voce
- 40. Sanvit. e M. Le lagrime do-
- lenti
- 41. S. Ma quei che n' uscian — C.
- N. Ma qué" che n' uscian fuor — M.
- t. E quei che si partia
- 43. Sanvit. Oggi fa un anno — M.
- Oggi ha un anno — W. r. Oggi fu
- V anno
- più di mille angeli festanti. . . . Vidi quivi ai lor giochi ed ai lor canti
- Ridere una bellezza, che letizia Era negli occhi a tutti gli altri Santi ».
- Il cielo, ov' è Maria, è dunque 1' Empireo. Si paragoni anche quanto
- 1' aut. disse qui sopra nel cap. 29. « Lo Signore della giustizia chiamò
- questa gentilissima a gloriare sotto l' insegna di quella reina benedetta
- Maria*.
- 32. Qui «valore» significa quella occulta virtù o virtuosa influenza
- per cui Beatrice eccitò quelle degne persone a visitar Dante nell' ora che
- ella gli era venuta in pensiero, ed ei stava disegnandola in figura di un
- angelo.
- 34. « la sentia », sentia Beatrice , eh' era venuta nella mente del poeta.
- 35. «nel distrutto core». Canz. 3. Str. 5. «Pianger di doglia e so.
- spirar d' angoscia Mi strugge il core'.
- 38. Tutti i sospiri uscivano dal petto con una voce lamentevole in
- modo da for ritornar sovente agli occhi la fonte delle lagrime , che già
- sembrava diseccata. Alcuni di essi, e quelli che tormentano più il
- poeta , gli rammentano 1* anniversario della morte di Beatrice.
- Digitized by VjOOglC
- 102 Vita nuova. Cap. 36.
- capitolo xxxvi.
- J-\tf*y
- OJ*
- Poi per alquanto tempo, conciofossecosaché io fossi in
- parte, nella quale mi ricordava del passato tempo, molto stava
- pensoso, e con dolorosi pensamenti tanto che mi f accano parere
- di fuori d' una vista di terribile sbigottimento. Ond' io, ac-
- 5 corgendomi del mio travagliare, levai gli occhi per vedere s' al-
- tri me vedesse. Allora vidi una gentil donna giovane e bella
- molto, la quale da una finestra mi riguardava molto pietosamente
- quant' alla vista; sicché tutta la pietade pareva in lei accolta. On-
- de , conciossiacosaché quando i miseri veggono di loro conipas-
- 10 sione altrui, più tosto si muovono a lagrimare , quasrxìome di sé
- . stessi avendo pietade, io sentii allora li miei occhi Cominciare a
- I voler piangere ; e però, temendo di non mostrare la mia viltà mi
- partii dinanzi dagli occhi di questa gentile; e dicea poi fra me
- medesimo: E' non può essere, che con quella pietosa donna
- 15 non sia nobilissimo amore. E però proposi di dire un sonetto,
- nel quale io parlassi a lei , e conchiudessi in esso tutto ciò
- 11. C. N. quasi come se di se stessi
- Cap. XXXVI. avessero piet.
- 3. pensoso , e manca nel cod. N. N - li miei occhi voler incomin-
- C. N. tale che mi /oceano ciare « P ian 9-
- 12. "W. temendo di mostrare
- C. N. — M. la mia viltà di
- vita — gli altri la mia vile cita
- La lezione da noi adottata corri-
- j,.„*,...i „„.„ „.<,,.,„ MMMm^^M iu sponde alle parole del sonetto :
- 4. N. terribili sbigottimenti
- 6. N. vedesse, e vidi
- M. S. che una gentil donna
- giovane e bella molto manca in
- 7. M. che da una finestra
- «paura Di dimostrar . . . mia viltate.»
- 13. M. di questa gentile donna
- M. N. B. mi guardava „ „ ,. . .
- tu- , . . , C A. e dicea infra ine
- M. si pietosamente ,,. XT , . . ." „ . ^ T
- lb. N. parlassi a lei. Proposi (S. v.
- 8. M. W. t. S. che tutta la pietade Proponessi e Conchiudessi) in esso ciò
- M. S. in lei raccolta M . in esso tutto questo ragiona-
- lo. N. si muovono al lagrimare mento
- Cap. XXXVI.
- 1. « Poi per alquanto tempo » , alquanto tempo dopo il 9. Giugno 1291.
- Nel Convivio II. 2. I' aut. dice « La stella di Venere due fiate era rivolta
- in quello suo cerchio, che la fa parere serotina e mattutina appresso lo
- trapassamento di quella Beatrice beata, che vive in cielo con gli angioli,
- e in terra colla mia anima».
- 4. Chiunque mi guardava , doveva accorgersi alla mia vista , al mio
- aspetto, che fossi terribilmente sbigottito.
- 5. «del mio travagliare». Vedi cap. 32. lin. 90.
- 8. « quant' alla vista » , a voler giudicare da quello che ella mi disve-
- lava nel sembiante, molta pietà mi appariva din la sua figura».
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 36. (Son. 19.)
- 103
- che narrato è in questa ragione. E però che questa ragione
- è assai manifesta, noi dividerò.
- SONETTO DECIMONONO.
- Videro gli occhi miei quanta pietate
- Era apparita in la vostra figura,
- Quando guardaste gli atti e la statura,
- Ch' io facia pel dolor molte fiate.
- Allor m' accorsi che voi pensavate
- La qualità della mia vita oscura,
- Sicché mi giunse nello cor paura
- Di dimostrar cogli occhi mia viltate.
- E tolsimi dinanzi a voi, sentendo
- Che si movean le lagrime dai core,
- Ch' era sommosso dalla vostra vista.
- Io dicea poscia nell' ànima trista:
- Ben è con quella donna quello amore,
- Lo qual mi face andar così piangendo.
- .,L.
- 20
- 25
- 30
- 17. N. di questa ragione
- 20. C. N. W. Era venuta
- 22. N. Scap. W. v. G. v. B. Ch' io
- faccio — W. t. Ch' t" fio fatti
- Scap. Gr. t. S. per dolor
- 25. Cod. Bedi Sicché m' aggiunse
- N. nel core paura
- 26. M. t. Per dimostrar
- Cod. Bedi G. S. negli occhi
- C. N. W. miei viltate
- 28. M. t. Scap. Che si partian
- 29. N. W. B. — Scap. Ch 8. Ch' eran
- sommosse — M. t. Ch' era commosso.
- «Si sommove un paese per mal-
- contento delle autorità, per difesa,
- per discordia, per paura, e per
- qualunque cagione ecciti un movi-
- mento generale ; ora sommosso
- detto di un cuore che si muove
- alla vista d' un' amata persona,
- sarebbe violento troppo» (Pizzo.) —
- M. v. Ch' erano mossi
- 30. M. nella mente trista — Tr. 1.
- in la mia monte trista
- 17. «in questa ragione», in questo ragionamento, cioè nella prece-
- dente prosa.
- 21. ola statura ch'io facla», il mio star pensoso, la positura ch'io
- prendeva, riducendomi quasi immobile per dolorosi pensamenti. Questa
- interpretazione, dovuta al Giuliani, mi pare più giusta di quella del Fra-
- ticelli, che spiega statura con istato o condizione.
- 24. Già nel son. 9. (cap. 16.) il poeta rammentò «Le oscure qualità,
- eh' Amor gli donava w , ed allora la sua donna era ancora vivente.
- 26. «cogli occhi», che volevano proromper in lagrime.
- 29. Vedendo la vostra compassione di me, quasi come di me stesso
- avendo pietade, mi sentii mosso a lagrimare.
- 32. Queir istesso puro e nobilissimo amore, che mi accese il cuore per
- Beatrice, per cui ora vado piangendo.
- Digitized by VjOOglC
- 104 Vita nuova. Cap. 37. (Son. 20.)
- CAPITOLO XXXVII.
- Avvenne poi che questa donna ovunque ella mi vedea, si
- facea d' una vista pietosa e d' un color pallido, quasi come
- d' amore: onde molte fiate mi ricordava della mia nobilissima
- ',\\À- donna, che di simile colore, si mostrava tuttavia. E certo
- 5 molte volte non potendo lagrimare né disfogare la mia tri-
- stizia, io andava per vedere questa pietosa donna, la quale
- parea che tirasse le lagrime fuori delli miei occhi per la sua
- vista. E però mi venne anche volontade di dire parole,
- parlando a lei; e dissi questo sonetto, che comincia Color
- 10 d' Amore , e eh' è piano senza dividerlo , per la sua prece-
- dente ragione. .
- SONETTO VIGESIMO.
- Color d' amore, e di pietà sembianti,
- Non preser mai così mirabilmente
- Viso di donna, per veder sovente •
- 15 Occhi gentili e dolorosi pianti,
- 9. M. parlando di lei — W. t.
- Cap. XXXVII. pensando a lei
- 1. W. — S. che là , dovunque qu. Le parole questo sonetto fino a
- donna mi vedea — Frat. che ovunque precedente ragione , che si leggono
- qu. donna mi ved. nei codd. N. e W. mancano o tutte,
- 2. pietosa manca nel cod. W. o in parte in altri testi a penna o
- 3. B. onde molte volte stampati.
- 4. "W. S. — M. N. mi si mostrava
- tuttavia non si legge nei codd. 12. G. v. Color di morte, o di
- C. N. - pietà
- 7. W. che tirasse lagrime / 13. M. t. Non presero così mira-
- 8. M. di dire anche parole bilmente
- Cap. XXXVII.
- 1. « ovunque», in qual siasi luogo, oppure ogni qual volta.
- 7. «per la sua vista», per mezzo del suo aspetto.
- 15. Lagrime dolorose versate da occhi gentili, faranno muover altrui
- a compassione, sicché gli si veda la pietà nel sembiante, e nel colore del
- viso, pallido come di amore. E più. mirabilmente si vedrà questo effetto
- in donna pietosa che veda sovente queste lagrime. Ma benché il mio viso
- eia sfigurato dal dolore («la mia labbia dolente») benché i miei occhi che
- piangono siano tutt' altro che gentili, pure la compassione , i sembianti di
- pietà, non si videro mai cosi mirabilmente in viso di donna, come nel
- vostro, qualora mi vedete.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 37. 38. (Son. 20.) 105
- Come lo vostro, qualora davanti
- Vedetevi la mia labbia dolente;
- Sì che per voi mi vien cosa alla mente,
- Ch' io temo forte non lo cor si schianti.
- Io non posso tener gli occhi distrutti 20
- Che non riguardin voi molte fiate,
- Pel desiderio di pianger eh 7 egli hanno :
- E voi crescete sì lor Wolontate,
- Che della voglia si consuman tutti;
- Ma lagrimar dinanzi a voi non sanno. 25
- CAPITOLO XXXVIII.
- lo venni a tanto per la vista di questa donna, che li miei
- occhi si cominciaro a dilettare troppo di vederla; onde molte
- volte me ne crucciava nel mio core, ed avevamene per vile as-
- sai; e più volte bestemmiava la vanità degli occhi miei, e
- 16. M. t. Come fa 'l vostro 24. C. N. W. v. si consumar tutti
- Sanvitali talora davanti
- 17. M. t. Vedesi la mia — N. Ve- Cap xXXVHI.
- dfte la mia
- 20. M. t. Che non posso 2 - N - *' incominciaro troppo a
- 21. Sanvit. Che non riguardi voi diteti, di vederla
- B. riguardin voi spesse fiate 3. N. non ha le parole nel mio
- 22. B. Per desiderio core
- 23. C. N. W. v. E voi cresceste— 4. W. t. assai; onde io ne b.
- Or. v. E voi créscendo C. W. t. biasimava la vanità
- 1'.'. «non lo cor si schianti», si spezzi, si fenda, rimanendone parte
- alla memoria di Beatrice, mentre che 1' altra si arrende a voi.
- 20. Il poeta dice «occhi distrutti», come nel son. 26. o distrutto core».
- 25. Il diletto che Dante provava a riguardar questa donna gentile era
- già cresciuto in modo, che, mentrecchè nel sonetto precedente la di lei
- vieta avea fatto muovere le lagrime dal cuore, ora non sa più lagrimar
- dinanzi a lei. — Il passo del Convivio citato nel cap. 36. lin. 1. continua
- cosi ... . «quando quella gentil donna, di cui feci menzione nella fine
- della Vita Nuova , apparve primamente accompagnata d' Amore agli occhi
- miei , e prese alcuno luogo nella mia mente ».
- Cap. XXXVHI.
- 3. «Vile» è chi non sa difendersi contra chi 1' assale, e così 1' aut. si
- taccia di viltà, per non essersi difeso meglio contra gli allettamenti di
- questo nuovo amore.
- 4. «bestemmiava», cioè sgridava, come Inf. XXXII. 86. «colui Che
- Digitized by VjOOglC
- 106 Vita nuova. Cap. 38.
- 5 dicea loro nel mio pensiero : Or voi solevate far piangere chi
- vedea la vostra dolorosa condizione, ed ora, pare che vo-
- gliate dimenticarlo per questa donna che vi mira, e che non
- vi mira se non in quanto le pesa della gloriosa donna di cui
- pianger solete ; ma quanto far potete, fate ; che io la vi rimem-
- 10 brerò molto spesso , maledetti occhi : che mai, se non dopo la
- morte, non dovrebbero le vostre lagrime esser ristate. E quando
- così avea detto fra me medesimo alli miei occhi, e li sospiri
- m' assaliano grandissimi ed angosciosi. Ed acciocché questa
- battaglia, che io avea meco, non rimanesse saputa pur dal mi-
- li sero che la sentia, proposi di fare un sonetto , e di comprendere
- / in esso questa orribile condizione, e dissi questo che comin-
- * eia: 1? amaro lagrimar.
- ft. C. N. piangere a chi 11. M. S. — C. N. aver ristato. —
- rt. M. W. S. che non mira voi W. avere restate — «Ristare» si usa
- C. N. "W. se non e in qu.
- neutralmente: Decamerone Nov. 63.
- «Il buono uomo non era ancora
- 9. W. quanto potete far, fate - rÌ8tato di picchiarej che la lie
- S. quanto potete fate rigp08e . Io ye4lg0 ft te>>
- W. che io pur la vi — C. N. 12. L' ediz. Milan. ha occhi miei,
- che io la vi pur u sospiri, levando Ve
- 10. N. rimembro — M. S. ram- 14. B. non rimanesse non saputa
- menterò — N. rimanesse saputa
- .spesso manca in M. e S.
- bestemmiava duramente ancora». Decamerone Nov. 81. «Ranuccio, dolente
- e bestemmiando la sua sventura, non se ne tornò a casa».
- Nel Purg. XXXI. 60. il poeta stesso tratta di « vanità con . . . breve
- uso » questo nuovo amore ; nel medesimo senso qui dice « vani » gli occhi
- che se ne fecero vincere.
- 7. Che vogliate dimenticare di piangere, perchè, come si disse nel
- sonetto del cap. 37, non sapete lagrimar dinanzi a questa donna.
- 8. Non immaginarvi che questa donna vi miri per amore; sappiate che
- non vi riguarda se non che affliggendosi della perdita che faceste nella
- morte di Beatrice.
- 9. Piangete pure, per quanto vi resta una lagrima, e non credete ch'io
- vi dia tregua; anzi molto spesso vi rimembrerò Beatrice morta, e '1 vostro
- dovere di piangerla.
- 12. « e li sospiri » , nuovamente li sospiri m' assaliano.
- 14. a questa battaglia, che io aveva meco». Convivio II. 2. «Con-
- venne, prima che questo nuovo amore fosse perfetto, molta battaglia intra
- '1 pensiero del suo nutrimento , e quello che gli era contrario, il quale per
- quella gloriosa Beatrice tonea ancora la rocca della mia mente».
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 38. (Son. 21.) 107
- Questo sonetto ha due parti: nella prima parlo agli occhi
- miei siccome parlava lo mio core in me medesimo; nella se-
- conda rimovo alcuna dubitazione, manifestando chi è che così 20
- parla; e questa parte comincia quivi: Così dice. Potrebbe
- bene ancora ricevere più divisioni, ma sariano indarno, perchè
- è manifesto per la precedente ragione.
- SONETTO VIGESIMOPRIMO.
- L' amaro lagrimar che voi faceste,
- Occhi miei, così lunga stagione, 25
- Faceva lagrimar P altre persone
- Della pietate, come voi vedeste.
- Ora mi par che voi 1' obbliereste,
- S' io fossji dal mio lato sì fellone,
- Ch' io non ven disturbassi ogni * cagione, 30
- Membrandovi colei, cui voi piangeste.
- La vostra vanità mi fa pensare,
- E spaventami sì, eh' io temo forte
- Del viso d' una donna che vi mira.
- 19. N. lo mio cuore medesimo 26. M. N. W. G. v. Lezione in-
- 20. Tr. 1. W. — B. Nella seconda dubitatamente giusta, se si riflette
- ■commuovo — C. N. Nella sec. mi movo a quanto fu detto nella prosa «voi
- C. N. W. v. ad alcuna dubit. solevate far piangere chi vedea la
- N. chi o che cosa parla vostra dolorosa condizione». Ciò
- 22. B. Potrebbe bene questa parte non ostante 1» ediz. del Giuliahi,
- ancora per quanto io veda, è 1' unica a non
- N. ma sarebbe indarno ritenere il Facea meravigliar del G-.
- e del S.
- 25. G- . (correzioni) occhi miei — W. t. molte persone
- Tr. 1. Oi occhi miei , lezione 'equi- 27. Scap. L. pietà si come/_^
- valente a quella delle Rime antiche, 30. M. Scap. GÌC io non vi disturb.
- trovandosi non di rado Oi per Oh y 31. Mart. che voi piangeste
- esclamazione, il qual modo di seri- 33. N. E spaventomi sì
- vere è rimasto in uso in Oimèl ed M. t. eh' io tremo forte
- in Oibò ! 34. M. t. W. v. che mi mira
- 19. «siccome parlava lo mio core in me medesimo» Vedi sopra lin. 5.
- Io « dicea loro » (agli occhi) « nel mio pensiero >••
- 28. « Pare che vogliate dimenticarlo » (sopra lin. 6.).
- 29. « fellone » nel proprio senso è chi diventa ribelle al suo signore.
- Se '1 poeta non levasse ai suoi occhi ogni cagione di dilettarsi della vista
- di questa donna gentile, diventerebbe fellone a Beatrice.
- 32. Vedi sopra a lin. 3.
- Digitized by VjOOglC
- 108 Vita nuova. Cap. 39.
- 35 Voi non dovreste mai, se non per morte,
- La nostra donna, eh' è morta, obbliare:
- Così dice il mio core, e poi sospira.
- capitolo xxxix.
- Recommi la vista di questa donna in sì nuova condizione,
- che molte volte ne pensava come di personàTche troppo mi
- piacesse; e pensava di lei così: Questa è una donna gentile,
- bella, giovane e savia, ed apparita forse per volontà d' Amore,
- 5 acciocché la mia vita si riposi. E molte volte pensava più
- " ì}*'; amorosamente, tanto che il core consentiva in lui, cioè nel suo
- •:' \ ^ ragionare. E quando avea consentito ciò, io mi ripensava sic-
- /■' y / come dalla ragione mosso, e dicea fra me medesimo: Deh che
- ' pensiero è questo, che in così vile modo mi vuol consolare, e
- 10 non mi lascia quasi altro pensare! Poi si rilevava un altro pen-
- 36. C. N. W. 6. v. La vostra 10. M. e S. non hanno il quasi
- donna M. Poi si levava € Rilevare di-
- cesi dell' allattare i bambini . . .
- Cap. XXXIX* Rilevarsi, per levarsi di nuovo, non
- 1. Mart. N. t. W. — M. JS. Ri' calza qui; che bisognerebbe s' in-
- corerai adunque la vista tendesse un altro pensiero si fosse
- W. in così nuova cond. levato prima, almeno una volta. . . •
- 3. N. Questa donna è una donna Levarsi è muoversi di basso in alto»
- gentile (Pizzo). Si osservi però che Gìot.
- 6. W. S. — N. in lui, cioè nel Villani (XI. 134.) dice «i Pisani,
- mio ragion. rotta e sbaragliata la detta schiera
- M. in lui ciò oh' io mi ripen- (di M. Giov. Visconti) , con tutto
- xava siccome, saltando quanto sta che rilecassono un' altra insegna
- frammezzo. della vipera di Milano» , senza che,
- 8. C. N. e dicea in me: Deh per quanto si vede, quest' «altra
- 9. M. che così vilmente mi vuol insegna •> fosse stata levata prima.
- Cap. XXXIX.
- 6. Convivio II. 2. « Siccotn' è ragionato per me noli' allegato libello,
- più da sua gentilezza che da mia elezione venne eh' io ad essere suo con-
- sentissi; che passionata di tanta misericordia si dimostrava sopra la mia
- vedova vita, che gli spiriti degli occhi miei a lei si fóro massimamente
- amici, e cosi fatti, dentro lei poi fero tale, che '1 mio beneplacito fu con-
- tento a disposarsi a quella imagine». — ali core consentiva in lui, cioè
- nel suo ragionare», nel raziocinio di questo pensiero.
- 7. a ripensava», ritornai a pensare, per rifletter meglio.
- 10. a un altro pensiero» che prende le parti del primo, per cui l'aut.
- aveva voluto consentire in quel nuovo amore.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 39. 109
- siero, e dicea: Or che tu se' stato in tanta tribulazione, perchè
- non vuoi tu ritrarti da tanta amaritudine ? Tu vedi che questo
- è uno spiramento, che ne reca li desiri d' Amore dinanzi, ed
- è mosso da così gentil parte, com' è quella degli occhi della
- donna, che tanto pietosa ci s' è mostrata. Ond' io avendo 15
- così più volte combattuto in me medesimo, ancora ne volli
- dire alquante parole; e perocché la battaglia de' pensieri
- vinceano coloro che per lei parlavano, mi parve che si con-
- venisse di parlare a lei ; e dissi questo sonetto, il quale comin-
- cia: Gentil pensiero; e dico gentile in quanto ragionava a 20
- gentil donna, che per altro era vilissimo.
- In questo sonetto fo due parti di me, secondo che li miei
- pensieri erano in due divisi. L' una parte chiamo core, cioè
- T appetito; 1' altra chiamo anima, cioè la ragione; e dico come
- 1' uno dice all' altro. E che degno sia chiamare 1' appetito core, 25
- 11. C. N. se' fatto in tanto trilmla- S. in quanto ragiona
- mento d Amore — W. se' stato in
- tanta turbazionc 22. Il S. — contra 1' usato suo
- 13. M. questo è un altro spi/amento sistema — dà quanto segue, com-
- W. spiram. d' Amore presa 1' ultima riga della prosa pre-
- 14. C. N. com' è quella della donna cedente (E lo dico ecc.), ma lo dà in
- 15. C. N. ti s' è mostrata fine del son., in Bino alle parole : non
- 16. C. N. combattuto in me, ancora è contrario all' altro* flin. 34.).
- 18. W. vincea colora 23. N. erano divisi
- 20. N. e dissi gentile — S. E lo N. cuore, ed è V appetito
- dico yent. 25. N. dice con V altro
- 13. « uno spiramento » , un alito , come un lieve spirare di vento , che
- rinfresca chi è travagliato dal caldo.
- 17. ola battaglia de' pensieri vinceano coloro che per lei» (por la donna
- gentile) a parlavano». — Convivio II. 2. (immediatamente dopo il passo
- trascritto nella nota al cap. 38. lin. 14.). « Perocché 1' uno era soccorso
- dalla parte della vista dinanzi continuamente, e 1' altro dalla parte della
- memoria di dietro; e '1 soccorso dinanzi ciascuno dì crescea, che far non
- potea 1' altro , contrario a quello , che impediva in alcuno modo a dare
- indietro il volto».
- 21. «pensiero . . . che per altro era vilissimo». Diversamente ne giudica
- nel passo più volte mentovato del Convivio: «la vittoria del nuovo pen-
- siero , che era virtuosissimo , siccome virtù celestiale ».
- 25. Convivio IV. 22. a E non dicesse alcuno che ogni appetito sia
- animo , che qui s' intende animo solamente quello che spetta alla parte
- razionale, cioè la volontà e lo intelletto ; sicché, se volesse chiamare animo
- 1* appetito sensitivo, qui non ha luogo ».
- Digitized by VjOOglC
- 110 Vita nuova. Gap. 39. (Son. 22.)
- e la ragione anima, assai è manifesto a coloro, a cui mi piace
- che ciò sia aperto. Vero è che nel precedente sonetto io fo la
- parte del core contro a quella degli occhi , e ciò pare contrario
- di quel eh' io dico nel presente ; e però dico , che ivi il core
- 30 anche non intendo per V appetito , perocché maggior desiderio
- era il mio ancora di ricordarmi della gentilissima donna mia, che
- di vedere costei, avvegnaché alcuno appetito ne avessi già, ma
- leggiero parea : onde appare che V uno detto non è contrario
- all' altro.
- 35 Questo sonetto ha tre parti : nella prima comincio a dire a
- questa donna come lo mio desiderio si volge tutto verso lei ; nella
- seconda dico come V anima, cioè la ragione, dice al core, cioè
- all' appetito; nella terza dico come le risponde. La seconda
- comincia quivi: U anima dice; la terza quivi: Ei le risponde.
- SONETTO VIGESIMOSECONDO.
- 40 Gentil pensiero, che parla di vui,
- Sen viene a dimorar meco sovente,
- E ragiona d' amor sì dolcemente,
- Che face consentir lo core in lui.
- L' anima dice al cor: Chi è costui,
- 45 Che viene a consolar la nostra mente;
- Ed è la sua virtù tanto possente,
- Ch'altro pensier non lascia star con nui?
- 27. N. che ciò sia manifesto ed con esso, perocché al tempo che
- aperto seri sai quel sonetto , la memoria di
- 29. N. "W. v. di questo eh' io dico Beatrice dominava ancora nel mio
- S. che ivi ancho il cuore — M. cuore, era più forte che il desiderio
- W. B. che ivi il cuor anche — N. che di veder costei.
- il cuore — Frat. che anche ivi il 32. B. costei; ed avvegnaché
- cuore 33. S. leggiero mi pareva — Frat.
- 30. La negazione è del solo cod. ma leggier paresse
- W. y eppure il senso la richiede as- 38. B. dico coni ella risponde
- solutamente. Intendi : ivi , nel
- sonetto precedente, V appetito, cioè 41. W. v. Sen tenne — M. t. Si
- il desiderio di questa donna gentile, muove — Scap. Si viene
- non si era anche (ancora) impadro- 43. Cod. Bedi lo core a lui
- nito del mio cuore, non era identico 45. W. la vostra mente
- 30. « anche non intendo », non ancora : 1' appetito di vedere costei non
- dominava ancora nel cuore, benché già vi fosse nato. Vedi la nota critica.
- 47. «Che non mi lascia quasi altro pensare» (sopra lin. 10.), non mi
- permette di ritornare piangendo alla memoria di Beatrice.
- Digitized by VjOOQIC
- Vita nuova. Cap. 40. Ili
- Ei le risponde: anima pensosa,
- Questi è un spiritel nuovo amore,
- Che reca innanzi a me li suoi desiri: 50
- E la sua vita, e tutto il suo valore,
- Mosse dagli occhi di quella pietosa,
- Che si turbava de' nostri martiri.
- CAPITOLO XL.
- Contra questa avversario della ragione si levò un dì, quasi
- nell' ora di nona, una forte immaginazione in me; che mi
- parea vedere questa gloriosa Beatrice con quelle vestimenta
- sanguigne, colle quali apparve prima agli occhi miei, e pareami
- giovane in simile etade a quella, in che prima la vidi. Allora 5
- incominciai a pensare di lei ; e ricordandomene, secondo V or-
- dine deltempo passato, lo mio core incominciò dolorosamente
- a pentirsi del desiderio, a cui così vilmente s' era lasciato
- possedere alquanti dì contro alla costanza della ragione: e
- discacciato questo cotal malvagio desiderio, si rivolsero tutti io
- . ;. *V ,.y. , _
- 48. M. t. Dice 1 l pensiero : ahi art. 5. W. in quale prima — C. N. a
- 49. N. B. è uno spiritel quella che prima
- M. t. gentil a" amore 6. S. — W. ricordandomi di lei.
- 50. B. Che reca innanzi me — M. t. Cosi pure C. Mart. N., ma pospo-
- 67*' ebbe innanzi a me nendo (almeno il cod. N.) queste
- 51. M. La sua vita è mia, il suo parole alle altre tee. V ord. del
- 52. G. S. Mosso è dagli occhi — tempo pass.
- M. t. Scap. Che mosse gli occhi 7. N. lo mio core s' incominciò a
- 53. M. t. Sì che cercava pentire
- B. t. de' vostri martiri 8. C. N. "W. «' avea lasciato pos-
- sedere
- Cap. XL. 9. e. N. W. v. sanza la costanza
- 2. W. 8. nell'ora della nona 10. cotal manca nei codd. C. M.
- 3. C. N. W. mi parve vedere N. W. t.
- C. N. con le vestimenta C. N. mal pensiero e desiderio
- Cap. XL.
- 2. Ecco nuovamente Beatrice accompagnata del numero del nove. —
- «Dobbiamo sapere che lo nostro emisperio è diviso in sei parti equali, in-
- cominciando da 1» orizonte orientale ... sì che montando lo sole .... la
- terza» (parte) «fa nona, e siamo al mezzo» (dì).
- 4. Sopra cap. 1. «Ella apparvemi vestita d' un nobilissimo colore,
- umile ed onesto, sanguigno, cinta ed ornata alla guisa che alla sua gio-
- vanissima etade si convenia». Purg. XXX. 31. «Sopra candido vel cinta
- d' oliva Donna m'apparve, sotto verde manto, Vestita di color di fiam-
- ma viva».
- Digitized by VjOOglC
- 112 Vita nuova. Cap. 40.
- i miei pensamenti alla loro gentilissima Beatrice. E dico che
- d' allora innanzi cominciai a pensare di lei sì con tutto il
- vergognoso core, che li sospiri manifestavano ciò molte volte ;
- però che quasi tutti diceano nel loro uscire quello che nel
- 15 core si ragionava , cioè lo nome di quella gentilissima , e
- come si partfo da noi. E molte volte avvenia che tante»
- dolore avea in sé alcuno pensiero, che io dimenticava lui, e
- là dov' io era.
- j Per questo raccendimene di sospiri si raccese lo sollevato
- 20/ lagrimare in guisa, che li miei occhi pareano due cose, che
- v desiderassero pur di piangere: e spesso avvenia che, per lo
- lungo continuare del pianto, dintorno loro si facea un colore
- purpureo , lo quale suole apparir per alcuno martirio eh' altri
- riceva: onde appare che della loro vanità furono degnamente
- 25 guiderdonati, sì che da indi innanzi non poterono, mirare
- persona, che li guardasse sì che loro potesse trarre a simile
- intendimento. Onde io volendo che cotal desiderio malvagio
- e vana tentazione paressero distrutti sì che alcuno dubbio
- non potessero inducere le rimate parole, eh' io avea dette din-
- 30 nanzi, proposi di fare un sonetto, nel quale io comprendessi la
- sentenza di questa ragione. E dissi allora: Lasso! per forza ec.
- 11. N. E d' allora innanzi 23. C. N. W. — S. B. per alcf*
- 12. tutto il non si legge nel cod. N. martire
- 25. M. W. S. sì che d' allora
- nanzi
- 26. C. N. sì che li potesse
- 15. M. S. I' onore di qu. gentilis-
- sima — B. V amore di qu. geni.
- 19. Mart. N. W. lo sollennato la- b. potesse trarre a loro in-
- granare, lezione commendata dal tendini. N
- Machieelli e dal Torri — M. il so- 28. W. t. vana intenzione
- lito lagrimare S. paresse destrutta — W. pu-
- 20. M. pareano una costi resse distrutto
- 11. Al dire del Purgatorio (XXX. 133.) questa prima apparizione di
- Beatrice non sarebbe stata sufficiente per ritrar 1' aut. dal «falso piacere»
- di quella donna gentile. «Né impetrare ispirazion mi valse, Con le quali
- ed in sogno ed altrimenti Lo rivocai; si poco a lui ne calse».
- 26. Anche nel Convivio (III. 9.) V aut. rammenta un' ottalinia, venuta-
- gli nell' anno che componeva la canzone «Amor, che nella mente » ; ma in-
- da per cagione «l'affaticare lo viso molto a studio di leggere».
- 27. Gli sguardi pietosi della donna gentile avevano tratto V aut. a 1
- intendimento di amore.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 40. (Son. 23.) 113
- Dissi lasso, in quanto mi vergognava di ciò che li miei
- occhi" aveatio così vaneggiato. Questo sonetto non divido,
- però che è assai manifesta la sua ragione. *
- SONETTO VIGESIMOTERZO. >-* '.
- Lasso! per forza de' molti sospiri, 35
- Che nascon di pensier che son nel core,
- Gli occhi son vinti, e non hanno valore «
- Di riguardar persona che gli miri.
- E fatti son, che paion due desiri
- Di lagrimare e di mostrar dolore, 40
- E spesse volte piangon sì, eh' Amore
- Li cerchia di corona di martiri.
- Questi pensieri, e li sospir eh' io gitto,
- Diventano nel cor sì angosciosi,
- Ch'Amor vi tramortisce, sì glien duole; 4Ì>
- Perocch' egli hanno in se, li dolorosi,
- Quel dolce nome di Madonna scritto,
- E della morte sua molte parole.
- 32. W. E dissi lasso W. t. e sospiri eh' io gitto
- 33. X. non ha il così 44. C. N. — M. W. Di ventati nello
- 'A4. W. B. però che assai lo mani- cor — G. S. Diventali dentro al cor
- fetta ' M. tanto angosciosi
- 45. M. Ch' Amore tramortisce
- 35. N. W. B. di molti sospiri N. sì sen duole
- 'AG. V. N. W. G. S. — B. Che 46. C. N. G. v. egli hanno in lor
- nascon de' pensier W. t. B. sì dolorosi
- 42. C. N. incerchia di corona 47. M. nome di mia donna
- 43. M. Questi sospiri 48. M. t. E dell' amore suo
- 35. Il raccendimento di sospiri raccese lo sollevato lagrimare, ed a
- forza di piangere gli occhi s' infiammarono in modo tale che perdettero
- per qualche tempo la virtù, visiva, che furono <* vinti», e privi del «valore-
- di riguardar» altrui.
- 39. Sopra lin. 19. «Li miei occhi pareano due cose, che desiderassero
- pure di piangere». — «Fatti son» supplisci «tali», tanto gonfi ed accesi.
- 42. Dal lungo piangere le occhiaie gli si erano fatte pavonazze.
- 45. «Amor vi tramortisce», viene meno, e perde la forza a trarre di
- nuovo il cuore «a simile intendimento».
- Dante, Opere minori. I. 8
- Digitized by VjOOglC
- 114 Vita nuova. Cap. 41.
- capitolo XLI.
- Dopo questa tribolazione avvenne (in quel tempo che molta
- gente andava per vedere quella imagine benedetta, la quale
- Gesù Cristo lasciò a noi per esempio della sua bellissima figura,
- la quale vede la mia donna gloriosamente), che alquanti pere-
- 5 grini passavano per una via, la quale è quasi mezzo della cit-
- tade, ove nacque, vivette e mono la gentilissima donna, e
- andavano, secondo che mi parve, molto pensosi. Ond' io pen-
- sando a loro, dissi fra me medesimo : Questi peregrini mi paiono
- di lontana parte, e non credo che anche udissero parlare di
- jo questa donna, e non ne sanno niente; anzi i loro pensieri sono
- d' altre cose che di queste qui; che forse pensano delli loro
- Cap. XLI. 7. W. t. S. secondo che mi pareva
- 2. B. — C. N. "W. S. molta gente va 9. C. udissero parlar questa donna
- 3. M. della bellissima figura 11. Frat. d' altre cose che di que-
- 5. M. W. S. — N. B. quasi in sta qui
- mezzo della cittade — C. quasi in _ M. che essi forse
- mezzo la città S. pensano di loro amiri
- Cap. XLI.
- I. Gìot. Villani Cronica Vili. 36. a Negli anni di Cristo 1300. papa
- Bonifazio ottavo fece somma e grande indulgenza. . . E per consolazione
- de' cristiani pellegrini, ogni venerdì o di solenne di festa, si mostrava in
- San Piero la Veronica del sudario di Cristo. Per la qual cosa gran parte
- de' cristiani che allora viveano, feciono il detto pellegrinaggio così fem-
- mine come uomini, di lontani e diversi paesi , e di lungi e d' appresso . . .
- Al continuo in tutto 1' anno durante , avea in Roma duecontomila pelle-
- grini». Quanto sia stato il concorso 1' accenna anche il nostro aut.
- Inf. XVIII. 28. — Quasi tutti gli scrittori che parlano di questo passo , a
- cominciare dal Sermartelli, lo riferiscono all' anno del giubbileo, anno
- della gran visione dei tre regni eterni, indicata nell' ultimo capitolo della
- Vita Nuova. Senza dubbio anche fuori del giubbileo il sudario si mostrò
- in certe occasioni, e sembra che ciò si sia fatto anno per anno nel mese
- di Gennaio ; ma non crederei che Dante avesse parlato di un fatto che
- ricorreva ogni anno con termini che fanno suppore un avvenimento stra-
- ordinario. — Quanta sia stata la venerazione in cui si teneva il santo
- sudario, si conosce anche dal Parad. XXXI. 103 : «Quale è colui, che forse
- di Croazia Viene a veder la Veronica nostra , Che per 1' antica fama non
- si sazia, Ma dice nel pensier, fin che si mostra: Signor mio Gesù. Cristo,
- Dio verace, Or fu si fatta la sembianza vostra?»
- 5. Dirà della via del Corso, dov' era la casa de' Portinari.
- II. Era per avventura «l'ora che volge il disio Ai naviganti, e in-
- tenerisce il core Lo dì eh' han detto ai dolci amici addio, E che lo nuovo '
- peregrin d'amore Punge, se ode squilla di lontano, Che paia il giorno
- pianger che si more». Purg. Vili. 1.
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 41. 115
- amici lontani, li quali noi non conosciamo. Poi dicea fra me me-
- desimo : Io so che se questi fossero di propinquo paese, in al-
- cuna vista parrebbero turbati, passando per lo mezzo della do-
- lorosa cittade. Poi dicea fra me stesso: S'io li potessi tenere 15
- alquanto, io pur gli farei piangere anzi eh' egli uscissero di
- questa cittade, perocché io direi parole, che farebbero piangere
- chiunque le intendesse. Onde, passati costoro dalla mia veduta,
- proposi di fare un sonetto, nel quale manifestassi ciò eh' io
- avea detto fra me medesimo ; ed acciocché più paresse pietoso, 20
- proposi di dire come se io avessi parlato loro ; e dissi questo
- sonetto, lo quale comincia* Deh peregrini ec.
- Dissi peregrini, secondo la larga significazione del vocabolo :
- che peregrini si possono intendere in due modi, in uno largo ed
- in l'altro stretto. In largo, in quanto è peregrino chiunque è 25
- fuori della sua patria; in modo stretto non s' intende pere-
- grino , se non chi va verso la casa di santo Jacopo, o riede :
- e però è da sapere, che in tre modi si chiamano propriamente
- le genti, che vanno al servigio dell' Altissimo. Chiamansi
- 12. M. salta da fra me medesimo 22. W '. Deh pellegrini, e dissi peli.
- a fra me stesso senza capoverso.
- medesimo: Io so che manca
- nel cod. N. 24. N. W. — Frat. in uno largo
- 14. W. passando per mezzo "* in un " stretto — S. in uno largo,
- 15. W. 8. B. dicea fra me nude- ed un0 8(rett0 ~ B ' in largo ed in
- istretto
- 27. W. santo Jacopo di Galizia
- 16 W. anzi eh eglino uscissero - 2g propriamente manca nel tcsto
- si mo
- M. S. anzi che essi use.
- N. — Il cod. M. vi sostituisce
- 17. W. parole le quali proprio
- 18. C. N. chiunque le udisse 29. W. S. — C. N. che vanno nel
- 21. W. S. parlato a loro servigio di Dio
- 17. «E se non piangi, di che pianger suoli», dice il conte Ugolino.
- 18. Allontanati in guisa che più non si potevano da me vedere.
- 27. La leggenda attribuisce «la casa di santo Jacopo» in Galizia
- all'Apostolo S. Jacopo, figlio di Zebedeo, ossia figlio del tuono, il quale
- in vita, benché con poco successo, era andato in Ispagna a predicare il
- Vangilo. Tornato in Giudea, fu decollato sotto Erode Agrippa, ma la
- barca alla quale i discepoli affidarono il di lui corpo fu dai venti traspor-
- tata in Galizia. L' aut. con altri scrittori del medio evo confonde li due
- Apostoli del nome di Jacopo , attribuendo al nostro 1' Epistola canonica,
- scritta da S. Jacopo figlio d' Alfeo. Parad. XXV. 17. «Mira, mira, ecco
- il Barone Per cui laggiù si visita Galizia ».
- Digitized by VjOOglC
- 116 Vita nuova. Cap. 41. (Son. 24.)
- 30 Palmieri in quanto vanno oltramare là onde molte volte re-
- cano la palma; chiamansi Peregrini in quanto vanno alla
- casa di Galizia, però che la sepoltura di santo Jacopo tu più
- lontana dalla sua patria, che d' alcuno altro Apostolo; chia-
- mansi Romei in quanto vanno a Roma, là ove questi eh' io
- 35 chiamo peregrini andavano.
- Questo sonetto non si divide , però eh' assai il manifesta
- la sua ragione.
- SONETTO VIGESIMOQUARTO.
- Deh peregrini, che pensosi andate
- Forse di cosa che non v'è presente,
- 40 Venite voi di sì lontana gente,
- Come alla vista voi ne dimostrate?
- Che non piangete, quando voi passate
- Per lo suo mezzo la città dolente,
- Come quelle persone, che neente
- 45 Par che intendess'er la sua gravitate.
- 30. N. pai/aeri quando vanno 36. W. Qu. son. non divido
- N. oltramare, che molte volte N. però che il manifesta
- 31. W. la palma appiccata al bor-
- done loro.
- 32. Le parole la sepoltura di santo 38 " Cod - Redi D*P, che st
- Jacopo non si leggono nei codd. pensosi
- 0. e N. 44 - neente leggono W. W. r. G.
- 33. C. N. fu più di lungi ed Ubaldini nella Tavola: voce
- 34. I codd. C. e N. omettono là « neente ». Gli altri niente
- ove questi eh' io eh' io chiamo pere- 45. M. Par che sentisser
- grini andavano
- 30. «oltramare», cioè in Terra santa.
- 31. Purg. XXXIII. 76. «Voglio . . . Che il te ne porti dentro a te, per
- quello Che si reca il bordon di palma cinto ».
- 33. « Bomeo » chiama 1' aut. quel pellegrino , che dopo di aver riordi-
- nato gli affari di Raimondo Berengario IV., conte di Provenza, ne fu mal
- guiderdonato. Par. VI. 135.
- 45. Che nulla intendessero della sua mestizia, e della cagione di
- Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 41. 42. (Son. 24.) 117
- Se voi restate, per volerla udire,
- Certo lo core uè' sospir mi dice,
- Che lagrimando u' uscirete pui.
- Ella ha perduta la sua Beatrice;
- E le parole, eh' uom di lei può dire,.
- Hanno virtù di far piangere altrui.
- CAPITOLO XLII.
- Poi mandaro due donne -gentili a me pregandomi che man-
- dassi loro di queste mie parole rimate ; ond' io , pensando la
- loro nobiltà, proposi di mandar loro e di fare una cosa nuova,
- la quale io mandassi loro con esse, acciocché più onorevolmente
- adempiessi li loro preghi. E dissi allora un sonetto, il quale
- narra il mio stato, e mandailo loro col precedente sonetto ac-
- 46. S. Se voi restaste 48. M. G. S. lagrimando rì usci-
- vi, r. — W. G. e S. per volerlo reste
- udire — B. per volere udire — N. 50. N. E le parole c/T or di lei
- per voler, o udire può — M. t. E le parol che di lei si
- 47. Tutti i testi da ine veduti, e può
- con essi le edd. S. B. hanno lo
- core de' sospir. Cosi pure le Rime Cap * XLII.
- antiche. Negli «Errori nello stam- l. W. pregando eh' io mandassi
- pare » che stanno in fondo del 2. N. di queste parole rimate
- volume , il Giunta vi sostiuisce lo 4. N. più orrevolmente
- core ne' sospir, e giudicando migliore 6. W. S. il quale narra del mìo
- questa lezione, ho creduto dover a- stato — M. Tr. 2. il qu. narra parte
- dottarla. del mio st.
- C. Certo lo cuor de' sospiri mi Mart. W. e manda' lo a loro
- dice sonetto non si legge nel cod. N.
- 46. « per volerla udire » , questa gravitate.
- 47. Con modo somigliante il poeta dice nell' Inf. Vili. 118. «Gli occhi
- a terra, e le ciglia avea rase D'ogni baldanza, e dicea ne' sospiri: Chi
- in' ha negate le dolenti case ? »
- 49. «la sua Beatrice», la donna che, salutando altrui, o sorridendogli,
- sapea farlo beato.
- Gap. XLII.
- 4. L' aut. mandò a queste donne gentili i sonetti 17. e. 24., accompa-
- gnandole di uno nuovo, che chiude le poesie della Vita Nuova. Veramente
- esse non gli avevano domandato una raccolta delle sue rime, ma solamente
- (alcune) «di queste sue parole rimate».
- Digitized by VjOOglC
- 118 Vita nuova. Gap. 42.
- compagnato, e con un altro che comincia Venite a intender ecc.
- Il sonetto, il quale io feci allora, è Oltre la spera ec.
- Questo sonetto ha in sé cinque parti: nella prima dico là
- 10 ove va il mio pensiero, nominandolo per nome di alcuno suo ef-
- fetto. Nella seconda dico per che va lassù, cioè chi '1 fa così
- andare. Nella terza dico quello che vide, cioè una donna ono-
- rata. E chiamolo allora spirito peregrino, acciocché spiritual-
- mente va lassù, e sì come peregrino, lo quale fuori della sua pa-
- lò tria vi sta. Nella quarta dico com' egli la vede tale, cioè in tale
- qualità, eh' io non lo posso intendere; cioè a dire, che il mio
- pensiero sale nella qualità di costei in grado che il mio intel-
- letto noi può comprendere; conciossiacosaché il nostro intel-
- letto s' abbia a quelle benedette anime, come F occhio nostro
- *20 debole al Sole : e ciò dice il Filosofo nel secondo della Metafisica.
- Nella quinta dico che, avvegnaché io non possa vedere là ove il
- pensiero mi trae, cioè alla sua mirabile qualità , almeno intendo
- 7. N. e con altro patria — La lezione corretta non
- 8. W. il quale io feci loro comin- fu data da nessuna edizione.
- eia: Oltre la spera, lo quale ha 15. W. — N'. B. com' egli la vede,
- in sé cinque parti. cioè - C. come la vede tale, cioè
- 16. "W. — N. B. ch y io non la posso
- 11. Mart. Tr. 1. W. - N. che va intendere
- lassù, e chi 'l fa — B. che va lassù, 17. C. in quanto che il mio intdl.
- chi 'l fa 19. N. il nostro intelletto abbia
- 14. N. B. peregrino è fuori — W; come V occhio debole
- Frat. peregrino, lo quale è fuori 21. N. dico dove, avvegna che
- B. della sua patria vista — N. C. Mart. "W. io non possa in-
- detta sua vista — Frat. della sua tendere
- 10. Il sospiro è 1' effetto del pensiero, che, per ritrovar Beatrice
- nell' Empireo, passa oltre al Primo mobile.
- 11. Una nuova facoltà d' intelligenza; compartitagli dall'amore «gli
- vesti le piume» a sì alto volo.
- 13. Nella visione del Paradiso (II. 37.) 1' aut. — come San Paolo
- (II. Corint. II. XII. 2.) — lo lascia indeciso, se sia rapito al cielo «spiritual-
- mente», o col corpo.
- 18. Nella Div. Commedia 1' aut. si lagna meno che '1 suo intelletto uou
- possa comprendere le cose celestiali, che della memoria ohe non sa ritenere
- quanto ci vide ed intese, e della lingua che non sa renderlo. Inf. XXVIII. 4.
- Par. I. 4. XXXIII. 55.
- 20. Aristotele Metaf. II. 1.
- 22. Benché 1' aut. non intenda ancorale rivelazioni nascoste nell' aspetto
- di Beatrice celeste , pur sente che sia 1' amore per essa , che lo trasportò
- fino al sommo cielo. Tutto il capitolo 6 come una preparazione al Para-
- diso della Commedia.
- ' Digitized by VjOOglC
- Vita nuova. Cap. 42. (Son. 25.)
- 119
- questo, cioè che tutto è il cotal pensare della mia donna, peroc-
- ché io sento spesso il suo nome nel mio pensiero. E nel fine di
- questa quinta parte dico donne mie care, a dare ad intendere
- che son donne coloro a cui io parlo. La seconda parte incomin-
- cia: Intelligenza nuova; la terza; Quand' egli è giunto; la
- quarta: Vedela tal; la quinta: So io eh 1 el 'parla. Potrebbesi più
- sottilmente ancora dividere, e più fare intendere, ma' puossi pas-
- sare con questa divisione, e però non mi trametto di più dividerlo.
- 30
- SONETTO VIGESIM0QUINT0.
- Oltre la spera, che più larga gira,
- Passa il sospiro eh' esce del mio core:
- Intelligenza nuova, che P Amore
- Piangendo mette in lui, pur su lo tira.
- Quand' egli è giunto là, dov' el desira,
- Vede una donna, che riceve onore,
- E luce sì, che per lo suo splendore
- Lo peregrino spirito la mira.
- Vedela tal, che, quando il mi ridice,
- Io non lo intendo, sì parla sottile
- Al cor dolente , che lo fa parlare.
- 35
- 40
- 23. W. B. — N. cioè che tal è il
- pensare
- 24. W. io penso Io suo nome spesso
- 26. C. Mart. W. — B. che son
- donne, quelle a cui — N. che son
- donne cui
- 29. B. e più sottilmente fare in-
- tendere
- 30. W. e però non m' intrometto
- 31. M. che sì larga gira
- 33. M- E intelligenza nuova
- 34. M. t. in lui, in su lo tira —
- W. r. in lui, in su la tira
- 35. M. E quando è giunto
- G-. S. ove 'l desira
- 39. W. v. Vedeala tal
- 31. «Il ciel che più alto festina» (Purg. XXXIII. 90.), «il ciel che
- tutti gli altri avanza» (Paracl. XIII. 24.), «il ciel velocissimo.) (Par. XXVII.
- 99.), «Lo real manto di tutti i volumi Del mondo» (Par. XXIII. 112.).
- 33. Vedi la nota a lin. 11. della divisione.
- 37. Beatrice beata luce in modo che la si vede anche in mezzo allo
- splendore che la circonda «si come carbon che 'fiamma rende, E per vivo
- candor quella soperchia SI, che la sua parvenza si difende » (Par. XIV. 52.).
- 40. In senso simile dice il poeta del parlare di Cacciaguida ... « cose
- Ch' io non intesi, sì parlò profondo».
- Digitized by VjOOglC
- 120 Vita nuova. Cap. 43.
- So io eli' el parla di quella gentile,
- Perocché spesso ricorda Beatrice,
- Siedi' io lo intendo ben, donne mie care.
- CAPITOLO XLIII.
- Appresso a questo sonetto apparve a me una miralnl visione,
- nella quale vidi cose, che mi fecero proporre di non dir più di
- , questa benedetta, infino a tanto che io non potessi più degna-
- / mente trattare di lei. E di venire a ciò io studio quanto posso,
- 5 sì com' ella sa veracemente. Sicché , se piacere sarà di Colui,
- per cui tutte le cose vivono , che la mia vita per alquanti anni
- duri, spero di dire di lei quello che mai non fu detto d' alcuna.
- E poi piaccia a Colui, eh' è Sire della cortesia, che la mia
- anima se ne possa gire a vedere la gloria della sua donna.
- 10 cioè di quella benedetta Beatrice, la quale gloriosamente mira
- nella faccia di Colui, qui est #er omnia scecula benedictus.
- 42. W. So io che parla — G. v. S. — W. che la mia vita duri
- Se non che parla pure (in marg. per) alquanti anni —
- 43. M. (t.v. Per cui sovente ricorda B. che la m. v. per alqu. anni perse-
- ti. M. Sicché lo intendo ben donde veri — N. che la m. v. per alquanto
- m' è caro perseveri
- 7. N. spero dire di lei
- Cap. XLIII. 8. N. Sire della cortesia, la mia
- 1. N. una mira visione anima
- 2. W. cose ì le quali mi fecero 9. N. se ne possa ire
- N. proporre non dir più 10. N. cioè quella benedetta Bea.tr.
- 3. Tr. 1, 2. che io potessi che gloriosam.
- 5. N. ella sa veramente 11. N. nella faccia Colui
- 6. W. S. di colui a cui W. saecula saeculorum bene-
- N. tutte co*e vivono
- Cap. XLIII.
- 1. La *• mirabile visione * della Commedia, di cui si dice Par. XVH. 127.
- «Eimossa ogni menzogna Tutta tua vision fa manifesta», e XXXIII. 61.
- Quasi tutta cessa Mia visione, ed ancor mi distilla Nel cor lo dolce che
- nacque da essa».
- 7. a Spero di dire di lei quello che mai non fu detto d' alcuna ». E
- cosi fece, chiamandola «donna di virtù, sola per cui L' umana specie
- eccede ogni contento Da quel ciel, che ha minor li cerchi sui* (Inf. II. 76.),
- «'luce r gloria della gente umana» (Purg. XXXIII. Ufi.) «amanza del primo
- amante e diva o (Par. IV. lltf), ecc.
- Fine dklla VITA NUOVA.
- COI TIPI DI F. A. BBOCKHAUB, LEIPZIG.
- Digitized by VjOOglC
- Digitized by VjOOglC
- Digitized by VjOOglC
- Digitized by VjOOglC
- Digitized by VjOOQlC
- ^"T*3T!""^fpWBp^|
- OCT 2 1886 SEP2718W KM 4
- \
- >
- NOV 2 >«$'-■
- ■ £"1887
- ,ArV23l ; 8'87
- / Y'y o
- Cfrt ,.
- HOT. 1^1390
- 0CT-C5 li*.
- iWìV -.
- Si
- "« 5.3/89
- .fHH 7
- DfC-9 /|# ^ N v « ^189<?
- 4 >gn-
- S5p 28j 9a|
- OCT 9 1888
- W§g£2lS92 LJtNOV'6 t92«
- 5 %t
- '».■,,
- fltfr.
- *<7
- Digitized by VjOOQ IC
- Widener Library
- 1 : •■-•'-